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Gay & Bisex

Il turista americano


di ropot
10.04.2012    |    12.303    |    0 9.4
"Io ripreso in parte mi stavo rivestendo con la sua saliva su tutto il mio corpo il suo sudore mischiato al mio, il sapore della sua lingua nella mia bocca e..."
Era una giornata dei primi di Maggio, l'estate era già nell'aria nonostante non fosse eccessivamente caldo, era un giorno perfetto specie dopo un Aprile freddo e piovoso. Nel pomeriggio decisi di fare un po' di marcia, da tempo mi avevano consigliato di fare del moto per rinforzare le gambe e appena vidi quel giorno partii. Ero in abito succinto: pantaloncini senza niente sotto, maglietta larga, bandana in testa e le cuffie del mp3 nelle orecchie per darmi un po' di sprint. Presi una strada che fiancheggiava l'entrata di quattro agriturismi a pochi chilometri di distanza uno dall'altro. Appena giunsi al primo incontrai un tipo sui 40 anni, di certo un turista visto che quelli che i dipendenti dell'attività li conoscevo tutti. Era vestito in modo estivo che era appoggiato al muro d'entrata e guardava il panorama, veramente notevole in quel punto. Quando mi vide mi salutò, io non sentii il saluto per via delle cuffie, ma il gesto espansivo con la mano sì così lo ricambiai rivolgendogli un caloroso sorriso e passai oltre. Arrivai fino al terzo agriturismo e sapendo che non ce l'avrei fatta a raggiungere il quarto rigirai per tornare indietro. Lo vidi da lontano, si era messo sul ciglio della strada e aveva tirato su le maniche corte della sua camicia e sistemato, per renderli più corti, i suoi pantaloncini. Di certo il tipo faceva sport, era tonico e ben messo, ma per il resto un tipo comune, quando prima l'avevo incrociato non mi aveva suscitato niente, ma adesso quell'esporsi iniziò a farmi incuriosire e avvertii una specie di scossa. Era da qualche mese che non facevo sesso e forse questo tipo ci stava, così volevo fare un tentativo, una sorta di gioco che se non avesse dato quello che speravo potevo sempre uscirne pulito. Mi tolsi le cuffie e continui a marciare aumentando l'andatura verso di lui poi dopo averlo di superato di qualche passo mi fermai con espressione addolorata guardandomi la caviglia e cercando, naturalmente fingendo, di tenermi in piedi. Questo turista vista tutta la scena si avvicinò e mi apostrofò in inglese, poi passò in un italiano stentato, ma comunque passabile chiedendomi come stavo. Gli dissi nel mio povero inglese che mi ero sforzato troppo nella corsa e la caviglia aveva ceduto e faticavo a stare in piedi. Lui subito mi si fece accanto e mi prese per sorreggermi e già quella sorta di abbraccio forte e maschio mi eccitò così tanto che per poco non feci un gemito avvinghiandomi a lui. Dominandomi gli chiesi di portarmi nel parcheggio vicino, avvero uno spiazzo di terra battuta circondato da un boschetto e li nel punto più riparato gli chiesi di farmi sedere nell'erba. Lì, continuando la mia recita, mi tolsi la scarpa e stringendo la caviglia provavo a muoverla e ruotarla mentre il turista anch'esso si era seduto e mi si era fatto vicino, e iniziò a parlare come per divagare: mi disse che era americano, del Wyoming se non ricordo male, e che era lì in vacanza con la famiglia che adesso era a fare una gita, poi come per confermare la sua disponibilità, mi disse che moglie e figli sarebbero tornati per l'ora di cena. Parlò per circa dieci minuti poi mi chiese se stavo meglio e come aveva fatto in precedenza se volevo recarmi all'infermeria dell'agriturismo. Sorridendo gli risposi che era tutto a posto, andava già meglio mi bastava stare là all'ombra del boschetto per qualche minuto aspettando che il dolore passasse del tutto e poi tornare a casa magari camminando. Gerard ( era questo il suo nome ) si propose di farmi compagnia ed io accettai ringraziandolo, così ricominciò a parlare dicendomi un po' tutto della sua vita e di come aveva scelto l'Italia come meta delle sue vacanze e lì fece un'allusione dicendo che gli italiani erano molto belli. Era il momento di osare un po' di più, se non funzionava, tempo due minuti e me ne sarei andato, strinsi ancora di più la caviglia che continuavo a massaggiare e soffocai un falso lamento, lui allora con mossa delicata e veloce prese la mia gamba ed iniziò a massaggiarla dicendomi che anche se non era un esperto, in palestra ( che frequentava con regolarità come avevo intuito ) aveva fatto pratica di come trattare degli strappi muscolari e delle distorsioni. Le sue mani erano un po' impacciate, ma sembrava sapere il fatto suo e gli dissi di continuare che il dolore andava diminuendo e mi distesi appoggiato ai gomiti e socchiusi gli occhi facendo in modo che i miei pantaloncini salissero di più. Gerard continuava a massaggiare, ma non la mia caviglia era arrivato al polpaccio e puntava verso il ginocchio, visto che io non protestavo, anzi avevo dato il mio assenso con un mormorio e vedendo il suo sguardo che molte altre avevo visto negli occhi degli uomini con cui ero andato. Le sue mani superato il ginocchio divennero impazienti, frenetiche e fameliche tanto che invece che continuare