Gay & Bisex
Ricordi 3 - Il don

20.05.2025 |
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"Presi parte con pochi altri a una messa in suffragio della madre di un'amica che mi dice:
- Sai Jacopo, ho fatto fatica a trovare un prete che sostituisse don Ivo che ha l'influenza e pensa chi mi..."
Adriano era un mio compagno di classe delle elementari.Mi piaceva. Non sapevo perché ma mi piaceva. Forse perché non era il classico bel bimbo come ero io, o forse per la sua ritrosia, per non dire timidezza.
Trovavo, a livello inconscio, interessante il suo viso un po' spigoloso come certi volti di statue scolpite nel legno.
Era biondo con gli occhi azzurri, magro, abbastanza solitario e taciturno. Se coinvolto in giochi infantili partecipava, ma non chiedeva mai di sua iniziativa di prenderne parte. Guardava, ascoltava ed eventualmente si adattava. Non faceva parte né delle scorribande mie coi miei amici né ai nostri vari giochetti sessuali. Era sempre sorridente, di un sorriso particolare, forse, inconsapevolmente, un po' circostanziale.
Un giorno ero a casa sua per certi compiti che ci avevano assegnato ed io, che ero molto maialino, cominciai a toccarlo e ad esibirmi. Subì passivamente ma non si sottrasse. Per quanto strano, nonostante la giovane età, mi diventava un po' duro e si ingrossava la qual cosa accendeva il suo interesse.
- Ma cosa si sente? - mi chiese.
- Una specie di formicolio... dai menatelo anche tu.
Se lo menava senza molta convinzione. Io lo guardavo e in effetti non si ingrossava neppure un po'. Magari se ci baciamo si ingrossa anche il suo pensavo.
- Baciamoci, dissi.
- Perché?
- Così magari senti anche tu pizzicare il pistolino...
Non sapeva baciare così mi è toccato insegnarli, almeno nel modo in cui credevo si facesse, sulle labbra introducendo la lingua toccando l'altra; che si potesse muoverla, succhiare e altro ancora non lo sapevo.
Pur se ero piccolo già mi rendevo conto che eravamo un po' patetici entrambi e quindi lasciai perdere.
Ci fu un altro aggancio qualche tempo dopo e gli chiesi se voleva riprovarci. Disse di no, ma senza convinzione tanto che lo spinsi in un angolo e gli levai i calzoncini. Mi lasciava fare per cui levai anche le mutande, ma il suo cazzetto non risvegliava nessun interesse in me, glielo afferrai alla base con le palline in mano e le strizzai un po'. Soffocò un urlo e mi guardò un po' preoccupato come per chiedere perché facessi così.
- Ma allora fanno male anche quelle di sughero, dissi sarcastico e lo lasciai lì.
Una quindicina di anni più tardi, in un periodo in cui mi davo molto da fare in auto in certi parcheggi, prima che diventassero habitat esclusivi di marchettari magrebini ed est-europei, incrocio un'auto che andava a velocità un po' sostenuta e la vedo ripassare alcune volte.
L'ho riconosciuto subito e mi sono detto che se non era lui era uno che gli somigliava molto. Fu il sorriso tirato a ricondurmi a lui... certo però che se voleva cuccare doveva andare un po' più lentamente, a meno che non cercasse una persona o un auto in particolare...
E fu alla mensa universitaria che lo incontrai assieme al mio compagno di corso Giorgio che me lo presentò come il suo compagno di stanza. Io mi presentai come non lo conoscessi.
Questo Giorgio era un greco che si scopava maschi e femmine, angeli e demoni, cani e porci. Ci aveva pure provato con me più di una volta con insistenza e, devo ammettere, anche con un certo savoir-faire; credo di essere uno dei pochi uscito dalla sua stanza col culo sano.
Il pomeriggio seguente quando sapevo che Giorgio era in palestra, mi fiondai a casa sua.
