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Finalmente realtà...


di Marta-trav
27.09.2016    |    15.859    |    14 9.9
"Alla rabbia e alla vergogna dei primi minuti si è affiancata una strana forma di curiosità che, talvolta (e questa è la cosa che più mi turba), si trasforma..."
Racconto di fantasia…

Voglio condividere, con chi vorrà leggere questa storia, quello che mi è successo alcuni anni fa. Ora ho quasi il doppio degli anni che avevo allora. Ma il piacere provato quel giorno è ancora ben chiaro nella mia mente. E non credo che lo scorderò mai.
Buona lettura.

Siamo a Torino. Qualche anno fa. Ultimo anno di liceo. Esami di maturità tra due mesi. Con i miei compagni di scuola iniziamo a fare programmi per l’estate. La prima estate con la patente di guida! Chissà dove andremo, chissà cosa faremo. Tra di noi c’è chi ancora non ha avuto rapporti con l’altro sesso. Io, fortunatamente, si.
E’ successo due estati prima. Stavo lavorando, come tuttofare, in un albergo della riviera romagnola. Volevo guadagnarmi i soldi per comprarmi una moto. Avevo sedici anni. Lei ne aveva trenta. Era di Modena. Si chiamava Patrizia. Era una cliente dell’albergo. Era, soprattutto, esperta.
Non ho un bellissimo ricordo di quello che è successo quella sera. Ma, agli occhi dei miei compagni di classe, era importante soltanto che quel momento, per me, ci fosse già stato.
Quest’estate vogliamo andare in Spagna. A Barcellona. Ma prima, però, ci sono gli esami. Saranno anche una formalità, ma la faccia devo mettercela comunque io. Quindi devo e voglio prepararmi bene.
E così serate e serate di studio. Da solo o con i compagni di classe.
Siamo a fine maggio. Gli esami si avvicinano. Decidiamo di studiare anche la domenica.
Questa domenica siamo tutti a casa mia. I miei sono andati fuori Torino. Quasi tutte le domeniche vanno nella casa che abbiamo in campagna. Vicino a Ivrea.
Ho compiuto da qualche mese la maggiore età. Sono ormai otto anni che vivo i miei contrasti interiori.
Ma oggi non ci penso. Oggi è domenica e devo studiare con cinque miei compagni di classe. Ci sarà anche Monica. La più carina della classe. Che si è decisa a venire soltanto perché ci sarà anche Fabrizio. Fa niente.
Ci vediamo alle tre. Studiamo fino alle otto. Poi usciamo a prendere delle pizze da asporto. Torniamo a casa. Le mangiamo. Beviamo birra. Ci rimettiamo a studiare. Alle undici di sera decidiamo di smettere. Ci salutiamo. Vanno via. Rimango solo.
Sistemo la casa e mi sdraio davanti al televisore, nel salone. Resisto solo cinque minuti, è più forte di me.
Sono otto anni che lo faccio. Lo farò anche stasera.
Vado in camera mia. Apro il mio armadio. Ben nascosto dietro i maglioni c’è il mio piccolo segreto.
Prendo la busta di nylon. Dentro non c’è tanta roba. Giusto quella che mi serve. Il resto, di solito, lo prendo in prestito dall’armadio di mia madre.
Svuoto il contenuto del sacchetto sul divano.
Anche oggi diventerò Sara.
Mi spoglio completamente. Indosso il solito paio di calze bianche. Sono autoreggenti, ma a me piace comunque indossarle con il reggicalze. Ogni volta faccio un po’ di fatica ad inserire i gancetti nel bordo di pizzo delle calze. Ma ormai sono diventato bravo.
Metto un paio di orecchini. Una collana di perle. Alcuni anelli.
Calzo le scarpe. Un paio di sandali argentati con un tacco altissimo. Una sola fascetta sottile a trattenere le dita. Un cinturino intorno alla caviglia.
Mi alzo in piedi e sono Sara. Dio quanto mi piace! Sono otto anni che lo faccio. E tutte le volte le emozioni sono sempre le stesse. Non riesco a farne proprio a meno.
Penso che non sia giusto. Non per un ragazzo “normale” come me. A me piacciono le donne! Le guardo per strada. Mi masturbo pensando a loro. Eppure, appena sono solo, non riesco a non farlo.
Ricordo troppo bene il giorno in cui ho comprato quelle scarpe. Facendomi forza sono entrato in quel negozio. Che vendeva solo scarpe da donna. Di tutti i numeri. Credo che si trattasse di uno di quei negozi in cui si servono i travestiti e le trans. Anche perché vendeva soltanto scarpe sexy.
A me serviva il numero 42. La commessa mi ha detto che non le era rimasto granché. Del resto i numeri 42, 43 e 44 erano quelli che andavano via maggiormente, ha detto.
Alla fine ho scelto le scarpe che ora indosso. Le adoro! Adoro camminare sui tacchi alti!
So che quando guardo le donne per strada penso a come sarei io se mi trovassi al loro posto. Le guardo e le invidio. Le guardo e vorrei essere come loro. Voglio essere una di loro…
Giro per casa. Mi specchio. Mi piace vedere le mie gambe fasciate nelle calze. Vedere i miei piedi che indossano quelle meravigliose calzature.
Mi metto di profilo. Mi piace vedere il mio culetto che, grazie alla postura che deriva dall’indossare tacchi alti dodici centimetri, si protende verso l’alto e verso l’esterno. Mi piace vedere il mio pene già in erezione.
Passeggiando per casa entro in cucina.
Il cuore sfugge al mio controllo. Sento che potrebbe esplodere da un momento all’altro. Il mio pene perde vigore di colpo.
