Lui & Lei

Equivoci


di geniodirazza
17.02.2024    |    4.783    |    0 8.5
"“ “Mentivo solo perché volevo affermare la mia libertà..."
Ci eravamo sposati abbastanza giovani, io, Mirella, ventitreenne operaia, e Marco, venticinquenne tecnico specializzato, ambedue assunti nella stessa azienda; io arrivai al matrimonio alquanto inesperta in tema di sesso e mio marito molto schivo e riservato sull’argomento; per un paio di anni le cose filarono lisce sul binario di un grande amore che non cercava momenti eccezionali di passione o di sesso; ci bastava farlo spesso e con molto decoro.
La crisi si avviò surrettiziamente, senza nessuna coscienza da parte mia, una volta che, nella sosta per il caffè, accanto alle macchinette apposite, tra le operaie si avviò un discorso sulle trasgressioni, strano e pericoloso per me; per natura timida e introversa, soprattutto nei contatti con gli altri, non partecipavo ai colloqui che presto deviarono sulle esperienze individuali; addirittura mi scandalizzai quando capii che tutte trovavano normale qualche cornetto fatto a mariti o a fidanzati.
Non dicevo niente, ma assorbivo come una spugna tutti i discorsi e mi trovavo spiazzata a verificare che donne che ritenevo morigeratissime e fedelissime rivelavano di aver fatto esperienze con cazzi diversi da quello legittimamente posseduto; mi colpivano molto i discorsi di due, in particolare, che sembravano quasi rancorose contro i ‘maschi’ in genere e predicavano la necessità una totale libertà nell’uso dell’utero da parte di donne moderne e coerenti con la temperie culturale del momento.
Effettivamente, trovavo che fosse giusta l’idea che, come i maschi erano in perenne ricerca della figa, anche le donne cercassero di provare, anche attraverso cazzi diversi da quello matrimoniale, il piacere per la figa; tacevo quasi scontrosa, ma mi riservavo di affrontare l’argomento con mio marito per capire fino a che punto, come suggerivano le due, fosse capace di rispettare la mia libertà, se avessi deciso di sperimentare qualcosa di nuovo.
Nel fine settimana, che trascorremmo quasi per intero in casa, affrontai l’argomento con Marco e gli chiesi cosa pensasse della libertà sessuale all’interno della coppia; mi sorrise quasi irridente e mi fece osservare che ci eravamo sposati sulla base di un sacramento che prevedeva come fondamento, oltre alla monogamia, le fedeltà e la lealtà; qualunque devianza poteva anche essere ipotizzata ma solo all’interno di un’armonia intoccabile tra i due coniugi; lui, evidentemente, non l’avrebbe accettata mai.
Non osai ribattere, anche perché non avrei avuto argomenti da contrapporre all’osservazione che il nostro era un matrimonio monogamico, benedetto dalla chiesa e quindi intangibile; ma la curiosità non era affatto soddisfatta e nei giorni seguenti aguzzai le orecchie per sentire ancora le campane opposte a quella di mio marito; mi ci volle poco a convincermi che stava esercitando su di me una pressione nascosta per rendermi ‘angelo del focolare’ alla stregua di mia nonna.
Se esitavo molto, per carattere, prima di parlare, ero capace però di agire assai prima di avere analizzato i singoli gesti, come sapeva bene mio marito che più volte aveva dovuto accettare come ‘capricci’ alcune mie scelte improvvide o totalmente sbagliate; in quell’occasione, mi scattò quasi automatica la scelta di fare qualche prova, prima di decidere da che parte pendesse la bilancia; cominciai a guardarmi intorno con interesse.
Da fidanzata, mi ero lasciata andare talvolta a manipolare il cazzo di qualche amico, in occasione di feste particolari dove l’alcool, qualche canna e l’atmosfera generale avevano creato i presupposti per momenti ad alto tasso di libidine che mi avevano spinta a ‘giocare’ col sesso di estranei; Marco aveva glissato, dopo che lo avevo rassicurato che era stato solo il capriccio incontrollato di un momento; lo stesso fece quando praticai qualche pompino in cui ero molto brava.
