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A01. TURBAMENTI DI UN ADOLESCENTE


di Janus
08.02.2025    |    106    |    13 9.7
"Aveva finalmente cominciato ad intuire, pur senza ammetterlo neppure con sé stesso, quale fosse probabilmente la sua vera natura: una “femmina” in un corpo..."
Antonello era un ragazzo come tanti suoi coetanei, tranquillo, educato, bravino a scuola. Viveva nella periferia della piccola cittadina in cui la sua famiglia, per motivi di lavoro, si era trasferita da poco più di tre anni. Lui qui aveva terminato le scuole medie, poi il biennio delle superiori, ed iniziato il triennio. Il padre ingegnere era via tutto il giorno, spesso anche di sabato e talvolta di domenica; la madre, sobria casalinga, trascorreva quasi tutti i pomeriggi fuori casa per impegni nel sociale cittadino e nei circoli culturali locali; infine, il fratello maggiore era all’università in un’altra regione.

Il ragazzo aveva un fisico esile, non molto alto ma ben proporzionato, forse con i fianchi un po’ larghi per un maschio. Era del tutto glabro, a parte un piccolo ciuffetto di peli pubici, con il viso ancora imberbe. Aveva poi la pelle molto chiara, e grossi capezzoli sporgenti circondati da areole insolitamente ampie. Le labbra carnose spesso socchiuse, la voce ancora vagamente infantile ed i grossi occhiali tondi che spesso indossava contribuivano a farlo sembrare, nel complesso, delicato e poco virile.

Per di più, l’apparente assenza del pomo d’Adamo dal suo collo e i capelli color biondo scuro, mossi e lunghi fin quasi alle spalle, talvolta rendevano il suo aspetto quasi effeminato. Aveva anche un carattere a tratti introverso e, alle numerose compagnie, preferiva di solito pochi amici o anche stare da solo, magari immerso nella lettura. Non praticava nessuno sport con continuità però, ogni tanto, amava fare passeggiate lungo le rive del vicino fiumicello.

Antonello era ormai nell’età in cui i suoi coetanei, per la maggior parte, avevano già scoperto il sesso e tentato i primi goffi approcci con le ragazze, per vantarsi poi di improbabili conquiste, pomiciate, scopate e di quant’altro la fantasia suggeriva loro… per lui il sesso invece era ancora in gran parte inesplorato. Comunque, ascoltava volentieri le vanterie dei suoi amici… in particolare, quelle di uno di loro, appena più grande: raccontava di aver convinto, col tempo, un ragazzo più giovane a fargli prima una sega, poi un bocchino e, infine, di averlo anche inculato!

Ma lui provava interesse anche per le ragazze: uno strano misto di ammirazione e invidia, che non si spiegava e che non confessava a nessuno. Le scrutava di nascosto, cercando di catturare con lo sguardo ogni particolare del loro abbigliamento, delle loro acconciature, della bigiotteria e dei loro primi tentativi di trucco pur limitati alle labbra e agli occhi. Delle ragazze, poi, lui ammirava molto i bei culetti tondi e, quando si trovava da solo in bagno, si guardava allo specchio pensando soddisfatto che il suo, di culo, non avesse davvero nulla di meno!

Naturalmente gli era capitato di leggere, interi o spaginati, i fumetti erotici tipici del suo tempo; più raramente invece, grazie a qualche smaliziato compagno di scuola, aveva potuto sbirciare qualche rivista pornografica. Quei giornali sì che colpivano il suo interesse: vi si vedeva proprio di tutto e, spesso, l’amico o gli amici con cui si trovava a fogliarli si lasciavano scappare commenti come “…Hai visto che gran cazzo che ha quello? Chissà quanto se lo gusta quella troietta!! Guarda qui come glielo succhia!! E guarda quell’altra, come lo prende nel culo!!”.

Lui, però, finiva per soffermarsi soprattutto su quei bei, grossi cazzi… ovviamente, senza osare confidarlo a nessuno! Ogni volta, quei cazzi menati, leccati, infilati in bocca o che sfondavano fiche e culi con tanto di sborrate in primo piano, rimanevano prepotentemente nella mente del ragazzo, e con quei ricordi fantasticava e si dava a frequenti masturbazioni notturne.