Nel momento in cui i miei occhi percepiscono che qualcosa, in cucina, non torna. Nel momento in cui realizzo che qualcuno dei miei amici ha dimenticato il portafogli sul tavolo della cucina. Nel momento in cui capisco tutto ciò sento suonare al citofono.
Cazzo! E adesso? Che cazzo faccio?
I pensieri si susseguono rapidi. Apro il portafogli. Vedo, dalla carta di identità, che è di Gabriele.
E’ lui che ha citofonato. Viene a riprenderselo. Guardo l’orologio. Sono passati venti minuti da quando i miei amici se ne sono andati.
Non posso non rispondere al citofono! E’ ovvio che sono ancora sveglio. Potrei fingere di essere sotto la doccia! Domani mattina, quando Gabriele mi telefonerà, gli dirò che non ho sentito il citofono perché ero sotto la doccia. Oppure perché stavo ascoltando musica con le cuffie. Una scusa la inventerò. E poi…
Merda! Qualcuno ha appena suonato alla porta di casa.
Io abito al primo piano. Si vede che Gabriele ha trovato il portone aperto oppure ha incontrato qualcuno che usciva (o rientrava) e ne ha approfittato.
Cosa fare? Non posso mica aprire vestito così!
E qui succede l’imprevedibile.
Mi allontano dalla porta, con cautela. Cercando di non fare rumore con i tacchi. E vado a sbattere contro il porta ombrelli!
Il rumore, fortissimo, non mi lascia alternative. Gabriele sa che sono in casa. Mi ha sentito. Non posso più negare. Ed infatti lo sento dire:
“Luca, che succede?”.
Ma la voce non è quella di Gabriele! E’ quella di Fabio!
Fabio è un inquilino del palazzo. Abita al quarto piano.
Sarà alto quasi due metri. Peserà più di cento chili. Avrà circa quarant’anni. Vive ancora con la madre.
Fabio è ingegnere. A vederlo non lo diresti mai. Eppure si è laureato con il massimo dei voti.
L’aspetto è sempre trasandato. Si cura poco. Forse non si lava neppure a sufficienza. Però è simpatico. Nonostante la differenza d’età lo considero un amico. Parecchie volte siamo usciti insieme. Non l’ho mai sentito parlare di donne. Parla sempre di libri. Di musica. E di calcio.
“Luca, ci sei?” insiste Fabio.
“Si, ci sono. Aspetta un attimo. Ora ti apro”. Il cuore batte a mille.
Cazzo. Sono fregato. Vado in camera mia cercando di non fa sentire il rumore dei tacchi. Sfilo le scarpe e le butto sotto al letto. Tolgo orecchini, collana e anelli. Infilo velocemente una tuta da ginnastica, indosso un paio di calzini di spugna.
Mentre vado verso la porta mi specchio. Sembra tutto a posto. Apro la porta di casa.
Fabio mi sorride. “Ciao” dice “Rientravo a casa e ho visto la luce accesa. Ti va domani di andare al cinema?”.
Siamo sulla porta di casa. Lui non mi chiede di entrare. Io non gli faccio segno di entrare.
“Ma cosa è successo?” mi chiede indicando il porta ombrelli rovesciato a terra.
“Niente. L’ho urtato distrattamente” mento, mentre cerco di non guardarlo negli occhi.
“Ti vedo strano, Luca. Stai bene? Ti serve qualcosa?” mi dice.
“Tutto a posto, grazie. Vuoi entrare?”. Ma che cavolo dico? Sono già pentito di averlo detto.
“Dai, grazie. Hai una birra in fresco?” e così dicendo entra in casa.
Chiudo la porta e lo seguo in cucina.
Passando noto, con la coda dell’occhio, che sul divano, in salone, c’è ancora una piccola parte del mio tesoro. Due paia di autoreggenti, un perizoma, la boccetta con lo smalto per le unghie.
Dico a Fabio di aprire il frigo. Di fare come se fosse a casa sua. Io, intanto, vado furtivamente in sala e nascondo velocemente quello che era rimasto sul divano.
“Dove lo trovo un bicchiere?” mi grida Fabio dalla cucina.
“Arrivo” rispondo.
Prendo due bicchieri e ce ne andiamo in sala. Ci sediamo sul divano. Comincia a parlare.
Lo sento ma non lo ascolto. Alla fine mi dice “Oh, ma ci sei stasera?”.
“Cosa?” dico io distrattamente. Intanto prendo il suo bicchiere ed il mio e li metto sul tavolinetto davanti al divano.
L’errore più grande della mia vita! O, forse, inavvertitamente e inaspettatamente (anche se, in quel momento, ancora non lo potevo sapere) il movimento giusto nel momento giusto.
“E questo cos’è?” dice Fabio allungando una mano.
Nel piegarmi per poggiare i bicchieri sul tavolino la maglia della tuta si è inavvertitamente alzata, lasciando intravedere una parte del reggicalze.
“No…niente…è che…” non riesco a dire niente. Sono arrossito. Non riesco a guardare Fabio negli occhi. Guardo a terra. Vorrei sparire.
“Non sarà mica quello che penso io?” mi chiede Fabio.
Muto. Qualunque cosa io dica sarebbe sbagliata. Non so se tentare di giustificarmi. E come potrei farlo? Cosa sarebbe meglio che dicessi?
Intanto Fabio mi guarda. I suoi occhi brillano. Il suo viso si illumina.
“E invece mi sa che è proprio quello che penso io…” dice lui. “Indossi anche qualcos’altro?” continua. Mi guarda negli occhi. Sorride. Si aspetta che dica qualcosa.
