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Io, Insegnante Sporcacciona... (ovvero "Il libro culo")


di mezzasuora
15.03.2012    |    47.619    |    8 9.0
"Quando ero ancora una bambina, mettevo i miei pelouches e le mie bambole sul letto e poi gli insegnavo i primi rudimenti della matematica, qualche nozioncina..."
L’insegnamento è sempre stata la mia grande passione. Quando ero ancora una bambina, mettevo i miei pelouches e le mie bambole sul letto e poi gli insegnavo i primi rudimenti della matematica, qualche nozioncina di geografia o storia e le mie poche confuse idee di grammatica. Crescendo, quello che fino all’infanzia era un gioco, si è trasformato in lavoro. Dopo il liceo classico, la maturità a pieni voti, la facoltà di lettere e la laurea con 110 e lode, ho intrapreso la carriera di insegnante. Ho iniziato con le supplenze negli istituti superiori, qualcuna alle medie, poi ho finalmente avuto la cattedra definitiva in un liceo classico privato maschile. Ho circa 15 studenti per classe. Nel ginnasio, i primi due anni, sono molto più numerose le classi. In terza liceo sono pochi i sopravvissuti alle bocciature. Sono una tra le poche donne che insegna in questa scuola. I miei colleghi sono quasi tutti uomini per cui ho la fortuna di studiare il cameratismo maschile e il concetto di amicizia che lega i miei studenti e colleghi. Mentre noi donne siamo tutte bacini e pettegolezzi con le amiche, gli uomini cercano di condividere le esperienze, di giocare e darsi man forte, di fare squadra. Sono maschi, solo quello.
Mi ricordo un anno avevo una classe quinta meravigliosa: i ragazzi erano vivaci, intelligenti e si applicavano volentieri. Un mattino entrai in classe. Posai il registro, segnai le assenza e presi il libro. I ragazzi mi imitarono, aprendo il libro all’ultimo capitolo.
“Ragazzi… oggi parliamo di Carducci. Probabilmente molti di voi ricordano San Martino per la canzone di Fiorello, ma Giosuè Carducci è noto per altri componimenti. Carducci nacque nel 1835 in Versilia. I suoi capolavori più famosi sono raccolti nelle Odi Barbare del 1877 e nelle Rime Nuove del 1887. Oggi andiamo a leggere e commentare alcuni di questi sonetti, quelli più famosi. Poi, per la prossima lezione, ognuno di voi mi porterà le parafrasi…”
Sentii dei rumori strani e sollevai lo sguardo dal libro. I ragazzi erano seduti, ma, come ebbi modo di vedere da quelli seduti alla prima fila di banchi, avevano i pantaloni e gli slip calati. Qualcuno li aveva addirittura tolti e ammucchiati in un angolo sotto il banco.
Rimasi attonita. In 20 anni di insegnamento non mi era mai successa una cosa del genere. All’epoca avevo 46 anni. Ero ancora piacente, ma ero la classica signorina Rottermeier del cartone di Heidi: rigida, severa e bacchettona. Questo con i ragazzi. Con gli uomini che incontravo… ero una gran troia! Ma vita privata e lavorativa erano distanti anni luce…
“Professoressa…”, disse Cosentini, uno dei ragazzi più meritevoli del liceo, e si mise in piedi. Aveva una verga enorme. Io arrossii e gli ordinai di rivestirsi.
“Professoressa… lei questo weekend è uscita con mio padre. Non lo sapeva che quel signore era Cosentini senior?”
Lo fissai allibita. Il sabato sera ero uscita con un uomo vedovo, Carmelo, il più bell’uomo che avessi conosciuto negli ultimi anni. E anche il migliore a letto. Dopo un aperitivo al bar e una cenetta in un ristorante di lusso, eravamo finiti a casa sua per il dopocena. Avevo fatto a Carmelo un bel pompino e poi avevamo fatto sesso anale selvaggio sul divano. Questa persona si era complimentata con me di come ero brava a far godere un uomo e io avevo gioito. Avevamo scopato come selvaggi fino alle 8 del mattino seguente senza mai fermarci. Tanto suo figlio sarebbe stato fuori fino a mezzogiorno. “Mio figlio fino all’ora di pranzo non rincasa…”, mi aveva detto.
“Ehm… no. Cosentini, rivestiti o ti spedisco dal preside!”, gli intimai.
“Mio padre mi ha detto che lei è una gran troia. Lei sa fare delle pompe meravigliose. Ora, se vuole farci la cortesia…”, disse Cosentini e il resto della classe si alzò. Vidi una dozzina di peni in erezione. C’era chi ce l’aveva più piccolo, chi un po’ storto… Un ragazzo si alzò e chiuse la porta a chiave. Non mi ricordo chi era, mi sembrò Casu, lo seguii con la coda dell’occhio.
“Cosa volete fare?”, chiesi.
“Divertirci, Prof.!”, rispose qualcuno dal fondo della classe.
Cosentini mi si avvicinò. Mi sollevò la gonna del tailleur nero e tutta la classe ammirò i miei slip e le mie curve toniche.
