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Lui & Lei

Dalle otto alle otto per ventiquattr'ore - Capitolo 21 - dalle 04 alle 05


di Parrino
16.11.2022    |    709    |    1 8.0
"Con la lingua ne catturi qualcuno, gli altri li porto alla tua bocca dopo averli raccolti col mio membro in procinto di perdere consistenza..."
Con le tue gambe piegate sulle mie spalle, affondo completamente in te a ritmo sostenuto ma non troppo rapido, prolungando oltremodo il mio piacere e, allo stesso tempo, consentendo a te di tornare ad eccitarti per lo sfregamento dei nostri sessi. I tuoi fluidi permettono al mio membro di scivolare piuttosto agilmente dentro di te, nonostante l'arrossamento delle tue labbra lasci presupporre l'ipersensibilità della tua pelle irritata. I tuoi seni, che sobbalzano morbidi ad ogni spinta, sono troppo invitanti per lasciarli sguarniti delle mie mani. E, difatti, non esito ad afferrarli e stringerli con vigore, quasi a volerne rivendicare la proprietà, la loro appartenenza a me, l'appartenenza a me di tutto il tuo corpo, il tuo splendido corpo, abbagliante nella sua perfezione. Per qualche istante torturo quelle morbide colline rosa, quei tuoi grossi capezzoli scuri finiscono nuovamente vittime delle mie dita. Poi, le mie mani vanno a posarsi sul materasso accanto al tuo viso, per far sì che possa allungarmi su di te, schiacciare il tuo seno contro il mio torace, sentire il calore del tuo corpo mischiarsi al mio, guardare da vicino la tua espressione sfatta eppure estasiata mentre continuo a riempire il tuo sesso con colpi secchi e decisi. Mi avvicino tanto da respirare il tuo respiro, da perdermi nei tuoi occhi languidi, dallo sfiorare quelle labbra rosse e piene che non stenti a mordere tra un gemito e un sospiro. E me ne approprio per l'ennesima volta. Posando le mie di labbra su di esse. Prima sfiorandole, poi aggredendole, violando brutalmente la tua bocca con la mia lingua, sino a lasciarti senza fiato e totalmente piegata al mio volere, ai miei bisogni, ai miei desideri, alla mia inestinguibile voglia di te.
«Sei fantastica», ti sussurro affannato.
«Anche tu… mi fai impazzire», replichi con un filo di voce.
«Non mi stancherei mai di guardarti godere. Per me e con me», incalzo senza rallentare.
«Non farlo - mi inciti - non smettere».
E non smetto, infatti, beandomi di ogni sospiro, di ogni ansimo, di ogni gemito, di ogni dettaglio della tua espressione, di ogni sguardo e di ogni sorriso che mi rivolgi. Continuo per diversi minuti a possederti prima di decidere di cambiare posizione.
Esco da te e, senza neppure accennare alle mie intenzioni, ti sollevo di peso e volto prona con il capo rivolto verso i piedi del letto. Mi permetti di spostarti come una bambola di pezza, senza opporre la minima resistenza. E riprendi a sospirare quando avverti il mio membro fra le tue natiche mentre ti sono a cavalcioni. Le stringo attorno alla mia asta, mimando un lento amplesso fra quei cuscini sodi e prominenti. Giusto il tempo di riguadagnare la massima erezione con quella piacevole stimolazione, che scivolo ancora in basso tra le tue gambe, riempiendoti per l'ennesima volta della mia virilità.
Col mio membro piantato fino alla base dentro di te, ti afferro per i fianchi costringendoti gattoni prima di riprendere a stantuffare la tua vagina ormai abituatasi alla mia ingombrante presenza. I tuoi gemiti sono tanto prolungati da apparire quasi come lamenti intanto che, stremata, ti abbandoni totalmente a me, con le braccia che ti reggono a stento e la fronte premuta sulle lenzuola. Le mie mani vagano senza soluzione di continuità dai tuoi fianchi ai tuoi seni, stringendo con passione la tua pelle, lasciando su di essa i segni delle mie dita, sfregando la tua schiena, serrandoti in vita o martoriando quei seni penzolanti per i quali non manco di afferrarti quando decido di aumentare esponenzialmente il ritmo dei miei affondi. Con la mano destra su uno di essi e la sinistra a fare presa sul tuo fianco, ti invado con velocità e violenza sempre crescenti, esaltato dal respirare un'aria ormai pregna di noi, dall'udire i rumori osceni prodotti dalla mia asta che ti allarga e riempie senza sosta e dal mio scroto che impatta continuamente contro il tuo sesso aperto e gocciolante.
Quando ti sento nuovamente vicina all'orgasmo, col tuo corpo che si tende sotto i miei colpi, tiro i tuoi capelli per costringerti a guardare davanti a te. Lo specchio rimanda l'immagine di me dietro di te, del tuo viso stravolto, illuminato dall'abat-jour e dai primi, timidi raggi di sole del mattino.
«Guardati - ringhio, aumentando ulteriormente il ritmo - guardati allo specchio, mia troia. Guarda i tuoi occhi, il tuo viso. Renditi conto del perché tutto questo mi mandi in visibilio, del motivo per il quale il tuo godere mi fermi il cuore. Sei meravigliosa, maledizione!». E’ in quel momento che urli il tuo piacere senza alcun ritegno, irrigidendoti al punto tale da farmi sentire imprigionato dentro di te. Poi ti accasci definitivamente sul materasso, in debito d'ossigeno e senza la forza di muovere un solo muscolo. Ti volti supina e, un istante più tardi, ti sono ancora addosso, portando il mio membro eretto e fradicio dei tuoi succhi prima a carezzarti il viso, poi a trovare rifugio tra i tuoi seni.
Per qualche secondo lo stimolo con essi, subito dopo il piacere pervade anche me. Esplodo in un orgasmo devastante, fiotti di sperma t'investono il viso e il collo. Con la lingua ne catturi qualcuno, gli altri li porto alla tua bocca dopo averli raccolti col mio membro in procinto di perdere consistenza.
Una volta che hai gustato ogni goccia del mio nettare, mi accascio anch'io accanto a te, col fiato corto e l'espressione stralunata. Porto il mio braccio destro attorno alle tue spalle, e non mi lasci attendere per un contatto più stretto. Strisci verso di me, cingendo il mio torace col tuo braccio. Sorridi mentre vai a cercare le mie labbra per donarmi baci teneri, dolci, delicati. La tua gamba destra si avvinghia alla mia intanto che assaggio i nostri sapori dei quali la tua bocca è impastata. Sfiniti, non smettiamo di sfiorare le nostre labbra, di tenere i nostri occhi incollati in quelli dell'altro, le nostre mani a sfiorare i nostri corpi bagnati di fatica e piacere. Ci assopiamo così, stretti come fossimo un'unica entità.
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