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Giochi di potere di un poliziotto molto cattivo


di Membro VIP di Annunci69.it GSAwNSA77
21.03.2018    |    13.647    |    11 9.6
"Alternava le penetrazioni con il cazzo a quella con il manganello..."
L’orologio sulla parte segnava l’una e dieci. Il ticchettio della lancetta dei secondi scandiva rumorosamente il passare del tempo. Era da più di mezz’ora che mi trovavo in quella stanza asettica e vuota quasi completamente al buio. La luce era soffusa, il tavolo al centro del locale era a malapena illuminato da una lampadina che penzolava dal soffitto. L’aria era pesante, dietro di me c’era solo una porta chiusa e alla mia destra probabilmente una finestra serrata da pesanti tende nere. A parte l’orologio da parete alla mia sinistra e un enorme specchio che occupava la lunghezza di quasi tutta la parete davanti a me non c’era niente: ero da solo a fissare la mia immagine riflessa e espiavo mentalmente le mie colpe.
Chissà chi altro mi stava guardando da dietro quello specchio? Chissà chi mi giudicava colpevole oltre al mio "io" riflesso? “Sei proprio una stupida puttana!” mi urlava una voce nella testa. “Sapevi che prima o poi ti avrebbero beccato a dare il culo in giro nei parchi”.
Tremavo, ma non per il freddo e non per il fatto che ero completamente nudo avvolto in una leggera coperta. Tremavo per la paura e per l'angoscia di non sapere quello che mi sarebbe successo. Il mio corpo non smetteva di palpitare dalla testa ai piedi. Avrei dato un'altra delusione a mio padre. Avrei perso il lavoro. Sarei diventato lo zimbello del paese e soprattutto la vergogna dei miei genitori.
Aspettavo il mio destino seduto a quel lungo tavolo sul quale erano appoggiati solo un bicchiere, una bottiglia d’acqua e un vecchio telefono. Avevo sete ma più ancora avrei voluto usare il telefono per chiamare mia madre e chiederle scusa per quello che si sarebbe mormorato in giro sul mio conto. Ma non potevo muovermi, non potevo né bere né telefonare. Le braccia erano bloccate dietro la schiena e in quella posizione iniziavano a dolermi per le manette strette ai polsi. Aspettavo seduto sulla sedia, immobile a riflettere su cosa mi sarebbe successo.
Da quando mi avevano fermato nel parco, ero stato trattato come se fossi stato uno dei peggiori criminali, come se avessi ammazzato qualcuno. A testa bassa stavo per piangere per la disperazione.

Dopo un’estenuante attesa sentii dei passi e la porta aprirsi dietro di me. Alzai la testa e riflessa nello specchio vidi avvicinarsi dietro di me l’immagine dell’uomo in uniforme che mi aveva arrestato nel parco. Era un bell’uomo sulla cinquantina, alto e con un corpo robusto, capelli scuri leggermente brizzolati sui lati e uno sguardo penetrante. Quella divisa da poliziotto lo rendeva ancora più eccitante. Lo seguivo con gli occhi mentre mi passava affianco e prendeva posto in faccia a me sulla sedia dall’altra parte del tavolo. Senza dire una parola e senza mai guardarmi in faccia appoggiò un fascicolo di carte sul tavolo, si versò un bicchiere d’acqua e si sistemò la camicia che sembrava esplodere stretta sui muscoli del petto. Bevve d’un fiato, appoggiò il bicchiere vuoto sul tavolo e per la prima volta mi guardò diritto negli occhi. Mi fissava con disprezzo, leggevo nei suoi occhi severi il disgusto che provava a stare nella stessa stanza con me.
“Sai dove sono stato fino adesso?” disse ringhiando. Stupito da quella strana domanda non dissi niente, lo guardai intimorito e basta. Silenzio. D’un tratto picchiò i pugni sul tavolo talmente forte da far vibrare la bottiglia e il bicchiere, poi sbraitò “Ti ho fatto una domanda, rispondi!”. Sobbalzai per lo spavento e con la voce tremolante risposi “No, agente, non lo so”. Ancora un lungo silenzio. “Ho pulito i sedili posteriori della mia auto, dove il tuo culo nudo, fradicio e gocciolante è stato appoggiato mentre ti portavo qui” disse con un tono più pacato ma sempre intriso di rabbia. Un’altra pausa di silenzio e imbarazzo.
