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Gay & Bisex

L'amico di mio padre 1


di michiamanotu
09.12.2017    |    31.287    |    9 9.4
"Il mio cazzo era di marmo al solo pensiero di quello che sarebbe potuto succedere di lì a poco, i miei sogni segreti stavano forse per diventare realtà e per..."
Il mio nome è Matteo. Sono sempre stato un ragazzo molto perverso, sin dall’adolescenza ho avvertito dentro di me una crescente attrazione per gli uomini più grandi, quasi dell’età di mio padre. Negli spogliatoi della palestra mi ritrovavo sempre a lanciare occhiate adoranti verso i quarantenni e i cinquantenni massicci che facevano le docce, ammirando i loro peli brizzolati, le loro barbe folte, i muscoli possenti, le mani e i piedi grandi e i grossi cazzi. Io mi sentivo un po’ la controparte giovane di questi uomini: bassino, alto solo un metro e sessantacinque, magro ma anche io abbastanza peloso. Già alle prime seghe piuttosto che pensare alle ragazzine mi ritrovavo nudo davanti allo specchio a guardare il mio corpo, posseduto sia dalla voglia di avere un fisico come il loro in futuro che da una allora inspiegabile eccitazione nel ricordarmi i dettagli più volgari dei loro corpi. Immaginavo di avvicinarmi a quei maschi virili e di poterli toccare, baciare, di ritrovarmi in ginocchio fra di loro per potergli dare piacere.

Visti i miei desideri presto capii di essere omosessuale e non passò molto tempo da lì al mio primo pompino, fatto ad un compagno di scuola, e poi al primo cazzo preso, sempre da un amico. Poi mi spostai in una grande città per studiare e iniziai a frequentare locali, conoscere ragazzi e divertirmi. Così gli uomini a cui pensavo fino a quel momento durante le seghe sparirono per un po’ dalla mia mente, mentre cominciavo ad avere una vita sessuale molto attiva. Ma mancava qualcosa in quelle esperienze, qualcosa che mi facesse sentire appagato appieno. Sapevo esattamente di cosa si trattasse, ma non riuscivo a trovare il coraggio per ammetterlo. Tutto cambiò quando, una sera, all’età di 21 anni, il destino mi riservò un incontro inatteso. Mi trovavo in un piccolo bar gay della mia città, insieme a due amici. La serata era noiosa e stavamo per andare a casa, quando vidi in fondo al locale un volto conosciuto. Pietro. Amico d’infanzia di mio padre, Pietro era un uomo sulla cinquantina, spesso si era trovato a passare da casa mia e a pernottare da noi quando ero più giovane, poiché si era trasferito in un altra città ma ogni tanto desiderava incontrare di nuovo mio padre. Chi avrebbe mai detto che lo avrei rivisto proprio in quel luogo. Mi avvicinai per salutarlo, colti entrambi dall’imbarazzo scambiammo due parole. Si trovava in città per un weekend di vacanza, era venuto a trovare degli amici che, seduti al tavolo con lui, sogghignavano. Mi chiesi il perché ma non dissi niente ad alta voce, quindi lo salutai con cortesia e mi allontanai. Separatomi dai miei amici mi avviai verso la metropolitana, quando all’improvviso, girando l’angolo della strada mi ritrovai di nuovo l’amico di mio padre di fronte. Ebbi il tempo di ammirarlo davvero per la prima volta. Era un uomo stupendo. Brizzolato, con la barba folta, due occhi di smeraldo e un fisico che sotto i vestiti sembrava essere pressoché identico a quello dei maschi che spiavo nelle docce. Si vedeva che faceva palestra, ma una pancetta prominente tradiva un ottimo appetito. Mi guardò e mi sorrise.
“Ci si ribecca”, disse.
“Eh, già. Scusami per l’imbarazzo di prima, non pensavo proprio di trovarti in un luogo simile”, risposi.
“Io me lo aspettavo invece!” Disse ridendo “Ho sempre immaginato che fossi gay”.
Arrossii.
“Non prendertela, era una battuta!”
“Non me la prendo. Però i tuoi amici prima ridevano di me o sbaglio?” Dissi infastidito.
“No, a dire il vero ridevano perché…” si interruppe.
“Perché?” chiesi.
“Ecco… perché tu sei proprio il mio tipo. Ridevano perché pensavano avessi rimorchiato.”
Ci fu un momento di interminabile silenzio, poi sorrisi.
“Anche tu sei il mio tipo, Pietro” ammisi con sincerità inedita, sorprendendomi da solo.
Non ci fu molto da aggiungere. Salii sulla sua macchina e iniziammo a baciarci con passione, affondando le nostre lingue il più a fondo possibile nelle bocche dell’altro, mentre le sue mani mi raggiungevano ovunque. Finalmente stavo baciando un uomo maturo, uno di quelli che sognavo un tempo bagnandomi mentre mi toccavo. Il mio cazzo era di marmo al solo pensiero di quello che sarebbe potuto succedere di lì a poco, i miei sogni segreti stavano forse per diventare realtà e per di più con un amico di mio padre, il che, in qualche modo, amplificava a dismisura la mia voglia.

