Gay & Bisex
Storia 1 - Efàiston

11.06.2025 |
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Questa cosa mi era nuova e mi provocò un immenso piacere vedere il suo corpo statuario sobbalzare su mio pèos mentre il suo mètron oscillava a ogni balzo davanti a me..."
Parafrasando Don Abbondio qualcuno si chiederà: Efestione? Chi era costui?
Era l'eròmenos, sarebbe dire l'amante, di Alessandro III di Macedonia, meglio noto come Alessandro il Grande. Ma tranquilli che non vi voglio fare un pippone storico... o forse anche sì... vediamo come va... spesso i racconti finiscono per prendere la mano agli autori... È l'occasione tuttavia per fare un po' di chiarezza sul fatto che Alessandro Magno fosse o meno gay e, sebbene Efestione sia morto circa 2300 anni fa, ne parlo in prima persona perché mi viene meglio.
Tra i più grandi conquistatori della storia, Alessandro Magno è un personaggio che ha suscitato l’interesse e la curiosità di molti, non solo per le sue imprese militari, ma anche per la sua vita personale e affettiva. Tra gli aspetti che hanno generato discussioni e polemiche c'è la questione della sua sessualità specie dopo che Oliver Stone nel 2004 col film "Alexander" ha messo in mostra le emozioni provate dal grande condottiero nei miei confronti, oltre a quelle per il mio rivale Cratero e per l'eunuco persiano Basoal.
Alessandro è il simbolo del superamento dei propri limiti, delle ambizioni e della possibilità di varcare ogni confine e, per quanto il suo impatto nella storia sia stato immenso, nessuno si sofferma a considerare la smisurata grandezza di un ventenne che in meno di 12 anni mise in ginocchio un impero vasto e avanzato come quello persiano raggiungendo addirittura parte dell’ancora quasi sconosciuta India. Invece ci si sofferma pruriginosamente a ragionare sulla sua omosessualità senza peraltro contestualizzarla nell’ambito della cultura e della morale greca dell’epoca in cui la bisessualità maschile era ampiamente permessa e anche regolamentata dalla legge e, comunque, non malvista dall'opinione comune, almeno nella misura in cui si conteneva nei limiti, giuridici e sociali, che le erano prefissati. I Greci vivevano i rapporti tra uomini in modo molto diverso da quello in cui li vivono (ovviamente, salvo eccezioni) coloro che fanno oggi una scelta di tipo omosessuale: per i Greci (e poi per i Romani) infatti, salvo eccezioni, l'omosessualità non era una scelta esclusiva: amare un altro uomo non era un'opzione fuori della norma, diversa, in qualche modo deviante. Era solo una parte dell'esperienza di vita: era la manifestazione di una pulsione vuoi sentimentale vuoi sessuale che nell'arco dell'esistenza si alternava e si affiancava (talvolta nello stesso momento) all'amore per una donna.
L’etica sessuale di quei tempi identificava la virilità con l’assunzione del ruolo attivo nel rapporto sessuale. I partner passivi dovevano essere, almeno teoricamente, solo gli adolescenti. Ed era comune l’asimmetria di potere: di solito un uomo più anziano o più potente o semplicemente più esperto intratteneva una relazione sessuale e romantica con un ragazzo o un giovane uomo. In questo, però, il rapporto fra Alessandro e me si scostava dalla norma in quanto eravamo coetanei e somigliava più a quello fra Achille e Patroclo nell'Iliade.
Alessandro era una figura straordinaria e carismatica che ebbe molti amici, ma nessuno paragonabile a me: la nostra fu un'amicizia a tutta prova, che si era forgiata nella fanciullezza, e che sarebbe poi durata oltre l'adolescenza, passando indenne attraverso la sua ascesa al trono, la durezza delle campagne militari, le lusinghe della vita di corte e anche attraverso i nostri matrimoni.