“Mi dispiace agente, le ripagherò tutto ma la prego…” mi scusai piagnucolando.
“Facciamola breve, adesso ti farò qualche domanda per il verbale e così potrai andartene di qui con una bella denuncia“.
“No, la prego…”
“Cosa stavi facendo nel parco alle 23.30 di ieri?”
“Niente, stavo solo…”
“Cosa stavi facendo completamente nudo nel parco alle 23.30 di ieri sera?” corresse la domanda alzando di nuovo il tono della voce e specificando che mi aveva trovato senza vestiti.
“Niente” risposi fermamente.
“Chi c’era con te?”
“Nessuno”
“Non dire cazzate, ho visto altre persone scappare. Dimmi chi c’era con te.”
“Non lo so, a me non sembrava di aver visto qualcuno”. Sapevo di rischiare grosso con quelle bugie, ma ero sicuro che dire la verità avrebbe peggiorato la mia situazione. Il poliziotto si stava visibilmente spazientendo.
Mentre era intento a scrivere il suo verbale, ripensai a tutto quello che lui poteva solo immaginare e che io sapevo per certo ma non avrei mai potuto confessare.
Quella sera ero più voglioso del solito ed ero uscito alla disperata ricerca di un cazzo. Mi spinsi fino a quel parco che sapevo essere frequentato di notte da uomini in cerca di piacere tra sconosciuti. Dopo non molto, vagando tra gli alberi, senza troppa fatica incontrai quello che cercavo. Saltando tutti i convenevoli, slacciai i pantaloni del prescelto e gli sfilai l’uccello già duro dalle mutande. Spompinai a lungo quel grosso cazzo venoso di cui riuscivo a ricordare ogni dettaglio - forma, dimensioni, consistenza, odori e sapore. Mi aveva eccitato soprattutto il sapore, aveva un buon gusto di maschio. Di quell’uomo però non ricordavo nient’altro. Non c’era tempo per guardarsi in faccia, preso dalla foga e dall’eccitazione mi fece spogliare completamente e mi scopò ripetutamente. Mi martellava il buco come un dannato e io godevo come una cagna. Mentre mi possedeva a pecora da dietro arrivarono altri due volti anonimi che, eccitati dallo spettacolino, vollero partecipare e si fecero succhiare il cazzo. Con un cazzo nel culo e due in bocca non capivo più niente, sentivo tutte le mie voglie soddisfatte. Sentivo quei membri turgidi affondarmi nelle viscere e riempirmi la bocca di umori alternanti fino a quando esplosero in un intenso orgasmo tutti insieme. Il primo con un urlo che probabilmente risvegliò tutti gli animali del parco, mi riempì gli intestini con una quantità di sborra impressionante. Gli altri due mi schizzarono abbondantemente sulla faccia, impiastrandomi i capelli, il volto e uno schizzo mi finì anche negli occhi che iniziarono subito a bruciare. Fu allora che un fascio di luce si accese e illuminò il mio corpo nudo e ancora vibrante di piacere. “Fermi!” urlò da lontano una voce profonda e autoritaria. I tre sconosciuti risistemarono immediatamente i loro cazzi ancora duri nei pantaloni e lasciando cadere il mio corpo stremato a terra, si diedero alla fuga. Riconobbi l’uniforme da poliziotto e senza protestare, ancora in preda all’eccitazione mi lasciai accompagnare all’uscita del parco… nudo e in manette.

