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Lui & Lei

Dalle otto alle otto per ventiquattr'ore - Capitolo 20 - dalle 03 alle 04


di Parrino
16.11.2022    |    838    |    1 8.0
"Le bacio, le mordo delicatamente, poi lascio che la mia lingua, dopo averne disegnato i contorni, scivoli ancora dentro di te..."
Cerco di guardarti in volto mentre sono perso tra le tue cosce. I tuoi grossi seni ne coprono in parte la visuale, sollevandosi e abbassandosi al ritmo sempre più concitato del tuo respiro. I tuoi capezzoli, irti e prominenti, si ergono a manifesta testimonianza della tua eccitazione. Uno scorcio dei tuoi occhi serrati, delle linee tirate del tuo viso, della tua bocca spalancata alla ricerca d'aria con la quale irrorare i tuoi polmoni in debito d'ossigeno mi inducono a usare ancora più foga nel gustarti, mangiarti, sbranare il tuo sesso caldo, gonfio, zuppo di umori.
Con le mani stringi lembi delle lenzuola e con le cosce quasi stritoli il mio capo. Decido di privarti di quest'ultima facoltà. Ti afferro con forza la gamba destra divaricandola, mentre con l'avambraccio sinistro faccio la stessa cosa con l'altra gamba, lasciandoti completamente esposta e alla mia mercé. Allargo le labbra della tua vagina con le dita della mano destra e mi fiondo nuovamente tra di esse con la mia bocca. Le bacio, le mordo delicatamente, poi lascio che la mia lingua, dopo averne disegnato i contorni, scivoli ancora dentro di te. La muovo in circolo, raccogliendo direttamente alla fonte i succhi che continui a produrre in maniera copiosa. Li sento, viscosi, impastarmi la bocca e colarmi fino al mento intanto che ti penetro quanto più in profondità possibile. Poi, mi sposto appena più in alto a martoriare il tuo clitoride, mentre le mie dita riprendono a riempirti. Indice e medio scompaiono lentamente tra le tue carni, inghiottite da quel sesso bagnato il cui odore, in quella posizione, mi inonda le narici. Torturo quel piccolo bottone, inerme preda della mia bocca, con leggeri e frequenti colpi di lingua, alternando ad essi piccoli morsi che ti regalano lievi scariche di dolore e di piacere. Le mie due dita, intanto, mimano un amplesso inizialmente esasperante nella sua lentezza. Dopo pochi istanti, però, il rimo imposto dalla mia mano cambia. Di colpo, più e più volte, infilo per intero le dita nel tuo sesso dilatato, estraendole lentamente. E poi ancora, facendoti sussultare ad ogni affondo. Quando la sorpresa lascia il posto al piacere, rallento nuovamente, strappandoti gemiti carichi di voglia ed esasperazione. Ripeto i medesimi gesti, e poi ancora, prima di restare dentro di te a muovere le stesse due dita per impregnarle il più possibile dei tuoi succhi. Scavo, le ruoto, allargo le tue pareti, facendo in modo che i tuoi umori colino abbondanti fin sulle mie nocche, ed è allora che decido di giocare diversamente con il tuo corpo. L'indice resta a stimolare l'ingresso della tua vagina, il dito medio scivola in basso tra le tue natiche, forzando il tuo secondo canale. Ricoperto com'è dei tuoi fluidi, non fa fatica a penetrarti, mentre, al contempo, la stessa sorte tocca all'altro dito. Non bastano certo a farti male, o farti sentire piena, ma essere invasa ovunque, seppur da piccole appendici, ti mozza il fiato. Mi sollevo sui gomiti e poi in ginocchio, con le tue gambe che mi cingono i fianchi. In quella posizione, posso godere delle tue espressioni mentre riprendo ad affondare dentro di te. Un ritmo cadenzato si alterna ad uno più veloce. Le mie dita sfregano ora piano ora più vigorosamente contro i tuoi ingressi. Un tocco leggero e una penetrazione lenta ti fanno sospirare e sorridere senza controllo. Quando accelero, assumendo un ritmo quasi forsennato, i tuoi muscoli si tendono, avverto le tue gambe avvinghiarsi a me con forza, vedo il tuo volto tirato, odo i tuoi versi farsi ancor più sconnessi. Non smetto di stantuffare con violenza fin quasi a portarti sull'orlo dell'orgasmo mentre alterni gemiti e grugniti a piccole urla.
«Sta’ zitta, troia. Non vorrai svegliare tutto il palazzo», ti apostrofo senza smettere di stimolarti.
Accogli in maniera quasi rabbiosa quelle parole. I tuoi mugolii si fanno gutturali, dei lamenti che non riesci a contenere.
«Non vorrai che tutti sappiano che razza di cagna tu sia - continuo - a godere con un dito in figa e uno in culo nel cuore della notte».
Mi guardi per un istante, per poi non resistere dal reclinare la testa all'indietro e inarcare la schiena per agevolare i miei movimenti. Li accompagni col bacino, e sbuffi e imprechi ogni volta che, a un passo dall'estasi, fermo la mia mano negando il tuo orgasmo.
«Cosa vuoi?», ti chiedo quando apri gli occhi lucidi per fissarmi, affannata, sudata, paonazza, mentre le mie dita, piantate a fondo dentro di te, ti solleticano dall'interno. Solo il tuo respiro pesante rimbomba tra le quattro mura della stanza. Con un filo di voce mi implori di scoparti, ma non ti faccio neppure terminare la frase prima di riprendere a farlo, ancora una volta con le dita. E ancora una volta mi fermo quando ti guardo contorcerti, irrigidirti, cercare disperatamente di raggiungere l'acme dei sensi.
Mentre sei ormai stremata, mi stacco dal tuo sesso scivolando su di te. E’ allora che mi abbranchi divorando la mia bocca e gli umori dei quali è ricoperta. La morsa delle tue mani sulla mia testa e i tuoi denti stretti attorno alle mie labbra mi fanno quasi male, ed è in quel momento che decido di ricambiare con il medesimo, ineffabile dolore. Mi inginocchio tra le tue gambe, strofino il glande tra le tue labbra, le accarezzo, le allargo appena. Un istante dopo, ti penetro in un colpo solo, senza alcun preavviso, cercando nuovamente la tua bocca per far si che il tuo urlo si schianti sul fondo della mia gola. Prendo da subito a scoparti con veemenza, portandoti, in pochi affondi, a raggiungere un orgasmo squassante che ti svuota d'ogni energia. Rallento appena in quei pochi secondi, per bearmi della vista del tuo corpo in preda agli spasmi del piacere, del tuo viso stravolto, della tua espressione stremata e soddisfatta. Poi accelero nuovamente. Non troppo per permetterti di riprendere fiato, ma abbastanza per permettere a me di godere di te, di godere della mia troia per l'ennesima volta, quella che potrebbe essere l'ultima.
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