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Gay & Bisex

Emanuele 3.2


di honeybear
08.12.2016    |    11.021    |    1 7.8
"“Proverò…” “Proverò?” una pacca violenta lo fa ondeggiare come un fuscello al vento..."
Sono quattro i maschi che si alternano davanti al culo slabbrato dello Schiavo inerme.
Quattro maschi pronti a penetrarlo non avvalendosi dei loro arnesi, ma servendosi ciascuno di un oggetto diverso: pinze per il ghiaccio, proditoriamente usate come dilatatore, un tovagliolo intriso in uno dei cocktail pressato all’interno dell’orifizio e da lì estratto alla velocità della luce…
“Aaaahhh… - si lamenta Emanuele - ...Aaaaahhhh!!!!”
“Mugola così forse perché vuole che gli riempiamo oltre che il culo anche la bocca…”
“L’accontento subito!” e il coach gli si para davanti con la sua bella mazza in tiro che in un istante sparisce nella gola di Emanuele - Ehi! – iniziando a scopargli la bocca ad un ritmo frenetico e rivolgendosi al padre - Manchi solo tu… Fatti venire in mente qualcosa in fretta sennò il buco si richiude. E chi lo sente poi Alberto!”
L’uomo si guarda attorno qualche istante ed infine compie la sua scelta: “Questa dovrebbe andare bene… - afferra una candela da uno dei candelieri per piombare con decisione il culo del figlio che, sospinto in avanti dalla foga dell’azione, vacilla leggermente. Il dominatore pare non accorgersene e prosegue imperterrito con le richieste - …Ed ora chiudi le gambe zoccola!”
È un attimo: lo stoppino prende subito fuoco ed un gradevole profumo di vaniglia invade l’aria immota delle stanza.
Mentre le nerchie si alternano nella bocca del giovane Schiavo, cadono le prime gocce di cera sui polpacci muscolosi: Emanuele non può gridare, ma il tepore prodotto dalla candela svanisce ben presto. Ogni goccia che cola è una stilla di dolore intenso e rapidissimo. Un dolore che obnubila il fisico e le sue facoltà intellettive, piegatesi alla violenza dello sforzo ma anche, e soprattutto, del piacere
Il ritorno di Alberto mette fine al gioco, ma non al divertimento: dopo aver mostrato agli ospiti ciò che è andato a prendere, le risate e i fischi di approvazione si moltiplicano. È un plug a forma di coda quello che sta per sostituire la candela.
“Quando ho detto di tenergli in caldo il buco non intendevo in senso letterale – lo schernisce il dottore iniziando a strusciare il sex-toy sulle chiappe soffici e sode per poi concentrarsi sulla fessura dilatata all’estremo. Lo Schiavo sospira nervoso e rassegnato. Ma il fiato gli si mozza in gola: il Padrone, spingendo con forza, lo fa entrare in un sol colpo - Ora basta poltrire, puttana! Datti una mossa e portaci qualcosa da sgranocchiare… ” e gli molla una sonora pacca sulla chiappa destra.
A fatica si rialza e si appresta ad esaudire la richiesta. Fa per sollevare una ciotola colma di pezzetti di zenzero ma viene subito fermato: “No, quelli no… – gli sorride il Padrone – Quelli sono un premio per te… Ma dopo, e solo se farai il bravo!” e gli volta le spalle per riprendere a dialogare con i resto del gruppo.
“Allora che facciamo per movimentare un po’ la serata? - chiede il coach guardandosi l’uccello quasi moscio – Qui la situazione langue...”
“Pensavo da un pokerino o ad un film… Niente di impegnativo…”
“Il pokerino come lo chiami tu, rischia di durare fino a domattina e se anche volessimo optare per lo strip-poker… – si lamenta il direttore, guardando le parti basse degli astanti – …Direi che non abbiamo molto da toglierci ormai… E poi, se me lo consentite, vorrei tornare ad un orario decente da mia moglie. Domani dobbiamo andare dai bambini che sono in vacanza dai nonni e preferirei essere fresco e riposato… Per cui se posso permettermi…”
Che fatica mettersi d’accordo…
“Ehi, aspettate un momento! – la luce che brilla malvagia negli occhi del coach porta la soluzione che tutti aspettavano – Siamo stati degli imperdonabili egoisti…” e con lo sguardo indica il ragazzo.
