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Gay & Bisex

Zio Marco 2


di michiamanotu
07.01.2017    |    22.960    |    6 9.5
"Lo faccio e lo ritrovo seduto sulla roccia..."
È Domenica mattina. In genere sono molto pigro e se posso sto a letto fino a tardi ma oggi mi sono svegliato prestissimo, all’alba a differenza degli altri fine settimana e c’è una ragione molto particolare: ieri sera, dopo un paio di giorni dalla nostra scopata nelle docce dello spogliatoio zio Marco mi ha scritto, dicendomi che voleva portarmi a pescare. A zio piace tanto questa attività e io, più per stare all’aria aperta con lui che per la pesca, lo seguo spesso. Oggi ovviamente, visti gli ultimi eventi, spero che non tiri fuori la solita canna da pesca, ma qualcosa di più grosso. Sento un motore rombare fuori dall’uscio: è zio Marco con il suo suv. Abbassa il finestrino e mi guarda.
“Allora, sali a bordo o no?” Il suo sguardo è malizioso e io voglio provocarlo.
“Non so, forse ho cambiato idea. Ho sonno!”
“Devo venire lì a prenderti di forza?”
“Può essere un’idea!” Dopo aver detto così sto per muovermi verso la macchina, ma zio scende. Pensavo avesse capito che scherzavo. Ha addosso una maglietta a maniche corte molto stretta, i suoi pettorali gonfi sono bene in vista, così come la sua pancia. Un paio di jeans larghi rende invece difficile intravedere il suo grosso pacco. Si avvicina alla porta, mi mette una delle sue grosse mani sul culo e dopo averlo palpeggiato forte gli da uno schiaffone che mi fa scappare un urletto.
“Su, troietta…” sussurra.
Fortunatamente dormono tutti. Comunque non siamo nemmeno partiti e io ho già il pisello duro, è incredibile l’effetto che mi fa.
A bordo della macchina parliamo di tennis, di scuola, del suo lavoro e di altre sciocchezze, ma io continuo ad essere eccitatissimo, così ad un certo punto, mentre lui guida guardando la strada gli appoggio delicatamente una mano sulla patta e inizio a massaggiarlo. Il mio toro sorride.
“Zio, lo voglio…”
“Oggi dovrai aspettare piccoletto. Abbi pazienza fino a quando non arriviamo.”
Ci rimango male, ma ubbidisco e dopo un po’ la mia erezione si calma.
Arriviamo al laghetto in mezzo ai boschi in cui andiamo di solito. È molto presto, non c’è anima viva anche se il sole è già alto.
“Prendimi l’attrezzatura nel bagagliaio, Andrea!” Mi dice zio mentre spegne la macchina.
Scendo e apro il bagagliaio, tiro fuori il fodero dentro cui zio di solito metteva due canne da pesca, una per lui e una per me, anche se io alla fine non la usavo quasi mai. Zio Marco nel frattempo si è già avvicinato all’acqua, sedendosi su una roccia e cominciando a preparare il necessario per la pesca.
“Da bravo, togli il fodero.” Mi dice calmo, senza guardarmi.
Faccio come mi dice e noto che la canna da pesca stavolta è una sola. Guardo bene dentro il fodero e noto che dentro c’è un altro oggetto di dimensioni più piccole che non vuole uscire. Do dei colpetti verso il basso per tirarlo fuori e cade a terra. Improvvisamente divento paonazzo, il cuore comincia a battermi e il mio cazzo torna di marmo. Quel pervertito di zio al posto della mia canna da pesca ha portato un dildo grosso e nero, con la forma di un cazzo. Sarà lungo almeno trenta centimetri e largo come il suo pisello bello spesso.
“Voglio che ti spogli completamente nudo e ti prepari per l’attività che faremo dopo la pesca. Tanto a te è sempre interessato solo questo tipo di pesce, no?” Mi dice guardandomi soddisfatto e ghignante.
Muoio dall’eccitazione. Mi tolgo tutto in fretta ed espongo il mio corpo ai raggi del sole che lo riscaldano a dovere. Ho il pisello duro e bagnato e lo zio lo guarda compiaciuto.
“A novanta verso di me ed ubbidisci cagnetta.”
Zio si siede su una roccia e lancia l’amo in acqua, io, a qualche metro da lui, faccio ciò che mi ha chiesto. Mi metto carponi a terra e dopo essermi leccato un dito comincio a lubrificare il mio buchetto. Quando è abbastanza bagnato prendo il fallo di gomma che zio ha portato per me e inizio a darlo in pasto al mio culetto, che lo accoglie prontamente. Vado piano inizialmente, ma già dopo qualche minuto mi abituo e il grosso dildo scompare sempre più dentro di me. Il ritmo aumenta. Dopo qualche minuto mi sto ormai masturbando violentemente il culo di fronte a mio zio che, noncurante, continua la sua attività di pesca. Il mio uccello moscio perde precum e non trattengo nessuno degli urletti che mi vengono fuori per il piacere. Vado avanti per un bel po’: questo gioco mi eccita, sono eccitato dall’idea di essere costretto a comportarmi da troia all’aria aperta, totalmente nudo di fronte ad un omone come zio Marco completamente vestito. Mi fa sentire umiliato, mi fa sentire a sua disposizione.