“Mi vergogno…non so cosa dire…scusami…non lo dire ai miei” balbetto io.
“Bene, non mi sono sbagliato. Non preoccuparti, Luca. Non dirò niente a nessuno. E non devi scusarti. Non fai nulla di male. Anzi…potresti fare felice qualcuno. Molto felice. Manterrò il segreto. Sarà il nostro segreto. A patto che tu abbia voglia di andare oltre”.
“Andare oltre? Cosa vuoi dire?” chiedo io.
“Togli la maglia della tuta” controbatte lui.
“Dai Fabio, cosa vuoi fare?”.
“Fai come ti dico. Non voglio ricattarti. Sei un mio caro amico. Ti voglio bene. Potrei essere quasi tuo padre. Ma ora so qualcosa di te che nessun altro sa. E, se vuoi che rimanga un segreto fra noi, dovrai fare qualcosa per me”.
“Cosa?” rispondo preoccupato, alzando un po’ troppo la voce.
“Semplicemente quello che ti chiedo di fare. Ora togli la maglia della tuta, su” mi ripete.
Abbasso la zip e sfilo la maglia. Non lo guardo negli occhi. Provo vergogna. Ma devo tenere duro. Cosa potrà farmi? Cosa vorrà farmi?
“Sei bellissimo. Non hai peli sul petto. Hai la pelle liscia. Bene. Ora togli i pantaloni”.
“Dai Fabio, ti prego. Basta così” mi sento dire.
“Fai quello che ti ho chiesto. Avanti” dice invece lui.
Infilo i pollici all’interno dell’elastico dei pantaloni della tuta e comincio a sfilarli.
Sono di fronte a lui.
Il pantalone, abbassandosi, scopre prima il reggicalze. Poi compare il mio pene. Decisamente a riposo. Appena intravede le autoreggenti dice: “Non lo avrei mai creduto. Ma sono contentissimo di averlo scoperto. E, credo, lo sarai anche tu”.
“Mi vergogno, Fabio. Non ce la faccio. Basta, ti prego” piagnucolo io.
“Come basta? Siamo solo all’inizio…” ammicca lui.
Il pantalone è a terra. Sfilo i piedi. E, come per soddisfare una mia voglia, visto che lui non mi ha chiesto niente, tolgo anche i calzini di spugna.
Ora sono davanti a lui completamente nudo. Indosso solo un paio di autoreggenti ed un reggicalze.
Fabio mi osserva da capo a piedi. “Sei veramente bello, Luca. Anche sulle gambe non hai peli. E quei pochi che hai sul pene ti stanno anche bene. Ora voltati” dice.
Mi volto. Faccio un giro su me stesso.
“Hai anche un bel culetto. Complimenti. Ma tu, Luca, hai mai avuto rapporti con uomini?”.
La domanda mi sorprende. Non me l’aspettavo.
“Ma cosa dici, Fabio? Certo che no! Mi diverto solo ad indossare qualche capo di biancheria intima femminile. Nulla di più”.
“Ma certo, ma certo. Vorrà dire che sarà ancora più bello” si lascia sfuggire Fabio.
Cosa sarà ancora più bello, rifletto io?
“Ti manca qualcosa, però. Non credo che tu non abbia un paio di scarpe da indossare. Prendile, su”.
Come può saperlo? Certo, ci starà provando. Avrà sparato a caso. No, non voglio dargli pure questa soddisfazione.
“Ma cosa dici…” gli rispondo.
“Dai, non fare capricci. Una come te non può non essersi comprata anche un paio di scarpe. Vai a prenderle, dai”. Non mi sfugge che si è rivolto a me al femminile…
Esco dal salone. “Come è possibile che riesce a farmi fare cose che, invece, sento di non dover fare?” mi sto domandando mentre vado in camera mia.
Mentre esco mi rendo nuovamente conto di essere nudo. Indosso soltanto un paio di calze ed un reggicalze. E Fabio non può non vedere il mio culetto mentre esco dal salone. Nudo ed in bella mostra.
Arrivo in camera mia. “Sbrigati, tesoro” mi grida Fabio dall’altra camera.
Mi piego per prendere le scarpe che avevo buttato sotto il letto. Le indosso.
Il rumore dei tacchi è inconfondibile. Appena comincio a camminare verso il salone, dove Fabio mi stava aspettando, lo sento dire “Vedi che non mi sono sbagliato?”.
Compaio sulla porta del salone. Fabio mi guarda a bocca aperta. Io non riesco a fissare i suoi occhi. Continuo a guardare a terra.
Mi dice “Vieni più vicina, voglio vederti meglio”.
Mi avvicino a lui. Rosso in viso per la vergogna.
“Che belle scarpe che hai. Dì un po’? Ti piace farti chiamare in qualche modo? O faccio io?” mi dice.
“Mi piace il nome Sara”, rispondo balbettando.
“Bene, da questo momento sarai soltanto Sara. E sarai la mia femmina”.
“Ma che cavolo dici, Fabio? Basta! Ora te ne vai e la finiamo qui, perché non è proprio il caso che…”.
Sto parlando, sto gridando tutto il mio disappunto e cosa fa Fabio? Mi tocca!
Mentre gli sto dicendo di finire quella pagliacciata Fabio allunga una mano e mi afferra il pene.
In questo momento è ancora a riposo. Ma lui, sapientemente, comincia a scoprire il glande, con dei piccoli ma rapidi movimenti.
Nooooo! Non è possibile! Mi sta venendo duro! Sta crescendo sotto i movimenti della mano di Fabio!
“Vedi che ho ragione anche questa volta? A lui piace quello che gli sto facendo. E quindi piace anche a te, mia cara”.