- Chi è, chiede Adriano.
- Jacopo, rispondo.
Mi aspettavo dicesse che Giorgio non c'era, invece aprì il tiro. Salii e trovai la porta socchiusa. Mi salutò con un ciao sorridente, allo stesso modo che aveva da bambino.
- Sono venuto per dirti che non vorrei tu pensassi che sono scemo, dato che ho fatto finta di non conoscerti.
- Tranquillo, lo avevo capito.
Aveva calzoncini da basket e una t-shirt bianca. Sorrideva in quel modo suo un po' intrigante e poi... sarà stato quel suo modo di abbassare continuamente lo sguardo appena incrociava il mio e quel continuo distoglierlo, oltre alla timidezza, che mi fece venir voglia di ferirlo.
- Giorgio ti scopa bene?
Non arrossì, quasi svenne. Balbettò qualcosa come a dire ma cosa stai dicendo ma non ne ebbe il tempo perché gli misi una mano sotto le palle tirandolo verso di me. Aveva uno sguardo un po' spaventato, ma, come da bimbo, non si sottraeva. A me l'idea di fotterlo mi faceva già rizzare il cazzo. Gli abbassai di colpo calzoncini e slip assieme. Ne uscì un cazzolotto lungo e sottile già barzotto.
- E' cresciuto eh? - irrido. Sorride un po' forzato, ma non dice nulla. - Anche il mio... - aggiungo mentre gli prendo la mano e la metto sul mio pacco gonfio. Non parla, ma il suo sorriso è meno forzato.
Lentamente, con una certa esitazione, mi slaccia un bottone della patta poi un altro poi tutti aumentando la velocità. Con delicatezza cerca di abbassarmi i jeans, ma ci vuole decisione e non ci riesce così lo faccio io. Ne escono i miei 19 cm in tutta la loro arroganza. Lo accarezza con esitazione, poi si abbassa e lo avvicina al viso guardandolo sempre sorridendo. Lo soppesa, lo menicchia, finché io sbotto:
- Allora ciucci o no?
Come riscuotendosi si mette in bocca la cappella, ma non è il massimo nell'arte della fellatio.
- Ma a Giorgio li fai così?
- Così come?
- Freddi... e pure coi denti...
- Scusa...
- Forse sei più bravo col culo...
Silenzio dall'altra parte.
- Non avevo dubbi. E così dicendo lo prendo con decisione e l'appoggio alla parete puntandogli l'uccello tra le chiappe. Lui inarca un po' o forse mi sembrava solamente.
- Ah, lo vuoi eh? Già 20 anni fa eri un acqua cheta che però, secondo me, si dava già da fare.
- No, ero ingenuo davvero...
Gli rovistavo dentro il culo con tre dita e lui ora senza dubbio inarcava per favorire il movimento.
- Da quando lo prendi?
- Da quando avevo 12 anni.
- Opperò e chi è stato?
- Mio fratello...
- Urca... le dita erano 4 e il mio cazzo esplodeva a sentire del suo incesto. - Per quanto tempo lo ha fatto?
- Lo fa ancora quando vado a casa...
Adriano cominciava a gemere e dall'uccello gli scendeva un filo gelatinoso. - Hai un condom?
- Sempre, dico.
- Vieni sul letto.
Mi spoglio del tutto e mi arrotolo il profilattico. Lui si dispone a 90 gradi col torace sul letto, i piedi a terra e le gambe divaricate. Lo penetro di colpo e, se gli ho fatto un po' male, non lo ha fatto capire. Senza gel ha fatto un po' male a me...
Ho cominciato a pensare: adesso ti spacco troia, poi, mi sono pentito di questo mio modo di pensare che non mi è congeniale e ho iniziato ad accarezzarlo. Aveva fianchi sottili e un torace forse un po' troppo magro, ma la sua pelle liscia aveva una notevole carica energetica.
