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Il figlio del mio amico 2a parte


di Deborella
17.11.2020    |    414    |    3 9.7
"Le mani scendono sui boxer e con una mossa lesta e rapida glieli abbasso e glieli sfilo completamente..."
Salita in macchina cominciai a disegnare il mio progetto, quello che mi avrebbe portata tra le braccia di Alessandro. Durante il viaggio di ritorno ero presa da mille pensieri, guardavo le mie belle gambe scoperte, pensavo a lui.
Una settimana dopo mi chiamò Roberto per dirmi che sarebbe stato via per qualche giorno, impegni di lavoro lo chiamavano fuori città. Ecco, il momento per mettere a punto il mio piano era arrivato, dovevo solo pensare al modo in cui portarlo a termine. Venivo a conoscenza che stava via per quattro giorni, non avevo troppo tempo per inventarmi il modo di catturare il bambolotto. Tra le tante strategie che mi passavano per la mente una mi sembrava la più indicata. Decisi di presentarmi a casa sua con la scusa di voler fare una sorpresa al papà. Ora dovevo pensare a come agghindarmi per rendermi irresistibile ai suoi occhi e farlo cadere in trappola. Il giorno precedente lo passai a scegliere cosa comperare per l'occasione, optai per un abbigliamento degno di una milf. Un abito aderente di colore nero, ebbene si il mio preferito, lungo fino a sopra il ginocchio. Trovai irresistibili dei sandali di Greymer in pelle laminata blu con maxibracciale lavorato alla caviglia, zip posteriore, tacco stiletto da 14 centimetri. Intendevo in questo modo valorizzare al meglio le mie splendide gambe e puntare molto su questa caratteristica del mio fisico. Decisi di scegliere la stessa parrucca che indossai la sera in cui mi fu presentato mentre per il trucco preferii un look abbastanza aggressivo confacente ad una donna Puma come me ed unghie affilate colore vinaccia. Il giorno era arrivato, mi cambiai a casa in tutta calma perché volevo essere impeccabile, non trascurai alcun particolare. Depilatissima mi spalmai sulle gambe dell'olio di calendula che evidenziava ancor di più l'abbronzatura donando lucentezza alla pelle. Infilai uno slip brasiliano in tessuto a rete con pois in velluto e dettagli in pizzo ed una sottoveste aderentissima interamente in pizzo con scollatura sul retro. Indossai poi l'abito, le scarpe ed una collana girocollo in metallo lucido color nero con cuori traforati ed un rossetto (perché anche quello s'indossa) di colore scuro. Vestita da vera donna e profumata come un fiore di Camelia Japonica appena sbocciato mi sentivo voluttuosa come non mai. Il giorno prima chiamai Roberto per sapere come andavano le cose ma soprattutto per capire, senza insospettirlo, se il figlio fosse a casa in quei giorni. Compresi che Alessandro sarebbe rimasto nella sua dimora la sera successiva, quella della mia missione. Il giorno dopo puntualmente mi muovo, salgo in macchina e mi dirigo verso la destinazione. Raramente guido travestita ma quel giorno non avevo scelta, durante il viaggio compresi di essere molto osservata e la cosa mi metteva un po' in imbarazzo ma allo stesso tempo mi eccitava. Mi sentivo donna con quelle deliziose scarpe che andavano a premere l'acceleratore, che toccavano il freno, osservavo il mio viso nello specchietto retrovisore e le mani dalle dita affusolate che agguantavano con estrema femminilità il cambio. Giunsi a casa di Roberto, il cuore batteva molto forte e quasi tentennai, mi dissi che stavo facendo una pazzia e per un attimo pensai di abbandonare il mio proponimento. Riflettei ancora un po' ed alla donnina intimidita e quasi tremante prevalse la donna Puma, la Cougar ch'entro mi rugge. Non potevo lasciarmi sfuggire questa occasione, così vicina dall'appagare quel desiderio che da giorni mi tormentava, non mi faceva dormire la notte. Più convinta ed agguerrita che mai mi diressi verso il cancello, ora dovevo recitare la parte che avevo premeditatamente pianificato. Suonai il campanello, Alessandro si dirigeva verso il cancello per aprirmelo. Splendido con una camicetta un po' aperta, mi fece un sorriso che ricambiai. Chiesi del papà e naturalmente mi rispose che era fuori città per qualche giorno, finsi di rimanere dispiaciuta e dissi che volevo soltanto farle una sorpresa. Lui mi suggerì di chiamarlo, ma ribattei subito che non importava e che lo avrei fatto più tardi. Ero vicinissima al mio sogno ma dovevo fare in modo che Alessandro mi facesse entrare in casa. Che la preda aprisse la gabbia alla sua predatrice, la giovane ed ingenua gazzella maschio alla bramosa femmina Puma. Finsi di mettere male un piede dopo avere fatto qualche passo verso il cancello e dissi:
Alessandro, Alessandro credo di essermi storta una caviglia.
