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Gay & Bisex

Per fortuna c’è mia moglie 1


di geniodirazza
27.08.2023    |    5.330    |    1 9.3
"Andammo avanti per molto tempo, io succhiando e leccando la mazza dai coglioni alla punta, lui scopandomi in bocca come fosse nella figa che probabilmente..."
La pratica per cui ero stato mandato in missione nel capoluogo regionale si risolse più in fretta di quanto avessi previsto; mi trovai quindi con un intero pomeriggio da riempire, visto che la prenotazione per il convoglio di ritorno era stata fatta sul treno che partiva in prima serata; l'unica ipotesi che avevo già sperimentato fu cercare un cinema di periferia, dove fosse possibile stendermi a riposare e, approfittando del buio in sala, dormicchiare un'oretta.
Girando senza meta per i vicoli intorno alla stazione, individuai un vecchio cinema dove, segnale di quasi eroica resistenza di certe vecchie abitudini, si proiettavano film porno; non esitai un istante ad entrare, visto che in anni abbastanza vicini, se non recenti, avevo spesso fatto l'esperienza; ambienti e situazioni erano quelli che conoscevo bene, dalle pesanti tende tra il corridoio di accesso e la sala semivuota fino alle ombre che si aggiravano nel locale alla ricerca di occasioni.
Mi rintanai sul fondo, nell'ultima fila, sulla poltrona esterna verso la porta dei bagni, e mi distesi alla ricerca della posizione comoda per rilassarmi e dormicchiare; presto cominciò la processione degli spettatori occasionali che si avvicinavano, mi squadravano e, non percependo nessun segnale di disponibilità da parte mia, si allontanavano verso prede più facili; solo un ragazzo sulla trentina, assai ben messo, percorse tutta la fila delle poltrone per sedersi su quella vicino alla mia.
Dopo che si fu sistemato comodamente sulla sedia, allungando quanto possibile le gambe, abbassò con un gesto deciso la cerniera della patta e tirò fuori un cazzo assai notevole, di oltre una ventina di centimetri, per uno spessore assai ragguardevole; molto spudoratamente e conscio anche dei segnali che mandavo, sbarrai gli occhi di fronte a tanta abbondanza e mi sorpresi ad ammirare la bellissima mazza che l'altro delicatamente titillava esponendola al mio sguardo.
Non ero completamente ignaro di vicende omosessuali, anche se non avevo mai fatto lo step decisivo per arrivare alla penetrazione; le mie esperienze erano state soprattutto infantili e adolescenziali; avevo cominciato all’ultimo anno delle medie, tra i dodici e i tredici anni; un compagno di classe, di qualche anno più ‘vecchio’ perché aveva ripetuto due anni, mi aveva convinto a sedere nell’ultimo banco con lui.
Con una certa determinazione, mista a persuasione, mi aveva sollecitato ad infilare una mano nella sua tasca; un taglio nella fodera mi consentì di arrivare alla pelle nuda del pube dove incontrai il suo pisello, perché ancora tale era, e mi incitò a prenderlo in mano e a muovere la pelle in su e in giù per la mia prima impacciata masturbazione; la durezza del piccolo organo, sotto la morbidità della pelle che scivolava, mi sconvolse l’organismo e mi eccitai.
Lo manipolai a lungo; dalle smorfie del viso, avvertivo che godeva molto al tocco della mia mano; per tutte le ore di lezione, mi impedì di smettere e lo masturbai fino a sentire il polso dolermi; contemporaneamente, avvertivo anche un languore dolce che mi invadeva il corpo e mi abbandonai a quel piacere strano e nuovo; non arrivò ad eiaculare perché ancor non ci riusciva, ma godette molto e a lungo.
Per tutti i mesi della primavera andammo avanti con quella sega che cominciava quando ci sedevamo e finiva quando uscivamo dalla scuola; in un paio di occasioni, mi chiese di andare insieme in bagno e mi chiuse in una delle cabine, mi calò i pantaloni e mi strusciò il pisello sull’ano, ma non riuscì a penetrarmi; ogni volta ritornai in aula con un friccicorio al culo che segnalava la mia voglia di essere inculato senza averne chiara coscienza.
