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Gay & Bisex

eravamo dei ragazzini 2


di ropot
08.06.2011    |    44.982    |    0 7.9
"Giacomo ci passo su la mano come una carezza e disse: - E’ piccolo, senti il mio quanto è grosso – Allungai la mano e la misi a coppa sopra la sua patta..."
Trascorsi due giorni tornai da Giacomo. Nel tragitto da casa mia a casa sua non sapevo bene come avrei dovuto comportarmi, nel lasciarci la volta precedente c’era stato un saluto amichevole come sempre, ma di certo qualcosa era cambiata. Inoltre due giorni erano sufficienti oppure erano troppi? Ma soprattutto troppi o sufficienti per cosa? L’unica cosa di cui ero sicuro era che volevo riprovare le stesse sensazioni della volta precedente e mentre ripercorrevo mentalmente quei momenti arrivai a casa sua con una vistosa erezione visibilissima nei pantaloni della tuta. Prima di suonare il campanello mi aggiustai l’uccello nelle mutande, ma l’unico risultato che ottenni fu quello di renderlo ancora più evidente. Mi apri la porta e vedendomi mi sorrise, come sempre faceva quando lo andavo a trovare e vidi che abbassò velocemente lo sguardo sui miei pantaloni che anch’io fissai imbarazzati e il suo sorriso si caricò di malizia, cosa che mi fece capire che avremmo fatto di nuovo qualcosa, feci per avvicinarmi e in quel mentre Giacomo disse:
- Mamma, è Ropot (dall’asilo mi chiamano così) usciamo a fare una passeggiata – ed uscimmo. Prendemmo una strada sterrata piuttosto stretta e ripida, non sapevo bene quale era la sua idea, e nemmeno se aveva qualche idea perché iniziò parlare del più e del meno con fare normale. Forse avevo interpretato male il suo sguardo, quello successo due giorni prima era stato un momento, così mi unii con partecipazione ai discorsi e subito iniziò col parlare di sesso
(naturalmente quello che si intende come sesso a tredici anni) ovvero di come si masturbava, di come si doveva mettere la mano, della velocità, non capii che questi discorsi erano per istruirmi. Dopo 10 minuti sapevo dove stava andando; come ho detto in precedenza Giacomo non era molto sveglio, io ero quello con fantasia e sagacia, ma quel giorno fu lui l’artefice di tutto, la voglia di provare piacere, la malizia gli dava una sorta d’inventiva che non aveva mai manifestato in precedenza. La strada che stavamo percorrendo era molto fitta di vegetazione era molto usata specie dalle pie donne, e nel mio paese ce ne sono molte, perché attraverso dei sentieri portava ad una cappella dove loro deponevano dei fiori ed accendevano una candela. Questa strada era nascosta e piena di curve, come ho detto era una strada sterrata, e perciò era molto nascosta ricordo che più di una volta la usai per fare pipì non avendo un gabinetto a disposizione, e dopo essere addentrati per qualche metro Giacomo disse: - Basta non ce la faccio più, mi devo fare una sega – così, dandomi le spalle, si mise seduto su un masso da parte alla strada e tirando giù la parte anteriore dei pantaloni iniziò a masturbarsi. Mi dava le spalle però vedevo che faceva di tutto per farsi notare, tirò indietro la testa ad occhi chiusi e poi iniziò a fare dei gemiti rumorosi, e più di una volta mi parvero simulati. Io volevo vedere il suo uccello, specie adesso che veniva come la volta precedenza quando si segò, così avanzai piano piano e sbirciai, lui mi vide e si prestò volentieri al mio sguardo, anzi si sollevo un po’ e piegò la schiena per darmi una visuale migliore. Dopo nemmeno tre minuti Giacomo si rimise il pene, che era semiturgido, nelle mutande ed mi disse di seguirlo, io avevo difficoltà a muovermi, il cazzo mi faceva male da quanto l’avevo duro, sentivo fastidio anche per il fato che avevo degli slip molto piccoli e molto aderenti che