Non ero di stirpe regale, ma ero comunque un nobile e un generale nell'esercito macedone. Fui di gran lunga il più caro di tutti gli amici del re, allevato alla pari con lui e custode di tutti i suoi segreti ed il nostro intenso rapporto durò tutta la vita. I maligni dicevano che Alessandro nella sua vita era stato sconfitto solo delle mie cosce.
E non pensiate che io fossi effemminato. La mia carriera militare fu di notevole rilievo e mi furono affidati molti compiti di primissimo piano durante tutto il decennio della campagna asiatica di Alessandro, ivi comprese (e certamente non meno importanti) missioni diplomatiche, opere di attraversamento di grandi fiumi, assedi e fondazione di nuovi insediamenti abitativi. Ed il re mi fece alla fine suo comandante in seconda, e mi volle membro della famiglia reale dandomi in sposa la sorella minore della sua seconda moglie, figlie entrambe di Dario III di Persia.
Avevamo 15 anni, Alessandro ed io, ed eravamo entrambi allievi di Aristotele e col grande filosofo ho in seguito intrattenuto sempre una non facile corrispondenza attraverso l'impero in via di espansione di Alessandro. Abbiamo condiviso il tipo di educazione impartitoci e certamente a combattere e a cavalcare sin dalla giovanissima età. Ma io ero più esperto del futuro re quando partecipammo alla corsa dei carri alle Olimpiadi ed ero io a condurre e lui a farmi da navigatore. Vincemmo e ce ne andammo a spasso insieme. Fu spontaneo baciarci. Io non sapevo esattamente se potessi prendere qualche iniziativa ma lo feci quando poco dopo, sdraiatici sotto un grosso olivo, Alessandro appoggiò la sua testa sul mio bacino accarezzandomi e delineando il contorno di tutti i muscoletti dell'addome che avevo ben sviluppati: il retto addominale e gli obliqui esterni e interni. È chiaro che il mio fallo fu subito in erezione, ma non ebbi da Alessandro né corrispondenza né freddezza, solo un'indifferenza passiva come se fosse la cosa più naturale del mondo senza importanza nel contesto del momento.
Sapevo che nella sua prima adolescenza Alessandro non aveva avuto un grande interesse per le relazioni sessuali. I genitori del giovane avevano letteralmente acquistato una cortigiana per lui temendo che Alessandro fosse “femminile”. Nonostante ciò, la cortigiana ed Alessandro non ebbero rapporti sessuali e ciò passò per un suo, peraltro elogiato, autocontrollo.
Capii poi che quando lui era sprofondato in un pensiero ignorava tutto il resto e, nel momento in cui mi lisciava gli addominali, stava pensando a suo padre Filippo II che contemporaneamente odiava e ammirava: temeva, dato che assoggettava tutti i popoli balcanici, che non gli avrebbe lasciato niente altro da conquistare. Ma sua madre Olimpiade, bellissima, ambiziosa e intelligente, lo teneva "carico" dicendogli che lui era di ascendenza divina e che il suo destino era quello di sottomettere l'impero persiano.
Quando poi, in seguito, presi io l'iniziativa prendendo in bocca il suo pèos e, in breve, questo ingigantì rivelandosi un mètron fuori dalla norma con due belle palle grosse, immediatamente realizzai che il mio fine era di averlo prima o poi tutto dentro il mio culo.
E invece fui io che per primo sodomizzai lui. Fu durante i festeggiamenti dopo una delle tante nostre vittorie: irruppi nella sua stanza da letto senza annunciarmi. Sinceramente non pensavo di doverlo fare e in più avevo la scusante dell'euforia etilica. Lo vidi alla luce delle torce avvinghiato a un altro guerriero che ben presto riconobbi come Cratero che già supponevo fosse il mio maggior rivale in quanto era bello quasi come me, con un bel corpo temprato dai combattimenti ed anche lui un po' affascinato da Alessandro, che invece bello non era, essendo un po' tracagnotto, con una barba inconsistente tanto che la teneva rasa e con un occhio azzurro e uno marrone. Ma era comunque molto sexy e, per il suo modo di fare e la sua bontà, sapevo che non sarei stato il solo ad innamorarmi di lui.
