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Gay & Bisex

Passione ritrovata: una notte di inizio estate. (Passione lui&lui - quinta e ultima parte)


di Membro VIP di Annunci69.it GSAwNSA77
19.02.2017    |    3.607    |    4 9.2
"Oltre alla lunghezza, anche lo spessore è considerevole..."
La mia vita è finita! Mi sento a pezzi. Sono passati quattro giorni da quella sera in cui Guido mi ha abbandonato e non riesco a darmi pace.
Patty è sparita, non mi perdonerà mai. Non risponde ai miei messaggi e alle telefonate, le due volte che l'ho cercata al bar, la zia rivolgendomi a stento la parola, mi ha detto che non stava bene. Mi attribuisce ingiustamente colpe che non ho, in fondo io non lo sapevo. Come facevo a sapere che Guido è il suo fidanzato e che abbiamo condiviso lo stesso uomo. Abbiamo spartito molte cose nella vita: le pizze davanti alla TV, una vacanza in Spagna, le serate in compagnia, molte amicizie, ma non siamo pronti a condividere qualcosa di così importante... lei non lo è.
Anche Guido è sparito, mi ha detto addio con quell'ultimo amaro amplesso avvolto di lacrime sul freddo pavimento dell'ospedale. Io non l'ho neppure salutato. Lo rivedo ogni giorno in un grigio e sfocato ricordo quando entro in quello spogliatoio per cambiarmi prima e dopo il turno. Rivivo giorno dopo giorno quella scena piena di amore e disperazione. Dove sei, amore mio? Senza di te mi sento vuoto. Ho bisogno di te!
Questi pensieri tormentati si susseguono senza sosta e riempiono tutti i miei momenti di solitudine: Patty e Guido, Guido e Patty. Loro due, insieme. Chissà dove sono? Che cosa stanno facendo? Pensano a me come io penso a loro? Si divertono? Scopano? Lei sarà mai in grado di dargli quello che cerca? Si amano? Io sì, ci è voluto uno scossone come questo per capirlo, per accettare che un uomo può essere più di un pompino rubato alla notte o di una scopata alle spalle di una moglie ignara.
Troppi pensieri. Troppe domande e tutte senza risposta. Ho bisogno di conferme, devo sapere. L'ignoto mi sta logorando lentamente dall’interno. Ed io mi chiudo sempre più in me stesso e nella mia solitudine.

Il mio amico Tiziano ha ragione, devo reagire, non posso rimanere chiuso in casa a rimuginare i ricordi di un amore spezzato sul nascere e assillarmi con mille dubbi infondati e colpe ingiustificate. In fondo siamo tutti vittime e colpevoli: vittime di circostanze fortuite e colpevoli di amare. Assolto da ogni accusa, decido di reagire. Tiziano in giornata mi aveva scritto che questa sera si sarebbero trovati in un nuovo bar del centro. Tiziano è un vero amico, nonostante la parentesi “consolatoria” di quella sera, il rapporto tra noi non è cambiato. Lui continua ad amarmi segretamente ed io a volergli bene come a un fratello. In questi giorni mi è stato molto vicino. Ha ascoltato i miei sfoghi, mi ha dato una spalla (e solo quella) su cui piangere e mi ha sempre (inutilmente) spronato a voltare pagina.
È venerdì sera, non posso continuare a farmi del male e decido di ascoltare il consiglio del mio amico. Mi preparo e prendo l’auto per raggiungere i miei amici. Almeno non resto qui da solo a torturarmi con mille paturnie e magari riesco pure a ritrovare il sorriso.
Voglio davvero andare dai miei amici, le mie intenzioni sono sincere. Tuttavia lungo il tragitto sento di dover fare una piccola deviazione, una sosta in un posto che mi aiuterà a dimenticare Guido e mi darà la possibilità di dirgli addio, cancellandolo definitivamente dai miei pensieri.

