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Ogni maledetto weekend. (parte dodicesima)


di Stalio
28.07.2017    |    15.177    |    3 9.3
"" "Dammi il tuo numero, ti do conferma entro sera..."
DODICI

Valerio era sull'incazzato con Aldo perché non l'aveva chiamato, almeno così mi sembrò di capire. 
Dopo avergliene dette quattro, si avvicinò a me e mettendomi le mani sulle spalle mi spinse giù in ginocchio, poi: "Tiralo fuori."
Ecco, mi tocca di nuovo, pensai. Ero stanco, tutti i muscoli del corpo mi facevano male, e ne avevo un altro da accontentare.
Volevo far presto, per andare via, perché all'una avevo appuntamento con Elena. Quindi tirai giù la lampo, slacciai la cintura, sganciai il gancio in alto, ed i pantaloni caddero giù: mi ritrovai a pochi cm dalla faccia, ancora dentro i boxer, un cazzo enorme. Sbalordito abbassai l'intimo e lo vidi: non era ancora in erezione ma vedevo che si stava ingrossando ed indurendo. 
Valerio se lo prese in mano e mi strusciò la cappella sulle labbra: "Prendilo in bocca e succhia."
Obbedii...riuscivo a malapena ad infilarmi la cappella dentro, tanto era grosso, e le palle erano grandi come i miei pugni. 
Facendo un paragone era circa come quello di Mario, forse leggermente più grosso. Ad Elena sarebbe piaciuto.
Quando cominciai a succhiarglielo lo sentii inarcarsi, poi mi prese la testa e me lo spinse dentro con forza, obbligandomi a prenderne in bocca tutto quello che potevo, e mi teneva fermo così senza farmi respirare, con la bava che mi colava giù dalla bocca. Poi decise di lasciarmi fare, di lasciare a me l'iniziativa, lui si sedette su una sedia ed io potei lavorare più tranquillamente. Era duro come l'acciaio, caldo bollente, e vibrava quando glielo succhiavo. Ci mise un buon quarto d'ora per sborrare, e ne fece tanta, parte mi finì in bocca ed il resto sul viso.
Pensavo che fosse finita, invece no. 
Mentre mi stavo ripulendo la faccia, i tre si dissero qualcosa in dialetto, che non capii assolutamente, ma Aldo e Cesare scoppiarono a ridere, quindi Valerio, visto che mi ero rimesso in piedi, prendendomi dalle braccia mi spinse nuovamente giù e mi ordinò di riprendere a succhiargli l'uccello.
Era quasi moscio, ma dopo qualche carezza e dopo avergli fatto sentire la lingua lungo il filetto della cappella, riprese vigore, e quindi ricominciai gradualmente a succhiare, sempre più forte, facendolo diventare di nuovo duro come l'acciaio. Mi lascio fare per qualche minuto, poi si mise in piedi mentre io seguivo i suoi movimenti continuando a succhiargli l'uccello. Dopo qualche attimo me lo fece mollare, mi prese per le braccia e mi aiutò a rimettermi in piedi, poi mi spinse sulla la tavola, e giù disteso con la pancia sul legno e le gambe giù.

