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Le ripetizioni di latino


di Passatt88
02.05.2022    |    258    |    2 9.2
"Mi fece scendere e disse: «Mettiti alla pecorina sul tappeto, è giunto il momento della monta, piccola..."
Non ero mai andato bene in latino e fu per questo motivo, che, all’università, di comune accordo con i miei, decisi di andare a ripetizioni. Iniziò così la spasmodica ricerca di un professore o una professoressa che desse ripetizioni e alla fine la scelta ricadde su un professore in pensione che continuava a dare lezioni. Massimo, questo era il suo nome, aveva 62 anni, era alto 1.90, non portava la barba e aveva un fisico molto atletico. Infatti, oltre al latino, la sua altra passione, scoprii in seguito durante le chiacchierate tra una frase e l’altra da tradurre, era lo sport e il tenersi in forma. Insomma era un bel manzo, ma io cercai di frenare i miei istinti da frocetta per non farmi scoprire. Andai un pomeriggio a casa sua, per pattuire il prezzo e per presentarmi. Viveva solo, non si era mai sposato, era gentile, molto serio e aveva una qualità enorme: sapeva mettere le persone a proprio agio. Infatti con lui iniziai a capire un po’ di più il latino.

Le lezioni si svolgevano nel salone di casa sua, un appartamento all’ottavo piano, in cui vi era un tavolo, su cui eseguivamo le versioni di latino, un grande divano ad L con un bel tappeto e un televisore. Andavo tutti i pomeriggi da lui, dalle 15 alle 16. Le prime volte furono abbastanza tragiche, dato il mio odio per il latino, ma poco alla volta, grazie alla sua pazienza e alla sua gentilezza, iniziai a comprenderlo e tra me e lui iniziò a nascere una bella intesa. Infatti, molto spesso, durante le versioni, c’erano scambi di sguardi e sorrisi, ma nulla in più, e questo non faceva altro che aumentare la tensione erotica tra noi. Lui a me piaceva molto e me ne resi conto quando una notte lo sognai e mi svegliai tutto sudato e seminudo nel letto. E lo capii ancora di più quando dopo le lezioni, tornando a casa, mi chiudevo in bagno e giocavo col mio buchetto, immaginando che a farlo fosse lui.

Mi ero preso una bella cotta per lui, ma cercavo di reprimere questo sentimento, perché temevo il rifiuto e temevo la fine delle lezioni che significava il non poterlo vedere più. Ma le cose, per mia fortuna, sarebbero cambiate ben presto. Infatti, un pomeriggio abbastanza torrido e afoso, mi recai come di consueto da lui per la lezione. Indossavo dei pantaloncini corti che mettevano in mostra le mie gambe lisce, scarpette da ginnastica estive e una maglietta a maniche corte. Per mia sfortuna/fortuna l’ascensore era rotto, e quindi dovetti salire otto piani a piedi, arrivando fuori la sua porta sudato e col fiatone. Appena mi aprii, vedendomi in quello stato mi chiese se fosse tutto ok, se mi sentissi bene. Una volta entrato in casa, gli raccontai l’accaduto. Massimo mi offrì un bicchiere d’acqua, mi porse un asciugamano e nel modo più dolce e ammiccante possibile mi disse che se volevo potevo andare in bagno a darmi una rinfrescata.

Ne approfittai e mi recai in bagno lasciando socchiusa la porta (lo feci di proposito per attirare la sua attenzione) e iniziai a spogliarmi per una doccetta veloce. Sfilai la maglietta mettendo in mostra l’abbozzo di tettine che avevo e di cui andavo fiero, sfilai, lasciandoli dolcemente cadere lungo le gambe, i pantaloncini. Feci poi la stessa cosa con le mutandine mettendo in mostra il mio culetto liscio e molto femminile e infine tolsi i fantasmini ed entrai in doccia con movimenti molto effemminati (sapevo che lui era dietro la porta a spiarmi). Iniziai così a far scivolare l’acqua fresca sul mio corpo. Mentre reggevo con la destra il bocchettone della doccia, con la sinistra accarezzavo il culetto, le tettine e le gambe. Con la coda dell’occhio, invece, osservavo Massimo fuori la porta che guardava estasiato quanto stava vedendo. Presi così ad insaponarmi tutto, facendolo in maniera molto lenta e sensuale. Alla stessa maniera, sciacquai via il sapone dal corpo, uscii dalla doccia e misi l’asciugamano come fosse un vestitino a coprire dal petto in giù.

In quell’istante, di proposito, Massimo spalancò la porta chiedendomi se avessi finito. Ci guardammo a lungo fino a quando il mio sguardo cadde sulla sua patta, gonfia in maniera spaventosa. Fu a quel punto che Massimo ruppe il silenzio. Infatti, mentre ero ancora intento a guardargli la patta, disse con tono dolce e ammaliante: «Puoi anche venire così in salone. Oggi fa caldo. Ti aspetto di là.» E detto questo se ne andò. Dopo due minuti, con l’asciugamano posto come un vestitino, scalzo, mi avviai in salone. La porta che divideva il salone dalle altre camere, in cui era anche il bagno, era chiusa. La aprii e con mia somma sorpresa trovai Massimo nudo sul divano, a gambe divaricate con l’uccello in tiro. Ci guardammo con desiderio irrefrenabile, e senza dire nulla, sfilai l’asciugamano lasciandolo cadere sul tappeto. Camminando sulle punte e ancheggiando, mi avviai verso il divano, mentre lui non mi toglieva gli occhi di dosso.