a salire, come aveva fatto fino ad allora si posizionarono prepotentemente nel mio pacco e Gerard sorrise nel sentirlo bello duro. A quel punto mi rimise seduto ed anch'io abbrancai il davanti dei suoi pantaloni e strizzai qualcosa di misura normale ma sicuramente bello dritto e duro. Iniziò una specie di lotta gestita tutta da lui, con movimenti veloci mi tolse di dosso la maglietta e con una stretta che mi svuotò i polmoni si avvinghiò a me leccandomi il collo e le orecchie mordicchiandomi i lobi, io per non essere da meno gli feci un delicato succhiotto sotto la nuca. Dopo un tempo quasi interminabile mi fece distendere e si slaccio la sua camicia e mi disse che gli ero piaciuto dalla prima volta che ero passato. Per la fretta e anche per l'eccitazione le mani gli tremavano dunque l'operazione fu un po lunga, i pantaloni se li tolse con fare seccatoi e rabbioso poi si abbatté come un tronco sul mio corpo iniziando a farmi gemere con la sua lingua sui miei capezzoli. Io intrufolai le mie mani nei suoi larghi boxer e mentre con una mano iniziavo una lenta sega, con l'altra gli stuzzicavo la punta tanto che lui si fermò un attimo boccheggiano e poi riprese con la sua lingua nel mio petto. Iniziò a scendere verso l'ombelico e le sue mani subito presero il bordo dei miei pantaloncini, sfilandomeli completamenti mentre lui si meravigliava del fatto che sotto non avevo niente. Lo prese in bocca con una voracità ed un'abilità che denotava una indiscussa esperienza io intanto avevo abbassato le sue mutande e mi ero alzato quanto bastava per tastare le sue natiche sodo ed iniziare una leggera carezza nel solco facendo sentire la presenza di un dito. Gerard staccandosi dal mio pene ormai violaceo con uno schiocco prese le mia mano e mi insalivò le dita con cura per poi posizionarle nel suo culo. Iniziai ad infilarle con gusto, quasi con violenza a volergli fare male, ma era impresa impossibile, il suo culo era molto navigato, c'era pochissima resistenza in breve aveva dentro già tre dita. Ormai i nostri rumori si univano a quelli degli uccelli che provenivano dal bosco, e l'odore dell'erba e degli alberi era coperto da quello dei nostri corpi, del nostro sudore, da quello del sesso.
Ero arrivato sul punto di venire, lui lo capii subito e si staccò e guardandosi con bramosia e continuando a mugolare si tolse i suoi boxer arrivati alle ginocchia poi appena messo in ginocchio lo distesi e gli salii sopra alzandogli le gambe. Aveva una buona agilità, riusciva quasi a fare la spaccata con le gambe tanto che ogni posizione era ottimale. Così uno sopra l'altro con i nostri occhi che si guardavano e le nostre bocche a distanza di un bacio, con una certa cura, affinché lo portassi a desiderarlo più a lungo possibile lo infilzai. Lui lanciò un urlo strozzato e con una morsa che mi fece male prese le mie spalle e le sue gambe erano intorno alla mia schiena tanto che finché non allentò la preso non potevo muovermi. In quel momento non mi importava niente del fatto che potevano vederci, sentirci, ma sopratutto del fatto che ero senza preservativo, volevo solo farmi quel turista americano. Iniziai a muovermi come meglio sapevo muovendo le sue gambe in ogni direzioni e lui non era mai soddisfatto, mi diceva sempre di continuare, di fare più forte e del fatto che gli italiani erano gli unici che sapevano fare l'amore come si deve, questa doveva essere una delle ragioni del perché fosse venuto in Italia. Con una spinta poderosa ed un rovesciamento delle posizioni, mi ritrovai io disteso e lui sopra di me a cavalcioni che si dimenava in modo forsennato togliendomi il fiato e facendomi sforzare per non venire subito. Mentre mi cavalcava in modo sempre più incontrollato gli pizzicavo i capezzoli, lui stava pure segando quel cazzo di dimensioni normali ma duro leggermente storto verso destra e rosso scuro, che puntava verso l'altro come un razzo. Non ce la facevo più, dopo circa venti minuti non potevo più resistere dovevo venire così rotolando andai di nuova sopra a lui e con dei bruschi colpi di bacino e curvandomi come un arco mi vuotai infine dentro il suo corpo e restai come pietrificato in quella posizione mentre lui con un urlo più forte degli altri venne con degli schizzi incredibilmente abbondanti e potenti tanto che gli arrivarono alla gola. Con delicatezza mi tolse da lui si rialzò e salutandomi si avviò verso l'agriturismo. Io ripreso in parte mi stavo rivestendo con la sua saliva su tutto il mio corpo il suo sudore mischiato al mio, il sapore della sua lingua nella mia bocca e il dolore al cazzo per la sua furiosa cavalcata. Tornai a casa camminando adagio, avevo l'inguine in fiamme e mi vergognavo di me stesso, era stato sesso allo stato puro, ma nient'altro, come una piccola parentesi in una semplice giornata. Sempre dopo le mie avventure pensavo a come classificarle e questa l'unico aggettivo che riuscivo a dargli era “squallido”, anche se non so bene perché. Il mio percorso per la mia marcia e corsa non è cambiato, continuo per la strada degli agriturismi, ma non mi sono mai più fermato né infortunato.

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