Posteggio l’auto al solito posto, spengo il motore e mi guardo in giro. Gli anni di esperienza mi permettono subito di cogliere i tipici movimenti sospetti, innocenti agli occhi della maggior parte dei passanti ignari dei peccati che nasconde il buio di questo luogo, ma non ai miei. Un uomo di mezza età appoggiato al lampione si sta sfregando il pacco con le mani infilate discretamente nelle tasche dei jeans. Due ragazzi sulla trentina, uno alto e magro e l’altro un po’ più robusto, assicurandosi di non essere visti da occhi curiosi, si infrattano dietro a un cespuglio per appagare il loro desiderio impellente. Un tizio con l’aria da pervertito e anche un po’ sfigato, passeggia attorno alla cabina di un camion con il telefonino in mano intento a far finta di messaggiare. Ogni tanto lancia un’occhiata libidinosa all’interno della cabina illuminata solo dal riflesso di uno schermo acceso. Chiaramente il camionista sgamato lo ignora concentrato sulle immagini del proprio portatile (probabilmente un qualche porno) e si rifugia dietro le tende scure. Poi ci sono tutti i soliti “discreti” seduti nelle loro auto, che per un motivo o per un altro vivono passivamente e in solitudine i loro impulsi. Questa sera faccio parte anch’io di questa categoria. Passa il tempo e cambiano gli attori, ma il film rimane sempre quello.
Seduto in auto osservo le abituali scene di una sera in piazzola: un andirivieni di volti anonimi dalle toilette, facce soddisfatte che partono e riprendono il loro viaggio, espressioni sconsolate alle prese con un due di picche, gente che vaga senza meta e altra che ha come unico obiettivo quello di soddisfare i propri piaceri e quelli altrui. Tutto nel classico e rigorosamente anonimo silenzio notturno del battuage.
Io però stasera vivo queste scene con occhi diversi, in modo distaccato, da spettatore. Guardo senza vedere, come le scene di un vecchio film rivisto per l’ennesima volta. Ascolto senza sentire, come il rumore di un treno che passa a ogni ora sotto casa. Sono di nuovo immerso nel mio mondo magico con Guido, lo devo salutare. Con lo sguardo fisso nel vuoto, rivivo il nostro primo incontro di qualche settimana fa, proprio lì, sotto quel lampione a pochi metri dalla mia auto. Gli sto dicendo addio…

Tutto d’un tratto sobbalzo, distolto dai miei dolci pensieri. Uno sciagurato bussa al mio finestrino. Mi sembra di riconoscere l’uomo che si stimolava il pacco appoggiato al lampione. È un bell’uomo sulla cinquantina, ben tenuto, probabilmente grazie ad una regolare attività fisica. Capelli scuri e corti, sguardo profondo e una bella barba ben curata che incornicia il suo volto maschio. Mi fa pensare a come potrebbe essere Guido tra una ventina d’anni, tra i due c’è una vaga somiglianza. Porta una camicia sportiva aperta sopra una t-shirt bianca e dei jeans stretti al punto giusto per mostrare un bel pacco. In piedi davanti a me con una mano abbastanza ruvida che potrebbe essere da operaio, si stimola la protuberanza sotto i jeans, mentre con l’altra mima un inequivocabile gesto di un pompino. Un chiaro invito. Colto alla sprovvista da questa situazione, distolgo subito lo sguardo. S’incammina e fa un paio di giri intorno alla mia auto, mi osserva da diverse angolature cercando il contatto visivo, non mi toglie gli occhi di dosso. Non sapendo più cosa fare, abbasso lo sguardo verso il vuoto, fisso i miei piedi ancora appoggiati sui pedali dell’auto. Bussa di nuovo, questa volta con più determinazione. Con la coda dell’occhio scorgo che con entrambe le mani sta evidenziando la mazza sotto i jeans nella sua totale consistenza. Con una mano si tiene alla base, mentre con le dita dell’altra traccia il perimetro di quel matterello a dimostrazione delle sue notevoli dimensioni. Oltre alla lunghezza, anche lo spessore è considerevole. Infatti, riempie tutta la parte destra dei pantaloni fino alla cucitura laterale dei jeans. Cerco di ignorarlo, ma non è facile. Non sono mai stato bravo a declinare un cazzo, soprattutto se di spessore. Non soddisfatto