“Adesso basta cazzate…” la voce del poliziotto tuonò talmente forte che sobbalzai di nuovo sulla sedia. Si alzò di scatto, si avvicinò a me con fare minaccioso ed estrasse un grande manganello nero dalla cintura. Me lo appoggiò sulla bocca e sussurrandomi nell'orecchio mi ripeté quello che già sapevo "Senti frocetto, sappiamo benissimo entrambi cosa stavi facendo nel parco, quindi non prendermi per il ... ehm, non prendermi in giro". Mi scappò un leggero sorriso per come stava particolarmente attento ai termini che usava. "Hai soddisfatto la tua vomitevole voglia di cazzo. E dalla tua faccia ancora incrostata di sborra e da quella che hai lasciato nella mia auto presumo che tu ne abbia presa in abbondanza". Così dicendo passò il manganello dalla bocca all'interno delle mie cosce, spingendolo sotto le palle fino a sfiorare il mio buchetto ancora bello dilatato. “Sì, signo... cioè no, signore” continuai a negare. “Mi fate schifo voi depravati” incalzò “vi fate sempre beccare negli stessi posti e con le solite inutili scuse negate l’evidenza”. Fece una breve pausa e appoggiò il manganello sul tavolo “D’altro canto c’è di buono che siete una facile scopata, non sapete mai dire di no a un bel cazzo”. Così dicendo si slacciò il cinturone, aprì i pantaloni ed estrasse la sua mazza che non aveva assolutamente niente da invidiare al manganello. Era durissima e salda in una mano se la picchiettava sul palmo aperto dell’altra in un gesto chiaramente provocatorio. L’espressione di disprezzo sul suo volto non era cambiata, ma i suoi movimenti erano più lenti e i passi calibrati. Mi girava attorno con fare autoritario. Stchak, stchak, stchak rimbombavano i colpi del suo cazzo sulla mano nella stanza vuota. Rimasi sbigottito nel vedermi svettare a pochi centimetri dalla faccia il cazzo duro del poliziotto quando si fermò davanti a me. “Succhia puttana!” esordì puntandomelo alla bocca. Di riflesso aprii la bocca e me lo lasciai scivolare dentro. Sapeva di piscio, ma quel gusto fresco ed eccitante. Lo sentii spingere in avanti e indietro fino all’apertura dell’esofago. “Forza! Fatti scopare quella boccuccia. Sai fare meglio di così. E non penso che ti dispiacerà uscire di qui con la fedina penale pulita. Sai che potrei chiudere un occhio su quello che ho visto stanotte”. A quelle parole lasciai cadere tutte le mie paure e con l’affondo successivo lo presi fino in gola a costo di rischiare di soffocare. Mi scopava la bocca come se fosse una figa, a ogni colpo sentivo il naso affondare nel cespuglio di peli e sbattere contro il suo pube. Dovevo combattere contro i conati e trattenere le lacrime che mi riempivano gli occhi lucidi. “Dai! Succhia! So che è quello che vuoi! Sei una lurida....” continuò ad apostrofarmi con aria soddisfatta. Intanto con il suo cazzo che spingeva fino in gola la saliva mi si accumulava in bocca e a ogni colpo fuoriusciva sempre più abbondante colandomi sul mento e sul collo. Anch’io avevo il cazzo durissimo, ma con le mani legate dietro la schiena non potevo toccarmi. Il trattamento che mi stava riservando non era sicuramente tra i più delicati, ma in balìa di quell’uomo in divisa avevo perso tutte le inibizioni. Ero talmente eccitato che per un istante mi dimenticai della drammaticità della situazione.
Dopo una decina di minuti di puro godimento fu lui a decidere di smettere. Mi prese per un braccio facendo scivolare a terra la coperta e mi scaraventò sul tavolo. Ero in piedi con il busto appoggiato sul legno freddo, le braccia sempre immobilizzate dietro la schiena e le gambe leggermente divaricate. Con le sue grandi mani iniziò dapprima a palparmi e strizzarmi le chiappe, poi a schiaffeggiarle lasciando delle chiare impronte arrossate. Ero eccitatissimo, non volevo che smettesse.
Mi allargò bene le gambe e sputò un paio di volte sul buco commentando “Guarda che bella fighetta slabbrata”. Poi prese il manganello appoggiato sul tavolo e me lo passò sul mento e sulla bocca per recuperare un po’ di saliva. Quando me lo appoggiò sul buco ebbi un sussulto al contatto con il freddo della punta. Passarono poche frazioni di secondo prima che iniziò a spingerlo dentro. Mi penetrava lentamente con quel pezzo di gomma dura di forma fallica. Spingeva roteando il polso un po’ a destra e un po’ a sinistra per facilitare l’entrata nelle mie viscere. Il buco si dilatava e si contraeva abbracciando sinuosamente i movimenti inizialmente lenti e poi sempre più veloci e profondi.