“No, Fabio, non voglio andare oltre. Lasciami stare. Voglio rimanere da solo”.
“Ah, ah, ah, Sara. Ti ho detto che questa sera sarai la mia femmina. Quindi, al limite, avresti dovuto dire “sola”. Ma ti perdono. Però voglio che tu parli di te al femminile”.
Cosa fare? Cedere alle richieste di Fabio? O tenere duro cercando di sbatterlo fuori dalla porta?
Sarebbe inutile, penso. Ormai mi ha visto così. Conosce i miei segreti. Tanto vale vedere cosa vuole.
“Va bene, Fabio. Stasera sarò la tua femmina. Poi, però, lasciami stare. Non voglio più vederti. Dimenticati di me” gli dico.
“Ok, tesoro. Affare fatto. Ma adesso rilassati. La notte è ancora lunga. Ed è tutta nostra”.
“Ti chiedo solo di non farmi male”.
“Stai tranquilla, Sara. Sono convinto, invece, che ti piacerà”.

“Ci frequentiamo da anni, Sara. Ma tu, di me, sai veramente poco. Non ti ho mai detto, e non so se tu lo abbia mai capito, che sono omosessuale. Gay, si dice. Ho avuto molti rapporti con altri uomini. Quasi tutti conosciuti in rete. Non te ne ho mai parlato perché non credevo che per te fosse importante. Neppure mia madre ne sa niente. Però, stasera, quando ho intravisto il reggicalze sotto la tuta ho pensato che era giunto il momento di dirti chi sono. E, sono convinto, che noi due ci frequenteremo ancora. Ti ripeto, non ti sto ricattando. Né lo farò mai. Ma conosco molte persone che vivono una situazione come la tua e posso assicurarti che appena hanno la possibilità di lasciarsi andare difficilmente poi tornano indietro. Del resto, Sara, se ti piace indossare biancheria intima femminile, se ti piace camminare sui tacchi alti è perché la parte femminile che è dentro di te chiede spazio, vuole uscire allo scoperto. Non sarebbe stato oggi, forse. Ma, prima o poi, avresti voluto osare di più. Alzare l’asticella. Oggi, con me, farai quello che, sicuramente, avresti sentito di fare tra qualche tempo, tutto qui”.
E, detto questo, mi fa sedere sul divano, accanto a lui.
“Non pensare che sia sbagliato. Non pensare che sia contro natura. Pensa soltanto a divertirti. Vedrai, ci divertiremo. E ci piacerà tantissimo. Ne sono sicuro”.
“Un’ultima cosa, Sara. Mi piace giocare con il membro di un uomo. Toccarlo e baciarlo. Anche prenderlo in bocca. Ma io svolgo solo un ruolo attivo”.
Capisco, in quel momento, che mi sta dicendo che si vuole prendere il mio culetto. Che vuole scoparmi. Che non si vuole limitare a farsi fare una sega o un pompino. Come credevo e speravo. Vuole me. E temo che ci riuscirà, a prendermi.
Detto ciò allunga nuovamente una mano e riprende a giocare con il mio pisello.
Le sue mani sono esperte. Sanno muoversi nel modo giusto.
Infatti il mio pene riprende vigore. Comincia ad indurirsi sotto le sue manovre. Piano piano torna alle dimensioni che aveva prima che Fabio suonasse al citofono, quando mi specchiavo.
Non riesco più a nascondere la mia eccitazione. Sono imbarazzato. Mi vergogno da morire. Però, cavolo, mi piace quello che mi sta facendo. Il mio pene è già abbastanza in tiro.
Con l’altra mano, intanto, comincia ad accarezzarmi il petto. Si ferma a giocare con un capezzolo. Lo titilla un po’. Poi passa a toccare l’altro.
Non credevo che i miei capezzoli fossero così sensibili. Si sono inturgiditi. E’ eccitante sentirseli toccare. Spero che non smetta.
“Vedi che se ti rilassi è meglio?” mi dice.
Non rispondo. Non saprei cosa dirgli. Lo lascio fare. Credo che sappia meglio di me cosa sia giusto fare.
“Voglio che anche tu abbia un bellissimo ricordo di questa serata. Voglio che tutti e due proviamo piacere” aggiunge Fabio.
Poi, con la mano che stava lavorando il mio pene, ormai ben eretto, comincia a toccarmi i testicoli. Li prende in mano. Li stringe. Mi fa anche un po’ male. Ma non gli dico niente.
Continua a massaggiarmeli. E anche questo mi piace. Anche ora spero che non smetta.
Ma Fabio non finisce di stupirmi.
Fa tre cose in rapida successione. Non mi da il tempo di riflettere. Di pensare.
Prima. Si piega su se stesso e mi prende l’uccello in bocca. Penso che voglia farmi un pompino. Invece si limita a baciarmi il glande ed a leccarlo. Lo tiene in bocca qualche secondo. Poi lo lascia.
Seconda. Si tira su e mi da un bacio in bocca. Non un bacio affettuoso, decisamente no. E’ un bacio passionale. Capisco che vuole entrare dentro la mia bocca con la sua lingua. E la sua lingua ha appena leccato il mio pisello! Vuole farmi sentire il mio sapore. Resisto meno di un secondo, poi mi abbandono a lui. Che mi bacia con foga.
E terza. Afferra una mia mano e la poggia sul suo arnese. Lo sento enorme! Certo, sarà lo spessore dei pantaloni…mi illudo di convincermi. E temo che, tra non molto, lo scoprirò.
“Sei proprio una brava bambina, Sara. Ah, se lo avessi scoperto prima…” mi dice.
