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Christian's nightmare


di honeybear
11.04.2013    |    10.463    |    4 9.4
"Inoltre non poteva muoversi, stretto com’era nella presa dei due uomini..."
Come accadeva già da qualche tempo, anche quella sera Christian rincasò tardi dall’ufficio. Abitava in un piccolo appartamento in uno dei quartieri-bene della città, messogli generosamente a disposizione dall’importante società per cui lavorava.
Girò la chiave nella serratura, la luce si accese non appena aprì la porta (potenza della tecnologia!). Entrò in soggiorno e si avvicinò al tavolo. La ‘tata’ era passata la mattina per il consueto giro di pulizie. Tutto sembrava in ordine, pulito e spolverato.
Con aria distratta diede una scorsa alla posta: solo bollette da pagare ed estratti conto. Un’occhiata veloce anche al giornale dove la notizia di grido raccontava di una serie di violenze e furti messi a segno nei quartieri alti della città:
“Neanche fossimo in Arancia Meccanica!" – ironizzò accompagnando il commento con un’imprecazione sull’attuale grado della sicurezza urbana e si diresse in camera.
Si spogliò, si tolse gli cchiali e si gettò sotto la doccia.
L’acqua calda accarezzava il suo corpo glabro ed atletico scivolando lungo la schiena fino ai glutei alti e sodi nonché sul petto dove l’attenzione delle sue compagne di letto era in genere calamitata dalle due grosse ciliegie che luccicavano ai lati. Anche nelle parti basse non era messo male, almeno questa era l’opinione comune delle signorine di cui sopra. Eppure non aveva mai prestato grande impegno alla cura del proprio fisico, soprattutto per mancanza di tempo (e per l’atavica pigrizia). Appoggiò la fronte al vetro cercando di rilassarsi; la mano destra accarezzò tutto quel ben di dio e scivolò fino all’uccello ancora moscio.
Iniziò a segarsi dolcemente; un sospiro mentre i fiotti di sborra si univano alle gocce di vapore sul vetro disegnando qualcosa che somigliava a dei fuochi artificiali che illuminano una sera d’estate.
Ancora umido e con il solo telo cinto in vita si sdraiò sul letto lasciando la luce accesa e sprofondò nel sonno… Fino a che non gli parve di sentire un rumore.
Spalancò gli occhi.
“Sei un coglione!” udì la voce di qualcuno. Fece per parlare ma non gli riuscì: una mano gli tappava la bocca mentre sentiva che un’altra lo liberava del telo ed ora, con una certa irruenza, gli stava massaggiando il membro.
“Macheccaz…” ebbe il tempo di pensare. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
“Quattro mani… Cosa cazzo vogliono da me questi due?” Si domandò mentre cercava di divincolarsi senza troppo successo.
Gli aggressori ebbero facile gioco su di lui: mentre uno dei due lo teneva fermo, l’altro armeggiò nella borsa che aveva con sè. Prese delle corde ed in un attimo lo immobilizzò alle barre del letto. Prima che potesse gridare aiuto gli sigillò la bocca col nastro adesivo.
La luce fioca della stanza e la sua miopia gli permettevano di mettere a fuoco con difficoltà. Scorse la figura dell’altro uomo incappucciato intento a spogliarsi. Il fisico sembrava massiccio e muscoloso, glabro come il suo, eccezion fatta per i peli pubici da cui spuntava una ragguardevole mazza.
Cominciò a realizzare… Il pensiero corse a quanto aveva letto sul giornale… Non poteva credere che stesse capitando proprio a lui e soprattutto non c’era molto che potesse fare immobilizzato com’era: l’unica soluzione era di assecondare i suoi aguzzini sperando di rimanere vivo. Almeno!
Si spogliò anche l’altro mettendo in mostra un fisico pressoché identico al primo. Questi aveva iniziato a mettere a soqquadro la stanza in cerca di qualcosa:
“Liberatemi bastardi che vi dico dov’è la cassaforte che tanto troverete vuota e la facciamo finita!”