La motivazione ufficiale fu che, in fondo, una masturbazione o una fellazione possono facilmente classificarsi tra i capricci innocenti e non incidevano quindi su fedeltà e lealtà; in me però si era radicata la convinzione che mani e bocca potevano considerarsi ‘innocenti’ e non gravare sulla lealtà nei rapporti; di lì a scegliere di sperimentare almeno qualche sega o qualche pompino il passo fu assai breve e decisi che, imponendone qualcuno a mio marito, avrei solo sperimentato la sua modernità.
Una mattina che ero in mensa per fare colazione, mentre mio marito ai piani superiori ‘lottava’ con pratiche sindacali, di cui si occupava attivamente, e col lavoro ordinario di manutenzione, decisi che poteva essere il momento giusto per mettere in pratica il mio progetto di ‘trasgressione’; suggerii, ad un operaio che mi intrigava molto, di seguirmi nel vicino bagno e lo portai con me nella cabina per le donne.
Chiusa la porta alle spalle, lo avvolsi in un bacio avvolgente molto lussurioso, col quale lo stordii con la grande passione di cui ero capace; mentre le sue mani si avvinghiavano al mio corpo, tastandomi culo, seno e figa con evidentissima voglia, gli aprii la zip del pantalone, tirai fuori un uccello di buona consistenza, almeno diciotto centimetri per un’ottima circonferenza, e cominciai a masturbarlo coi gesti sapienti e libidinosi che avevo appreso da mio marito sin da adolescente.
Fin da ragazza, alle medie, avevo maneggiato cazzi più o meno consistenti; con Marco, mi ero perfezionata a masturbarlo con tecnica raffinata accelerando o rallentando a piacimento i movimenti e la mano per farlo sborrare quando a me piaceva; mai però avevo avvertito con tanto godimento il piacere fisico di sentire sotto le mani la consistenza serica della pelle che scorreva sul cazzo che masturbavo.
In quel momento, la situazione precaria di farlo in un bagno dove in qualunque momento qualcuno poteva entrare per le sue necessità; la coscienza di trasgredire a norme che cominciavano ad andarmi strette e alle quali avevo deciso di ribellarmi; la novità assoluta delle sensazioni che il cazzo sconosciuto mi procurava, tutto l’insieme decisamente pericoloso, mi scatenavano sensazioni indicibili di piacere fisico e mentale che resero quella sega una novità assoluta di libidine.
Dovetti frenarlo più volte quando cercò di farmi spostare per appoggiarmi a pecorina sul lavandino e scoparmi in figa o nel culo; non volevo andare oltre la masturbazione o la fellazione, al massimo; glielo dissi chiaro e si adeguò; mi afferrò i seni e mi titillò i capezzoli provocandomi un intenso piacere; infilai la mano libera tra e cosce e diedi vita alla doppia masturbazione più succosa che ricordassi; considerato che potevano aver bisogno del bagno, accelerai la masturbazione e lo vidi sborrare con gioia; godetti con lui.
Anche la sborra che sgorgava con violenza dal meato e si andava a schiantare contro la parete del bagno, segno evidentissimo della pari eccitazione che provava il ragazzo a farsi masturbare da me, mi scatenò nelle viscere una serie di strizze violente che resero ancora più forte l’emozione dell’orgasmo che raggiungevo mentre guardavo il flusso di crema bianca e viscosa a cui non avevo quasi mai fatto caso, nemmeno quando l’avevo ingoiata dopo un ricco pompino.
Uscimmo rapidamente e cautamente; mi sentii quasi orgogliosa di avere fatto qualcosa ‘controcorrente’ e di averlo deciso e realizzato da me, per me; subito dopo mi colse il senso di colpa per quello che dovevo confessare a mio marito, e che non poteva facilmente essere fatto passare per un capriccio in un momento particolare di emozione; ma ero determinata, in qualche modo, a parlargliene perché non si configurasse come tradimento.