Rimasi seminascosto a vederli baciarsi e strusciarsi reciprocamente ansimando e mugolando e mi meravigliai molto di vedere che Cratero si dilungava molto a leccare l'ano del mio re e che questi apprezzava molto questa pratica. Mi avvicinai silenziosamente ad Alessandro che era carponi con Cratero accucciato dietro di lui. Entrambi mi videro ma non si curarono di me. Avvicinai il mio pèos alla bocca del mio re che subito l'inghiottì mentre Cratero, sospendendo ciò che stava facendo sedette a cavallo del dorso di Alessandro e mi baciò profondamente.
- Mi monteresti come una femmina? - mi bisbigliò - così mi allarghi che poi voglio dentro il mètron del re.
Risposi - Con molto piacere - ma ciò era vero solo per la prima parte della richiesta
Poi, chinatomi all'orecchio di Alessandro, gli dissi a bassa voce: - Sire ora fatevi guidare da noi...
Cratero si mise supino e io dissi ad Alessandro di sederglisi sul viso e di afferrargli i piedi traendoli verso di sé. E mentre Cratero leccava di nuovo l'ano al re, io infilai senza eccessiva fatica il mio pèos nel culo di Cratero mentre, nel frattempo, baciavo Alessandro. Stavo arrivando all'acme del piacere quando ricordai che avevo promesso d'essere solo l'erastés temporaneo di Cratero per cui sospesi tutto, feci accomodare Alessandro al posto mio e mi spostai a chiudere la bocca di Cratero con la mia per soffocarne le inevitabili urla. E fu così. Ma in breve la passione li colse entrambi e non fecero più caso a me.
In piedi, dietro ad Alessandro che possedeva Cratero come una femmina, mi scoprii invaghito di entrambi. Mi chinai a leccare il culo in movimento del re che, apprezzando, rallentò il movimento. Colto da un raptus lo scavalcai ed infilai il mio pèos nel suo retto, già abbondantemente lubrificato, e lo montai. Alessandro si fermò e mentre io avevo il mio orgasmo sentii che anche lui eiaculava dentro Cratero.
Spossati, gli rotolammo di fianco. Cratero aveva ancora il suo pèos in erezione. Alessandro ed io ci guardammo interrogativamente ed entrambi ci abbassammo su di esso e, baciandoci sul suo fallo, lo gratificammo del giusto piacere.
Ora qualche lettore penserà che questo fu solo l'inizio di una libidinosa storia a tre, ma non andò così. Sì, qualcosina con Cratero ci fu ancora perché in fin dei conti eravamo amici, ma eravamo emotivamente in competizione per il cuore del re macedone e sovente si finiva per litigare, tanto che il re giurò su Zeus-Ammone e tutti gli altri dei di amarci entrambi più di qualsiasi altro uomo. Fu la politica a separarci.
Dopo la conquista della Persia si registrarono i primi indizi della volontà di Alessandro di avviare un'azione di integrazione con i Persiani ed io, contrariamente a Cratero, condivisi questa politica che, tra i Macedoni, era impopolare. Fu normale per il re scegliere me per aiutarlo; sapeva di poter far conto sul mio tatto e sulla mia capacità di comprensione. Così come, peraltro, Alessandro poteva appoggiarsi su di me anche quando si trattava di mettere in campo fermezza e decisione.
Il nostro vecchio maestro, Aristotele, descrisse la nostra amicizia come una sola anima dimorante in due corpi, il che fu confermato dal fatto che, quando ci recammo insieme a visitare la famiglia reale di Dario III, che era stata catturata, con l'intenzione di rassicurare sulla loro sorte le regine prigioniere, al nostro ingresso nella tenda, le nobildonne fecero atto d'onore alla maniera persiana nei miei confronti più bello, aitante e sicuramente più alto di Alessandro, prendendomi per il re. Messa immediatamente in qualche modo sull'avviso, la regina madre si gettò ai piedi di Alessandro chiedendo perdono dell'errore, ma il re la rincuorò dicendole:
- Non vi siete sbagliata, madre, giacché anche lui è Alessandro.