Capii immediatamente cosa volesse farmi, e provai a sgusciare via, ma Cesare da una parte e Aldo dall'altra mi bloccarono, tenendomi fermo in quella posizione. Valerio lentamente mi tirò giù i pantaloni, poi le mutande, mi mise anche lui qualcosa di liquido sul buco, quindi mi allargò le gambe e puntò deciso la sua proboscide contro il mio buco. Quando incominciò a spingere pensavo che stesse per uccidermi, non potevo credere che quella cappella mastodontica potesse mai entrare dentro di me, lui spingeva ed io lo pregavo di fermarsi, gli dissi anche che avrei fatto tutto quello che avrebbe voluto, ma di fermarsi. Non mi diede retta, era talmente arrapato che non si sarebbe fermato neanche se gli avessi offerto il mondo intero, e dopo una spinta più forte la cappella entrò. 
Il dolore fu lancinante, non so come feci a non perdere conoscenza, mi arrivavano al cervello delle fitte tremende, e scoppiai a piangere. 
Intanto Valerio avanzava inesorabilmente, ed io sentivo la carne dentro come squarciarsi. Si fermò circa a metà dell'opera, qualche attimo, per poi riprendere ad avanzare, fino in fondo, quindi si bloccò nuovamente.
"È tutto dentro Giulio."
"Ahhhhhhhahhh...mi stai ammazzando." Urlai piangendo.
"Non essere tragico, mica sei il primo."
"Haiiii...tiralo fuori, per favore."
Cominciò a pompare, e di nuovo, sentire la cappella fare avanti ed indietro nella mia carne mi fece vedere le stelle. Passavano i minuti ed il dolore non accennava a diminuire, ad un certo punto decisi di lasciarmi andare, non avevo più la forza di reagire, di fare niente. Anche Cesare e Aldo si accorsero della mia resa, e mi lasciarono le braccia. Ero abbandonato sul tavolo, inerme, in balia dei colpi che mi sferrava Valerio, così per una decina di minuti. Poi successe all'improvviso, come se qualcuno mi aveva acceso un interruttore, arrivò una vampata di calore come quella che già avevo conosciuto prima con Cesare, ma enormemente più forte, ed anche stavolta il mio stallone se ne rese conto subito.
Aprii ulteriormente le gambe, spinsi il culo verso di lui, e mi girai a guardarlo con la faccia estasiata.
"Bravo...ti piace vero prenderlo nel culo?"
"Si, siiii...hoooooo...ssiiiiiii..."
"Dimmi che ti piace il mio cazzo...dimmelo."
"Mi piace, mi piace, spingi. Hhoooooo...."
"Ecco, ecco, tieni. Hai un culetto fantastico."
"Siiiiii...haaaaa. Hoooo..." Arrivò il primo orgasmo.
Non so esattamente quanto durò, parecchio, e quando mi venne dentro ne fece veramente tanta, sembrava che mi stesse pisciando dentro, ed anch'io ebbi un altro orgasmo. 
Mentre mi dava gli ultimi colpi feci il conto: sette volte, quella mattina prendendo dei cazzi ero venuto sette volte. Non mi era mai capitato, ne con Elena ne con altre donne prima di lei.
Quando lo tirò fuori si mise a sedere e me lo fece ripulire con la lingua, c'era anche qualche 'escremento' anale mischiato con lo sperma, ma mandai tutto giù senza storie e per finire mi infilai la cappella in bocca e succhiai gli ultimi residui che ancora aveva dentro.

Finito il lavoro  provai a rimettermi in piedi, ma una fitta partii dal mio ex buchetto stretto e mi arrivò al cervello, ed ebbi una smorfia di dolore.
Valerio: "Prova a camminare, vediamo..."
Feci due-tre passi, ma mi risultava difficile chiudere le gambe, e ad ogni passo vedevo le stelle.
"Fammi controllare una cosa."
Mi fece mettere a gambe aperte piegato in avanti e lui da dietro ispezionò il buco.
"È tutto a posto, ti ci vuole solo qualche ora perché la carne ed i muscoli tornino nella loro posizione originale."
"Qualche ora? Ma come faccio ad andare via?"
"Ti accompagno io, vai in bagno a darti una ripulita che poi usciamo." In fondo Valerio si stava dimostrando gentile e carino.
Dopo dieci minuti eravamo per strada, ed io camminavo con le gambe aperte e sentendo un gran dolore, fortuna che c'era lui che mi faceva sorreggere ad un suo braccio. 
"Stiamo andando da tua moglie vero?"
"Si, a quei due ho detto che..."
Interrompendomi: "Ho sentito cosa hai detto ad Aldo."
"È che lei non voleva incontrarli di nuovo."
"Capisco. Non ti preoccupare, mi farò i cazzi miei."
"Grazie, anche perché mi stai accompagnando. Da solo non ce l'avrei mai fatta."
"Non mi costa niente, e poi volevo parlare con te da solo."
"Uhmmmm, vediamo se indovino: mi vuoi rivedere."
"Si, se vuoi. Magari domani pomeriggio, puoi?"
"Piacerebbe anche a me, ma solo se mi passa questo dolore, mi hai aperto in due."
"Stasera starai già meglio, e domattina non sentirai più niente. Quindi il tuo è un si, se vieni al bar verso le 14,00 andiamo a casa mia, che è proprio sopra il bar."
"Dammi il tuo numero, ti do conferma entro sera."
Arrivammo in Piazza San Marco, Elena che mi stava già aspettando, si accorse subito delle mie condizioni e ci venne incontro: "Ciao, cosa hai fatto?"
"Elena lui è Valerio. Valerio lei è Elena, mia moglie." I due si strinsero la mano.
"Cosa hai fatto? Perché cammini così?"
"Dopo ti spiego." 

Pranzammo in un ristorante con un menù turistico piuttosto scadente, poi ci ritirammo in albergo, lo stesso dell'altra volta, dove lavorava Lorenzo, il fratello di Luca.
Il pomeriggio lo passammo a letto, dove raccontai ad Elena fin nei minimi dettagli i fatti della mattinata. Lei, molto curiosa, volle sapere ogni cosa.
Avrei potuto, e anche voluto scoparla, ma proprio non avevo più forze.
La mattinata con Cesare e Aldo, e poi con Valerio, mi aveva distrutto, e il male al culo non accennava a calare. Mi addormentai.