Con la fine dell’anno scolastico, si concluse anche la mia prima vaga esperienza con un maschio; subito dopo scegliemmo indirizzi diversi e persi di vista il mio occasionale ‘complice’; nell’istituto che frequentai successivamente, i linguaggi erano alquanto diversi, l’aura di sospetto e di condanna che circondava l’idea di omosessualità e la coscienza di quel che significava prendere in mano il cazzo di un altro mi impedirono di avventurarmi in altre ipotesi di approccio con il sesso.
Giocavo a quel tempo in una squadretta dell’oratorio e partecipavamo ad un torneo che coinvolgeva diversi paesi dell’area; alla fine di una partita giocata in trasferta, mi trovai da solo nelle docce con un ragazzo della squadra avversaria in un box a fianco al mio; udendo, coperti dallo scroscio dell’acqua, dei gemiti provenire da lì, mi affacciai senza uscire dal mio box e vidi uno dei ragazzi avversari, forse il più robusto, manipolare con gusto e gemendo un cazzo di notevole dimensione.
Era decisamente più grosso del mio e di quelli che vedevo in giro per le docce; mi sorpresi a guardarlo incantato e con una certa voglia facilmente disegnata sul viso imbambolato; quando mi scorse, allungò la mazza verso di me in un volgare gesto di offerta; quasi in trance, mi diressi all’altro box e andai a prendere in mano quella mazza meravigliosa; mossi le dita a scappellarla e vibrai di piacere al contatto della pelle di seta che andava su e giù.
Il ragazzo, di cui ignoravo persino il nome, mi strinse la nuca con una mano e mi spinse ad abbassarmi in ginocchio; il cazzo mi si levò duro e dritto davanti alla bocca; spinse col bacino e tirò la testa per la nuca; il gusto asprigno della cappella mi colpì le labbra e per la prima volta sentii in bocca il sapore del maschio; mi sollecitò ad aprire la bocca ed a prendermi dentro il cazzo; feci scivolare la mazza dolcemente tra le labbra chiuse come una figa ancora vergine.
Lo sconosciuto mi aveva afferrato a due mani per la collottola e mi usava per scoparmi in gola; dovevo resistere a conati di vomito e principi di soffocamento, ogni volta che spingeva con più foga la robusta mazza dentro l’esofago; ma godevo anche, mentre mi scopava, e sentivo l’ano pulsare e fremere dal desiderio di provare quella mazza nell’intestino; non era prudente trattenersi a lungo perché in breve i custodi sarebbero venuti a controllare e a chiudere tutto.
L’altro se ne rese conto e insisté con violenza quasi rude a scoparmi finché, con un grugnito animalesco, mi versò in bocca uno tsunami di sborra; spinsi la lingua contro il meato per frenare lo spruzzo e farlo adagiare dietro le labbra, contro le gengive; quando lui arretrò il cazzo e lo poggiò sulle labbra, ingoiai la sborra e ne apprezzai il sapore acre; continuai a leccare la mazza che mi aveva fatto godere finché si sfilò naturalmente perché era scemata la voglia.
Era il primo pompino della mia vita, quasi un battesimo alla vita da omosessuale che forse mi si prospettava; ma in realtà l’episodio rimase unico; l’anno seguente cambiai città e ambiente, sicché non ebbi altre occasioni per sperimentare il cazzo da passivo e mi dedicai, come tutti quelli della mia età, a frequenti masturbazioni e tentativi spesso fallimentari di trovare una qualche ragazza disposta a fare con me le prime esperienze di sesso.
Cominciò poi la mia carriera universitaria e non cambiarono di molto le mie abitudini; mi sorprendevo ad osservare maschi ben dotati, specialmente ammirando i pacchi che, spesso assai evidenti, segnalavano mazze interessanti; anche con le ragazze non avevo vita facile e passavo le serate quasi sempre da solo a menarmi uccello in lunghe masturbazioni favorite dalla lettura di fumetti porno o da piccoli filmati, in siti appositi, di porno prevalentemente etero.