Intanto mi prende per mano. Capisco che devo alzarmi. Si alza anche lui. Siamo uno di fronte all’altro. Lui enorme. Io, che pure mi ritengo nella media, sparisco vicino a lui. E meno male che indosso scarpe con tacco dodici…
Comincia a spogliarsi. Si toglie il giubbino di jeans. Si sfila la maglia di cotone. Non so perché ma immaginavo un corpo peloso. Credevo che avesse peli anche sulle spalle e sulla schiena. Invece è completamente depilato. Certo, qualche chilo di troppo Fabio proprio ce l’ha. Specie sulla pancia. Ma non devo mica sposarmelo!
“Ora, però, continua tu” mi dice.
Ormai so che non avrebbe senso rifiutarmi di fare ciò che mi chiede. Spero solo che tutto ciò finisca in fretta. O forse no. E continuo a maledirmi per averlo fatto entrare dentro casa. O forse no. A dire il vero il mio stato d’animo è cambiato negli ultimi minuti. Alla rabbia e alla vergogna dei primi minuti si è affiancata una strana forma di curiosità che, talvolta (e questa è la cosa che più mi turba), si trasforma in eccitazione.
Sarà anche per questo che inizio a spogliarlo.
Gli slaccio la cintura dei pantaloni. Sbottono il pantalone e abbasso la zip. Il pantalone cade lungo le gambe di Fabio.
Due cose colpiscono il mio sguardo: le gambe, enormi, ben piantate e, anche loro, senza un pelo. E, soprattutto, i boxer. No, non mi riferisco al modello o al colore. Ma a quello che c’è dentro e che si intuisce chiaramente.
Fabio si toglie le scarpe e i calzini. E si sfila i pantaloni dai piedi.
“Anche i boxer” mi dice.
Prendo coraggio. Infilo i pollici dentro l’elastico e gli abbasso i boxer.
Il mio sguardo è subito attratto (e poteva essere altrimenti?) dal suo pene. Enorme è dire poco. E’ ancora a riposo. Ed io, invece, avevo creduto che fosse già in erezione a giudicare dal bozzo che si vedeva! Enorme è soprattutto il diametro. Quattro, cinque centimetri tutti. Ed è ancora molle! Figuriamoci quando sarà in tiro! Confesso che provo un po’ di paura.
“Ti piace?” mi domanda.
“E’ enorme” rispondo.
“Vedrai, vedrai. Su, adesso toccalo”.
Paura e curiosità. Vergogna ed eccitazione. E, ora, anche voglia.
Stavolta non faccio passare molto tempo dalla sua richiesta. Pochi secondi ed allungo una mano. Lo afferro. Altri pochissimi secondi e inizio a segarlo.
“Ehi, credevo di doverti forzare. Invece vedo che ci hai preso gusto. E fai tutto da sola. Brava”.
Mi sento lusingata dal suo complimento. Mi sento stranamente serena. Mi sto rilassando. La rabbia e, soprattutto, la vergogna, mi stanno abbandonando.
Il suo bastone, intanto, comincia a prendere vita. Lo sto masturbando delicatamente. Sembra quasi che ho paura a forzare un po’ la mano. E lui se ne è accorto. E mi viene in soccorso.
“Dai, Sara. Vuoi vederlo dritto? Non usare solo la mano. Usa anche la bocca” mi sorride.
Mi aspettavo che me lo chiedesse. Mi dispiace quasi non aver preso l’iniziativa ed anticipare la sua richiesta.
Siamo tutti e due nudi. Uno di fronte all’altro. Mi siedo sul divano. Ho il suo pezzo di carne a pochi centimetri dalla mia faccia. Lo osservo. Non ho mai visto un pene così da vicino. Neanche il mio.
Contrariamente a quanto immaginavo non sento cattivi odori. E la cosa mi invoglia ad andare oltre. Ed allora inspiro profondamente, chiudo gli occhi ed apro la bocca. Afferro il pene di Fabio con una mano e lo accolgo dentro di me.
Non credevo che il glande fosse così liscio. Ma non credevo neanche che potesse essere così grande. Ho nella mia bocca solo il glande e già la sento piena!
Comincio a leccarlo. Lo tengo stretto con le labbra e con la lingua, da dentro, lo lecco. Mi soffermo sul buco. E mi sta piacendo! Cerco di non toccarlo con i denti. Non vorrei fargli male. Il sapore e l’odore mi piacciono. Mentre lo lavoro, istintivamente, mi afferro il mio, di pene. E comincio a masturbarmi.
“Non così” mi dice Fabio. “Dopo penseremo anche a lui. Ora pensa solo al mio. Muoviti lentamente, in su e in giù” continua.
Mi chiede, cioè, di fargli un pompino.
Decido di metterci tutto il mio impegno. E comincio a muovermi su e giù, proprio come mi ha chiesto Fabio.
Sto facendo sesso orale con un uomo! Sto facendo un pompino! Ho un cazzo enorme nella bocca. E, voracemente, comincio a pompare. Prima lentamente, poi sempre più velocemente.
“Ehi, piano. Altrimenti ti vengo subito in bocca” mi dice Fabio.
Rallento un po’ il ritmo del pompino. Sempre con il suo pene in bocca alzo gli occhi ed incrocio il suo sguardo. In quegli occhi leggo piacere e voglia. E credo che lui, nei miei, veda altrettanto.
Mi sto comportando come una puttana, penso dentro di me. E sono eccitatissimo, continuo a pensare.
Intanto il pisello di Fabio continua a crescere. Ora faccio fatica ad allargare a sufficienza la bocca per contenerlo. Quando lo spinge dentro mi chiude completamente la gola. E riesco a prendergli in bocca giusto il glande e poco più.
