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Mia sorella mi dona la passerina


di violettaselvaggia
28.07.2010    |    60.281    |    0 7.8
"La nostra felicità sarebbe la loro infelicità..."
Mi sveglio dopo un filotto di ore di sonno. Sono ancora incredulo che abbia avuto un rapporto sessuale con mia sorella. E stento a credere l’intensità con anche lei lo ha voluto. Avremo il coraggio di guardarci ancora negli occhi? Penso proprio che mi farà bene, anzi ci farà bene, che io mi trasferisca a Milano per un pò di mesi e lei sposi Marco. Amen! Mi dico: meglio non pensarci più.
Mi accarezzo la cappella e metto gli slip. Un salto in cucina per un bel caffè. Entro. Mia sorella è in piedi davanti al lavandino. Mi volta le spalle. Saluto: buongiorno! Nessuna risposta. Rimango perplesso. Già mi odia. Qualche istante di silenzio. Lei sempre di spalle cinguetta: - è così che si saluta una sorella-amante?
A passi felpati mi avvicino a lei. Non si volta. Continua a vedersela con della verdura che sta lavando. E’ in reggiseno e mutande. So diversi da quelle che aveva al nostro precedente incontro. Le mutande le avvolgono assai bene il didietro e mettono in risalto la forma tonda del suo culetto. E’ uno schianto mia sorella. Fisico asciutto, longilinea, belle spalle, capelli neri. Gli alzo i capelli e poggio le mie labbra sul suo collo. Un semplice bacio. Stacco. Lei senza voltarsi: “così va meglio. Continua, ti prego. E’ il nostro unico ed ultimo giorno in cui facciamo queste cose. Vero?”
Non rispondo. Lei:”ti prego rispondi, non tenermi sulla corda. Ho bisogno di sapere come e cosa pensi tu. Abbiamo commesso un grosso sbaglio. Non sono pentita ma non voglio, anzi non dobbiamo ripeterlo.”
La tolgo dall’impaccio: “Non lo ripeteremo mai più.” L’avvinghio con una mano, l’altra la infilo nel reggiseno le solletico un capezzolo. Sento il cazzo debordare dagli slip in cui l’ho messo prigioniero. Continuo a baciarla sul collo, sulle spalle e la mia mano le carezza i seni, stringo facendole anche un pò male, anche i capezzoli. Lei non si muove. Incassa quelle toccate, i baci e miagola di piacere. Gira all’indietro una mano, la poggia sul cazzo, da sopra gli slip. Una mia mano penetra nella sue mutandine. Le grandi labbra sono umide. Le accarezzo la peluria che protegge l’ingresso della sua vagina. Vorrebbe girarsi, mettersi difronte. Non gli lo consento. E' pericoloso. Gira la testa vuole la mia bocca. Gli e la dò. Baci pieni di passione anche se in posizione scomoda. Sento che sto perdendo i freni inibitori. Le abbasso le mutande sino alle caviglie. Si aiuta e le toglie del tutto. Le sbottono il reggiseno e via anche quello. Per par condicio mi tolgo gli slip. Le poggi la mia canna infuocata sulle chiappe. Intuisce le mie intenzioni e mi blocca: “questa volta il culetto non te lo do.” Mi distraggo un attimo rallentando la presa alla vita e lei si gira. Siamo difronte nuovamente. Nudi. In piedi. Si avvinghiamo e ci basciamo. Mentre lo facciamo con una mano impugna la mia lunga e già bagnata canna. Cerca di infilarsela nella passerina. Ci ripensa e mi allontana. Le chiedo: perchè?
Risponde: perchè sento che tu hai paura di farlo questo passo. Ti tranquillizzo prendo la pillola. Nessun pericolo. Saremmo dei pazzi da manicomio altrimenti. Mi riavvicino, mi inginocchio ai suoi piedi, gli e li bacio. Mi piace farlo con le donne che hanno bei piedi. Salgo più su mi fermo sotto la sua passerina. Un profumo arrapante. “dai leccami ancora la fighetta. Ho già voglia di godere.” Non gli e lo faccio ripetere una seconda volta. Le lecco tutto il contorno delle sue grandi labbra, le lecco le giunture all’inguine, le accarezzo le cosce. Lei mi accarezza i capelli e sussurra: “pensaci, ti prego, ficcamelo il tuo uccello. Completermo l’opera.” Resisto alla tentazione. Anche se muoio dal desiderio di averla sotto di me o qualsiasi altra posizione. Le ficco invece la lingua nella figa. La mia punta di lingua è un trapano. Mi supplica: “portami a letto. Non reggo in piedi questa attesa.”