Tuttavia, un particolare lo turbava: quegli uccelli, rispetto al suo, erano molto ma molto più grossi… e non solo quelli: quando occasionalmente gli era capitato di vedere il cazzo di qualche suo coetaneo, aveva dovuto riconoscere stupito di avercelo più piccolo e questo, comprensibilmente, lo metteva così a disagio da evitare il più possibile di spogliarsi in presenza dei suoi amici.

Poi, lui e un paio di amichetti di scuola si ritrovarono tra le mani una rivista in cui, anche alcuni uomini, facevano sesso tra loro… Antonello rimase di sasso: non aveva mai visto qualcosa del genere prima: maschietti mingherlini che prendevano, in bocca e nel culo, i cazzi di alcuni maschi muscolosi tra cui un nero, sembrando anche molto soddisfatti!! I suoi amichetti sfogliarono oltre, cercando servizi con ragazze e dicendo, con noncuranza, “Lasciamo perdere i froci…”; le foto di quegli uomini, però, restarono impresse indelebilmente nella sua mente.

In quei maschietti che aveva visto fare la parte delle femmine, forse, lui aveva visto un po’ anche sé stesso… capelloni dai fisici asciutti e senza peli, culi tondi e, soprattutto, cazzetti piccoli e mosci in tutte le immagini! Il ragazzo ebbe l’animo in subbuglio tutto il giorno: non riusciva a scacciare dai suoi pensieri le immagini viste!

Tornato a casa, andò subito in bagno a guardarsi il culo, chiedendosi cosa si provasse a farsi penetrare da un cazzo. Provò d’istinto ad infilarsi nell’ano un dito… capì che doveva bagnarlo per facilitare l’inserimento, quindi lo portò alla bocca e lo ricoprì di saliva. Pian piano la punta del dito si fece strada nello sfintere, fino a superarlo… una sensazione mai provata prima si impadronì di Antonello, che prese a muovere quel dito avanti ed indietro.

La saliva però non sembrava sufficiente, e allora gli venne un’idea: il sapone liquido che era sul bidet… se la mamma lo usava per l’igiene intima, probabilmente poteva andar bene anche per il culo! Ed ebbe, tutto sommato, ragione: il dito unto col sapone liquido scivolò di nuovo dentro il suo buchino del culo senza fatica né dolore.

Quell’improvvisato ditalino anale continuò così per qualche altro minuto, regalandogli una sensazione particolare ed indescrivibile, mai provata prima, che lui fece sua ad occhi socchiusi… Quel giorno, la pur acerba vita sessuale di Antonello ebbe, quindi, una prima svolta. Aveva finalmente cominciato ad intuire, pur senza ammetterlo neppure con sé stesso, quale fosse probabilmente la sua vera natura: una “femmina” in un corpo di maschio!

Aveva finalmente compreso perché, nelle riviste pornografiche, erano sempre quei cazzi belli e grossi, ad attirare il suo sguardo, duri o flosci che fossero… e cominciò ad immaginare sé stesso al posto di quei maschietti che facevano le “femmine”, prendendo cazzi in mano, in bocca e nel culo fino a farsi inondare o riempire di sborra, per il piacere degli omoni muscolosi che approfittavano di loro!

Ora però cosa avrebbe potuto fare? Di rivelare questa sua scoperta a qualcuno, nemmeno a parlarne naturalmente!! I cosiddetti “froci”, come noto, erano sbeffeggiati da tutti: non era certo il caso di far sapere che lui fosse uno di loro! Dentro di sé cominciò ad accettare quella verità, guardando comunque ancor più le ragazze: continuò ad osservare come si vestivano, come si truccavano e si atteggiavano, per poi provare ad imitarle in segreto allo specchio.

E un giorno, trovandosi solo in casa, si spinse anche ad indossare un vestito della mamma… per fortuna la sua corporatura non era così diversa, e neppure la misura delle scarpe! Vestirsi al femminile fu la sua seconda svolta: la sua immagine riflessa allo specchio, con l’abitino corto della madre e le scarpe col tacco alto, gli piacque terribilmente… e, d’improvviso, si ritrovò sorpreso con il cazzetto durissimo per l’eccitazione!!

