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Gay & Bisex

La terapia.


di Membro VIP di Annunci69.it GSAwNSA77
14.03.2017    |    18.815    |    11 9.6
"EPILOGO Il confine tra il sogno e la realtà è molto sottile..."
“Come si sente?” mi chiese seduto sulla comoda poltrona in pelle dall’altra parte della scrivania. “Diciamo che tutto sommato va meglio. Sul lavoro non posso lamentarmi, è un periodo tranquillo, e a casa è da un po’ che non litigo più con mia moglie” risposi con ostentata soddisfazione. “Prende ancora le pillole?” mi chiese indicando il flaconcino vuoto per metà che un attimo prima avevo appoggiato sul suo tavolo. “No, ho smesso una settimana fa. Mi causavano problemi con l’erezione” dissi imbarazzato mentre lui prendeva appunti sul suo taccuino. “Brutta cosa…” disse per sdrammatizzare “Comunque ha fatto bene a smettere. Una buona e attiva vita sessuale è una parte importante della terapia.” sentenziò.
Mi piaceva il mio terapeuta, molto professionale, una persona elegante e distinta, sui cinquant’anni portati benissimo. Quel giorno indossava una camicia blu scura a maniche lunghe, che risaltava i suoi capelli brizzolati e la barbetta sale e pepe, una cravatta ancora più scura e dei pantaloni eleganti molto aderenti. Gli calzavano su misura e lasciavano intuire la forma delle gambe muscolose e la virilità tra le cosce, su cui mi cadeva l’occhio di tanto in tanto. Di quell'uomo oltre alla bellezza ammiravo la professionalità, la passione che metteva nel suo lavoro. Mi trovavo bene con lui, mi faceva sentire a mio agio e mi metteva nella condizione di confidargli (quasi) qualsiasi cosa senza sentirmi inadeguato. In poco meno di sei mesi riuscì a farmi superare un periodo di depressione probabilmente causato dallo stress e da una situazione coniugale a dir poco disastrosa.

“Come mai questo miglioramento repentino?” mi chiese picchiettandosi la penna sulle labbra “Ci sono stati dei cambiamenti importanti nella sua vita? Ha iniziato a frequentare nuovi amici? Mi spieghi…”. Effettivamente dovetti pensarci un attimo prima di rispondere “No, non so… non saprei…” farfugliai “Magari perché ho iniziato a scrivere delle storielle e condividerle con nuovi amici. Riportare sulla carta le mie emozioni, le sensazioni che provo, mi aiuta a sfogarmi e a riempire i momenti di solitudine”. La sua domanda successiva, quella che più di ogni altra avrei voluto evitare, mi fece gelare il sangue nelle vene. Mi chiese di cosa scrivevo. Sentii il calore salirmi in testa e il rossore esplodere sul mio volto per l’imbarazzo, ma la cosa non sembrò turbarlo. Dopo un attimo di silenzio insistette continuando a passarsi la penna sulla bocca “Allora di cosa trattano i suoi racconti? Dove scrive? È un blog? Mi dica”. Mi sentii violentato nel mio intimo, non avevo mai pensato di poter condividere i miei racconti erotici con qualcuno nella realtà. Avevo da poco scoperto il sito di A69 e trovato un’inaspettata passione nel leggere, scrivere e condividere racconti hot con nuovi amici virtuali.
“Ehm… non so cosa dirle…” risposi titubante “magari lei può trovare questo mio nuovo passatempo un po’ malato”. “Non c’è niente di malato nello scrivere. E poi anche se fosse sono qui per questo” disse e cogliendo il mio disagio, si lasciò scivolare indietro sulla poltrona e incrociò le mani sulla pancia in attesa delle mie “confessioni”. In quella posizione ebbi la conferma che non era solo dotato nella sua professione ma anche e soprattutto in mezzo alle gambe. Chiaramente la visione di quello spessore sotto i suoi pantaloni non aiutò a togliermi dall’impiccio.
Mi arresi alla sua insistenza e confessai “Scrivo racconti erotici online”, mi sorrise, “… a tematica gay” aggiunsi rassegnato. Il suo sorriso si allargò. Il silenzio che seguì fu interminabile. Si infilò la penna in bocca, giocherellandoci con i denti, si sistemò il pacco che si era fatto ancora più consistente, prima di rimettersi composto sulla sedia e spezzare quell’imbarazzante silenzio. “Non c’è niente di male a scrivere storie a sfondo omosessuale” esordì in tono serio dando alla sua voce profonda una flessione sensuale. Il suo interesse si fece più evidente, quasi personale. Volle sapere tutti i contenuti e i particolari. Superato il disagio iniziale, gli raccontai delle mie storie, gli descrissi i personaggi e le situazioni più piccanti. Gli parlai in particolare delle storie di Guido. Si stava visibilmente eccitando e non riusciva a trattenere la mano con cui (discretamente) si massaggiava il pacco sotto la scrivania. Parlammo di cazzi in tiro, di culi sfondati, di sborrate interminabili e in generale della condivisone del piacere carnale tra due uomini. Mai e poi mai avrei pensato di trovarmi in sintonia con un altro uomo se non nella mia bolla virtuale. L’aria nello studio si fece più pesante, i respiri erano affannosi, i nostri corpi traspiravano la voglia di sperimentare cose proibite e i nostri sguardi si rincorrevano in un timido rimpiattino.