Mi viene improvvisamente da pensare a cosa può avere in mente Fabio. Se, veramente, nella sua testa pensa di chiedermi il culetto.
Per come sono messo adesso potrei anche non rifiutarmi di darglielo. Ma sentire le dimensioni di quell’asta nella mia bocca ed immaginare la dilatazione del mio buchino per accoglierlo dentro mi fa preoccupare non poco.
“Vedi che sei brava, Sara. Sei riuscita a portarlo in erezione completa. Ora prendi in bocca anche i testicoli, dai”.
Lo faccio subito. Mi sfilo quell’enorme bastone dalla bocca e mi abbasso per prendere un testicolo. Anche questo è enorme! Ne prendo in bocca uno alla volta. Tutti e due sarebbe impossibile.
Anche qui non ci sono peli. Mi chiedo come faccia a non averne. Ma non me ne frega più di tanto. L’importante, ora, è il piacere che provo nel sentire le sue palle dentro la mia bocca.
Penso che, se tanto mi da tanto, là dentro deve esserci un mare di sperma.
Che intenzioni avrà quando verrà? Mi domando ancora. Sono disposto a scoprirlo.
“Hai una bocca fantastica, Sara. Non sembra proprio che sia la tua prima volta”.
“Grazie” rispondo. E, stavolta, sorrido anche.
Poi Fabio si siede sul divano. Si mette in pizzo e mi chiede di sedermi sulle sue gambe, guardandolo negli occhi.
Allargo le gambe e mi siedo sulle sue ginocchia. Il solo vedere le mie gambe avvolte nelle autoreggenti bianche mi fa bagnare il pene di liquido pre spermatico.
Ora sono seduto su di lui. Lo guardo negli occhi. Ho il suo sapore nella mia bocca. Ed ho una voglia matta di menarmi l’uccello. Ma voglio resistere ancora. Non glielo dico. Voglio vedere dove vuole arrivare.
Improvvisamente divarica le sue gambe. Automaticamente anche le mie, che già erano all’esterno delle sue, si aprono ancora di più. Ci sa proprio fare, penso dentro di me, immaginando già quale è il suo obiettivo.
Ed infatti Fabio mi afferra per le natiche. Sento le sue enormi mani sul mio sedere. Mi attira a se. I nostri membri si toccano quasi. Il suo è almeno il doppio del mio. Che, paragonato a quello dei miei compagni di classe, non è poi tra i più piccoli, anzi…
Torna a baciarmi. Scava dentro la mia bocca con la sua lingua. Ed intanto con una mano scende sempre di più sul mio sedere. Un fremito incontrollabile di eccitazione mi sorprende quando con un dito tocca, per la prima volta, il mio buchino.
Sono io, stavolta, a baciarlo con passione. Sono io a scavare nella sua bocca. Fabio se ne è accorto. I ruoli si stanno invertendo. E vedo i suoi occhi soddisfatti.
Sento un suo dito entrare nella mia bocca. “Leccalo. Bagnalo per bene. Farà meno male”.
Gli afferro la mano. Gli lecco tutte le dita. Cerco di lasciarci sopra più saliva possibile.
Fabio toglie la mano e la rimette dove era un attimo prima. Ma stavolta non si limita a toccarmi il buchino. No. Stavolta lo massaggia con due dita, giusto per bagnarlo un po’ anche all’esterno e poi, con il medio, comincia ad entrare dentro.
Fabio, come ho detto, è enorme. Ed un suo dito non è tanto più piccolo del pene di qualche mio compagno.
“Rilassati, Sara. Più ti irrigidisci e peggio è. Lasciati andare. Ti piacerà, vedrai”.
Cerco di fare come dice lui. E sento che il suo dito è entrato quasi completamente. Anzi, è proprio entrato tutto! Lo sento dentro di me. Mi muovo intorno a quel dito. Comincio addirittura ad emettere dei piccoli gemiti.
“Allora ti piace…vedi che non mi sbagliavo. E questo è niente. Vedrai tra poco”.
Ormai la mia volontà è annientata. Sono nelle sue mani. Potrebbe chiedermi di tutto. Ed a tutto sarei disposto.
Ruota il dito dentro di me. Fino a quando decide di inserirne un secondo.
Non entra. Lo sento forzare il mio buchino. Comincio a sentire anche un po’ di dolore.
Sfila il dito che è dentro di me. Mi dice che questa non è certo la posizione migliore. Mi fa alzare. Mi dice di mettermi in ginocchio sul divano. Di poggiare le braccia sullo schienale. E di protendere il culetto verso l’esterno. “Così andrà meglio, vedrai” dice Fabio.
Mi metto come dice lui. Lui è in piedi, dietro di me. Mi guarda il sedere. Lo fissa con occhi vogliosi. Mi vergogno. Temo che stia decidendo di non inserire le dita dentro di me, ma qualcos’altro. E la cosa mi fa agitare un po’.
Poi, però, torna a massaggiarmi il buchetto con le dita. Mi chiede se in casa c’è del sapone intimo. E cosa c’entra, adesso? Mi domando.
“E’ di là, in bagno, vicino al bidet”, dico.
“Non ti muovere da così” mi ordina.
Lo vedo correre in bagno. Non credevo che potesse essere così agile.
Torna dopo pochi secondi. Si rimette dietro di me. Lo sento aprire la bottiglietta di plastica del detergente intimo. Se ne versa una certa quantità sulle dita della mano. E ne mette un po’ anche sul mio buchetto.
Ora torna dentro di me con un dito. Stavolta entra in un attimo. Comincia a muoverlo, dentro e fuori. Continua a dirmi di rilassarmi. Che non succederà niente di cui preoccuparsi.