del mio “rifiuto”, si mette una mano nella tasca destra e ne sfila una bellissima cappella seguita da un pezzo di gambo. Deve aver messo i jeans strategici da battuage, quelli con le tasche bucate a effetto sorpresa. Non riesco a non guardare quel glande prorompente che spunta dalla tasca alla ricerca di gratificazioni. Questa succulenta visione riflette un colore dorato dato dal bagliore del lampione. L’erezione mi esplode nei pantaloni, ma cerco di ignorarla, è solo un istinto delle vecchie abitudini. Devo concentrarmi e combattere gli impulsi della vecchia troietta che non voglio più essere. In fondo sono qui a piangere la perdita di Guido, non a intrattenermi con la sua versione paterna. Scuoto la testa in segno di negazione. Lo sconosciuto non sembra accettare la risposta. Si slaccia abilmente cintura e pantaloni e libera il bestione che si stende duro verso l’alto saltando fuori dalle mutande come una molla. Mi appare alla vista un cazzo perfetto nella sua totalità, a riprova di quanto già intuito in precedenza. Resisti! Resisti! Resisti! Ripeto mentalmente questo mantra con gli occhi chiusi.
Inizia a menarselo continuando a guardarmi, più precisamente fissa la mia bocca. La vuole davvero. Chiude gli occhi e aumenta il ritmo, presumo si stia immaginando le mie labbra intorno al suo uccello. Con un discreto passaggio di lingua me le bagno ma non cedo, non stasera, non adesso. Ha un cazzo bellissimo, leggermente curvo a destra, ma di una lunghezza e di uno spessore da paura. Benché sicuramente non sia piccola, la sua mano rozza non riesce a chiudere la circonferenza del suo cazzone. Mentre continua a segarsi ininterrottamente con una mano, si accorge della mia espressione vogliosa. Capisce che sono tentato ma allo stesso tempo combattuto, si porta l’altra mano sul capezzolo e inizia a stringerselo tra il pollice e l’indice. Lo torce, lo tira e lo stringe. Si abbandona lasciando cadere la testa indietro. È eccitatissimo, gli piace essere guardato da me (e probabilmente da altri occhi viziosi) attraverso il finestrino dell’auto come se fosse sullo schermo di un cinema a luci rosse. Si sente protagonista. Lo sento gemere sempre più forte, il ritmo della mano aumenta ancora e i lineamenti del viso si contorcono in smorfie di godimento. Al culmine ferma la mano e, tenendo fermo alla base il cazzo completamente scappellato, schizza abbondantemente verso di me. Gli spasmi di piacere gli attraversano tutto il corpo. Ha letteralmente raggiunto l’apice, mentre gode per non perdere l’equilibrio si tiene con la mano libera al tetto della mia auto. Apre gli occhi e mi guarda. Resto immobile seduto in macchina dietro al finestrino ricoperto da cinque copiosi schizzi di sborra che colano lentamente dal vetro. Immagino di aver assunto un’espressione da imbecille in questo momento, anche perché non mi sarei aspettato una conclusione così teatrale. Si meriterebbe un’ovazione per questa sborrata da premio oscar, invece io lo fisso impressionato senza battere ciglio. Si risistema vistosamente il pacco nei pantaloni, mi strizza l’occhio lanciandomi un sorrisetto di accondiscendenza e compassione e se ne va con passo deciso verso i bagni.

Ancora scosso dalla situazione, caccio un urlo lunghissimo fortunatamente soffocato dall’abitacolo dell’auto. È tutta colpa di Guido! Mi ha rubato la vita. Non sono più me stesso. Non mi sono mai negato un piacere del genere. Sta giocando con il mio cuore, lo sta stimolando talmente forte che i battiti si fanno sempre più accelerati fino a spegnersi in una linea piatta. Mi scende una lacrima, probabilmente un riflesso involontario post mortem. Mi sembra di avvertire un attacco di panico, ho la vista annebbiata, mi manca il fiato, ho un urgente bisogno d’aria. Apro lo sportello dell’auto e mi lascio cadere sulle ginocchia, proprio come quando mi dedico al mio passatempo preferito. Percepisco tutti gli sguardi infrattati su di me, ma non m’importa, non ho paura di condividere il mio stato d’animo. Soffro. Mi sfogo picchiando i pugni sull’asfalto.