Poi all’improvviso successe l’inimmaginabile. Abbattendo le barriere della cortesia mi disse “Dimmi un po’, Marco. Ma il cazzo di Guido è più grande del mio?”. Così dicendo si alzò in piedi e con un abile gesto estrasse la sua bella mazza dai pantaloni e la lasciò rimbalzare barzotta sulla scrivania. Dall’altra parte del tavolo sgranai gli occhi alla vista di quegli abbondanti venti centimetri di carne pulsante. Non capii più niente, quella situazione mi sembrò davvero inverosimile. Non sapevo più cosa era reale e cosa frutto della mia fantasia. Il confine tra il virtuale e il tangibile mi sembrava così labile. Mi girava la testa, mi sembrava di vivere in uno dei miei racconti e non ero certo che fosse quello che volevo.
Mentre ero ancora intento a capire cosa stesse succedendo, lui colse la mia titubanza, saltò con le ginocchia sulla scrivania e con le mani affondò la mia testa sul suo cazzo ormai svettante nella sua massima durezza. Quel manganello infilzato nella mia bocca era di certo reale. Me la stava deflorando a colpi di cazzo. Succhiai con un inaspettato piacere ogni centimetro di quell’erezione. Era il primo cazzo che presi in bocca ed era vero, aveva un odore, un gusto e una consistenza, non come quelli descritti nelle mie storie. Seguii con la punta della lingua il percorso delle vene pulsanti che mi portarono a leccare tutto il perimetro della sua cappella. Con le mani mi spinse la testa sempre più in basso e non appena smisi di opporre resistenza, il suo manico sparì completamente nella mia cavità e iniziai ad assaporare le sensazioni che fino a quel momento avevo vissuto solo nella mia immaginazione. Fu un’emozione magica assaporare quel gusto di maschio che avevo sempre sognato e sentirne gli odori contrastanti. Quel pompino rappresentò per me il coronamento di ore e ore di scrittura e come da manuale (anche grazie a un buon istinto innato), seppi dare a quel cazzone tutto il piacere che si meritava.
Dovette ritirarlo prima di schizzarmi in bocca, non volle ancora sborrarre, così approfittò della pausa per cercare un preservativo nel cassetto della scrivania. Si strappò la camicia e si sfilò i pantaloni restando completamente nudo con indosso solo la cravatta e i calzini scuri (un mio sogno erotico). Aveva un fisico muscoloso con un filo di pancia e due braccia forti. Fu in quel momento che notai sul suo bicipite un tatuaggio che simboleggia lo yin e yang. “Interessante” pensai in preda a un vortice di pensieri positivi e negativi.
Si fiondò su di me scaraventando via la sedia che avevo sotto il sedere. Barcollai ma rimasi in equilibrio a mezz’aria tra le sue braccia. Mi sfilò la maglietta, se la portò alle narici e come un segugio sulla sua preda si inebriò dei miei odori prima di gettarla in un angolo. Sopraffatto dall’eccitazione mi girò e mi fece mettere a pecorina appoggiato alla scrivania. Sentii la pressione della sua erezione attraverso i jeans, mentre la mia mi esplodeva imprigionata nelle mutande. Mi abbassò i pantaloni quanto bastava per appoggiarmi la cappella inumidita sul buchetto. La sentivo spingere con forza tra le chiappe che tenevo strette. “Rilassati” mi disse con voce suadente “è questione di un attimo e il dolore diventa piacere”. Preso dall’eccitazione che fino ad allora avevo sempre solo sognato senza mai aver avuto il coraggio di sperimentare, seguii le sue indicazioni e lo lasciai entrare dentro di me. Un bruciore mi risalì lungo gli intestini fino allo stomaco. Chiusi gli occhi, strinsi i denti e mi lasciai trasportare in quella nuova concezione di amplesso. Fu molto premuroso con il mio buco vergine, prima di iniziare a sbattermi, mi penetrò lentamente con delicati movimenti di bacino. Mi abbracciava forte da dietro e teneramente mi baciava il collo. Mi piaceva, mi piaceva sentirlo dentro di me e ne volevo sempre di più. In quel momento capii che ero nato per prenderlo nel culo e che avevo sempre stupidamente represso quella parte di me. Lo capì anche lui e iniziò a martellarmi il buco. La tenerezza lasciò il posto allo sfogo di chi aveva bisogno di svuotarsi. Mi teneva saldo per i fianchi e colpo dopo colpo mi spingeva il cazzo nelle viscere. Avanti e indietro. Dentro e fuori. Lasciavamo andare i nostri corpi al ritmo dell’eccitazione. Lo sentivo grugnire di piacere. Sottomesso alla sua virilità, mi sentivo finalmente realizzato. Ero eccitatissimo. Avevo il cazzo duro come il marmo. Il dottore iniziò a segarmi con una mano mentre continuava a pomparmi il culo. Non ci misi molto a esplodere in un orgasmo con un susseguirsi di abbondanti schizzi sulla sua scrivania. Cavolo, che sborrata. Finalmente avevo i coglioni più leggeri, sarà stata una settimana che non mi segavo (e non parliamo dell’ultima volta che avevo visto la figa di mia moglie). Ancora una decina di colpi ben affondati nel mio culo, che dopo aver goduto si era di nuovo ristretto, e sborrò abbondantemente anche lui sulla mia schiena. Sentii il suo seme denso e caldo sulla pelle disteso in lunghi schizzi che partivano dalla fessura delle mie chiappe fino all’altezza del cuore. Cuore che batteva forte, memore di una nuova esperienza senza precedenti.
Insieme ci lasciammo cadere esausti sulla scrivania, io sdraiato sulla pancia con le braccia distese in avanti, lui si mise da parte in posizione supina. Ci scrutammo per un attimo senza dire niente, lasciando parlare i nostri respiri affannati. Confusi e appagati.
Poi fissandomi negli occhi, ancora trasportato dall’eccitazione, mi disse con il fiato corto “Marco questo sì che è stato terapeutico… per entrambi!”. Io ero letteralmente in uno stato di trance, avevo chiuso gli occhi e sentivo ancora echeggiare i suoi colpi nella mia testa, quando…