“Hai ragione, che pirla sono! Abbiamo il nostro cucciolotto di cui prenderci cura e con cui giocare- gli fa eco Alberto – E cosa c’è di meglio di una rilassante serata passata a prendersi cura del proprio animale domestico! Ti avevo promesso una cosa… Aspetta… Su da bravo, mettiti qui… Qui sopra il tavolo! - Lele non se lo fa certo ripetere – Ed ora allarga per bene le gambe… Così, bravo!” e davanti alla sua faccia sfila il contenitore dello zenzero.
Deglutisce preoccupato, mentre gli ospiti assistono curiosi all’operazione che Alberto compie con la consueta naturalezza. Nascosto tra i pezzi canditi, estrae un rizoma (radice N.d.A.) dell’afrodisiaca radice, la cui forma ricorda vagamente quella di un vibratore borchiato.
“Guarda… - glielo mostra orgoglioso - …Ho scelto quest’osso appositamente per te! Annusalo… Bravo! Ed ora leccalo…” il palato di Lele è invaso dall’aroma aspramente intenso della radice.
Prima di usarlo, il medico lo immerge in una bacinella d’acqua ed inizia il consueto rituale strofinandolo tra i due meloni tesi e frementi, mentre con la mano libera sfila lentamente il plug.
“Angelo – rivolgendosi al coach – aiutami!”
“Ben felice!” sogghigna l’uomo cui, un misto di eccitazione e curiosità, fa rizzare la mazza.
Con due dita apre i glutei fino a mettere a nudo la corolla dello sfintere mostrandone l'interno rosa.
“Picchiettalo con lingua… Penetralo!”
“Mmmm… Com’è caldo… Davvero bollente!”
“Bene ed ora tieni allargato per bene il buco di questa vacca! Signori, buon divertimento!” annuncia trionfante mentre inizia ad inserire la punta della cicciosa supposta di zenzero.
Non usa lubrificante. Con cautela forza lentamente il fiore che sta ancora una volta tentando di richiudersi.
Gli spettatori lo vedono così riaprirsi per accogliere i cinque-sei centimetri di diametro del lungo tubero.
“Puoi esprimere le tue sensazioni come meglio credi, Schiavo… – lo incita Alberto prima di cominciare la sua dissertazione - La pratica sessuale cui state assistendo, trae origine dall'abitudine di dissimulare l'anzianità di un cavallo, inserendo nel suo ano questa prodigiosa radice, ottenendo così il risultato di spingerlo a sollevare la coda e muoversi nervosamente, comportamenti tipici di un animale giovane. Come avete potuto osservare, consiste in una penetrazione anale della persona sottomessa con un pezzo di zenzero fresco e sbucciato, allo scopo di provocare un'immediata e forte sensazione di bruciore senza tuttavia causare danni permanenti. – la spiegazione prosegue e si conclude con le precisazioni scientifiche della pratica - L'azione irritante sui nocicettori presenti nella mucosa anale è provocata dal gingerolo, costituente attivo dello zenzero fresco, simile alla capsaicina, contenuta nel peperone e piperina, contenuta nel pepe…”
Gli astanti seguono con interesse il discorso. Sono talmente assorti in ciò che stanno ascoltando da non rendersi conto che le mani di ciascuno sono scivolate sull’asta del vicino iniziando a menarla. I loro gemiti si confondono con quelli brevi e soffocati provenienti dalla bocca di Lele, mentre, ormai la testa della supposta ha superato il muscolo dello sfintere che lentamente si richiude sulla gola ricavata alla base lasciando sporgere solo quella che sarà l’impugnatura per estrarlo.
