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Lui & Lei

Dalle otto alle otto per ventiquattr'ore - Capitolo 22 - dalle 05 alle 06


di Parrino
18.11.2022    |    733    |    1 8.0
"Il tutto in maniera tanto delicata da non svegliarmi, da non farmi intuire nulla..."
Non so per quanto tempo il sonno mi abbia ghermito, né ricordo cos'abbia sognato quando l'incoscienza, diradandosi, inizia a lasciare il posto a un confuso dormiveglia. Prima ancora di aprire gli occhi, avverto un lieve indolenzimento alle braccia, come fossero piegate in una posizione innaturale. Ma, ciò che più mi turba è un'assenza, quella del peso e del calore del tuo corpo sul mio, la mancanza di quell'abbraccio stretto e umido che mi ha portato ad assopirmi respirando e accarezzando il mio diabolico angelo.
Spalanco gli occhi e, prima ancora di rendermi conto delle condizioni nelle quali verso, mi rassicura il tuo sguardo dolce su di me. Sei piegata su un fianco e mi guardi. Un sorriso ti si dipinge sul volto quando incontri il mio di sguardo. Un sorriso sereno e al tempo stesso malizioso, quel sorriso che ormai ho imparato a conoscere e che prelude al tuo lasciarti andare, al tuo liberare la tua fantasia e le tue voglie, al tuo bramare di sfogarle su di me e con me.
Non impiego che pochi istanti a rendermi conto di quali siano queste voglie. Me ne accorgo quando tento di abbracciarti scoprendo le mie mani bloccate sopra la mia testa. Dò un piccolo strattone, e la mia espressione perplessa ti strappa una risata. Sollevo il capo per guardarmi intorno. Mi hai legato i polsi alla struttura in metallo del letto usando la cinta dell'accappatoio, e lo stesso hai fatto con le mie caviglie. Il tutto in maniera tanto delicata da non svegliarmi, da non farmi intuire nulla.
«Così sarai costretto a fare il bravo…», sussurri avvicinando il tuo volto al mio tanto da solleticarmi col tuo respiro.
«Perché non dovrei farlo?», replico.
«Perché… - continui prendendoti il tempo necessario a scandire e lasciarmi assimilare ogni parola - potresti desiderare di avere le mani libere per mettere fine al supplizio che ti aspetta», minacci.
Prima che possa chiedere delucidazioni, scivoli su di me dal basso. La tua bocca sfiora appena il mio sesso, poi è il resto del tuo corpo a fare la medesima cosa. Ho un sussulto nel percepire i tuoi seni strofinare la mia asta ancora eretta, e avverto un turgore crescente quando prima il tuo ventre e poi il frutto imperlato di umori che celi tra le cosce stimolano il mio membro nudo. Le tue grandi labbra si schiudono attorno alla mia asta, e la mia eccitazione, come la tua, monta rapidamente quando decidi di muovere il bacino avanti e indietro per far sì che il tuo sesso, premuto contro il mio, sfreghi vigorosamente su di esso, umettandolo degli umori che, prematuramente e senza alcuna remora, cominci a produrre quando sei ancora all'inizio del tuo gioco perverso. In ginocchio, a cavalcioni su di me, con le mani sul mio torace, gli occhi chiusi e la testa reclinata all'indietro, ti lasci andare a mugolii sommessi intanto che oscilli con sempre maggior foga.
«E tu vorresti condurre i giochi?», chiedo sprezzante.
Ansimando e senza diminuire il ritmo, apri gli occhi per incontrare ancora i miei. «Si…», bisbigli senza alcuna convinzione.
«Potrei indurti a impalarti da sola sul mio cazzo, anche subito. Non mi serve avere le mani libere per fartelo fare».
«Non… parlare…», tenti di zittirmi.
«Oh, si invece. Io faccio ciò che mi pare. Lo sai che sei in mio potere, troia».
Deglutisci rumorosamente a quelle parole, e spingi ancor più il tuo bacino verso il basso, lasciando che il tuo sesso si schiuda a contatto col mio.
«Sei già bagnata al limite dell'indecenza, e io non ho fatto nulla per provocare tutto questo».
«Sta’ zitto, bastardo», imprechi ringhiando.
«Basta la tua voglia di me a farti perdere la ragione. La voglia di afferrare il mio cazzo, mirare alla tua figa e crollare su di esso per farlo entrare fino alle palle».
Risalendo sul mio addome, porti una mano dietro di te, tastandomi fino ad incontrare la mia asta. La impugni, turgida, e prendi a masturbarmi a un ritmo scostante. Intanto, non smetti di strofinare su me la tua intimità, lasciando strisce e rivoli dei tuoi succhi sulla mia pelle. Dallo stomaco al torace, i peli del mio petto irritano la carne già arrossata e tormentata del tuo sesso.
«Sei… un… maledetto… stronzo…», dici quasi piagnucolando.
«Perché mai - ribatto dopo una risata - perché la tua mente non vuole altro che lasciarsi fottere da me? Perché il tuo corpo desidera sentirsi come un burattino tra le mie mani, piegato al mio volere? Perché le mie fantasie sono le tue, perché ti manda fuori di testa renderle reali?».
Stringi il mio membro tanto da farmi quasi male, ma mi sforzo di mascherare il dolore che la tua presa mi provoca pur di non interrompere il tuo delirio, il tuo continuare a muoverti convulsa su di me, impregnandomi dei tuoi umori ormai abbondanti.
«Altro che condurre i giochi… ti farai scopare anche così e come voglio io, senza neppure liberarmi. Vittima delle tue pulsioni… della tua voglia di essere mia… del…».
Non mi lasci finire la frase, che quasi mi salti in faccia. Senza smettere di masturbarmi, ti sollevi sulle ginocchia e ti lasci cadere all'altezza del mio viso.
«Taci e divorami, maledetto porco!», mi intimi in tono esasperato.
Quasi mi sento soffocare mentre il tuo sesso fradicio si schianta e strofina sulla mia bocca, sul mio mento, sul mio naso, imbrattandomi di te, lasciando che i miei polmoni si riempiano del tuo odore.
In maniera dissennata, bacio, mordo, succhio, lecco, senza un senso, senza un piano, sentendoti gemere ogni volta che la mia lingua affonda in te, ogni volta che le mie labbra o i miei denti incontrano il tuo clitoride gonfio. E per fortuna molli la presa sul mio membro ormai sul punto di esplodere, per lasciarti pervadere dalle sensazioni della mia bocca oscenamente affamata di te. Con le braccia afferri la spalliera mentre, tremante e piagnucolante, godi senza ritegno alcuno nel lasciarti assaporare, esplorare in ogni centimetro, in ogni piega della tua carne fremente, madida, incandescente.
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