FINALE 1 - SOGNO O REALTÀ 1.1

“Marco! Marco?! Marco? Stai bene?” mi chiamava con tono quasi preoccupato. “Certo! Mai stato meglio” dissi con un sorriso quando tornai alla realtà.
Prese dei fazzoletti per ripulirci e con calma ci rivestimmo. “Ti prescrivo un’ultima ricetta, da oggi in poi dovrai prendere un cazzo - possibilmente il mio - almeno tre volte alla settimana prima del pasto” disse scherzosamente afferrandosi il pacco risistemato nei pantaloni “… però dovrai trovarti un altro terapeuta. Ti posso consigliare una collega molto brava.” concluse con un tono più serio. Annuii ancora incredulo, senza capire se ero sveglio o se stavo sognando e gli risposi con un sorriso.

FINALE 2 - SOGNO O REALTÀ 2.0

“Marco! Marco?! Marco? Si sente bene?” mi chiamava con tono quasi preoccupato. “Certo! Sto bene” dissi un po’ spaesato quando tornai alla realtà.
“Le stavo chiedendo se ultimamente ci sono stati dei cambiamenti, poi è come se si fosse estraniato. La vedevo dissociato dal suo corpo. Vuole un bicchiere d’acqua?”.
Sorseggiando l’acqua fresca, sorrisi ancora un po’ eccitato ripercorrendo mentalmente le immagini del mio sogno proibito… Ho sognato veramente? Sembrava tutto talmente reale.

EPILOGO

Il confine tra il sogno e la realtà è molto sottile. C’è a chi piace sognare per sopportare meglio la realtà e chi preferisce vivere razionalmente la realtà con i piedi per terra. Chi vive le proprie emozioni in un modo, chi in un altro. Chi accetta la propria sessualità, chi ci convive più o meno serenamente e chi la reprime. Non esiste un approccio giusto o sbagliato, solo modi diversi di affrontare la vita. Solo io conosco quello che mi è successo davvero in quello studio, ma questo non esclude che ci possano essere dei finali alternativi per ognuno di noi, che siano reali o di fantasia.

In ogni caso, scattata la fine dell’ora di seduta, salutai e tornai a casa a scrivere un nuovo racconto… ancora più erotico.
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