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Gay & Bisex

Quella volta, ...a Poggioreale (2)


di masogay1
23.03.2011    |    25.675    |    1 8.1
"Le scale per accedere ai piani superiori sono posizionate a metà corridoio, una rete stesa fra i corridoi del primo livello, come quella del circo per gli..."
QUELLA VOLTA, A POGGIOREALE… (2)


…Di nuovo sento sbattere il grande cancello di ferro. Lino, l’infermiere, mi ha affidato a Ciro, guardia di turno che mi scorterà nell’ennesimo viaggetto all’interno del carcere.

Il pellegrinaggio continua: il novello Caronte, sembra una brava persona. Un uomo di mezza età, anche paziente…forse gentile!

Con il suo grande mazzo di chiavi di ottone mi guida a lungo fra tanti ambienti: Il grande carcere, silenzioso a quell’ora, è nel quasi totale silenzio. Poco illuminato, percorriamo corridoi su corridoi. Ci stiamo spostando dall’ala del ricevimento a quella della vera e propria detenzione.

L’ennesimo cancello: qui c’è un citofono: dall’altro lato, dietro un banco, sonnecchia un altro secondino: preme un tasto, il cancello si apre, accostiamo al bancone.

Ciro mi consegna al nuovo personaggio ed in silenzio va via. Quest’ultimo conversa al telefono a monosillabi, mi osserva con sospetto ogni tanto: comprendo che parlano di me.

Cos’altro succede? Il cuore mi batte forte: dall’ingresso nel carcere sono più di tre ore che vago, come un automa. Tutto sommato, stavo bene nell’auto con Fabio! Forse mi manca?

Il Cerbero di turno mi squadra, controlla dei fogli. Da una stigliatura alle sue spalle prende quello che sarà il mio corredo: una coperta, un cuscino (giallastro!), due lenzuola, una scodella ed un bicchiere di alluminio, qualche posata…. Mi fa firmare un modulo di consegna (sic!) per la merce consegnatami.

A questo punto, controlla attentamente un foglio, con una piantina allegata: Solo allora dice “ dovresti andare nel padiglione Avellino, là c’è il reparto dei novizi, quelli che entrano in carcere per la prima volta, dicono che è quasi un albergo, ma che ‘bbuò fa’… è pieno! Ve site date appuntamente tutte quante, ’e prufessiniste! Pazienza! Th’ è arrangià! Vai al Salerno! Ma ‘o collega ‘e ‘ll’ingresso me diceva, ‘o telefono, che l’agente dei carabinieri, ca t’aviva scurtato ‘cca, ll’aveva ditto ca ‘o GIP s’era arraccumandato: niente attenzioni, pe’ te! Po’ essere ca te se scioglie ‘ a lingua cchiù ampresso!!”

Un sudore freddo si stampa sulla mia schiena…: da uomo libero avevo sentito parlare dell’incubo del padiglione Salerno: un girone dantesco. A questo punto, il mio interlocutore si allontana dal bancone, mi avvicina e mi prende per un braccio.

Mi guida ad un altro cancello, questa volta in lamiera, con un piccolo vetro che fa intravedere l’ambiente alle spalle, scarsamente illuminato.

Si spalanca il cancello. Eccolo il carcere, quello che abbiamo visto tante volte al telegiornale. Il larghissimo corridoio, con una altezza di quattro piani. Scandito da una infinità di porticine di ferro con gli spioncini, tutte pittate di verde, stinte!

Il corridoio è largo almeno dieci metri. Lungo quasi cinquanta: al fondo, dietro una immensa cancellata, si intravede un grande ambiente ottagonale, come nella Galleria di Napoli o di Milano: è il punto di incrocio dei bracci, un’architettura uguale in tutti i carceri, Poggioreale, Regina Coeli, S. Vittore… L’immenso corridoio è sovrastato, a destra ed a sinistra, da quattro balconate sovrapposte, tutte con tante porticine di celle, tutte uguali. Le scale per accedere ai piani superiori sono posizionate a metà corridoio, una rete stesa fra i corridoi del primo livello, come quella del circo per gli acrobati, protegge (!!) i detenuti presi dalla disperazione.

Cerbero mi lascia là: mentre mi affida alla Guida dell’ultimo tratto di viaggio, mi dice, con un po’ di bonomia: “‘Mo statte quieto…, è sabbato, pe ‘o colloquio co ‘o GIP, hje’ aspittà almeno fino a martedì… è ‘o week end, aggie pazienza!! Stammatina avvertimmo ll’avvocato, cerca ‘e sta quieto!” Sento il portone che si chiude, mi guardo intorno, mentre la mia guida mi scorta verso il centro del corridoio… Vengo assalito dal terrore, una strana nenia triste, una specie di canto fermo aleggia nell’aria. Qualche detenuto che non dorme canta sommessamente una canzone napoletana. Mi assale un groppo alla gola. Fa caldo, l’aria è irrespirabile! Vengo attanagliato da quello che si chiama Odore di caserma: Un sentore misto di sudore, corpi non lavati, puzza di piedi, di cazzi, di culi, di piscio e di merda, di scarpe di gomma…di risciacquatura di piatti di cucina….Un senso di vomito…!