Mi sta scopando con un dito! Che, ora, stanno diventando due! Sento l’indice affiancarsi al medio. Lo sento dilatarmi il buchino. Sento le sue spinte. Sento che sta entrando! Lo sento risalire. Cazzo, è entrato! Ho due dita nel culo! “Brava” mi dice Fabio. E intanto comincia a ruotarle. Sento il mio ano aprirsi sotto i movimenti delle dita di Fabio.
E poi, come ha fatto con il primo dito, comincia a scoparmi con le due dita! Dentro e fuori, Qualche volta le sfila completamente e poi, di colpo, le rimette dentro. Tutte e due. Con forza.
“Ti stai aprendo per bene” mi dice. “Sono sicuro che piacerà anche a te. Credo che tu sia pronta” continua a dirmi.
E’ un attimo. Sfila con rapidità le dita. Il mio buchino rimane aperto, lo sento. Ma lui provvede subito a chiuderlo. Nel senso che appoggia il suo bastone proprio sul mio buchetto.
“Ora rilassati ancora di più” mi dice per tranquillizzarmi. Credo che ha capito che mi farà male. Lo so. E’ troppo grande. Avrà un diametro di cinque, sei centimetri. Una cosa da non credere!
Io sono lì sul divano. Alla pecorina. E lui mi sta violando il culetto. Tra poco lo sentirò spingere. E lo sentirò entrare.
E così è. Comincia a spingere. Sento il mio buchino opporre resistenza. Sento il suo glande, liscio, caldo ed enorme, già sufficientemente bagnato dalla mia bocca, che non riesce proprio ad entrare.
Ma Fabio non si scompone più di tanto. Sa che sarà dura entrare dentro di me. Ma sa anche che sarà bellissimo. Perché, mi ha detto poco prima, che il piacere sta proprio nell’entrare in un buco stretto. Un buco che possa avvolgere completamente il membro di un uomo. Una volta, mi ha sempre detto Fabio poco fa, si è trovato ad inserire il suo bastone nel culetto di un ragazzo. Ma questo ragazzo aveva una dilatazione impressionante. Ha poi scoperto che praticava del fisting. Ed era in grado di inserirsi dentro, da solo, la sua mano chiusa a pugno! Ecco, quella volta non gli era proprio piaciuto. Entrava senza sentire resistenza.
Ora, invece, sta violando per la prima volta il mio buchetto. E sa che sarà bellissimo.
Continua a spingere. Sento che una piccola parte è entrata. Comincio a sentirmi aperto. E comincio a sentire un po’ di dolore.
Ma Fabio non lo sa e quindi continua a spingere. Sento che il mio buchetto si dilata. Mi chiedo se si romperà qualcosa. Se dovrò ricorrere a cure mediche.
“Mi fai male” dico a Fabio.
“Lo so. La prima volta è sempre così. Ora mi fermo un po’ e facciamo abituare il tuo buchino. Poi riprenderò a spingere” dice lui.
E così, un poco alla volta, facendo abituare il mio buchetto alle sue spinte e, soprattutto, alle sue dimensioni, sento che il suo glande scivola completamente dentro di me.
Sento bruciare. Sento dolore. Ma sento anche che, lentamente, queste sensazioni sgradevoli diminuiscono e lasciano il posto a sensazioni nuove. Mai provate in precedenza. Qualcosa di molto simile al piacere.
Anzi, è proprio piacere quello che sto provando! Certo, in una forma nuova. Ma mi piace. Eccome, se mi piace.
E Fabio deve proprio capirlo. Perché sfila completamente la sua asta e la spinge di nuovo dentro. Ed ogni volta entra sempre un po’ di più.
Comincio a sentirmi violato. Sento chiaramente che qualcosa di grande sta risalendo dentro di me.
“E’ veramente stretto” mi dice Fabio.
“No, è il tuo bastone che è enorme!” ribatto io.
Mi dice di esporre ancora di più il mio culetto. Di protenderlo verso l’esterno. Lo faccio. E lui continua a spingere e ad entrare. Il dolore è quasi sparito. Il piacere e l’eccitazione, invece, mi stanno avvolgendo sempre di più.
Ora sento distintamente che è dentro di me. So che anche una parte dell’asta è dentro. Lo sento risalire.
Mi afferra i fianchi con le sue mani enormi. E, anziché spingere il suo bastone, cerca di portare me verso di lui. Sento che mi avvicino a lui. E, di conseguenza, sento il suo enorme arnese che si fa largo dentro di me. Cavolo, è veramente grande. Non finisce più.
“E’ quasi tutto dentro” mi dice Fabio.
Sono turbato, ma anche soddisfatto. Turbato perché ho visto quanto è grande il suo pisello. So che mi ha letteralmente aperto il buchetto. Ma sono anche contento perché sono riuscito ad accoglierlo tutto.
Poi sento il suo corpo che aderisce al mio. Significa che è tutto dentro di me.
“Come va? Ti fa male?” mi domanda.
“No. Anzi, mi piace sentirlo dentro…” rispondo.
“Bene…”.
E inizia a muoversi. Lo sfila un po’ e poi lo spinge tutto dentro di nuovo. Lo fa per alcune volte. Finché la dilatazione del mio buchino diventa tale da non sentire più il minimo dolore.
Non so come sia possibile. Ma quello che provo è proprio piacere! E’ bellissimo sentirselo dentro.
Fabio comincia a pompare. Avanti e indietro. Con forza. Arriva addirittura a sfilarlo completamente per poi rientrare dentro di me con forza. Mi da delle spinte che mi fanno sobbalzare sul divano.