Il pudibondo bambolotto non esitò ad aprirmi il cancello, inscenai una farsa che solo una femmina desiderosa di assaggiare muscoli freschi può fare. Le chiesi che avevo bisogno di sedermi e lui molto premuroso mi accompagnò verso l'ingresso di casa sostenendomi con un braccio. Il divano era il mio primo obbiettivo e non feci fatica a condurlo li, con la scusa che era più comodo da raggiungere. Una volta seduta lui si mise di fianco, mi guardai la caviglia, me la massaggiai con una mano e lo rassicurai dicendogli che non deve essere nulla di grave. Le sue premure proseguirono, mi chiese se poteva fare qualcosa, se ero sicura di stare bene, le chiesi da bere mentre il mio sguardo era già perso. Portava anche questa volta una maglietta aderente con le maniche corte che non faceva altro che evidenziare la sua muscolatura, i miei occhi erano attirati da quest'ultima come le api dal miele. Accavallai le gambe in modo molto sensuale, si annodarono spontaneamente in una posa che fece subito effetto dato che i suoi occhi si posarono dove volevo, proprio sulle mie gambe. È stato il primo morso dell'astuta predatrice, il cucciolotto indifeso probabilmente lo sentì e ne rimase frastornato come un pugile dopo un primo colpo subito dall'avversario per saggiarne la consistenza. Era il momento di attaccare. Mi chiese se ero davvero una travestita, annuii facendogli gli occhi dolci e deglutendo per evitare che l'eccessiva salivazione, che si generò all'improvviso, fuoriuscisse formando una bava che avrebbe toccato il pavimento. Accavallai le gambe dalla parte opposta ed i suoi occhi le seguirono di nuovo, mi avvicinai. Fu un attimo. La mia mano agguantò il suo avambraccio che pareva scolpito nel marmo di Asiago da quanto era duro e solido, mi avvicinai con il viso al suo, con una mossa della testa portai i capelli da una parte all'altra e le diedi un bacio a stampo che emise un rumore simile a quello di una ventosa che si stacca dallo scarico di un lavandino. Il secondo me lo diede lui, già non capivo più nulla e nella foga della lussuria, non appena le sue labbra aprirono l'accesso alla bocca, le infilai dentro la mia lingua da serpentella golosa per girare attorno alla sua in una sorta di vortice impudico e lascivo. Si staccò un attimo per dirmi:
-Non possiamo Debora (già il mio nome è Debora ed ho 47 anni), non possiamo e se mio padre lo venisse a sapere?
Le risposi con un sorriso e una leccata che partì dalla base del collo e terminò all'orecchio, dove le sussurai:
- Tuo padre non lo saprà, stai tranquillo cucciolo, stai tranquillo.
Sentendo quelle parole sul suo volto si disegnò un sorriso di consenso, le tolsi la maglietta e mi fiondai con un'avidità che non conoscevo di avere sul suo muscolosissimo torace. Gli leccai i pettorali, passai poi alle spalle, al collo, di nuovo i pettorali, non avevo più motivo di trattenere le bave che distribuivo in ogni parte del suo busto. Era da giorni che sognavo questo, da giorni che mi rivoltavo nel letto pensando a lui, che sbavavo per lui. Finalmente la Cougar poteva scatenare tutta la sua propensione a situazioni così perverse. Adesso avevo solo una cosa in mente, sfilargli i boxer e mungere il suo irto e pargolo uccello.
- Alessandro giù i pantaloni.
Gli dissi con tono di un misto tra l'autoritario e l'ammiccante.
Il ninfo ubbidì e se li sfilò con eccitata celerità.