Poi fece una cosa strana… mi baciò sulla bocca. Sentii la sua lingua intrufolarsi tra le mie labbra e mi spinse contro la lavagna. Mi sollevò la gonna e infilò le sue mani nei miei slip.
“Cazzo, prof, ma quanto sei bagnata…”, disse Cosentini.
“Colpa tua…”, dissi. Mi tolsi la giacca del tailleur e slacciai la camicia bianca. Cosentini mi slacciò il reggiseno e mostrai a tutta la classe i miei seni sodi. Mi sfilai la gonna e rimasi solo con indosso gli slip. Cosentini si inchinò al mio fianco e con le labbra mi abbassò gli slip.
Commenti di ammirazione giunsero dai ragazzi. La settimana prima ero andata dall’estetista per una ceretta totale e ora i miei alunni stavano guardando le mie grandi labbra e il mio pube ignudi.
“Maremma maiala, prof…”, esclamò Giordano, uno dei ragazzi più vivaci del gruppo.
Mi sedetti su uno dei banchi in prima fila e Cosentini mi si avvicinò.
Afferrai il suo bel pene e iniziai a segarlo. Gli altri ci circondarono. Vidi che si stavano masturbando.
Qualcuno avvicinò altri banchi e mi coricai sopra. I ragazzi iniziarono a masturbarsi su di me. Afferrai un pene a caso e lo portai alla bocca. Iniziai a succhiarlo con foga. Una mano mi afferrò il seno e sentii un liquido caldo tra i piedi. Qualcuno aveva eiaculato tra le mie dita. Boffa, un ragazzo piemontese (il suo accento marcato mi è rimasto nei ricordi… i suoi Neh e ‘Bastansa mi hanno fatta ridere ogni volta che dovevo correggere un suo tema…), mi fece spostare. Era proprio un bel tipo: alto, biondo… Nordico. A differenza dei suoi compagni che erano tutti bruni o castani o comunque mediterranei, lui risaltava. Il mio sedere era al limite del bordo del banco e mi iniziò a scopare. Aveva un pene meraviglioso, sapeva usarlo bene e raggiunsi un potente orgasmo. I miei umori colarono lungo le sue gambe e lui continuò lo stesso. I suoi compagni si masturbavano sopra di me, in bocca avevo un nuovo pene e ogni tanto sentivo dello sperma colare. Il proprietario di cotanto seme, si ritirava o rimaneva a “beicare”, come diceva Boffa. Lentamente vennero tutti, tranne Cosentini, che mi stavo spampinando, e Boffa, che aveva deciso di sfondarmi le viscere e di andare a vedere cosa ci fosse al fondo…
Mi dedicai con passione al pompino. Ora che non ero più distratta dalla presenza segaiola degli altri, mi concentrai a far godere i miei due rimasti. Leccai il glande come se fosse un gelato. Per far felice Boffa strinsi i muscoli della vagina, la cosa lo sorprese e continuò a spingere con maggiore foga. Leccai l’orifizio esterno dell’uretra e la cosa lo fece sussultare. Sentii Boffa sussurrare “Vengo” e ritrarsi. Ringraziai il cielo e tutti i santi in ordine alfabetico per la pillola contraccettiva. Mi concentrai allora sulla corona del glande di Cosentini e cominciai a succhiargli con passione tutta l’asta del pene. Cosentini eiaculò nella mia bocca e io ingoiai tutto il suo sperma. Mi alzai e mi misi in piedi. Ero tutta sporca di sperma e miei umori. Mi diedi una pulita con i fazzoletti e le salviette imbevute che tenevo in borsa. Mi rivestii e mi sedetti alla cattedra.
“Ok, ragazzi, domani continuiamo su Carducci…”, dissi. E la campanella suonò.
Uscii dalla classe e incrociai lo sguardo di Alteri, il mio collega gay di filosofia e storia.
“Che puzza che hai! Ti hanno fatto sudare questi mascalzoni?”, mi chiese.
“Non poco!”, dissi e mi allontanai in bagno prima di entrare per la lezione successiva in quarta ginnasio.
Che cosa successe dopo?
Quella classe fu tutta promossa, dal primo all’ultimo. Uno dei ragazzi divenne un medico, un altro un presentatore tv… Casu, il sardo chiudiporta, tra un ahihò e l’altro, si iscrisse all’università di ingegneria civile. Giordano, il “maremma maiala boy” (come era stato ribattezzato in passato), ereditò lo studio da notaio di suo padre, di suo nonno… Boffa fece ritorno nel suo Piemonte e, da quanto ne so, lavora come impiegato. Cosentini… beh… di lui vi racconto la prossima volta. E’ una storia un po’ più lunga di quanto possiate immaginare. Comunque adesso Cosentini sta suonando alla mia porta di casa e devo aprirgli.
Buona serata, ragazzi!


I cognomi succitati sono stati presi a caso su internet. Carducci escluso. Lui non ha linea telefonica.
Ogni fatto e persona è frutto della mia fantasia. Tranne Carducci. Lui è esistito. Ed è e sarà sempre un grande!
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