Finché da lontano riconosco l’andatura di quelle Stan Smith bianche e blu lanciate con passo deciso verso di me, quasi di corsa; alzo la testa e mi sembra di rivivere quel primo incontro di due settimane fa. Guido con aria preoccupata sta correndo in mio soccorso. Allora il principe azzurro sul cavallo bianco esiste e i lieti fine non ci sono solo nelle fiabe?
Mi alzo in piedi e gli lancio le braccia intorno al collo, mi abbraccia anche lui e stretti in questo momento indescrivibile e pieno di pathos mi sussurra “Sapevo di trovarti qui. Sono passato ogni sera. Mi sei mancato.” Gli accarezzo i capelli e il viso e gli rispondo “Anche tu”, ci lanciamo in un bacio pieno di promesse. Non parliamo più, ci sarà tempo per un confronto, da questo momento comunichiamo solo con le sensazioni attraverso i nostri corpi. Sarebbe più prudente andare a casa sua o mia, ma non c’è tempo, la passione si è riaccesa e va consumata qui e subito sotto il nostro lampione.
Ancora racchiuse in un puro abbraccio conciliatorio, le nostre mani si mettono piano piano in moto e palpeggiano i nostri muscoli: le mie esplorano la sua schiena e le spalle forti, mentre le sue si abbassano verso i miei glutei. Stretti l’uno contro l’altro, sentiamo i rispettivi battiti cardiaci chiaramente accelerati dalla gioia e dall’eccitazione. Anche i baci diventano più impetuosi, le lingue si riconoscono al tatto e al gusto familiari e si intrattengono nella solita coreografia di movimenti armoniosi. Rivivo tutte le sensazioni già provate, ma stavolta mi tremano le ginocchia e sento il cuore gonfio di piacere perché so chi sto baciando, conosco il suo nome: GUIDO.
La passione ci travolge, non ci controlliamo più. Afferra la mia mano e la posa con fermezza sul suo pacco. Non mi faccio pregare e dopo averlo stimolato un po’, gli sbottono i pantaloncini corti lasciandoli cadere a terra sopra i suoi piedi insieme ai boxer. Mi inginocchio a terra, come mio solito, e prima di esibirmi in acrobazie orali, contemplo questo oggetto del desiderio: dapprima lo accarezzo, lo masturbo delicatamente, poi lo scappello completamente e lo rivesto, gioco con il prepuzio, voglio riacquisire confidenza e assaporare ogni momento che segue. Il desiderio si fa incalzante.
Inizio a leccarlo dolcemente sull’orifizio e, sentendo un retrogusto di pipì, mi aumenta il desiderio di possedere il suo cazzo. Gli stimolo i testicoli, prima con leggeri colpetti di lingua poi prendendoli in bocca uno per volta. Mi gusto tutta l’asta in movimenti distesi, dal basso all’alto per tornare ancora giù, con mosse perpetue ma non ripetitive gli faccio scivolare la lingua accompagnata dalle labbra ben umidificate lungo tutto il percorso. Gli piace, ma mugola per avere di più, per sentire il calore della mia bocca completamente avvolto al suo uccello. Non osa prendere l’iniziativa, è consapevole del fatto che deve ancora espiare le sue colpe. Mi ha fatto soffrire parecchio (anche per lui questi giorni non sono sicuramente stati facili). Con la bocca spalancata e la lingua tesa gli pungolo la cappella che di riflesso a ogni tocco si irrigidisce dopo una leggera scossa di piacere. Con non poca difficoltà mantiene il controllo, basterebbe un semplice affondo da parte sua per stuprarmi la bocca. Lo accontento e molto delicatamente lo lascio scivolare dentro di me. Lo succhio accompagnando i movimenti con la mano, senza lasciarmi distrarre dalle indistinte figure spettatrici di questa passione ritrovata. Movimenti profondi e decisi. Sento il suo cazzo pulsare sempre di più, sta per raggiungere il culmine e immediatamente blocco mano e bocca. Non voglio che sborri, non ancora. Voglio avere il controllo del suo orgasmo, del suo piacere in generale. Sono stufo di essere sottomesso, succube dei desideri altrui. Con Guido qualcosa sta cambiando dentro di me, non è più solo LUI, adesso siamo in due, siamo insieme.