La nostra amicizia si traduceva anche in una stretta collaborazione operativa; in tutto ciò che intraprese Alessandro ero sistematicamente al suo fianco così come la notte quando il re poteva contare sulla mia più totale disponibilità per qualsiasi sua esigenza di natura sessuale.
Quando poi Alessandro si trovò nella necessità di dividere le sue forze, ne affidò una parte a me, affiancandomi con qualcuno fornito di maggiori competenze militari, ben sapendo che in me trovava una persona di indiscutibile lealtà, che capiva e condivideva dal profondo le sue aspirazioni e che, non ultimo, era anche capace di portare a buon fine i compiti affidatimi.
All'inizio della spedizione in Asia, Alessandro condusse un contingente militare a visitare Troia. Egli corse nudo, insieme ai compagni, alle tombe degli eroi e depose una corona di fiori sul sepolcro di Achille mentre io facevo lo stesso con quello di Patroclo. Indiscutibilmente questo fu un tributo notevole, reso in maniera spettacolare, e fu forse la prima volta che nella carriera di Alessandro venne esplicitata la natura del nostro rapporto. Ci chiamavano Patroclo e Achille ad indicare la nostra relazione amorosa, perché a quei tempi era comunemente ammesso che Achille e Patroclo fossero legati da un rapporto non semplicemente amicale, per quanto profondo, bensì erotico, quando non dichiaratamente sessuale, a tutti gli effetti.
Un amore così totalizzante lascia spesso poco spazio ad altri sentimenti. Avevo un amante che era anche il mio migliore amico, il mio re, il mio comandante. Ero inoltre popolare e benvoluto nel gruppo dei compagni e degli amici del re, che erano cresciuti insieme e avevano insieme lavorato così bene per tanti anni. Tuttavia...
Tuttavia, quando per la missione verso il fiume Indo, Alessandro mi affiancò quel gran bel manzo di Perdicca, io, da tempo geloso silente, ma molto risentito, per le eccessive attenzioni riservate dal re all'eunuco persiano Basoal che era costantemente nudo in sua presenza trovai nell'incontenibile Perdicca un compagno congeniale col quale ebbi modo di raggiungere tutti gli obiettivi che erano stati posti alla spedizione e incredibili soddisfazioni notturne nella tenda da campo.
Mentre Alessandro era piuttosto basso, tozzo e di corporatura robusta con una voce un po' aspra e i capelli ispidi e rossicci, sebbene tendesse spesso a tingerli di biondo trattandoli poi con profumi, incenso e mirra ed avesse l'usanza di radersi il volto per il fatto che gli cresceva pochissima barba (per questo i suoi dignitari evitavano di portarla), Perdicca aveva dei morbidissimi capelli castani con riflessi ramati, due occhi nocciola allo stesso tempo svagati e penetranti, una peluria bionda morbida sparsa per tutto il corpo, una barba piena tenuta corta e curata ed infine un mètron pressoché sempre pronto a godere e far godere. Non ci fu bisogno né di chiedere né di proporre alcunché: entrò che stavo togliendomi l'armatura e senza nulla chiedere mi aiutò. Iniziò poi a fare altrettanto ed io lo aiutai. Nudi che fummo, ci guardammo con reciproca ammirazione, ci sdraiammo sulle pelli da campo, mi si mise dietro a cucchiaio, io adattai il mio bacino al suo e subito mi inforcò prendendomi con una mano il fianco sotto e, passato l'altro braccio sopra il torace, schiacciando verso di sé il mio addome. Era molto lento a concludere tanto che non resistetti e, aiutandomi con la mano, liberai il mio seme a terra. Ma Perdicca non era sazio e mi girò a femmina continuando a cavalcarmi a lungo tanto che il mio pèos fu di nuovo rigido. Allora Perdicca salì a cavalcioni su di me e si abbassò impalandosi.