stritolavano il mio pene specie quando cercava spazio in erezione, inoltre mi sentivo un pò bagnato era il liquido che avevo visto precedentemente e che mi aveva tanto affascinato, iniziai a sorridere mentre seguivo Giacomo, quel liquido per me significava che stavo crescendo, una cosa che desiderava da sempre. Sapevo dove voleva andare Giacomo quando svoltò in un punto in cui non c’era nessun sentiero, noi ragazzini ci andavamo da piccoli per fare interminabili cacce al tesoro o per prove di coraggio visto che i nonni ci raccontavano che di notte veniva usato dalle streghe, cioè una vecchia casa in rovina. Questa casa adesso non esiste più, o meglio non come allora è stata ristrutturata ampliata e trasformata in una depandache per le vacanze, ma all’epoca non era di nessuno, un posto isolato e disabitato. Appena arrivammo mi guardò, mi prese la mano e se la portò sulla sua patta, vedendo che non la ritirava sorrise e mi portò nella stalla ( la casa era di campagna ) che era il punto più riparato, lì nella penombra si incollò a me lì in piedi. Mi strinse per una attimo smise quando io lo abbracciai, ero io che toccavo lui raramente e in modo quasi distaccato succedeva il contrario. Mentre lo stringevo, Giacomo si muoveva tra le mie braccia strusciandomi su di me, faceva in modo di farmi rendere conto della sua eccitazione, così facendo però si rendeva conto anche della mia. Si staccò da me di qualche centimetro e m disse con voce ansante: - mi è diventato enorme- - Anche a me – risposi. Giacomo ci passo su la mano come una carezza e disse: - E’ piccolo, senti il mio quanto è grosso – Allungai la mano e la misi a coppa sopra la sua patta muovendola lentamente. Giacomo dopo qualche minuto disse: - Aspetta così non puoi sentirlo bene aspetta - apri i suoi pantaloni e senza che mi disse niente posi l mia mano sopra i boxer mentre si calò i pantaloni alle ginocchia. Non ancora contento, nonostante cominciava ad emettere i primi gemiti Giacomo mi disse: - Puoi sentirlo meglio - - Come? – dissi io totalmente scombussolato, la biancheria mi sembrava il massimo in un posto come quello inoltre la durezza, il calore che percepiva la mia mano aveva come annullato la mia ragione. La frase del sentirlo meglio me lo disse sempre in seguito, me lo domandava sempre ed io chiedevo sempre come e lui mi diceva lo sai e ritirava la pancia e in modo che potessi far entrare la mano. Quella volta però Giacomo mi prese il polso e fece entrare la mia mano nei suoi boxer dicendo: - Ecco come – ed io che non sapevo ancora niente della masturbazione a parte quello che mi aveva detto lui, non facevo altro che muoverlo, prendergli le palle una sorta di fregamento o meglio un massaggio. Mentre mi trovavo in quella situazione con la mia mano che vagava, pensai alla cappella che si trovava poco distante, alla religione, al prete della parrocchie e ricordai che poco tempo prima nella confessione aveva iniziato a chiedermi se facevo atti impuri con degli amici ed io avevo negato senza capire bene che cosa intendesse. Quello che stavo facendo in quel momento era un atto impuro ? Beh anche se lo era, che Dio mi perdoni, non me ne importava niente, ed era qualcosa di imperdonabile per uno che partecipava attivamente alla messa con fare devoto. I miei pensieri furono interrotti dalle parole di Giacomo che disse: - Nemmeno così lo puoi prendere bene adesso te lo faccio vedere, perché lo vuoi vedere vero? – dissi sì automaticamente. La vista di prima non mi era bastata e nessun tipo di vista credo che mi avrebbe accontentato. Quando si abbassò i boxer anch’io feci per liberarmi, ma lui non me lo permise allargai solo l’elastico della tuta e delle mutande per dare un pò di respiro e di sollievo al mio pene ormai fradicio che mi dava