La sua mente cercava febbrilmente una soluzione per uscire da quell’assurda situazione.
Gli aggressori non erano evidentemente di quell’avviso. Il secondo montò sopra di lui, alzò un po’ il passamontagna e avvicinandosi al collo cominciò una delicata e sensuale azione di rimming.
“Smettila, brutto stronzo! Mi fai schifo – provò a mugugnare attraverso il bavaglio, mentre lentamente sentiva di cedere alle vibrazioni eccitanti prodotte dalla lingua del ladro, usata con tanta maestria lungo il petto e la pancia, alternata a piccoli morsi appena accennati, che in breve gliela fecero sentire sotto il culo.
Una mano guantata gli strappò il bavaglio provocandogli un indicibile dolore.
“Lasciatemi!” provò ad urlare nuovamente.
Ebbe solo il tempo di iniziare a parlare che calò il buio davanti ai suoi occhi: uno dei due si era tolto il passamontagna e glielo aveva infilato a rovescio.
Senza curarsi delle sue rimostranze e, accomodatosi ai piedi del letto, l’uomo continuò pacifico il suo lavoro.
Dopo avergli sollevato le gambe sopra le spalle e palpeggiato le chiappe con le sue mani grandi e forti, gliele allargò cominciando a leccargli il buco del culo.
La mano guantata riprese la sua corsa lungo il petto dove si posò sui capezzoli strizzandoli a dovere e da lì fino all’inguine. Agguantò l’uccello di Christian cominciando a masturbarlo.
Rovesciò il capo rassegnato. Nella convulsione di quei momenti, gli parve di cominciare a provare, insieme alla paura e all’incertezza, una strana sensazione di piacere, forse accentuata anche dal fatto che tra le gambe spalancate sentiva la testa rasata di uno degli aggrressori passargli e ripassargli nella zona dei coglioni alimentando la già consistente erezione.
Godette ogni intrusione di lingua ed ogni massaggio, continuando a non capire se si trattasse di un sogno o se veramente era diventato l’oggetto del desiderio di una coppia di ladri che lo stavano sottomettendo.
Un dolore lancinante all’altezza dei capezzoli: glieli avevano imprigionati con due mollette per il bucato mentre lo stavano nuovamente deponendo sul materasso.
Quattro mani armeggiavano ora sul suo membro, ora sui capezzoli. A turno, due bocche iniziarono ad insalivarlo alternandosi sulla cappella. La sua schiena si inarcava senza sosta mentre cercava, come sempre invano, di ostacolare l’azione dei suoi aguzzini. Sentì di essere pronto a venire. Anche loro dovettero accorgersene perché smisero il gioco di lingua e di mano.
Lo slegarono e lo fecero alzare appoggiandolo, sempre a gambe divaricate, ai piedi del letto.
“No, il culo no…” gridò disperato. Era troppo tardi. Un dito aveva fatto breccia in quello strettissimo anello di carne, senza badare troppo alla fatica per entrarvi e al dolore provocato. Ora entrava, usciva, girava e rigirava.
Non ebbe tempo di piangere e soffocò le lacrime in gola.
Le dita che gli violavano l’ano erano diventate due. Sentiva lo sforzo che facevano per farsi strada in quel pertugio strettissimo, sentiva il dolore lancinante tutte le volte che ruotavano per allargare quel buco di carne fino a quel momento inviolato… E, contemporaneo ed inaspettato, arrivò il momento in cui socchiuse gli occhi passandosi la lingua sulle labbra. Ora ne aveva la certezza: quel trattamento cominciava a piacergli. E l’incredibile e dolorosa erezione ne era la conferma.
Lo fecero camminare. Pensò che per lui fosse finita: un lancio nel vuoto, uno sgozzamento.
Sentì il rumore di una sedia muoversi: erano in soggiorno.
Qualcosa s’infilò sotto il passamontagna. Christian iniziò a sudare freddo. Era uno dei vibratori che le sue partner gli avevano chiesto di comprare per rendere i loro giochi più eccitanti: il ladro dovette averlo trovato mentre rovistava tra le sue cose.