Questa cosa mi era nuova e mi provocò un immenso piacere vedere il suo corpo statuario sobbalzare su mio pèos mentre il suo mètron oscillava a ogni balzo davanti a me. Godemmo entrambi e solo alla fine ci scambiammo un bacio profondo abbracciandoci. Aurora ci colse ancora avvinghiati e dovemmo rivestirci in fretta e furia per non farci trovare in una situazione inequivocabilmente compromettente qualora fosse arrivata alle orecchie del re. Inutile che dica che di queste notti ne avemmo molte durante la lunga campagna militare.
Avevamo 25 anni e l’anno precedente, sbaragliato l’esercito di Dario III nella battaglia di Isso, Alessandro aveva cacciato i persiani dall'Egitto e si era fatto proclamare sovrano del paese dai sacerdoti di Menfi. Ma il giovane condottiero, non pago di aver conquistato militarmente la terra dei faraoni, voleva che la sua posizione venisse legittimata. Poiché da un paio di millenni il re d’Egitto era per definizione figlio del dio Amon, Alessandro pretendeva che fosse riconosciuta la sua discendenza divina, un riconoscimento che gli poteva essere dato solo da una autorità religiosa con il potere di interloquire con il dio, ossia da un oracolo. E a Siwa si trovava, appunto, uno dei tre più importanti oracoli dei tempi: l’oracolo di Amon, l’unico in grado di dichiarare che il giovane condottiero era proprio figlio del dio.
L’oasi di Siwa era un luogo remoto situato a oltre 500 chilometri di distanza da Alessandria, la città che Alessandro aveva appena fondato, e per raggiungerla bisognava affrontare un viaggio lungo, faticoso e pericoloso. Inoltre spostarsi con un esercito al seguito in un territorio sconosciuto e desertico non era cosa da poco e richiedeva un’organizzazione complessa e almeno una decina di giorni. Come era facilmente immaginabile durante il viaggio Alessandro perdette la pista ma, apparentemente, venne salvato da uno stormo di uccelli che si levò in volo indicandogli il cammino e alla fine riuscì a raggiungere l’oasi e si diresse immediatamente al luogo dove si trovava il sospirato tempio dell’oracolo di Amon, su una piccola collina circondata da palme.
L’esercito si accampò ai suoi piedi mentre Alessandro accompagnato da me e dai suoi dignitari salì al tempio: un piccolo edificio costruito con blocchi di marmo bianco preceduto da un cortile dove anche il seguito dovette fermarsi. Alessandro entrò da solo nel santuario dove l’oracolo, un anziano sacerdote, lo attendeva. Non c'erano testimoni oculari e non si sa esattamente cosa i due personaggi si siano detti, ma il re si presentò ai suoi dignitari raggiante di felicità affermando d'essere proprio il figlio di Amon-Zeus e quindi il suo diritto a sedere sul trono d’Egitto era legittimo, lui era il successore dei re che per due millenni l’avevano preceduto. Da allora sulle monete con la sua effigie volle che la sua testa fosse circondata dalle corna dell’ariete, l’animale simbolo di Amon.
Io ero perplesso in quanto non credevo a questa divinità sincretica greco-egiziana e il fatto del volo degli uccelli per me era stata solo una coincidenza. Tuttavia Alessandro insistette perché anch'io entrassi nel tempio e ciò che mi fu detto mi risultò a dir poco inverosimile e ne tacqui col re.
Mi fu annunciato che mi sarei sposato con una persiana ma che il matrimonio sarebbe durato solo 4 mesi perché poi sarei morto e che comunque la mia sposa mi avrebbe pianto per lungo tempo e che anche Alessandro si sarebbe gettato sul mio corpo ed ivi sarebbe rimasto in lacrime per un intero giorno.