“Bene, il trattamento durerà grosso modo una quindicina di minuti… E porterà il ragazzo alla massima eccitazione, ve l’assicuro! Ancora una volta, a voi la scelta di come fargli passare il tempo! - e, facendo un inchino, si scosta dal culo, per l’ennesima volta impalato in maniera oscena, della povera vittima sacrificale.
Il primo a farsi avanti è il direttore che, dopo aver guardato l’orologio, ribadisce la sua necessità di doversi ritirare anzitempo.
“Benissimo Dario… Prego, divertiti pure!” lo incita il Padrone che si accascia su una poltrona iniziando una dolce e lenta masturbazione. Gli occhi di Lele sostengono il suo sguardo.
La sfida tra i due è ancora una volta aperta.
Nella sua mente nessun pensiero: tutte le sue forze sono impegnate nel tentativo di resistere a quella depravante, e al contempo eccitante umiliazione. Solo l’uccello sembra non ubbidire alla ragione e prova a svettargli tra le gambe tornite: lo sente pulsare di desiderio e diventare duro. Ma la fierezza di quel giovane membro arrapato di scontra dolorosamente con le corde della nuova ‘divisa’ che lo inviluppano.
“Ottimo! Allora adesso… – è evidente che non ha mai condotto per intero un gioco di sottomissione, ed è quindi in modo impacciato che impartisce gli ordini - …Inginocchiati e poi chiudi gli occhi”.
Il ragazzo ubbidisce prontamente. Percepisce un brusio sommesso e poi un leggero movimento davanti a sé, ma da bravo Schiavo, non si muove in attesa del nuovo ordine…
“Puoi aprirli” e, lo stupore della visione ravvicinata, lo inebetisce ancora più di quanto già non lo sia. I suoi occhi ispezionano il quadro partendo dal basso: dalla sacca pelosa dei coglioni, parte un bastone con una grande vena in rilievo che corre pulsando, per una ventina di centimetri, verso una cappella grande come una prugna e leggermente a punta e con quella gocciolina in cima che sembra pronta a cadere...
“Hai visto qualcosa che ti piace?” gli chiede il Padrone.
Lele non risponde, continuando a fissare quel batacchio che mostra la sua vitalità muovendosi a scatti.
“Che c’è non rispondi? – lo incalza il Padrone – Hai paura che il proprietario lo infili nel tuo povero sederino? Avanti non essere timido e soprattutto maleducato!” e per ridestarlo gli assesta un calcio sulla natica sinistra.
Il dolore lo riporta alla drammatica realtà.
“Allora dimmi, cosa vorresti farci con questo?” chiede il Dario con la loquela tipicamente stronza di chi non è avvezzo ad un certo tipo di pratica. Parla mentre glielo fa ballonzolare davanti quasi a voler far cadere sulla lingua quella gocciolina che spunta dall’orifizio in cima.
“Io… Io, con il permesso del mio Padrone, glielo vorrei accarezzare Signore… La prego Padrone, me lo conceda”.
“Concesso!”
Allunga la mano prudente, quasi temendo una reazione dalla bestia che ha davanti. Quel tronco, attorno cui le dita non riescono a chiudersi, è veramente bollente. Incredibilmente grosso. Deve afferrarlo con entrambe le mani per provare a scappellarlo. E così, la doppia impugnatura, permette a Lele di giocare con la pelle del prepuzio facendola scorrere avanti-indietro senza mai incappucciare completamente il glande rubizzo e regalando al direttore un lungo, interminabile sospiro.
“Sei un talento naturale, complimenti… - afferma con voce roca ma certamente più convinta – E complimenti anche a te Alberto, ti sei scelto veramente uno Schiavo di prima classe! – poi tornando a rivolgersi a lui - Se me lo chiedi ti permetterò anche di assaggiarlo…”
Frattanto il viso del ragazzo si era fatto così prossimo a quell’arnese che le sue narici si stavano riempiendo dell’aroma intenso che sprigionava, attraendolo a sé come una calamita:
“La prego… Vorrei… Vorrei baciarlo: posso?”