Mi svegliò lei prima di cena, e notai subito che il male dietro si era notevolmente attenuato, anche se camminando mi dava ancora fastidio.
Cenammo nel ristorante dell'albergo. Elena era tiratissima, una minigonna pazzesca, e le tette bene in evidenza. Non capivo perché si fosse vestita in modo così provocante, perché non dovevamo uscire, ma ci arrivai presto quando si materializzò Lorenzo, il fratello di Luca.
Lui, che era il portiere di notte, e si era presentato sul posto di lavoro con più di due ore di anticipo, non per cominciare il suo turno, ma bensì per trombarsi mia moglie.
E la cosa fu subito chiara quando si sedette al nostro tavolo e, sotto i miei occhi, cominciò a palpare le cosce di Elena, andando man mano sempre più su e, arrivato a destinazione, le infilò due dita dentro, poi fuori, poi dentro, per qualche attimo, quindi si alzò, la prese per un braccio e se la portò per un buon quarto d'ora nei bagni.
Quando tornarono fu facile capire cosa avevano combinato perché Elena non aveva più il rossetto sulle labbra, e lui aveva il fiato corto.
Lei mi disse subito che, dopo cena, le sarebbe servita la camera per un paio d'ore, e che per rientrare dovevo aspettare una sua telefonata.
Mi dava fastidio il fatto che, ormai, facesse tutto così apertamente ma, adesso che anch'io ero diventato una specie di 'troia', come potevo obiettare qualcosa sul suo operato?

Mi chiamo, stranamente, dopo appena un'ora: "Vieni Giulio."
Ero meravigliato che avessero fatto così presto, comunque ne ero contento: potevo riappropriarmi della mia camera.
Arrivato davanti alla porta vidi che era accostata, e dai versi che si sentivano dall'interno era chiaro che i due stavano ancora scopando. Non capivo perché Elena mi avesse cercato, ma ormai ero là e decisi di entrare. Lo spettacolo che mi si presentò davanti era questo: erano entrambi sul letto, ed Elena alla pecorina aveva l'uccello di Lorenzo ben piantato nel culo.
"Dai...vieni anche tu." Mi esortò la mia dolce, cara, e troia mogliettina.
Sul momento rimasi disorientato, perché non sapevo in che veste dovevo buttarmi nella mischia, per prenderlo o per darlo? Elena voleva farsi scopare da due uomini oppure lui voleva farsi anche me? Entrambi i 'ruoli' mi risultavano allentanti, ed eccitanti.
Decisi di improvvisare, mi svestii in un attimo e mi infilai con la testa sotto alle cosce di mia moglie, e cercai la micina che, per inciso, grondava di sborra. Cominciai a lavorarmela facendola presto esplodere in un orgasmo devastante.
Quella posizione però aveva anche degli effetti 'collaterali', ossia le palle di lui che, mentre la pompava, mi strusciavano sulla faccia. E dai una, e dai due, e dai tre, ben presto cominciai a slinguazzarle, alternando fica, palle, e quando possibile anche la base dell'uccello. Andammo avanti così per una buona mezz'oretta, poi lui accelerando sempre più i colpi arrivò all'orgasmò, e le inondò le visceri facendo nel contempo venire anche lei.
Lorenzo non se ne uscì subito, la pompava piano per protrarre più possibile il godimento, mentre io continuavo il mio lavoro con la lingua su entrambi.
Quando infine la mollò, Elena pretese che io rimanessi in quella posizione con la bocca spalancata, quindi si spostò più avanti mettendosi in direzione, con il busto dritto, e mi fece scivolare direttamente in bocca lo sperma che colava abbondante dal suo buchetto, che ormai non era più tanto stretto.
Lorenzo, disteso sul letto, divertito si gustava la scena, infine si rivestii ed andò via perché doveva cominciare il turno di notte, lasciando me ed Elena distesi sul letto.
Parlammo per qualche minuto:
Elena: "Che bello averti qui con me."
"Avermi...in che senso?"
"Averti con me, tu ed io insieme, quando mi faccio qualcuno."
"Ho paura che ci stiamo infilando in un tunnel senza ritorno."
"Giulio, prendiamo quello che viene, senza fare tanti calcoli. Ci stiamo divertendo no? Inutile stare a pensare troppo."
"Ma cosa sto diventando? ...non so più chi sono e cosa voglio."
"Tu sei mio marito ed io ti amo tanto. Non pensare troppo Giulio."
Parlammo ancora, poi le coccole, infine scopammo per una buona mezz'oretta, quindi ci addormentammo abbracciati.



Continua...








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