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Ogni maledetto weekend (parte undicesima)


di Stalio
29.06.2017    |    16.498    |    3 9.2
"Alle 10, 30 eravamo già in Piazza San Marco..."

La mattina dopo mi svegliai con la carota ancora nel culo, e non mi faceva più male. 
Si svegliò anche Elena ed immediatamente controllò il mio didietro, poi prese la carota con due dita e, come aveva fatto la sera prima di addormentarci, la fece scorrere avanti ed indietro.
"Dimmi che ti piace...dimmelo."
"No, non mi piace per niente."
"Vedrai che con un cazzo vero sarà tutta un'altra cosa. Oggi cerco qualcosa di più grosso e stasera te lo sbatto dentro." Sembrava compiaciuta.
"Sadica."

Quando rientrai dal lavoro lei era già pronta per insegnarmi a sculettare. Camminare in quel modo mi risultò un movimento totalmente innaturale, ma imparai qualcosa già da quel primo giorno.
Elena mi avvisò: "Faremo mezz'ora di lezione tutti i giorni."  

Alle otto arrivò il commesso, ed appena mise piede in casa prese Elena, la fece inginocchiare e glielo ficcò in bocca. Purtroppo non c'erano telecamere puntate sulla porta e non vidi niente, ma si sentivano i gemiti di piacere ed il rantolo che lui fece quando la inondò. Dopo proseguirono sul divano, e poi nella cameretta.

Mercoledì arrivò Marco, il primo con cui mi aveva cornificato nel centro commerciale. 
Notai che lei insistette per farsi inculare, per avere il cazzo nel culo più tempo possibile, e lui non si fece certo pregare. Per lei fu una buona tappa di avvicinamento per accogliere il cazzone di Arturo.
Mentre a me, prima di addormentarmi, mi toccava un ortaggio nel culo, sempre di dimensioni maggiori. Ci pensava la mia mogliettina a procurarlo, e quando me l'infilava dentro lo faceva con un certo senso di soddisfazione.

Giovedì fu il turno del postino la cui specialità era quella di 'mangiare' la passera, anche per ore intere, ed Elena ne approfittò un bel po', per poi ricambiare spompinandolo a sua volta e concedendogli il suo lato B per una buona mezz'oretta.

Il venerdì mattina Arturo mi fece chiamare per andare nel suo ufficio. Sapevo che Elena era là ed ero certo che stavolta Arturo mi avrebbe concesso di portare a termine il pompino lasciato a metà la volta precedente. Invece no, mi fece solo sculettare per qualche minuto, poi mi diede una mega palpata al culo facendomi sentire uno dei suoi ditoni sul buco, quindi mi mandò via.

Il pomeriggio mi presi mezza giornata di ferie, avevo l'appuntamento con l'estetista per farmi la depilazione totale. Fu un lavoro lunghino, non indolore, e parecchio costoso. Ma cosa non si fa per la carriera? E meno male che già di mio non sono molto peloso.

La sera toccò al Carabiniere tocciare il biscottino con Elena. La sua caratteristica era, oltre ad un uccello di tutto rispetto, quella di far parlare la mia donna. Tra un set e l'altro le faceva delle domande mirate, e lei si apriva completamente. In pratica parlava solo lei, e lui ascoltava attento. Sapeva tutto: di me, degli altri, di Arturo, dei fatti di Venezia, tutto. Inoltre i due esternavano un gran feeling, tanto che arrivai a provare un pizzico di gelosia. Comunque sia, i due, oltre a parlare scopavano anche, e l'inculata conclusiva fu mitica: la prese in sette posizioni diverse, senza mai estrarre il cazzo dal culo. Se la rigirava come una trottola, e lei gemeva ininterrottamente per il piacere. Quando lui le sborrò dentro, lanciò un forte grugnito, come fosse un maiale.
E, da quel che vidi dopo, Enzo, così si chiamava, aveva emesso sborra a livello industriale. La mia Elena era bella piena.

Quella notte, mentre cercavo di dormire con un cetriolo ficcato nel culo, presi la decisione su cui stavo rimuginando già da qualche giorno: sarei tornato a Venezia da Cesare, o da Aldo, o da tutti e due insieme. Ormai mi sentivo pronto ad accogliere un cazzo vero nel culo.

Appena sveglio lo comunicai a Elena, e lei ne fu stra-felice, e d'altronde l'aveva programmato fin dal lunedì, per quello si era tenuto il fine settimana libero, immaginando che le avrei chiesto di tornare a Venezia.

"Andiamo a cazzi a Venezia, tu con Cesare e Aldo, io con Luca." Disse contentissima.