Mi vedo a novanta gradi. Vedo le mie gambe avvolte nelle autoreggenti. Vedo i sandali con tacco 12 ai miei piedi. Vedo il mio pisello che ballonzola sotto le spinte di Fabio. E tutto questo mi eccita. Dio se mi eccita!
E Fabio continua a spingere. Lo sento nella pancia.
Poi mi afferra il pisello. E’ dietro di me, mi sta violando, si è preso il mio culetto, mi ha reso la sua donna ed ora vuole che anche io provi piacere. E quindi inizia a segarmelo.
E’ fantastico!!! Già provavo piacere nel sentirlo dentro di me. Ora che mi sta addirittura masturbando, il mio piacere diventa enorme.
“Fabio…così…vengo…” gli dico gemendo.
E lui continua a lavoramelo.
“Oddio…che…bello” continuo.
E lui non smette. Anzi, aumenta il ritmo.
Fino a quando esplodo.
“Ahhhhh…ahhhh…ahhhh” grido, mentre dal mio pene esce un’enorme quantità di sperma, che finisce tutto sul divano di pelle. Il mio corpo è tutto un fremito. Sono scosso dalla quantità di emozioni e sensazioni di piacere che ho provato nel raggiungere l’orgasmo. Non ricordo di aver mai provato nulla del genere in tutte le volte che mi sono masturbato. E men che meno nell’unica volta che ho fatto l’amore con una donna.
Sto pensando che se quello appena provato è il vero piacere sessuale e che se per riprovarlo nuovamente dovrò di nuovo essere posseduto da un uomo, beh, allora aveva ragione Fabio. Mi sa che ci rivedremo ancora…
E mentre la mia mente elabora questi pensieri, Fabio continua ad aprirmi. Pompa come un forsennato. Le sue mani, abbandonato il mio pisello, mi toccano ovunque.
Le sento sui capezzoli. Poi mi afferra per le spalle tirandomi verso di lui. Poi mi afferra per le caviglie. E poi di nuovo sui fianchi. Poi sento che cerca di aprirmi il più possibile il sedere. Mi afferra le natiche e le tira verso l’esterno.
Ed il suo membro continua a fare dentro e fuori.
Mi apro come se fossi di burro.
La sua spada è enorme. Calda e liscia. E soprattutto dura. I miei muscoli anali non oppongono più la minima resistenza ai suoi affondi.
Mi chiedo quanto possa durare ancora. Non che non mi piaccia quello che mi stia facendo. Ma ormai dovrebbe esserci anche lui.
Ed infatti sento che aumenta l’intensità delle spinte. Lo sento gemere. Sento il suo respiro che si fa più corto e affannato.
Ora mi ha afferrato nuovamente per i fianchi.
“Vengooo…eccomi amore mio…” mi dice.
Poi sento calore. Lo sento svuotarsi. Uno, due, tre. Poi ancora quattro, cinque. E poi ancora e ancora.
Mi ha inondato. Beh, con le dimensioni di quei testicoli, penso.
Sento il caldo del suo seme risalire dentro di me.
Lui si piega e mi bacia sulla schiena.
“Credo che sia piaciuto anche a te…” mi dice.
“Si, Fabio, avevi ragione. Mi è piaciuto tantissimo…” rispondo io.
E’ ancora dentro di me. Qualche goccia di seme ancora esce dal suo bastone.
Poi inizia a perdere vigore e consistenza. Sento diminuire le sue dimensioni.
Lo sento uscire lentamente.
Sento che il mio buchetto rimane aperto.
Mi volto. Vedo Fabio che fissa il mio buchino. E poi sento fuoriuscire il suo seme. Lo sento colare lungo le mie gambe. Ne sento uscire veramente tanto.
Il divano, ormai, è tutto sporco. Tra il mio sperma ed il suo ce n’è veramente tanto.
Dovrò ripulirlo per bene.
“Come ti senti?” mi domanda Fabio.
“Mi sento donna. E mi sento soddisfatta” rispondo io. E stavolta la mia voce è ferma e decisa. E lo guardo negli occhi. Non ho più vergogna. Mi sento forte.

Ecco, questa è la storia della mia prima volta. Da quel giorno, ovvio, la mia vita è cambiata. Ho avuto alcuni rapporti con donne. E mi è piaciuto. Ma ho avuto soprattutto rapporti con uomini. E, senza dubbio, mi è piaciuto di più.
Come definirmi? Bisex? Non lo so. Non mi limito alle definizioni.
Mi piace vivere la mia sessualità come viene. Senza limiti o pregiudizi.
Mi piace indossare biancheria intima femminile.
Adoro le scarpe con i tacchi alti.
Quando faccio l’amore con un uomo mi sento donna. La sua donna. E la cosa mi eccita.
Fabio è tornato più volte a prendersi cura di me. Abbiamo fatto l’amore in tutte le posizioni. Mi ha convinta anche ad uscire con lui all’aperto.
Una sera siamo andati con la sua macchina in un parco vicino casa nostra. Ha parcheggiato ed è sceso dalla macchina. Io ho indossato un perizoma, un paio di autoreggenti, una canottiera ed un fantastico paio di scarpe con tacco 15 e senza cinturino, regalatemi proprio da Fabio.
“Più avanti c’è una panchina, ti aspetto lì” mi ha detto scendendo dalla macchina.
Ho finito di prepararmi e l’ho raggiunto, sculettando sui tacchi.
Mi ha scopata lì, con le braccia poggiate alla panchina. Mi è venuto in bocca. Ha preteso che non mi ripulissi nemmeno. E mi ha riaccompagnata a casa.
Ora sono Sara. Sono più Sara che Luca. E sono felice.
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