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Lui & Lei

Confessionale


di mezzasuora
13.01.2012    |    30.290    |    4 8.9
"“Non c’è problema, Dio ti ascolta e ti perdona”, risposi..."
“Padre, Padre, mi può confessare?”, mi disse una voce mentre stavo sistemando i paramenti poco dopo la funzione religiosa.
I chierichetti avevano lasciato la sagrestia in ordine, quindi a me restava il compito di sistemare solo le mie robe. La chiesa era vuota e anche l’organista, in genere l’ultimo ad andarsene dopo una sigaretta inter nos, era uscito.
Ero solo con questa ragazza.
“Don Valter può confessarmi?”, mi chiese lei. La squadrai. Era appoggiata allo stipite della porta. Indossava una t-shirt bianca, blue jeans comodi e scarpe da ginnastica. Sembrava una persona qualunque, non un’anima persa.
“Vieni, sediamoci qui su queste poltrone…”, dissi, indicando le vecchie poltrone recuperate dall’abitazione del mio predecessore. Comode…
“Come ti chiami?”, chiesi. Una domanda inconsueta, ma volevo chiamarla per nome per aumentare quel senso di intimità tra noi e sentirla a suo agio.
“Helena”, mi disse.
“Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito…”, dissi. La parola Santo mi rimase in bocca perché la ragazza iniziò a parlare.
“Ho voglia, sempre, costante, insaziabile di peccare”, disse Helena.
Ho 48 anni, non ho la stessa esperienza di un parroco anziano, ma l’espressione “voglia di peccare” è un po’… come dire… intrigante? Di sicuro dà adito a una discussione coinvolgente per entrambe le parti.
“Spiegati meglio, cara!”, la incitai io.
“Padre, io ho sempre voglia di sesso. Voglio essere penetrata in continuazione. Non dipende dalla mia volontà, ma è il mio corpo che comanda. E’ la mia fi… vagina che decide, che reclama cazzo a tutte le ore. Mi scusi, padre, non volevo essere così volgare…”, disse lei.
“Non c’è problema, Dio ti ascolta e ti perdona”, risposi., “anche in questo momento?”, chiesi.
“Si, in questo momento vorrei far sesso, essere brutalmente sodomizzata e poi sbattuta a terra come uno straccio! Con lei.”, disse lei tutto d’un fiato.
I sudori mi colavano dalla fronte. Alzai gli occhi al cielo, cercai con lo sguardo il crocifisso. Chiesi perdono a Dio. Il sesso e l’orgasmo sono un dono divino. Se Dio ce li ha dati, perché considerarli peccato se sono “naturali”?
Sfiorai con un dito il suo seno sinistro sopra la maglia, disegnando una C lungo l’areola che immaginavo rossa e delicata.
“Cosa dice il tuo cuore in merito?”, chiesi. Il fiato mi si fece corto. Sembrava che dovessi respirare in un cubetto…
“Che mi piacerebbe che lei continuasse a toccarmi così… Mi eccita da morire… La prego…”, disse lei in tono supplichevole.
Con il dito indice le titillai il capezzolo sinistro, sempre sopra la maglia. Il piccolino si irrigidì.
Appoggiai le mie dita sotto il mento della ragazza e la guardai negli occhi. D’istinto la baciai. Oddio, che bocca! La sua saliva, il suo alito avevano tutti i gusti deliziosi del mondo. E le sue labbra? Dio, com’erano morbide…
Mi alzai dalla sedia, mi posi inginocchiato davanti a lei. Infilai le mie mani sotto la sua tshirt, sollevai il reggiseno e afferrai i suoi seni con le mani a coppa. Che morbidi! E che voglia di calore e sesso che mi prese!
Le sollevai la maglia e iniziai a baciarla lungo il collo, poi scesi giù, nell’incavo delle ascelle depilate. Helena si alzò dalla sedia e mi abbracciò. Le slacciai il reggiseno e iniziai a succhiarle i capezzoli alternandoli.
“Oddio, fammi tua!”, mi disse lei.
Padre, perdonami, so che condanni questi gesti immorali…
La ragazza si calò i pantaloni. Ammirai il suo lato b generoso e sodo. E anche i suoi slip candidi e umidi. Con un rapido gesto se li sfilò e io potei ammirare ciò che Dio creò e donò alla donna affinchè potesse procreare. E far felice il suo uomo.
Mi spogliai in pochi secondi.
“Mettiti il talare dorato, quello da festa!”, mi disse lei.
Sacrilegio, ma obbedii… Ogni volta che avessi indossato quell’indumento avrei pensato a lei.
Helena si pose nuda contro l’armadio a muro. Con le mani si divaricò le natiche.
“Inculami, dai…”, mi disse.
“Ma e se ti faccio male? E poi con le malattie?”, chiesi.
“Sono abituata. Il mio culo si allarga a tal punto che non ho bisogno di lubrificanti. Inculami e basta.”, disse.
Avvicinai il mio pene al suo ano. Il mio glande sfiorava il suo buchetto. Diedi un colpetto e il mio pene entrò in quell’orifizio. Iniziai a muovermi, avanti, indietro, avanti, indietro… Pensavo a cosa stavo facendo? No. La libidine mi aveva reso schiavo e bisognoso di altro piacere. Continuavo a spingere mentre Helena ansimava contro l’anta dell’armadio. Vidi che portava una mano in mezzo alle gambe per accarezzarsi. Accarezzai la sua pelle morbida, delicata, bianca. Afferrai i suoi seni e li strinsi, continuando a insinuare il mio pene nelle sue viscere.
“Ora voglio scoparti come si deve”, le dissi. Mi sentii volgare e dozzinale.
Sfilai il mio pene dal suo culetto. Era pulito. Non profumava di lavanda probabilmente, ma era molto voglioso di un posto più accogliente…
“Hai delle precauzioni?”, chiesi.
“Uso la pillola da anni”, mi rispose.
Si coricò sul pavimento freddo tra dozzine di smorfie. Allargò le gambe e vidi quella meraviglia umida. Affondai il mio pene in quel magnifico antro e iniziai a spingere.
Helena appoggiò la sua bocca sulla mia e iniziammo a baciarci. Come due amanti perfetti scopammo in sagrestia. Le sue unghie si conficcarono nella mia povera carne, i muscoli della sua vagina iniziarono a stringere e dilatarsi contro il mio pene e la ragazza urlò di piacere. Ansimando si allontanò da me.
La guardai inebetito. Mi aveva usato?
In ginocchio si avvicinò a me e prese in bocca il mio pene. Dio, che splendore! Grazie Padre per aver dato alle donne l’idea di portare alla bocca e succhiare il pene dell’uomo… Helena mi stava leccando il glande quando venni. Raggiunsi il mio primo orgasmo dopo tanti anni. Era dal seminario che non… insomma…
La guardai. Lei si sollevò in piedi e mi baciò.
Mi ritrovai in bocca la sua lingua e il mio sperma.
“Palla di neve!”, esclamò e si mise a ridere.
Ingoiai e l’abbracciai. La baciai con passione, stringendola con tutta la mia voglia di viverla ancora.
“Può essere un colpo di fulmine?”, le chiesi.
“Se non ti spreti, si!”, disse lei. E la baciai per l’ennesima volta.
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