Si sollevò compiaciuto l’orlo del vestito per guardarsi l’inguine… le mutande da uomo lo disturbavano, quindi se le sfilò e girò su sé stesso per ammirarsi libidinoso la nudità dalla vita in giù… “Che bel culo che hai, Antonella…” pensò compiaciuto tra sé e sé, appellandosi per la prima volta in vita sua al femminile!

Passò altro tempo, senza particolari sviluppi: nel normale succedersi della vita di tutti i giorni Antonello, o meglio “Antonella”, stabilizzò intimamente la sua nuova concezione di sé stesso al femminile. Ogni volta possibile, nel segreto di casa sua, ripeté le piccole esperienze fatte indossando abiti, scarpe e talvolta il rossetto di sua madre… e si praticò altri ditalini anali… ma il ricordo dei grossi cazzi visti in foto lo spingeva a volere di più del dito, qualcosa di più simile ad un uccello duro.

Nelle riviste porno aveva talvolta visto qualche giocattolo erotico, in particolare dildi e vibratori di vario tipo; nella sua testolina cominciò quindi a farsi strada l’idea di ricorrere ad un surrogato, da usare invece delle dita nel suo culetto. All’inizio la cosa fu, tutto sommato, semplice: prese dalla dispensa una carota di medie dimensioni e pensò di penetrarsi con quella.

Ne arrotondò la punta con un coltellino, poi si chiuse a chiave in bagno e, eccitato oltremodo, si tolse pantaloni e mutande. Anche con la carota usò, come lubrificante, il sapone intimo liquido: prima se ne mise un po’ nell’ano, spingendolo dentro e dilatandosi appena con le dita, poi unse l’ortaggio.

Si piegò appena in avanti, sporgendo il culo indietro davanti allo specchio, e si appoggiò sul buco la punta della carota… avvertì così per la prima volta la sensazione di qualcosa di duro e appuntito sullo sfintere, e fu una sensazione che gli piacque moltissimo. Provò a spingere la carota dentro di sé, lasciando che l’anello di carne si aprisse piano piano per lasciarla entrare… non fu facile, naturalmente: la carota, per quanto piccola, era comunque più grossa delle sue dita!

Deciso ad infilarsela dentro, il ragazzo finì per perdere il controllo: complice il sapone liquido, spinse troppo repentinamente la carota nel suo retto, avvertendo subito un acuto dolore!! Con un gemito soffocato, Antonello se la sfilò dolorante e smise subito di penetrarsi; dovette sedersi sul water per qualche minuto, cercando di far passare il gran dolore che si era procurato… poi lavò la carota, si lavò lo sfintere, si rivestì e uscì dal bagno per andarsene in camera sua.

Ma non rimise in dispensa il suo primo “cazzo”: lo tenne nascosto tra le sue cose, con il fermo proposito di provare ancora! Il giorno dopo il dolore all’ano era quasi completamente sparito, e la voglia di penetrarsi ebbe di nuovo il sopravvento… Però la lezione Antonello l’aveva imparata: nella privacy del bagno, prima di provare di nuovo con la carota, si penetrò a lungo con le dita, rendendo il suo vergine buchino elastico e cedevole…

Finalmente il desiderato ortaggio-dildo, con molta calma, riuscì ad entrare dentro… il dolore tornò di nuovo, ma molto meno acuto del giorno prima… il ragazzo tenne quella carota nel culo per diversi minuti, gustando quella presenza dentro di sé, poi se la tolse e si ricompose soddisfatto. Passò qualche giorno e, naturalmente, la provvidenziale carota finì per deteriorarsi.

Antonello iniziò allora a sperimentare: provò a penetrarsi con sottili cetrioli, zucchini, candele e qualunque oggetto di forma vagamente fallica gli capitasse in mano. Cominciò anche a pensare che, se non voleva essere scoperto a sottrarre verdure o altro, doveva procurarsi un oggetto di materiale durevole, da nascondere tra le sue cose e usare in permanenza... di piccolo diametro, naturalmente: il suo ano era pur sempre vergine, non certo pronto per cazzoni come quelli delle porno riviste!
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