Mestamente saliamo al secondo livello: il secondino fa tintinnare le chiavi sulla ringhiera della scala… siamo sulla balconata… gli ultimi passi, la cella, la 226!

Il secondino si appressa ad aprire la cella: un portoncino blindato con uno spioncino richiudibile. Inserisce la grande chiave nella toppa della serratura e nello stesso tempo, aziona un interruttore affianco alla porta: immediatamente, dall’interno, si avverte un gran clamore. Evidentemente, stavano dormendo, e l’interruttore accende la luce di servizio notturna azionabile solo dall’esterno: sono stati svegliati e si sono incazzati…! Aperto il portoncino (che viene chiuso solo di notte), vedo il cancello interno, a robuste sbarre di ferro, che viene aperto. Il secondino mi ingiunge: “entra!”.
Mi faccio coraggio, e varco la porta.
Se possibile, il lezzo è ancora più forte! L’ambiente è tetro: massimo sei metri per sei, con una finestra alta al centro della parete fronte alla porta. La finestra con grata è aperta, ma non si vede al di fuori: infatti, sulla parete esterna, davanti alla finestra, e distante circa trenta cm dal muro, è apposto un telaio con un vetro retinato opaco: non è possibile guardare all’esterno, ma solo sbirciare di lato… Addossati alle pareti vi sono tre letti a castello ognuno da tre brande sovrapposte… Dodici posti letto! Uno solo è libero, ovviamente in basso e nell’angolo a destra, vicino allo scomparto del “servizio igienico” (una turca nell’angolo con un lavatoio, malamente coperta da un telo tipo doccia. La parete adiacente il letto, scrostata, è ovviamente totalmente bagnata ed ormai verde di muffa a causa di una perdita d’acqua mai riparata! Suite da grand hotel!

Undici paia di occhi assonnati mi scrutano, mentre la guardia mi dice: “L’interruttore è a tempo, fra qualche minuto si spegne e tutto resta al buio. Vedi di sistemarti alla meglio…. Domattina, dopo l’appello, tio organizzi meglio!” Il brusio interno di protesta si fa più forte: “’ne ‘è arrivato n’ato, stavamo larghi!” Mi becco il primo vaffanculo! di una lunga serie…

Intravedo qualcuno che si è sporto dalla branda per squadrarmi; qualcuno, invece, continua a dormire. Credo che siano tutti poco più che ventenni.

La porta si chiude, resto confinato, col cuore che mi si stringe,

Un ragazzo magrebino, sdraiato al livello più alto del castello sotto la finestra, mi guarda intensamente, accenna un sorriso, mi fa un cenno con la mano, di saluto. Ha uno sguardo vispo ed intelligente, i capelli ricci sulla fronte, una bocca da cui si scorgono delti bianchissimi… Sdraiato sul letto come la Maja denuda, in una torsione plastica, noto il suo corpo acerbo: colore ambrato, muscoli sodi, indossa soltanto un pantaloncino con le gambe cortissime, al bacino, un vecchio jeans tagliato, strappato ed a vita bassa…un grosso rigonfiamento sul davanti. Non pensavo affatto a discorsi di sesso: soltanto non avevo mai visto, in una cornice di tale squallore, un essere umano tanto bello e perfetto! Mi avvio verso la mia branda… solo il tempo per intravedere un altro ragazzo, alzatosi da un altro letto, che si avviava vesso il cesso, per pisciare… Anche lui, circa ventisette anni, è quasi nudo, per il caldo… Mi sfiora, anzi mi tocca volutamente con un fianco, strusciandosi su di me, mentre passa… Ho soltanto il tempo di vedere che indossa soltanto un mini slip bianco… o quasi! Infatti è totalmente ingiallito sul davanti. Forse piscio! Mentre mi si affianca, avverto un forte sentore. Un odore caldo di sudore ascellare e di piedi, si sovrappone, se possibile, all’odore stantio della camerata… Il letto sovrastante è occupato da un altro giovanotto, piuttosto corpulento, che è piegato su un fianco e, credo, dorme… Mentre mi abbasso per coricarmi, è inevitabile trovarmi, al livello del volto, il suo culo scoperto. E’, infatti, totalmente nudo. Il tempo di sdraiarmi, si spegne, come annunciato, la luce! Un vago chiarore giallastro balugina dalla finestra: il chiarore esterno delle lampade di sorveglianza al sodio! Mi sento gelare il sudore nella schiena, sdraiato vestito alla bell’e meglio! Il detenuto dalle mutande sporche urina fragorosamente dietro la mia testa. Una sua sonora scoreggia rompe il precario silenzio della camerata. Ovviamente, l’effluvio mi prende in pieno. Temendo di essere sentito dagli altri, piango in silenzio! Grandi lacrimosi scorrono sulle mie guance.

Sento una vibrazione del letto, qualche impercettibile cigolio su di me: tocco impercettibilmente la rete del letto che mi sovrasta, si muove impercettibilmente… si sente ansimare sommessamente. Il culone del piano di sopra si masturba vigorosamente! Qualche istante, ed è tutto finito!

Ormai è tardissimo, sono stanco e sconvolto dalla tensione. Mi assale un sonno agitato, fatto di incubi e dormiveglia!
Nel sonno ho l’impressione che qualcuno mi tocchi. Forse una carezza sul culo….




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