In più il suo dolore incontrollabile lo avrebbe indotto a gesti estremi, come tagliare la criniera a cavalli e muli, abbattere merli delle città vicine e crocifiggere il medico che mi aveva curato.
E sarebbe tornato lì nell'oasi libica di Siwa al fine di attribuire uno status divino all'amico defunto, ed io sarei stato conseguentemente onorato come un eroe. Ma non sarebbe andato oltre la progettazione dei grandi monumenti per celebrare la memoria del compagno della sua vita in quanto soltanto otto mesi dopo, Alessandro mi avrebbe raggiunto nel regno dei morti.
Se non fossi stato scettico sugli oracoli sarei uscito sconvolto ma invece la trovavo una cosa ridicola e non ci pensai più.
Avevamo 32 anni quando ci furono i matrimoni di Susa in cui Alessandro prendeva come seconda moglie Statira II figlia di Dario III e, contestualmente, io accettai di buon grado la sua sorella Dripetide. L'idea d'Alessandro di scegliere una sposa asiatica non era popolare tra il suo seguito europeo anche perché ne prese in moglie pure una terza, Parisatide, figlia e sorella dei precedenti re Artaserse III e IV. Eppure costituì un atto politico importante, che gli consentiva di stringere più fermamente i legami con la classe dirigente persiana. Per quanto riguarda me, Efestione di Amintore, ricevere in sposa la sorella della nuova co-regina era un'ennesima prova dell'eccezionale stima in cui ero tenuto da Alessandro, che mi chiamava così a far parte della famiglia reale stessa. Eravamo diventati cognati, ma c'era di più: Alessandro voleva diventare zio dei miei figli ed è quindi possibile addirittura immaginare che, in futuro, le nostre discendenze si potessero un giorno congiungere, e che, alla fine, la corona di Macedonia e di Persia potesse essere portata da un discendente di entrambi.
Quella primavera lasciammo Susa dove si erano celebrate le nozze collettive, e tornammo a Ectabana dove arrivammo in autunno e dove, durante giochi e feste, mi ammalai. Dopo diversi giorni di febbre, cominciai a ripensare all'oracolo di Siwa e mi accorsi che tutto si stava avverando. Feci mandare a chiamare Alessandro, impegnato nei giochi, perché mi stavo aggravando ma non feci in tempo a vedere il mio re che immagino arrivasse tardi. Feci in tempo a considerare e rivivere tutto ciò che mi aveva detto l'oracolo, e "seppi" che era tutto vero e nello stesso istante cessai di saperlo.
P.S.
Per due interi giorni dopo la morte di Efestione, Alessandro non toccò cibo e non prestò alcuna attenzione alle sue necessità corporali, ma giacque a letto, ora piangendo disperatamente, ora immerso nel silenzio della sofferenza e dispose un periodo di lutto in tutto l'impero,
Efestione ricevette a Babilonia esequie grandiose, Alessandro in persona volle guidare il carro funebre per parte del percorso venendo poi sostituito, per un'altra parte, da Perdicca. A Babilonia si tennero giochi funebri in onore del morto: le gare spaziavano dalla poesia all'atletica e vi presero parte tremila persone, eclissando in tal modo ogni precedente in materia, dal punto di vista sia del costo sia del numero dei partecipanti.
Un solo possibile tributo restava ancora, e il suo significato appare definitivo nella sua semplicità: in occasione della cerimonia funebre a Babilonia, fu dato ordine alle province che il Fuoco reale fosse spento sino alla fine delle celebrazioni. Normalmente questo avveniva soltanto per la morte del Gran Re in persona. ma come Alessandro stesso disse anni prima alla madre di Dario, era morto non solo e non tanto il "sostituto e successore" di Alessandro, ma, in un certo senso, "anche" Alessandro medesimo.
Alessandro seguì l'amico personalmente di lì a qualche mese, a sua volta seguito dalla addoloratissima madre di Dario.
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