Mi alzo, la prendo per mano. Ci rifuggiamo questa volta nella sua stanza. Chiude la porta a chiave: “non si sa mai. Se tornassero all’improvviso i nostri vecchietti. Morirebbero vedendoci in questo stato. La nostra felicità sarebbe la loro infelicità. Mi dico in silenzio: anche questa pulce nell’orecchio. Di colpo sento il cazzo che si ammoscia. Mi butto sul letto senza più forze. Mia sorella se ne accorge, è più energia: non saremo sorpresi da alcuno. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo. E’ o no questa la prima e l’ultima volta.”
A malincuore dico: ”certo, certo. Non dobbiamo..”
Stoppa le parole mia sorella è su di me. Mi striscia le labbra con un dito, le prende e le morde. Sento un piacevole dolorino. Mi accarezza il petto, comincia a slinguettarmi dal collo in giù. Arriva sul cazzo con la bocca. Se lo prende e lo manovra dentro. Mi ritraggo. Ho timore di sborrarle dentro. Non voglio. Si alza. Va verso l’armadio e mi dice; chiudi gli occhi, riaprili appena lo dico io.”
Eseguo l’ordine. Chiudo gli occhi. Intanto penso: “devo ficcarglielo o no?”
Trascorrono almeno dieci minuti.
Arriva l’ordine: “apri gli occhi”.
Mia sorella è acconciata come una vera troietta: vestitino rosso attillato, calze a rete, capelli tirati, labbra dipinte. Comincia a spoglirsi. Sotto il vestitiono lingerie arrapante. In un batter d’occhio è nuovamente nuda. Le chiedo perchè quella scena.
“Per smontarti, per farti capire che sono una troia.”
Mi alzo, l’avvingio ancora una volta al mio corpo. Le bacio gli occhi, le sussurro in un orecchio: “sei il mio amore. Oggi mi accorgo di averti sempre desiderata. Posso solo ringraziarti per quanto ha fatto. Mi hai riavvicinato all’amore per la donna.”
Mi accarezza e mi sussurra: "se non mi giudichi una troia allora completiamo l’opera. Ti prego non mi lasciare con il desiderio di sentirti. Fammi godere. Ficcamelo dentro questo cazzo meraviglioso. Non ne avrò mai più uno come questo“
La butta sul letto. Le alzo le cosce e le faccio poggiare le gambe sulle mie spalle. Mi avvicino quanto più è possibile. Mi scapocchio il cazzo e le infilo leggermente il capocchione, poi tutta la canna. Le prendo i seni e le accarezzo, le do tutta la lungia nella sua bocca, lei la sua nella mia.
Spingo a più non posso. Ho paura di sfondarla. Le ci sta anzi mi incita: “fai forte, forte, forte, dai, dai, ancora un pò, sono vicina. Spingi, spingi. Ahaaa godo, godo.”
Io invece no. Faccio per tirare fuori l’uccello, lei intuisce e grida: no, resta. Resta, sborrami.”
Non l’ascolto. Caccio l’uccello dalla sua figa. Niente sborrata dentro. Mi alzo. Lei mi attrae a se, mi tumba sul letto ed il pompino che segue è da sballo. Un pompino di un quarto d’ora di lavoro. Questa volta il cazzo gli e lo lascio. Lei ingoia e poi mi dice: sentirò sempre dentro di me il tuo sperme. Ti voglio bene. Ma è la fine della noistra breve storia. Amore mio, voglio piangere.”
Piange. Le accarezzo i capelli. Porteremo il ricordo della nostra passione dentro di noi sino alla morte.
Ci baciamo. E’ sicuramente l’ultima volta. Non vogliamo peccare oltre. Le chiedo perdono. Smette di piangere e dice: "abbiamo peccato in due".
violettaselvaggia

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