Mi portò fino all’hotel dove pernottava. Durante il viaggio gli confessai tutto di me, come fosse un vecchio confidente. Gli raccontai della mia voglia repressa di uomini maturi, di quei dettagli del corpo di un maschio più grande che mi facevano impazzire, di quanto sesso insoddisfacente avevo fatto fino a quel momento.
“Hai capito la troietta”, commentò sorridendo alla fine del racconto, “stasera ti faccio godere per bene io”.
Entrati nella stanza mi ordinò di sedermi sul letto. Dentro di me si stava risvegliando uno spirito remissivo ormai sopito, obbedii e osservai piano piano Pietro avvicinarsi a me mentre si sbottonava la camicia bianca, lasciando intravedere un petto estremamente gonfio e villoso.
“Sbottona i pantaloni”, mi ordinò con calma.
Quando fu abbastanza vicino feci come mi aveva detto. Lo desideravo già da impazzire, ma ogni parte di me voleva che fosse lui a decidere tempi e modi.
Si spoglio del tutto, togliendosi anche le mutande. Era un vero spettacolo per me. Massiccio, muscoloso ma anche carnoso. Aveva le braccia forti e grosse, la pancetta piena di peli ed un cazzo barzotto largo e appetitoso. Mi venne spontaneo tuffarmi su di lui. Gli afferrai il pisello e iniziai il pompino più bello della mia vita. Mentre lo facevo quell’uomo possente mi tirava per i capelli, dettando il tempo quando non lo soddisfavo abbastanza. Ogni tanto mi ordinava di guardarlo negli occhi mentre prendevo tutta la sua asta dentro la bocca. Mi piaceva così tanto vedere quel corpo maschile e maturo dal basso che quasi mi sentivo venire, ma riuscivo a trattenermi. Ogni tanto ricevevo uno sputo sulla faccia, accompagnato da commenti su quanto fossi un bravo succhiacazzi. Mi sentivo totalmente troia, in balia di un toro cinquantenne e dominante. Questo era quello che avevo sempre desiderato. Questo e solo questo.

Passò poco tempo prima che mi ritrovassi a pecora sul letto, pieno del cazzo di Pietro, che, sebbene molto largo, entrava e usciva con facilità dal mio buchetto lubrificato solo con uno sputo. Le sue dita ricercavano costantemente la mia bocca, si infilavano dentro, me la allargavano, poi pretendevano di essere succhiate. Intanto il suo pisello continuava a sfondarmi incessantemente.
“Sei una zoccola, Matteo. Una puttana col cazzo” mi disse piano ad un certo punto. Sentii che non ce la facevo più per l’eccitazione: sborrai senza toccarmi sulle lenzuola del letto, poco prima di ricevere dentro di me tutta la sborra copiosa di Pietro.
Ci addormentammo nudi e abbracciati in quell'hotel. L’indomani mi risvegliò baciandomi. Passammo tutta la giornata in giro per la città e la notte di nuovo a scopare.
“Non mi sono mai trovato così bene con nessuno”, gli dissi dopo che aveva sborrato nuovamente dentro di me il giorno dopo, “vorrei che rimanessi qui per sempre…”
Lui rimase sorpreso dalle mie parole e mi diede un lungo bacio appassionato, promettendo che sarebbe tornato presto.
Il giorno dopo dovette andarsene, ma io sapevo che ci saremmo rivisti molto presto.

Continua…

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