L’occasione per una trasgressione si presentò, assolutamente per caso, un sabato sera che, come al solito, quattro sfigati, io e i miei tre coinquilini nello stesso appartamento, ci trovammo a girare per locali senza cavare un ragno dal buco, a notte ormai inoltrata, ci rassegnammo e decidemmo una indecorosa ritirata verso l’alloggio; gli altri due si ritirarono nella loro camera ed io rimasi con Rolando, quello che condivideva la stanza con me.
Avevamo bevuto alquanto e il ragazzo in mia compagnia, un torello scuro di pelo e di pelle, alquanto tozzo ma decisamente forte, robusto e con un pacco notevole, era decisamente su di giri; per tutta la sera non aveva fatto che minacciare sfracelli se avesse beccato una figa; rimasti soli noi due, le sue voglie ripiegarono anche verso un maschio, perché, parole sue, se avesse beccato almeno un culo si sarebbe comunque sfogato.
Dopo varie scherzose minacce, davvero mi brincò per le anche, da dietro, e mi piantò tra le natiche un randello che sentivo di grossa consistenza; cercai di ribellarmi, ma il friccicorio all’ano mi spinse subito a godere la mazza, più che a respingerlo sul serio; mossi le chiappe volutamente e voluttuosamente, eccitandolo ancora di più; sentii che stringeva il culo sul ventre e che faceva scivolare il cazzo fra le cosce.
Lo spinsi supino sul lettino suo, invitandolo a calmarsi e a riposare; mi pregava quasi implorando di fargli almeno u pompino, anche se non ero gay, perché ne aveva un bisogno estremo; gli sfilai i pantaloni per metterlo a letto, ma lui abbassò anche i boxer e mi sbatté in faccia una nerchia meravigliosa, di almeno una ventina di centimetri, con una cappella ormai violacea che dominava l’asta ricca di vene e di gangli.
In preda ad un raptus di libidine, afferrai il cazzo a mano piena e cominciai a masturbarlo; mi dava gioia e piacere la sensazione della pelle delicata della mazza che scivolava verso il basso a scoprire la cappella gonfia e che riportavo sopra fino a coprire totalmente la punta; raccolsi con l’altra mano i coglioni gonfi di sborra, probabilmente, e la sensazione di piacere crebbe a dismisura; cominciavo ad avvertire contrazioni dell’ano desideroso di farsi violare da quella mazza; ma avevo anche paura.
Il movimento della mano mi deliziava il corpo e cominciai a provare un piacere assai intenso a scappellarlo e incappellarlo alternativamente; quando i fremiti del corpo e le vibrazioni della mazza mi segnalarono che forse si avvicinava l’orgasmo, decisi in un lampo di frenarlo; strinsi i coglioni con forza e avvertii che il cazzo frenava l’impeto; lo lasciai riposare un momento poi ripresi il movimento della mano procurandogli di nuovo piacere; lo vidi rilassarsi e abbandonarsi al tocco della masturbazione.
Preso ormai nell’ingranaggio, abbassai la testa sul ventre e spinsi fuori la lingua per andare a leccare la punta del cazzo, dalla quale prelevai una goccia di precum; il sapore salso mi riecheggiò in mente un’esperienza precedente e godetti molto; strinsi le labbra intorno alla cappella e spinsi la mazza lungo il palato verso il velopendulo; sentivo la bocca piena di cazzo, di piacere, di libidine, di lussuria infinita.
Muovendo su e giù la testa, mi godevo la scopata in bocca; per me era la prima volta che lo facevo con tanta coscienza e desiderio; non mi turbò affatto la particolarità e mi affidai anche all’estemporaneo partner per godere; infatti, lui aveva preso a spingere il bacino dal basso verso l’alto per scoparmi in bocca e partecipava intensamente al mio piacere; mi aveva anche afferrato la testa per le tempie e dava il ritmo alla scopata.
Andammo avanti per molto tempo, io succhiando e leccando la mazza dai coglioni alla punta, lui scopandomi in bocca come fosse nella figa che probabilmente immaginava di godersi in quel momento; le strette dell’ano mi davano il senso del piacere che mi procurava la situazione particolare; ma avevo deciso di non forzare la mano fino a farmi rompere il culo, anche perché non eravamo attrezzati, per lo meno con un gel; decisi che lo avrei fatto sborrare in bocca e avrei ingoiato la sborrata.