“Se ti do il permesso, dopo cosa fai?”
“Cercherò di inghiottirne più che posso…”
Lele si avvicina alla cappella sfiorandola con le labbra vogliose. Prepara la lingua, convinto che finalmente gli verrà consentito di eseguire l’agognato pompino; ma la beffarda crudeltà del suo aguzzino decide di procrastinare il fatidico momento:
“E una volta che te lo sarai infilato in bocca?”
“Glielo succhierò ...”
“Come?” la titubanza iniziale ha ormai lasciato spazio ad una padronanza del ruolo che Lele non immaginava.
“Proverò…”
“Proverò?” una pacca violenta lo fa ondeggiare come un fuscello al vento.
“Intendevo… Lo bagnerò di saliva e cer… E lo farò arrivare fino in fondo alla gola. A quel punto lo lavorerò per bene con la lingua e, se me lo lascerà fare, La masturberò fino a farla venire Signore!”
“Interessante… ma quando vengo cosa farai?”
“Berrò fino all’ultima goccia...”
“Allora servimi pure!”
Lo Schiavo apre la bocca provando ad inghiottirlo, ma l’impresa si rivela difficile. Prova ad allargare le mascelle al massimo e lentamente il mostro avanza. La bocca sembra strapparsi, ma avere quel randello dentro di sé, seppur nella bocca, lo sta riempiendo di puro piacere.
Con uno sforzo, le labbra si spingono poco oltre la metà del bastone, di più non è possibile. Inizia quindi a succhiare con forza, mentre le mani accarezzano freneticamente il sacchetto di pelo.
Il suo culetto in fiamme si dimena come quello di un cane che fa le feste.
“Mmmmbbravo! Sei uno spettacolo… – il latrato di piacere è la risposta più eloquente che Dario possa fornire in quel momento - …È difficile credere quanto tu possa essere ingorda di cazzo!! Una troia porca e infoiata!!!!” e, lasciandosi definitivamente conquistare dalle abilità linguistiche del ragazzo, gli poggia una mano sulla nuca per eruttargli in gola una serie infinita di schizzi bollenti che Lele non può far altro che ingoiare visto il tappo che gli chiude la bocca. Non riesce ad ingerirla tutta. Una piccola parte cola lungo la mascella ed il suo torace imbrattandogli il folto pelo. Il resto si raccoglie in una piccola pozza sul prezioso pavimento di marmo. Arriva, violenta l’ennesima sculacciata: “Pulisci tutto, baldracca rottainculo! Inizia dal suo cazzo!” la voce severa del Padrone lo obbliga ad un lavoro di lingua supplementare.
Le lappate decise di Lele strappano gli ultimi gemiti al direttore che subisce il piacevole trattamento nell’atto di rivestirsi. Gli occhi oscillano continuamente tra il lavoretto ai suoi piedi e l’orologio: “Si è fatto davvero tardi, devo proprio andare sono spiacente. Spero di ripetere la serata quanto prima… - e continuando a rivolgersi agli altri che lo stanno imitando - No, non disturbatevi ad accompagnarmi. Conosco la strada…”
“Mi permetto di insistere. E poi – indicando Lele – dobbiamo portare la cagna a fare i suoi bisogni. Anzi, sarà bene metterle museruola e guinzaglio! Vado a prenderli. Voi intanto continuate pure a divertirvi con lui…”
È la volta di suo padre. Si avvicina al suo volto e, senza indugi, gli pianta il cazzo in faccia. Non aveva mai avuto modo di osservare il membro del genitore così da vicino. Certo era capitato di vederlo girare nudo per casa, soprattutto quand’era più piccolo, ma avere la possibilità di esaminarlo così chiaramente, mai. La cappella rossa, sembrava guardarlo minaccioso… Ancor più di quella del direttore.
“Quindi ti piace questo eh?” chiede colpendogli ripetutamente il naso con il bastone che non ha ancora finito di allungarsi ed indurirsi.
“Sissignore!”