una sensazione di appiccicoso. iniziai a massaggiarglielo con vigore e Giacomo ora non parlava più tutto quello che usciva dalla sua bocca erano dei versi stavolta autentici. Giacomo con gli occhi semi chiusi mi mise le mani sulle spalle e mi fece inginocchiare, lì sul pavimento sudicio e coperto da un piccolo strato di paglia della stalla semioscura con il tetto crollato in un punto. quella che era stata la casa, per così dire, di mucche o altre generi di animali era adesso l’ambiente delle nostre voglie. Una volta inginocchiato mi mise la mano intorno al suo cazzo e mi disse: - Ti ricordo quello che ti ho detto prima di come si mette la mano e come si muove? vediamo se hai imparato – ed io eseguii con passione, non c’era modo di darmi dei suggerimenti, avevo capito benissimo che voleva che lo segassi in quella posizione, naturalmente a quel tempo nessuno dei due sapeva come si faceva un pompino, o meglio non avevamo nemmeno mai sentito quella parola. Quando lo stavo muovendo da un Giacomo, che aveva il volto rosso il respiro rotto e degli spasmi in tutto il corpo mi disse: Smetti un attimo, voglio fare una cosa – detto ciò prese il suo cazzo e me lo passò su tutta la faccia così potei sentire il suo odore, un misto di sapone ( una cosa che entrambi amavamo ) e qualcos’altro che a quel tempo non sapei riconoscere, in futuro ho capito che era profumo di uomo, di eccitazione., ma acerbo in qualche modo, quasi infantile, puro, vergine. Quell’odore che era anzi un profumo mi inebriava, anzi era meglio dire che mi stordì, penavo pure a stare in ginocchio, avevo la sensazione di non essere più corporeo ma di essere acqua bollente dentro un contenitore a forma di ragazzo. Giacomo lo passò dappertutto sul mio viso sudato perfino sui capelli, anche sulla bocca che naturalmente io tenevo chiusa, come ho detto eravamo ancora inconsapevoli ed inesperti. Quando si stancò perché ormai al limite ed io con il volto pieno del suo profumo mi disse di continuare a segarlo, poi non parlò più salvo la frase: - Ti dirò io quando basta, tu continua ti fermo io – e preghiere di andare più veloce. Non durò che due minuti, si allontanò da me e eiaculò per la prima volta in modo diverso: non uscì in modo lento come in passato ma fu uno schizzo con dei piccoli getti che entusiasmarono lui e fecero quasi svenire me. Lui rimase fermo a guardare il suo sperma sulla paglia per qualche minuto, mentre io ero semi disteso per terra. Si ricompose ed io continuavo a stare lì, fu lui che mi aiutò a rimettermi in piedi e a ricordarmi che avevo delle gambe capace di sorreggermi e di camminare. Ci salutammo con calore come in precedenza, non so perché ma io mi aspettavo un grazie che non venne mai, ma potevo starci. Il ritorna a casa fu come in sogno, avevo il viso pieno del suo profumo e realizzai che a casa mia potevano accorgersene, impallidii e fui preso dal terrore. Entrai in casa in silenzio, guardandomi intorno e mi precipitai in bagno.
Mi osservai allo specchio, avevo la faccia rossa, ma avevo la scusa del caldo, ma nessuna altra traccia, ma il profumo c’era e secondo me lo avrebbero sentito tutti e scoperto i giochi con Giacomo. Mi misi con tutta la testa sotto il rubinetto aperto, mi lavai i capelli e la faccia con abbondante sapone soffrendo per quel delizioso odore che andava via, ma non potevo rischiare e non lavarmi. quando fui pulito uscii e ritirandomi nella mia stanza pensai a quando sarei tornato da Giacomo, ma no potevo prevederlo, la scuola stava per iniziare, ed io dovevo prepararmi, come lui, al rientro.

Ringrazio tutti quelli che mi hanno scritto e che mi hanno chiesto del seguito. Continuate a farlo al mio indirizzo di posta [email protected] .
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