“No… Non può essere vero! E’ un incubo…”
Provò a gridare ma la pesante stoffa calata sul viso attutiva ogni rumore. Inoltre non poteva muoversi, stretto com’era nella presa dei due uomini.
Gli sollevarono un lembo della pesante lana: “Nella cass…” subito lo richiusero. Lo voltarono e lo fecero sedere.
Un grido spaventoso e soffocato si levò dal berretto calato sulla sua testa: uno dei due uomini gli stava sfondando il culo impalandolo. Sentì la punta della cappella entrare nell’ano già dilatato.
Due mani possenti lo stringevano per il bacino facendolo salire e scendere su quel palo per far entrare ogni volta qualche centimetro di mazza in più. Alla fine della corsa sentì solamente il pelo caldo del pube di quell’energumeno cominciare a strusciarsi contro il suo culetto liscio.
Non era ancora finita: un leggero ronzio riempì l’aria immota della stanza dove gli unici suoni che era dato di sentire, erano i gemiti e i singhiozzi soffocati di Christian.
“Sto sognando… Devo convicermi che è solamente un sogno…” si sforzava di pensare cercando di tornare ad essere padrone di sé.
L’azione combinata dei vibratori applicati in punta di cappella e del cazzo piantato nel culo non tardarono a produrre l’ effetto desiderato. Christian iniziò a contorcersi, senza smettere mai di mugolare, come la più vacca delle troie in calore.
I suoi aguzzini del resto sembravano del mestiere: chi guidava i vibratori iniziò a muoverli lentamente verso la radice del pene mentre l’azione di pompa sull’altro cazzo era proprio il giovane ad esercitarla con le sue acrobazie.
I due uomini si scambiarono una rapida occhiata d’intesa. Quello su cui Christian era seduto lo bloccò per una spalla mentre l’altro continuava a torturargli i coglioni. I fiotti di sborra si riversarono copiosi dentro di lui: ne contò almeno cinque e tutti potentissimi. Lentamente il cazzo del ladro tornava a riposo mentre il liquido cremoso prese a colare lungo le gambe del ragazzo.
Lo fecero alzare e questa volta fu il secondo ladro ad incularlo semza troppi complimenti sfruttando la sborra del collega come lubrificante.
Il gioco riprese tale e quale e identico fu il risultato finale: un oceano di sborra nel culo del giovane.
Proprio lui ora mancava all’appello. Lo ricondussero in camera e, dopo averlo bloccato al letto con la loro forza erculea, lo masturbarono con mani e bocca fino all’eiaculazione che, prontamente, inondò il suo corpo liscio e vellutato.
Si accasciò stremato dopo un ultimo, inutile tentativo di divincolarsi dalla morsa in cui era stretto.
I suoi carcerieri si rivestirono uno alla volta. Prima di andarsene gli fecero annusare qualcosa che offuscò la sua mente.
Riaprì gli occhi. Fuori era quasi giorno.
Il letto era completamente disfatto. Le lenzuola di seta erano macchiate e piuttosto sudice. Si alzò di scatto e realizzò quanto era successo. Andò a controllare in soggiorno: la cassaforte non era stata toccata e la sedia era al suo posto sotto il tavolo. Tornò in camera e controllò il terzo cassetto del suo guardaroba: i giocattoli con cui trastullava le sue compagne di giochi erano stati toccati da qualcuno...
Si controllò i polsi: i segni di un’eventuale legatura si vedevano a fatica. Anche nella zona intorno ai capezzoli sembravano appena accennati i segni lasciati dalle mollette…
Si toccò il mento e, istintivamente, la sua mano destra scivolò dietro infilandosi tra le chiappe. Assunse una strana espressione e sospirò:
“E’ stato solo un incubo… Un piacevole incubo…” E sorrise incerto grattandosi la testa mentre qualcosa a terra attirò la sua attenzione: del nastro adesivo…
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