Si girò su un fianco, mi fece assumere la posizione contrapposta e cominciò a scoparmi decisamente in gola; mi abbandonai al possesso da cui mi sentivo preso e lasciai che mi scopasse a suo piacimento fino a farmi soffocare col cazzo in gola; per cautela, presi in mano l’asta che rimaneva fuori dalla bocca e regolai la penetrazione; mi montò con la massima voglia e con il mio intenso piacere; con un urlo disumano mi esplose in bocca una lunga sborrata che ingoiai con gioia; si addormentò di pacca.
Le emozioni provate in quelle poche e piccole esperienze omosessuali da me sperimentate mi tornarono tutte alla mente, mentre allungavo la mano verso il randello del mio vicino di poltrona al cinema; una vampata di calore mi montò dall’inguine al cervello, mentre assaporavo con gusto il piacere tattile della pelle serica del cazzo mentre incappellavo e scappellavo la mazza enorme che l’altro mi aveva messo in mano.
Non sapevo se mi deliziasse di più la consistenza e il calore della mazza che manovravo o la vista delle espressioni di lui che godeva evidentemente delle mie manipolazioni; per quello che mi riguardava, non contavo più ormai le fitte di piacere che partivano dal cazzo nella mia mano e arrivavano diritte al cervello; brividi continui mi attraversavano la spina dorsale e mi accorsi che il mio cazzo era duro da fare male.
Il partner occasionale mi prese per un braccio e mi spinse a piegarmi in ginocchio davanti a lui, nonostante gli spazi limitati tra le file di sedili; mi prese la nuca e pressò la bocca verso il cazzo; dopo un attimo di esitazione, spinsi la lingua e andai a leccare la punta raccogliendo le gocce di precum; feci scivolare la mazza tra le labbra strette e mi scopai in bocca usando la lingua e il palato per accarezzare in ogni punto e su tutta la lunghezza la mazza che mi fotteva in gola.
Andai avanti per una decina di minuti leccando e succhiando amorosamente la trivella che mi percorreva tutta la cavità orale e si spingeva fin oltre il velopendulo, quasi in gola; usai la mano destra per trattenere il cazzo fuori dalle labbra e regolarne la spinta in gola per evitare conati di vomito e soffocamenti; sentivo che partecipava alla mia goduria e ogni tanto si frenava e si tirava indietro per evitare di far concludere il pompino con una sborrata.
“Perché non andiamo di là, nei cessi, per fare una cosa più completa? A me piacerebbe molto mettertelo nel culo!”
“No; non l’ho mai preso in culo; qui, senza possibilità di lubrificazione, rischio di farmi assai male, con una sberla come la tua!”
“Se sei vergine, non ti inculo; ma posso almeno scoparti fra le chiappe; sono molto belle, da quel che sento!”
“Non credo di capire bene; ma, se mi assicuri che non mi romperai a sangue, posso anche starci!”
Ci ricomponemmo approssimativamente e mi feci guidare verso il fondo, ad una lucetta rossa che recava la scritta ‘WC’.
L’ambiente era quanto di più squallido potessi immaginare; davanti ad orinatoi sporchi alcuni individui dai caratteri indefinibili stavano fingendo di orinare ma si masturbavano esponendo agli altri mazze più o meno grosse e pulite; alcuni soggetti giravano per le cabine con porte assai improbabili, nessuna chiusa bene; da qualcuna di esse si udivano gemiti di scopata; in un angolo, un giovane accosciato di fronte a un anziano succhiava un cazzo di notevole spessore.
Il mio accompagnatore spinse una porta, invitò chi stava dietro a uscire e mi fece entrare con lui; appena dentro, tirò di nuovo fuori la mazza, che finalmente mi apparve in tutte le sue grosse dimensioni; me la appoggiò su una mano e mi fece accosciare; evitai di poggiare a terra le ginocchia per lo stato del pavimento; rimasi piegato a pecora e cominciai a masturbarlo; quando raggiunse la massima erezione, lui fece pressioni dietro la nuca e mi piegai i avanti finché il cazzo mi entrò in bocca.