Con il mento appoggiato al tavolo vedevo nello specchio l’immagine di quel maschio che mi stava scopando con il manganello. Con una mano si occupava del mio culo mentre con l’altra si masturbava l’uccellone durissimo a pochi centimetri dal mio buco. Ero completamente sottomesso dal mio carnefice che era visibilmente eccitato e sul punto di possedermi. L’espressione sul suo volto era cambiata. Aveva il solito sguardo severo, ma potevo chiaramente distinguere che il disgusto iniziale aveva lasciato il posto a un estremo bisogno di sbattermi. La mia sottomissione lo stava caricando. Anch’io ero sempre più eccitato e la troia in me stava prendendo il sopravvento. Il mio cazzo duro strofinava sul tavolo a ogni colpo di manganello che mi riempiva fino a dove nessuno era mai arrivato.
D’un tratto lasciò cadere a terra l’attrezzo lasciando tra le mie chiappe una voragine vuota bisognosa di essere riempita. Due sputi diritti nel buco e uno sulla mano con cui si lubrificò il cazzo in erezione e con un colpo secco entrò dentro di me facendomi sentire che tra il suo cazzo e il manganello non c’era molta differenza. Con i pantaloni abbassati fino a mezza coscia e la camicia aperta mi scopò per una buona mezz’ora senza mai cambiare posizione. Il ritmo e la profondità della scopata variava a seconda di quanto era vicino a sborrare. Era chiaro che voleva far durare quell’amplesso il più possibile. Era veramente instancabile, insaziabile e ogni tanto commentava ad alta voce “Cazzooo! Meglio di una figa” oppure “Lo senti il mio cazzone in quella caverna?”. Non rispondevo, non reagivo alle sue provocazioni, godevo in silenzio cercando di soffocare i mugolii. Sborrai ben due volte col cazzo schiacciato sul piano del tavolo: la prima quasi all’inizio per lo sfregamento e la seconda quando con la cappella mi stimolò la prostata talmente bene che un altro bel rivolo di sborra uscì incontrollato.
Gli lasciai fare qualsiasi cosa per tutto il tempo che voleva, ero disposto a tutto per riguadagnarmi la libertà. Alternava le penetrazioni con il cazzo a quella con il manganello. Fu solo quando entrò contemporaneamente con le due mazze che dovette tapparmi la bocca con una mano per soffocare le mie urla. Ogni tanto si soffermava ad ammirare il mio buco completamente aperto e ci soffiava dentro per rinfrescarlo un po’.
Ormai non resisteva più nemmeno lui. Mi diede gli ultimi tre o quattro colpi raccogliendo tutte le energie ed estraendolo con un tempismo perfetto mi inondò la schiena con abbondanti schizzi di crema calda. Grugniva come un animale mentre si svuotava sopra di me. Quanto avrei voluto prenderla in bocca, assaggiare il seme di quell’uomo vero, ma preferii stare zitto e abbandonarmi a quella sensazione di formicolio generale che partiva e finiva nel mio culo. Che scopata!

Solo alla fine, pieno di sborra su tutto il corpo, esausto dalla lunga scopata, dissi rivolgendomi a lui con un filo di voce “Grazie!” Lo guardai dallo specchio e mi sorrise soddisfatto mentre si riallacciava pantaloni e camicia. Era stato perfetto nel suo ruolo di poliziotto cattivo.

Con una piccola chiave mi liberò i polsi, lasciò cadere le manette sul tavolo e disse “La prossima volta porterò il camice bianco e il divaricatore, al posto del tavolo prepara il lettino per le visite mediche. Vedrai come ci divertiremo...”. Senza aggiungere altro uscì dalla stanza dei giochi lasciandomi sdraiato sul tavolo ricoperto di sborra
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