Ripeto queste azioni in un lunghissimo spossante pompino. La mascella mi duole, le labbra mi bruciano, non ho più saliva, ma non smetto, glielo succhio fino a interrompere ogni volta il coito al culmine. Lo faccio impazzire, gode come un matto.
Prima di consumare del tutto la mia boccuccia, che lui scherzosamente definisce preziosa, mi fa alzare da terra e con nonchalance mi presenta al nostro pubblico. Ancora leggermente disorientato, riconosco il tipo della sborrata sul finestrino e la coppia imboscata in precedenza, il camionista (non ne sono sicuro) e alcuni che hanno abbandonato la privacy delle loro auto per assistere da vicino allo spettacolo, più altre nuove facce che si sono aggiunte. Senza interferire, sono tutti educatamente disposti a cerchio intorno a noi due. Conto una decina di persone. Facce catturate dalla voglia di trasgredire, bozzi in evidente eccitazione, pantaloni sbottonati con svettanti cazzi che passivamente subiscono una sega dalla migliore compagna di sempre. Tutti in silenzio e totale rispetto nei nostri confronti.
Guido mi prende la faccia tra le mani e avvicinandosi fino a quasi toccarci le labbra, mi dice “Ti conosco…”, lo guardo con aria interrogativa e lui riprende “Tu da stanotte sei mio, ma la troietta che è in te non va frenata e io non ho problemi a condividerti con altri”. Così dicendo mi indica il cazzo ben in mostra di quello che potrebbe sembrare suo padre. Senza perdere un secondo mi lancio sulla preda designata dal mio uomo e inizio a succhiarglielo avidamente. Inizia la festa. Guido ha capito i miei conflitti, comprende che quello che provo per lui mi sta facendo soffrire come un animale in gabbia.
Nel frattempo altri due incauti tirano fuori i loro manganelli e se lo preparano in attesa del loro turno. Succhio tre cazzi uno dopo l’altro, a volte due insieme, ho entrambe le mani e la bocca impegnate a dare, anzi ricevere, piacere. Guido ancora svestito ed eccitatissimo nel vedermi disinvolto con la bocca occupata, mi prende da dietro e mi abbassa i pantaloni. Poi con la sua abituale autorevolezza, invita un ragazzetto che avrà poco più di vent’anni a prepararmi il buco. Senza obiezioni il ragazzo si china dietro di me, con le mani mi allarga le chiappe e inizia a esplorarmi la rosetta. Prima ne annusa l’inebriante profumo, poi con uno sputo mirato la riempie di saliva e infine si lascia andare in un profondo massaggio con la lingua. Alterna le sue attenzioni tra il mio buco e il cazzone di Guido nella speranza di poterne avere di più. Ma lui lo congeda e senza un cenno di esitazione mi inforca davanti al pubblico che aspettava impaziente questo momento di bramosia. Mi scopa violentemente, a ogni suo colpo affondo nella bocca il primo cazzo che mi si para davanti, colpo dopo colpo, uno dopo l’altro. Mentre mi penetra prepotentemente come piace a me, quelli più maschi si raggruppano accanto a lui in ammirazione, aspettando il loro momento. Le scene sono degne di un film porno e si susseguono con l’eccitazione palpabile nell’aria. L’odore di maschio mi riempie le narici: chi va e chi viene, chi è protagonista, chi è solo curioso e chi si apparta in coppia, il tutto in un ventaglio di età, aspetto fisico, classe sociale e orientamento sessuale molto variegato. Un momento unico quello dell’orgia. Odori, forme e sapori diversi in un unico attimo. I cazzi si moltiplicano e si muovono disordinatamente alla ricerca di un rifugio. Entrambi i miei buchi vibrano nell’aria, bisognosi di attenzioni. Ai miei, si affiancano quelli di due ragazzi che, abbattute le inibizioni, condividono con me quest’avventura. Sono posseduto da un cazzo dopo l’altro senza un attimo di tregua. Anche l’uomo che ha deflorato la mia auto, mi scopa con estrema foga. Lo riconosco perché attira la mia attenzione con una forte pacca sulla chiappa destra, come per dirmi “Lo sentivo che sei una troietta, per fortuna ti sei lasciato andare”. Mi fa sentire ogni centimetro del suo sesso e con ogni stoccata conferma la sua mascolinità e la sua somiglianza a Guido.