Alle 10,30 eravamo già in Piazza San Marco. Io ero in uno stato tra il preoccupato ed il curioso, preoccupato perché stavo per andare a cercare quei due bruti e rozzi ceffi di Cesare e Aldo, e curioso perché volevo sentire cosa si provava a prendere un uccello vero, dopo aver passato una settimana facendomi ficcare dentro carote e cetrioli.
Elena aveva appuntamento con Luca per le undici, quindi ebbe il tempo di accompagnarmi nelle vicinanze del bar dove speravo di incontrare Cesare ed Aldo, o uno dei due.
All'imbocco della piazza mi salutò: "Adesso è meglio se continui da solo, perché se quei due beccano anche me mi salta l'appuntamento con Luca. Fatti coraggio, sono sicura che ne uscirai bene. Ci vediamo all'una al ristorante."
"Amore, vieni da sola, ti voglio raccontare tutto."
"Sicuro...ciao Giulio." E sculettando, come al solito, si avviò verso il porticciolo delle gondole, mentre io mi incamminai verso il bar. 
Constatai subito che nella veranda del bar non c'era anima viva, così cominciò a venirmi il dubbio di aver fatto il viaggio per niente, ed anche all'interno c'era pochissima gente, per lo più anziani che giocavano a carte. Nessun segno della presenza di Aldo e Cesare. 
Mi avvicinai al bancone e chiesi un caffè, il barista era un uomo sui 40-45 anni, alto, robusto, ed anche lui rozzo e dai modi sgarbati, si vede che era una specialità...della casa. 
Mentre riflettevo se era il caso di chiedere informazioni sui miei due uomini, sentii una mano agguantarmi il culo e stringere forte, con il dito medio che, da sopra i pantaloni, cercava il mio buchino, e trovatolo cominciò a spingere come per penetrarmi. Il mio uccello ebbe subito un sussulto di eccitazione. Mi girai per vedere chi fosse il proprietario della mano: era Aldo.
"Cosa ci fai qui finocchietto? Non dirmi che stavi cercando me?" Intanto spingeva il dito, ed i miei pantaloni leggeri di lino non erano un grande ostacolo per lui.
"Ciao Aldo, si, ti stavo cercando, avrei bisogno di parlarti. C'è anche Cesare?"
"Cesare non c'è, ma lo posso rintracciare subito. Quella zoccola di tua moglie dov'è?"
"Elena stavolta non è venuta, ci sono solo io." 
Il dito continuava a martoriarmi il buchino, e sentivo come se i pantaloni stessero per cedere.
"Ahhhh...ci sei solo tu? Scommetto che hai voglia di cazzo."
"Aldo possiamo andare a parlare da qualche parte?"
"Certo...come no? Andiamo a casa mia."
Intanto il barista, che divertito osservava la scena, disse qualcosa ad Aldo in un incompressibile dialetto stretto, i due dialogarono un paio di minuti, mentre Aldo mi teneva sempre la mano sul culo e mi torturava il buco.
Dal dialogo capii solo che stavano parlando di noi, di me e di mia moglie, si vede che durante la settimana eravamo stati oggetto di discussione nel bar, poi nel salutarsi sentii dire ad Aldo qualcosa tipo: 'Ti chiamo dopo'.

Durante il tragitto dal bar a casa sua, Aldo telefonò a Cesare, parlava sempre in dialetto, ma capii che presto ci avrebbe raggiunti.

Entrati in casa, appena chiusa la porta, si svestì in un attimo, rimanendo solo in mutande, e si vedeva il cazzo duro che spingeva per uscire. Mi portò in cucina, e sedutosi su una sedia mi guardò senza parlare, ma c'era bisogno di dire qualcosa? Mi inginocchiai in mezzo alle sue gambe, glielo tirai fuori e cominciai a segarlo e a leccare la cappella, poi me lo infilai tutto in bocca e succhiai forte. Lui ebbe un gemito di piacere, mi mise una mano sulla testa, e disse: "Voglio vedere se sei capace di farmi sborrare prima che arrivi Cesare. Dai che dopo te lo sbatto nel culo, hai voglia di sentirlo dentro?"
Mollai un attimo l'uccello: "Uhmmmm...si, lo voglio."
"E bravo il ricchione...adesso succhia e sega forte che dopo ti inculo per bene."
Stavo cominciando a capire come succhiare, come segare, e quali erano i punti più sensibili dell'uccello, d'altronde mettevo in pratica quello che piaceva a me quando Elena mi spompinava, e vedevo che la cosa funzionava bene anche per gli altri, con qualche piccola variante di caso in caso.
Aldo mi inondò la bocca nel giro di cinque minuti, proprio mentre arriva Cesare, che mi trovò con le labbra piene di sperma, e con un rivolo che veniva giù.
"Ma guardalo...quello che non voleva prenderlo in bocca. Cosa fai ancora vestito? L'altra volta ti ho promesso che ti avrei rotto il culo."
Capii che era arrivato il momento, e cominciai a spogliarmi. Ma Aldo non era affatto d'accordo che fosse Cesare il primo a prendermi, così i due uomini cominciarono a discutere in dialetto, capii solo che Cesare accampava il diritto per essersi prenotato già la settimana prima, mentre Aldo diceva che mi aveva trovato lui nel bar, e che quindi toccava a lui prendermi per primo.
La cosa stava degenerando, e se da una parte mi faceva piacere che quei due stessero litigando per me, dall'altra pensavo che c'era il rischio di andare in bianco, così mi venne un'idea: proposi una partita a carte e chi vinceva mi avrebbe preso per primo.
I due si bloccarono come se li avessi illuminati, mi guardarono, poi Cesare disse: "Io ci sto, a patto che prima mi fa' un pompino anche a me, così pareggiamo i conti."
Aldo si disse d'accordo, e andò a cercare le carte, mentre Cesare mi stava già ficcando l'uccello in bocca. A lui piaceva spingerlo tutto dentro tenendomi la testa bloccata, per poi farmi fare avanti ed indietro, e di nuovo dentro fino in gola. Continuò così per un po' finché non mi venne in bocca, quindi mi mollò e riuscii a lavorarmelo un po' di lingua, e a succhiare tutto fino all'ultima goccia.