Mi alzai in piedi ed una visione celestiale apparve di fronte a me, la giovane preda vestita solo di un paio di boxer aderenti e traboccante di muscoli nerboruti e sodi si trovava seduta sul divano. Lentamente presi del tempo, fissai Alessandro con occhi languidi e mansueti cecando di non far percepire la mia aggressività e neppure l'irrefrenabile desiderio che pulsava dentro di me sottoforma di acquolina in bocca. Tenendolo sempre a bada con gli occhi che non staccava dai mei mi presi i capelli che, con estrema calma, raccolsi a coda di cavallo annodandoli perfettamente. Lui sorrise, la mia versione da super milf cougar d'assalto aveva sortito effetto. Dentro di me ripetevo il piano studiato nei giorni precedenti in base ad alcune considerazioni fatte. Il florido Alessandro grazie alla freschezza ed alla forza che dimostrava di avere mi avrebbe senz'altro aperto le chiappe in due se gli avessi subito concesso il mio lato b. Dovevo depotenziarlo. La tecnica del depotenziamento è una tattica che avevo già sperimentato quando mi ero trovata di fronte a maschi vigorosi e forzuti. Come l'applicavo? Nel modo seguente. La prima volta facevo venire il maschio con la mano, la seconda e la terza con la bocca e solo alla quarta concedevo il mio prezioso culetto. Il pistone in questo modo sale e scende nel cilindro con minore forza, in modo piacevole e soprattutto più a lungo, prima di esplodere nuovamente. Decisi di applicarla anche in questo caso ma con una variante. La voglia di mungergli l'uccello era troppa, decisi di mettermi subito al lavoro con la bocca alternandolo con un sapiente movimento della mano.
Sono di fronte a lui in piedi, faccio qualche passo indietro. Ora i miei occhi puntano i boxer, lui comincia a chiamare il mio nome, mi desidera. Il mio sguardo sempre fisso in quel punto, noto una protuberanza che lievita come il pane sotto il canovaccio. La mia mente ora pensa solo a quel giovane cazzo turgido che prende sempre più forma, m'inginocchio sul pavimento ed a gattoni avanzo verso di lui.
- Debora sei davvero fica.
Mi dice.
- Sto arrivando Alessandro, la tua milf ti vuole mangiare.
Oramai ci sono e guardandolo negli occhi mi avvicino con il viso ai suoi boxer. Comincio a leccarli lentamente, lentamente. La saliva inizia a bagnarli ed a formare una macchia sempre più evidente. Continuo a leccare come una felina che non aspetta altro che infilarsi in bocca un bel pezzo di pesce fresco. Con le mani dalle unghie affilatissime mi fermo sull'addome, appoggiandole a mano aperta salgo e scendo graffiandolo delicatamente. Alessandro comincia a mugolare, è pieno di desiderio. Le mani scendono sui boxer e con una mossa lesta e rapida glieli abbasso e glieli sfilo completamente. Cosa vedono i miei occhi, un fallo duro e ritto, una bestia di cazzo lungo forse 25 centimetri e decisamente largo. Sono in completa adorazione ed affamata. Glielo prendo con una mano, le unghie lunghe color vinaccia s'intonano bene al colore rosa del suo uccello. Comincio a segarlo dolcemente, lo guardo negli occhi sempre più lascivi. Ora basta, ancora un attimo poi apro la bocca e con la lingua glielo lecco partendo dalla base fino al balano. Mi fermo su questo, lo bacio a stampo due, tre, quattro volte e poi apro le fauci avide di fallo per inghiottirlo in un sol boccone, finalmente lo sento in bocca. Duro, caldissimo mi fa impazzire. Cresce ancora dentro il forno è davvero un fallo da record, sono soddisfatta adesso ma non del tutto. Comincio a mungerlo adagio, su e giù come una vera milf sa fare, guardandolo negli occhi, maliziosa un po' mamma e un po' troia come so essere. Oramai è mio.
- Dai Debora, sei proprio brava a fare i pompini. Sussurra Alessandro.
- Adoro il tuo totem Alessandro, sono devota a lui, slurp.
Me lo mangio adagio, lo gusto con la lingua che di tanto in tanto piroetta attorno al fallo con slenguazzate colme di saliva. Pochi minuti ed Alessandro mi comunica che sta per venire. Mi dico, di già? Mi appresto ad essere inondata dal suo seme.
- Sborrami in faccia Alessandro! Dai Ale, fammi vedere quanto bravo sei. Fai vedere alla tua mamma come sei maschio.
Il ragazzino comincia ad emettere suoni d'imminente piacere, capisco che sta per tracimare.
Il primo schizzo, di una forza imperiale, m'inonda il viso in modo improvviso. Il secondo, ed il terzo pure. Sono schizzi ravvicinati e consistenti che raggiungono la fronte, gli occhi le guance. La calda lava comincia già a colare lungo il viso e sento che in buona parte raggiunge il collo, ma l'eruzione continua e mi sorprende. Alessandro non si ferma più ed i suoi spruzzi continuano a bagnarmi, ora meno frequenti ma copiosi. Ma quanto ne ha? Mi chiedo. Ecco ora mi arriva l'ultimo ma apprezzatissimo schizzo. Comincio a leccarmi le labbra, raccolgo l'enorme quantità con gli artigli e me le lecco davanti a lui.
- Sei una zoccola Debora. Mi sussurra.
- Certo Alessandro, ho pensato a questo dal primo momento che ti ho visto.

Fine 2a parte
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