L'ho poi fatto alzare, sempre con me dentro e gli menavo il cazzo in sincronia ritmica coi miei affondi finché mi disse che stava per venire. Allora ho smesso di toccarlo e mi sono seduto sulla sponda del letto con lui seduto sull'uccello, - Non toccarti - gli ho intimato.
Tenendolo per i fianchi lo facevo scorrere in su e in giù sul mio pisello che era incredibilmente gonfio e duro eppure non riuscivo a venire, anzi cominciava a farmi quasi male. Invece venne Adriano senza toccarsi e ad ogni suo fiotto sentivo le contrazioni dello sfintere. Era una sensazione dolcissima tanto che me la gustai stando fermo e solo quando smise ricominciai a spingere. Finalmente disinibito, Adriano disse: - Quando stai per venire toglilo e vienimi in bocca.
E' bastato mi dicesse questo per farmi avere la "montata lattea", subito lo estrassi, levai il preservativo, lui si girò e appoggiò le labbra alla cappella. Io aspettavo la risalita della sborra senza muovere nulla se non le sinapsi del cervello: immaginai di innaffiare il viso di Adriano con una secchiata di roba e poi di sfregargliela ovunque con l'uccello.
Iniziarono delle brevi contrazioni ma non usciva nulla, mossi lievemente la cappella sulla lingua che nel frattempo Adriano aveva estratto e partì una mia contrazione del culo, del retto, del colon, di tutte le vie urinarie finché con un leggero bruciore accompagnato da un mio pesante rantolo gli schizzai oltre la testa, poi sulla fronte e solo dal terzo fiotto la sborra si fermò sulla lingua.
Inaspettatamente Adriano chiuse la bocca ed iniziò ad aspirare, Mi faceva un po' male per cui cercai di allontanarlo ma lui succhiava sempre più forte fino a che le gambe mi cominciarono a tremare e gli chiesi per favore di smettere l'aspirazione.
Non inghiottì ma rimase a lungo con la mia cappella in bocca prima di andare in bagno. Io ora mi sentivo un poco "strano": avevo iniziato con un atteggiamento un po' da bulletto e ho finito chiedendogli per favore di lasciarmi andare l'uccello... e lui che pareva una mammoletta timida alla fine conduceva il gioco.
E non era finita: uscì dal bagno e con fare deciso disse: - Ora dovresti andare perché non voglio che Giorgio ti trovi qui.
Bene Jacopo, incarta e porta via...
Seppi poi da Giorgio che Adriano non stava più da lui. Passarono altri 5 o 6 anni. Presi parte con pochi altri a una messa in suffragio della madre di un'amica che mi dice:
- Sai Jacopo, ho fatto fatica a trovare un prete che sostituisse don Ivo che ha l'influenza e pensa chi mi mandano... don Adriano XXX che si era laureato in matematica da noi. Forse lo conoscevi...
- Adriano XXX... dico facendo finta di pensarci su.
- Sì, era già da un po' in seminario quando si è laureato... è stato ordinato lo scorso autunno.
Intanto Adriano arrivò, passò in sagrestia a indossare i paramenti e iniziò subito il servizio.
Ero incantato... Era bello così vestito, pareva più alto e anche più sicuro di sé, aveva un'indiscutibile eleganza (anche se spuntavano due scarponi da sotto la cotta).
Non ho seguito molto la liturgia perché mi scoprivo, depravato e blasfemo, a pensare che era la volta buona che avrei realizzato il sogno di trombarmi un prete. E poi cazzo era giovane e pure belloccio, e di certo ci sarebbe stato. Mi ritrovai a cazzo duro ma subito si ammosciò al pensiero che non era poi detto che ci sarebbe stato, anzi era probabile il contrario.
Bè, si trattava solo di appurare...