Ad un certo punto nemmeno lui riesce più a trattenersi, ha architettato per bene questo gioco ma a quanto pare è troppo eccitato per portarlo avanti ancora. Lanciando la canna da un lato mi si avventa contro, strappa via il dildo dal mio culetto facendomi un po’ male e si china su di me. Sento la sua lingua dentro il mio buchetto, che si fa spazio nella voragine lasciata dal grosso dildo. Godo sinceramente e non trattengo nessuno dei rantoli che escono liberi dalla mia bocca: è la mia prima volta all’aria aperta e mi sento libero, totalmente libero di essere troia, la troia di mio zio. Mentre la sua lingua mi lavora ancora dentro zio mi agguanta il cazzo e lo stringe con forza inaudita, come a rimarcare che si tratta di qualcosa di suo. Mi fa un po’ male, ma impazzisco e ritorno durissimo, perdendo un sacco di precum. Dopo passa ai capezzoli, che, come per ogni troia che si rispetti, sono una delle parti più sensibili del mio corpo. Tende le braccia e li raggiunge, stritolandoli e causandomi una sensazione di eccitazione sempre maggiore.
Dopo un po’ zio si alza e mentre io sono ormai sdraiato a terra, con le gambe e il buchetto spalancati, ansimante e ricoperto di umori lui si spoglia di tutto quello che ha addosso, sovrastandomi col suo corpo. È così alto, vigoroso, villoso e virile che non riesco a non desiderare un’ulteriore umiliazione da parte sua.
“Zio, ti prego… fai quello che hai fatto l’altra volta.”
“Cosa?” Mi domanda dall’alto.
“Lo sai…” rispondo io, vergognandomi un po’.
“Si, lo so, ma i frocetti come te devono chiedere esplicitamente.”
Che bastardo. Credo di amarlo per questo.
“Zio… Zio Marco… pisciami addosso, ti prego”, riesco a balbettare alla fine e vengo subito investito dal suo piscio. L’odore forte e la sensazione di calore che mi invade il corpo mi mandano in paradiso, il mio cazzo pulsa, devo toccarlo. Mi masturbo come un forsennato mentre il mio toro mi lava col suo getto implacabile. Si ferma un momento, ma a quanto pare si sta trattenendo.
“Voltati e mettiti a novanta cagnetta”, ordina.
Ubbidisco remissivo e subito l’ondata ricomincia. Mi colpisce nel buchetto colando lungo le cosce, poi sulla schiena e nei capelli. Quando ha finito il piscio zio Marco mi ordina di andare alla macchina e sciacquarmi con una tanica di acqua che ha portato da casa e di tornare subito da lui. Lo faccio e lo ritrovo seduto sulla roccia.
“Da bravo, a terra in ginocchio, leccami i piedi.”
Eseguo. Passo di dito in dito, li succhio tutti appassionatamente come fossero il suo uccello. Lui, tutto nudo col cazzo ritto mi sovrasta e mi scruta soddisfatto, mentre si massaggia delicatamente le palle. Ogni tanto un suo sputo mi raggiunge sul volto o sulla schiena. Ad un certo punto comincia a pressare forte i piedi sulla mia faccia. Gli lecco le piante, poi con uno dei due mi spinge verso il basso. Sono prostrato a lui con la testa che tocca l’erba a terra e il suo piede sopra che la tiene ferma.
“Sei mio, vero frocetto?”
“Si, sono tuo, zio”, biascico.
“Dì che sei la troietta di zio.”
“Sono la troietta di zio.”
“Di che il tuo culo è mio.”
“Il mio culo è tuo, zio.”
Ad un tratto scosta il piede, mi agguanta la testa e mi riporta in ginocchio. MI guarda fisso negli occhi, mi sputa due o tre volte sul viso, mi da diversi ceffoni e se la ride. Mi sento un giocattolo nelle sue mani. Ad un tratto il suo sorriso diventa dolce e mi accarezza piano la guancia. Mi sento rassicurato da quella dolcezza momentanea, da quella piccola pausa messa lì per ricordarmi quanto mi vuole bene mentre mi maltratta. Dura molto poco, perché subito zio mi prende di forza, caricandomi sulla sua spalla destra e spostandomi fino alla macchina, poi mi posiziona sul cofano, spalanca le mie gambe e inizia ad incularmi senza pietà. Urlo fortissimo, senza pormi un freno. Mi fa male e poi subito piacere. Mi aggrappo a lui, con le mani che graffiano la sua schiena ampia e forte mentre vengo travolto dai suoi colpi di reni animaleschi, dalla sua furia dominante. Le mie urla vengono smorzate solo quando la sua mano destra raggiunge la mia bocca, affondando dentro tre dita. Le succhio come se fossero il suo cazzo, ma non riesco a mantenere il ritmo vista la velocità con cui mi sta fottendo. So che il ritmo diminuirà solo quando sento il calore della sua sborra riempirmi le viscere fra i suoi grugniti di piacere. Esce e si accascia su di me, facendomi sentire il peso del suo corpo massiccio. Mi bacia sulle labbra, mette la lingua e intanto dal mio buchetto viene fuori tutto il suo sperma abbondante, che lui comincia a tentare di ricacciare dentro con due dita. Ci spostiamo sull’erba. Zio sotto e io stirato su di lui, con la testa sul suo petto peloso. Le sue mani non smettono di cercare in continuazione il mio buchetto umido, di tastarmi avidamente le natiche, mentre le sue labbra continuano a darmi bacetti sulla testa. Questo momento è la perfezione e fino ad una settimana prima non avrei mai potuto immaginare di viverlo: zio è mio, le sue attenzioni sono tutte su di me, sono pieno dei suoi umori, del suo sperma e il suo odore è dappertutto sul mio corpo. Gli raggiungo l’uccello con una mano e sento che sta ritornando duro. Comincio a masturbarlo.
“Aspetta”, mi dice. “Dopo ti sfondo di nuovo, promesso. Adesso rimaniamo così ancora un altro po’, che ne dici?”
Lo guardo dritto negli occhi e annuisco, poi lo bacio e ritorno a farmi coccolare.
Il nostro legame di zio e nipote, anche se non di sangue, oggi è più forte che mai.
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