Sorridendo ma in realtà senza curarsi troppo alla risposta, si china su di lui badando che il randello non venga minimente sfiorato dalla lingua o dalle labbra del figlio. Si avventa sulle mele agguantandole e strizzandogliele per bene. Agita il buchetto in modo che il dildo di zenzero, si assesti meglio nella sua allocazione.
“Ooohhh…”
“Per la miseria che culo!!!!”
“Ooohhhhh….” Geme di nuovo. E non capisce Lele, se ciò sia dovuto al trattamento o al fatto che lo stia subendo dal padre.
“Siamo sensibili eh?!” e rialzandosi lo costringe a confrontarsi e a fissare nuovamente quell’arnese che nel frattempo è cresciuto ancora e su cui si affaccia l’ennesima goccia giallastra e vagamente filamentosa che spunta dalla cappella.
“Lo guardi quasi con amore… Filiale… E secondo me vorresti pure baciarlo, o sbaglio?”
“Si... – risponde sovrapensiero, rapito da quella visione - …No NNNOOO!!” prova a correggersi, ma ormai è tardi.
“Che troiona… - ride di gusto il paparino guardando l’orologio da polso - …Purtroppo si è fatto tardi anche per me… Ma prima di andare ti permetto di dare una leccatina a questa goccia che ti piace tanto, che dici?” e senza aspettare risposta, gli posa la mano sulla nuca per fargli incontrare l’uccello che l’ha generato e da cui proviene un odore penetrante, incredibile.
Lele istintivamente tira fuori la lingua e beve quella goccia meravigliosamente invitante: sprigiona un sapore così forte da alimentare la sua imponente erezione. Sente la pelle sfregare contro la corda che punge: il dolore arriva lancinante al cervello così come il brivido che gli percorre la schiena… O forse la colpa è semplicemente dell’eccitamento provocato dalla situazione incestuosa?
Non ha tempo per ragionare su questo fatto. Il padrone è tornato. Lo sente sfilare lentamente il cazzo di zenzero. Qualcosa di altrettanto freddo, gli trapana il cervello.
“Sì, è proprio ciò che immagini: ghiaccio! Ti riempio il culo per benino e poi lo assicuriamo con questo – e riposiziona il plug a fare da tappo – così mentre ci prepariamo per uscire ad accompagnare questi Signori, siamo sicuri che la tua eccitazione non vada sprecata o peggio, persa. Adesso mettiamo la museruola ed il guinzaglio così possiamo uscire!”
La museruola è un gag ad anello che gli mantiene la bocca forzatamente spalancata mentre il guinzaglio è costituito da una sottile catena cui sono fissate due file di mollette che vengono affondate nella pelle sensibile dei capezzoli e lungo torace e addome della vittima.
“Direi che possiamo andare ora… Vi starete chiedendo perché non lascio passeggiare il cane da solo in giardino. La ragione è semplice: questa stupida cagna ha la tendenza ha fuggire… Non ha ancora ben capito chi è il Padrone. È proprio come un puttana: si concede a tutti e tocca rincorrerla ma così… - strattona il guinzaglio. Lele sente il fiato mancargli - …Così non corriamo rischi! Ecco, vi precedo…”
‘Non vorrà davvero farmi scendere in queste condizioni? Mio padre non lo permetterà mai!’ pensa il ragazzo. E invece, dopo averlo fatto inginocchiare, Alberto lo costringe a camminare carponi con indosso nient’altro che la sua pelle e gli accessori della serata. Raggiunto il parcheggio, i primi ospiti si congedano con calorosi ringraziamenti.
“Non si preoccupi – è l’ultima cosa che il figlio sente dire al padre – le farò avere quanto richiesto!”
“Mi raccomando!” e così dicendo ciascuno sale a bordo della rispettiva auto allontanandosi nella sera calda.
“E ancora una volta rimaniamo da soli!”
“Già, io direi di portare l’animale verso la collina, in modo da…”
“Non aggiungere altro!” e gli strizza l’occhio accondiscendente.
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