Terminata la funzione Adriano andò in sagrestia e la mia amica lo andò a salutare. Io dissi che sarei andato via perché avevo un impegno. Uscimmo tutti dalla chiesa ma io rientrai e mi misi in fondo da dove vidi la mia amica uscire. Mi scoprii in ansia e la cosa non mi piacque: non ero abituato a sentirmi così, comunque entrai in sagrestia, Adriano mi dava le spalle e stava ancora togliendosi i paramenti.
- Posso salutarti?
- Ti aspettavo Jacopo.
- Ah, mi avevi visto?
- Mica sono cieco.
- In che parrocchia sei?
- Nessuna. Finché mi ci lasciano, sono in montagna a YYY, una frazione di ZZZ, due case una chiesa e 4 pollai... e sorrideva al suo solito modo, ma più radioso e sicuro.
-Sai che l'abito ti dona? Sembri cambiato...
Breve silenzio poi sommessamente dice con gli occhi bassi: - Sono sempre lo stesso...
Mi è partito il tappo della bottiglia del contenimento e gli sono piombato addosso: - Fammi vedere che sei sempre lo stesso... e gli ho appoggiato con forza una mano sul culo e sebbene dicesse no no, non si sottraeva alla mia presa cosicché gli afferrai il pacco coll'altra mano.
- Fammi chiudere la chiesa.
Tornò un paio di minuti dopo e mi trovò nudo col cazzo in tiro. Si abbassò dicendo:
- Vediamo se stavolta la pompa è più calda...
Dopo un po' dico: - Sì, ma non è il tuo forte... Spogliati dai...
L'ho scopato a pecora appoggiato a un tavolo su cui era una statua enorme di una santa, poco dopo gli ho chiesto di metterla a terra.
- Ok, dice, ma è solo un pezzo di gesso dipinto.
Sul tavolo ci siamo saliti noi e ci siamo sdraiati, Lui su un fianco con la coscia ripiegata in avanti, io dietro l'ho infilato senza fatica. Lo tenevo per le spalle e mimavo un massaggio che lui apprezzava molto. Poi gli ho sollevato la gamba e lui ha appoggiato il piede sulla mia coscia. Il cazzo entrò fino alle palle. Adriano era in estasi, ma io ero un po' teso, intimidito forse dal luogo, dai quadri, dalla tappezzeria, anche dalla posizione sul tavolo che non era delle più comode. era una cosa meccanica, non provavo piacere, almeno finché mi sono detto: cazzo ma se non dà fastidio a lui perché ne deve dare a me? Poi un lampo: ma perché lui ci è abituato a farlo in mezzo alle cose di chiesa... chissà quante scopate si è fatto in seminario...
E con questo pensieraccio in mente ho sentito l'aumento di una certa pressione sotto le palle e la mia voce dire:
- Dimmi la verità, in quanti ti hanno scopato in seminario?
Tra un ansimo e l'altro lo sento dire: - Praticamente tutti... ma sta zitto e fammi godere...
Presi a menargli il cazzo in quella stessa posizione e dopo qualche minuto venimmo quasi assieme, lui sul tavolo io dentro di lui. Non avevo il profilattico.
- Te lo fai il test? - chiese.
- Sì sono donatore di sangue. Tu piuttosto...
- Tutto a posto, lo faccio in segreto a pagamento, sono fortunato ad essere a posto, perché ne ho presi davvero tanti sai? - E giù una risata inaspettata.
Mentre ci vestivamo e prima di uscire per una porticina su un cortile interno, dice: - Ma non ti piace più baciare?
- Ma certo...
- Allora perché non lo hai fatto?
- Non credevo ti piacesse, provvederemo la prossima volta.
- Vieni a YYY a trovarmi, c'è una bellissima pieve romanica... ti faccio fare una visita guidata... poi magari guidi tu...
- Non mancherò. Ciao Adriano, anzi "don" Adriano...
Ci siamo dati un bacetto veloce sulle labbra mentre lui apriva la porticina, siamo usciti e andati ognuno per conto proprio.
Non l'ho più rivisto e non ne ho più saputo niente.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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