A parte qualcuno che non ha resistito al piacere e ha abbandonato il gruppo prima del tempo, sborriamo tutti insieme. In tre ci accovacciamo a terra sostenendoci a vicenda con le schiene sudate, allunghiamo il collo e spalanchiamo le nostre bocche come dei piccoli uccellini affamati in attesa di essere cibati. Sono affascinato da questa eterogeneità di cazzi e seghe (senza discriminare nessuno): chi si masturba con la mano piena in lunghi movimenti di masturbazione, chi usa solo due dita a causa delle dimensioni ridotte, chi deve accelerare per raggiungere il piacere e chi va più lentamente per frenarlo e resistere fino alla fine, chi ha bisogno di essere lubrificato con un po’ di saliva e chi si bagna da solo dando lucentezza alla propria cappella. Tutti in cerchio con un unico medesimo obiettivo, raggiungere il piacere cercando di mirare una delle tre bocche che hanno davanti. Prima sporadicamente, poi tutti insieme arrivano schizzi di sborra da tutte le direzioni: una pioggia di sperma tra il dolce e l’amaro.
Io mi concentro sull’uccello di Guido, lo seguo nei movimenti della sua mano e osservo le sue espressioni; non mi lascio distrarre dagli schizzi che m’impiastrano i capelli e mi colano dalla faccia. Vedo solo lui, all’apice del godimento. Smetto di masturbarmi e abbandono il triangolo di corpi, facendo quasi perdere l’equilibrio ai miei compagni d’avventura. Mi proietto sul suo cazzo, stavolta in tempo per prendere in bocca e digerire tutto il suo orgasmo. Non spreco neanche una goccia. Ingoio soddisfatto l’ultimo spruzzo e, con l’aiuto di Guido ancora visibilmente frastornato, mi rimetto in piedi dandomi una ripulita ai jeans all’altezza delle ginocchia.
Anziché avere ribrezzo di me, mostrandomi a lui con la faccia e i vestiti tutti ricoperti da colate di sperma, mi abbraccia e mi elogia con una punta d’orgoglio “Brava troietta, ben fatto!”. Ci lasciamo andare in un altro lungo appassionante bacio. Le figure anonime che hanno partecipato a questo momento di estasi, dopo aver goduto, si sono dileguate ordinate e silenziose come delle ombre inghiottite dal buio della notte. Siamo rimasti solo noi due a crogiolarci nella perdizione delle nostre azioni. Due settimane fa in questo posto c’erano due persone diverse da oggi ma strette in un medesimo (timido) abbraccio, due sconosciuti con storie e peccati distinti ma la stessa passione negli occhi. In questa storia ho perso una buona amica (e i miei jeans preferiti) ma in cambio ho dato un significato alla mia vita: oggi per la prima volta ho imparato ad amare.

Guido si stacca dalle mie labbra, mi guarda fisso tenendomi delicatamente il mento con una mano e con voce ferma mi confessa “MARCO, ti amo.” Da quella notte i miei occhi non hanno più smesso di brillare ed io non sento più il peso del vuoto anonimato.

Ci saranno ancora molte storie di passione da raccontare tra me e Guido, ma la storia di come ci siamo incontrati, amati, persi e ritrovati finisce in questa notte di inizio estate.

Fine
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