Si fecero una scopa, tanto per rimanere in tema. Indovinate, per chi tifavo io?
Per Cesare...mi eccitava di più lui, forse per il fatto che era stato il primo a farmi sentire l'uccello in bocca, e già la settimana prima avrebbe voluto farmi il culo.
Intanto che loro giocavano a carte sul tavolo, io mi ero infilato sotto e li spompinavo a turno, li preparavo così entrambi per prendermi, chiunque fosse stato, speravo in Cesare ma avrei accettato anche Aldo.
Vinse Cesare, con mia grande gioia, e prima di uscire da sotto il tavolo mi infilai in bocca il suo uccello, fino in gola, poi feci un risucchio fortissimo, quindi uscii e mi misi in piedi, ero pronto.

Senza tanti fronzoli mi spinse giù a novanta gradi, con la pancia sul tavolo, mi unse il buco con qualcosa di liquido, credo fosse olio, puntò la cappella e cominciò a spingere. Sentivo che era caldo, duro, vivo, tutt'altra cosa in confronto alle carote ed ai cetrioli, Elena aveva ragione.
Pian piano il buco cominciò a cedere, più spingeva e più lo sentivo, finché la cappella entrò dentro e fu un dolore fortissimo, come un coltello che ti entra nella carne. Lanciai un urlo tremendo, e lo pregavo: "Piano...fai piano...mi stai spaccando in due." Non era il tipo da andare piano, e poi era infoiatissimo. 
Con due-tre colpi me l'infilò tutto dentro, sentivo le palle sbattermi contro, e allungai anche una mano per accertamene: si era tutto dentro.

Si fermò un po' così, per far abituare i muscoli anali all'intrusione, quindi incominciò a pomparmi. Sentivo la cappella, che era notevolmente più grossa dell'uccello, strusciarmi sulla carne. Per qualche minuto fu solo dolore e bruciore, ma poi lentamente qualcosa cominciò a cambiare. Un calore improvviso mi invase, ed il dolore passò in secondo piano. Cesare se ne rese conto subito, ed accelerò. Mi dava dei colpi che mi facevano sobbalzare, ed io spingevo il culo indietro per sentirlo meglio, gemevo per il piacere e senza rendermene conto ebbi un orgasmo violentissimo, ed un altro ancora quando Cesare mi inondò le visceri di sperma, e continuò a pomparmi ancora ma rallentando sempre più, finché non si fermò, ma non uscì subito. Alla fine lo tirò fuori e si accasciò su una sedia. Mi sentii svuotato, come se mi avessero tolto qualcosa di mio, e non fu una bella sensazione.
Ci pensò Aldo a riempirmi nuovamente, stavolta forse perché il buco non si era ancora richiuso, sentii meno dolore. Mi pompò per una decina di minuti, ed anche con lui ebbi un orgasmo intenso, poi si svuotò dentro di me.

Facemmo una pausa, il tempo di prendere un caffè. 
La sborra mi colava giù dal culo lungo le cosce, per pulirmi Aldo mi aveva passato un rotolo di carta da cucina che consumai quasi per metà.
Finito il caffè Aldo propose di spostarci sul letto, dove dovetti gestirli entrambi, in contemporanea. Ne avevo sempre uno nel culo ed un altro in bocca, poi si davano il cambio. C'era solo qualche minuto di pausa fra una sborrata e l'altra, poi uno dei due mi prendeva la testa e mi infilava l'uccello in bocca, l'altro andava dietro, e riprendevamo. Cominciai a capire Elena, quando ne prendeva due alla volta, ma almeno lei aveva due buchi.

Alle dodici circa i due si fermarono, dopo averne fatte almeno cinque a testa, come me.
Le lenzuola del letto erano tutte impiastrate di sperma, tra quello che colava dal mio buco del culo e quello che avevo fatto io nei miei orgasmi.
Aldo mi fece risciacquare alla meglio e dopo mi rivestii. Sentii i due compari che si lamentano per il fatto che la sera si dovevano imbarcare, e la domenica dovevano essere in mare, altrimenti  mi avrebbero ripreso volentieri.  Però prima di lasciarmi andare, mi fecero promettere che presto sarei tornato a trovarli, magari con mia moglie.
Eravamo in cucina e ci stavamo salutando quando arrivò il barista, che poi imparai che si chiamava Valerio.


Continua.
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