Mi dilettai a succhiarlo per un lungo tempo e me lo gustai sulle papille di tutta la bocca leccando, succhiando, strusciandolo sulle gote, sulle guance, sulla lingua e sul palato; più volte me lo spinsi fino in fondo alla gola e godetti di sentire che lo ingoiavo con passione e libidine; fermò più volte la spinta verso l’esofago e appoggiò la mazza sulla lingua, quasi a concedersi riposo; le mani entrarono nel pantalone e nel boxer; mi accarezzò lungamente e con libidine il culo in tutta la sua rotondità.
Quando fu all’apice del desiderio e la voglia di sborrare fu annunciata anche dal precum sempre più ricco, mi fece alzare; abbassò pantaloni e boxer fino a terra per avere maggiore libertà sul mio culo, fece scivolare in giù anche i miei pantaloni e i boxer; mi fece girare e mi piantò il cazzo fra le natiche; non avevo capito bene cosa volesse fare esattamente ma a quel punto mi toccava fidarmi; sentii che mi carezzava le natiche in tutte le direzioni.
Abbassatosi, mi passò a lungo la lingua sulle chiappe e sul perineo infilando più volte, delicatamente, la punta nell’ano e sembrava godere a sentirlo palpitate sotto la carezza lubrica della leccata; cominciai quasi a sperare che mi infilasse il grosso cazzo nel culo e mi sverginasse; ormai ero entrato nella logica di farmi scopare e, se il dolore non fosse stato troppo acuto, certamente gli avrei dato il buchetto intonso.
Invece appoggiò la mazza contro lo scroto, la lunghezza era tale che la punta usciva dal davanti, sotto il mio cazzo; allungai un mano e presi tra le dita la cappella che solleticai dolcemente; capito che mirava a scoparmi tra le cosce come fosse nel culo, spostai la punta verso il buchetto e l’appoggiai all’ingresso; non mi stavo penetrando ma la sensazione era proprio quella di essere inculato.
Per un attimo mi rimproverai di non avere avuto il coraggio di farmi sbattere nel culo quella mazza meravigliosa; dopo quell’approccio, ero certo che avrebbe fatto le cose con dolcezza e in maniera quasi indolore per me; a quel punto potevo solo prendere tutto il piacere possibile dalla situazione; spinsi indietro il bacino e sentivo il calore del ventre su tutto il culo; lui, probabilmente, avvertiva sensazioni analoghe dalle mie chiappe contro il suo basso ventre.
Di fatto, il cazzo era diventato quasi più grosso e più duro mentre lui lo spingeva avanti e indietro lungo il perineo; io sentivo la prostata stimolata e fui costretto a prendere in mano il mio cazzo durissimo e a masturbarlo con gioia; entrambi sentivamo il piacere montare con forza; mi obbligò ad una torsione innaturale del busto e del collo e mi stampò sulla bocca un bacio assai sensuale; la lingua mulinò un poco nella mia bocca, mentre si scatenava a sbattermi il ventre contro il culo finché sborrò.
“Mi hai fatto godere meglio di qualunque puttana; vorrei proprio rompertelo questo culetto vergine e caldo; non possiamo vederci ancora, in situazione migliore?”
“Anche io ho goduto molto, anche se non me la sono sentita di farmi rompere il culo; non credo che ci vedremo ancora; stanotte un treno mi porta a centinaia di chilometri e non so se e quando tornerò qui; mi porto un ricordo meraviglioso.”
Mi pulii alla meno peggio, mi rivestii e uscii quasi di soppiatto, scappando alla stazione in tempo per montare sul convoglio e tornare a casa; per tutto il percorso non feci che pensare a quella straordinaria vicenda e chiedermi se fossi un omosessuale che finalmente usciva allo scoperto o un normale individuo che aveva fatto un’esperienza nuova e diversa; l’unica persona a cui potevo parlarne era mia moglie e con lei affrontai l’argomento appena ne ebbi l’occasione.
Una sera, dopo una lunga e soddisfacente scopata, cominciai con molte reticenze ed esitazioni a porle il tema della mia particolare sessualità, spiegandole che non mi sentivo del tutto omosessuale ma che avvertivo profonde esigenze di un rinnovamento strutturale delle mie abitudini a letto; dopo solo un attimo di sorpresa, rivelò una capacità di analisi e di empatia che mi incoraggiarono e mi meravigliarono.

... continua ...
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