Arrivato lì mi sedetti in ginocchio di fianco a lui che aveva allargato il braccio per accogliermi. La sua mano cadde sul mio culetto e le mie sul suo petto. Iniziammo a baciarci travolti dalla passione. L’unico rumore che si sentiva nel salone era lo schiocco dei nostri baci infuocati. Mentre ci baciavamo senza sosta, lui mi palpava avidamente il culetto e la mia mano, dal petto, era scesa verso il suo cazzo e, quasi in automatico, aveva iniziato una sega lenta e dolce. Dopo un po’ ci staccammo e mentre mi guardava negli occhi mi disse: «Dai, fammi un pompino piccola.»

Il suo aver usato il femminile, mi fece venire un brivido di piacere lungo la schiena, così lo guardai con malizia e dissi: «Ok prof…» e mi inginocchiai, sempre di fianco a lui, col culetto all’aria e iniziai a fargli un pompino alternando movimenti lenti e movimenti veloci. La sua mano ora accarezzava il mio culetto, alternando carezze a schiaffi che mi facevano sussultare e mugolare mentre avevo la bocca piena. Poi mentre ero impegnato a spompinarlo per bene, si insalivò le dita e iniziò a giocare col mio buchetto sditalinandolo e facendoci entrare prima uno, poi due e infine tre dita. Le infilava lentamente e poi le estraeva velocemente, facendomi sussultare e gemere come una femminuccia. Mentre con una mano faceva questo, con l’altra dava il ritmo alla mia testa ansimando: «Brava…Così…Succhialo tutto…Oh Si…Da brava, lecca le palle…»

Io eseguivo e sbavavo, mentre il mio culetto era tutto bagnato della sua saliva che mi colava sulle palline e lungo le gambe. Dopo un po’ che andavamo avanti così mi fermò e mi fece salire su di lui. Mentre ci baciavamo e ci strusciavamo, le sue mani andavano dalle mie tettine al mi culetto che massaggiava e sculacciava. Poi se lo prese in mano, lo puntò sul mio buchetto e lo fece entrare lentamente, tutto, fino a che le mie chiappette non arrivano a toccare contro le sue palle. Io continuavo a baciarlo e tra un bacio e l’altro gli sussurrai all’orecchio ansimando: «Prof, è veramente grosso… Faccia piano…» E detto questo iniziai a muovermi, a cavalcare lentamente quella grande mazza che Massimo aveva tra le gambe. Lui dal canto suo, afferrò i miei fianchi e iniziò a dettare il ritmo della cavalcata, facendomi ansimare di piacere. Alternava movimenti lenti a veri scatti d’impeto in cui al mio mugolare si aggiungeva il “ciaf ciaf” che produceva il contatto dei nostri corpi. Nel frattempo, il mio pisellino, moscio e liscio, gocciolava di piacere sul suo ventre sudato.

All’improvviso si fermò, decretando che fosse giunto il momento di cambiare posizione. Mi fece scendere e disse: «Mettiti alla pecorina sul tappeto, è giunto il momento della monta, piccola.» Senza esitare mi misi a pecorina sul tappeto, sculettando mentre lo osservavo segarsi e prepararsi per la monta. Lo puntò, e dopo qualche secondo che fingeva di entrare e che strusciava la cappella contro il mio buchetto, entrò di botto, facendomi sussultare: «Oh si Prof che bello!!!» Iniziò così a montarmi mentre eravamo tutti e due sudatissimi. Mi teneva i fianchi dandomi degli schiaffi di tanto in tanto su culetto sudato e umido. Io lo sentivo tutto dentro e la cosa mi mandava in paradiso. Sentivo le sue palle sbattere contro il mio perineo e ansimavo senza sosta. Lui dal canto suo, non sembrava avere segni di cedimento (d’altronde era un uomo in forma). Continuammo così per un po’, fino a quando non si staccò, si stese sul tappeto e disse: «Dai, facciamo un 69.»

Così montai al contrario su di lui e ripresi a succhiarglielo avidamente mentre la sua lingua passava dal mio buchetto alle mie palline e al mio cazzo semieretto. Ci leccavamo e ci assaporavamo con avidità. Io impegnato a segare e a spompinare e lui a succhiare e a sditalinarmi senza sosta. Fu in quel 69 bellissimo che, senza accorgermene, venni copiosamente ansimando. Massimo, senza batter ciglio, strinse i miei fianchi a sé e bevve assetato tutto il mio piacere. Poi ci fermammo e dopo avermi baciato a lungo mi disse: «Ti va se ti vengo in bocca anche io, piccola?» E io, con un sorriso dolce e malizioso: «Si prof.» Così si alzò in piedi, mentre io rimasi in ginocchio con la bocca aperta. Iniziò a strusciarmelo in faccia e a mettermelo in bocca mentre si segava. Io succhiavo e gli leccavo le palle incitato dai suoi mugolii che mi facevano capire quanto gli mancava. Lo segavo e lo spompinavo e nel frattempo lo guardavo negli occhi e dopo un po’, me lo puntò in bocca e sborrò copiosamente tutto il suo piacere. Io ingoiai tutto con sete e desiderio e quando ebbe finito, mi fece alzare e mentre mi teneva una mano sulla chiappetta, prese a baciarmi, mentre il suo cazzo soddisfatto mi strusciava sulla pancia e io ero in punta di piedi.

«È stato veramente bellissimo e mi piaci tantissimo. Spero che verrai anche domani. Magari possiamo unire l’utile al dilettevole e mentre io ti detto la versione e ti inculo, tu, a pecorina, scrivi. Che ne dici?»

«Si prof, è stato veramente molto bello e anche lei, vabbè tu, mi piaci tanto. E approvo l’idea della versione e dell’inculata in contemporanea. Non vedo l’ora che sia domani per provare questo nuovo metodo d’insegnamento.»

«Adesso dovremo farci un’altra doccia.»

«Magari possiamo farla insieme prof. Io insapono lei e lei insapona me…»
«Mi sembra un’ottima idea, piccola…»
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