Ma quando, a casa, accennai a parlare di masturbazione abusiva, lo vidi così imbestialito che decisi di soprassedere, anche perché non avevo intenzione di fermarmi e, se avessi parlato, mi sarei probabilmente preclusa ogni possibilità di ripetere l’esperienza; tacqui ed avviai così la ‘stagione dei segreti inconfessabili ’che avrebbe caratterizzato la nostra convivenza in quel periodo; nella mia lucida follia, ritenni che non c’erano i presupposti per una rottura e mi abbandonai al piacere e alla voglia di sesso alternativo.
Nell’arco del mese successivo, ancora quattro volte mi portai in un bagno un operaio che mi stimolasse e lo masturbai con tutta la mia maestria, ricavandone un intenso piacere soprattutto mentale, perché godevo specialmente di sapere che contravvenivo alle ‘prediche’ di mio marito su fedeltà e lealtà; in fondo, i suoi beceri tentativi di controllarmi e di imporre il suo modo di vedere il matrimonio erano scoperti e lui era solo un maschio alfa da combattere e sconfiggere.
Intanto, davanti a un cazzo che diventava duro e si ergeva come un campanile tra le mie mani per sgonfiarsi e scaricare fiotti di sborra quando le mie manipolazioni lo stimolavano al punto giusto; insomma, le pratiche manuali sperimentate in bagno mi avevano più volte stimolato, mentre mandavo su e giù la mano dai coglioni alla punta, a desiderare di assaggiare sotto la lingua quella mazza intrigante; solo una volta accennai ad abbassarmi fino a lambire con la lingua il meato su cui era comparsa una goccia di precum.
Quando però il lui del momento, uno sconosciuto di cui mi sarei dimenticata appena usciti dal bagno, tentò di spingermi a forza la testa sul cazzo, mi prese l’ansia che qualcuno mi sorprendesse in piena fellazione e lo respinsi; decisi che solo in condizioni più idonee mi sarei concessa ad un passo ulteriore, quello del pompino, per rimanere ancora al di qua del tradimento vero, quello del cazzo nella figa o nel culo.
L’occasione non tardò ad arrivare e, un mese circa dalla prima sega in bagno, mi lasciai agganciare da un caporeparto che mi invitò a salire sulla sua auto per accompagnarmi a casa, al termine di un turno serale; sapevo bene che intendeva scoparmi in auto, ma mi imposi di rimanere al di qua del limite del tradimento vero; al massimo, gli avrei concesso un saporito pompino e lo avrei stordito con la mia abilità con la bocca.
Si imboscò immediatamente nel parcheggio vuoto di un supermercato nei pressi della fabbrica e, appena fermo, mi aggredì con un bacio violento e aggressivo; la bocca che aspirava la mia con lussuria infinita, la lingua che mi ingombrò rapidamente tutta la cavità orale mi stimolarono ad un duello in cui ero abilissima; mi trovai a succhiare come avessi in bocca un piccolo cazzo; ebbe immediato il senso di quello che sapevo proporgli e abbassò rapidamente la cerniera del jeans.
Infilai la mano nell’apertura e incontrai dal vivo un cazzo duro e grosso, di certo non superiore a quello di mio marito; ma non era il confronto, quello che stimolava; mi bastava sapere che stavo passando ad un livello superiore di trasgressione; a quel punto, quello che Marco pensava non aveva peso per me; si sarebbe tenuto le corna, se così le voleva valutare, o avrebbe chiesto il divorzio; ma, in quel caso, non avrei avuto remore e avrei lottato per fargli tutto il male possibile.
Ormai, ogni valutazione mi appariva superflua; l’unica cosa interessante era la mazza che carezzavo dai coglioni alla punta; lui aveva abbassato pantaloni e boxer fino alle caviglie per offrirmi il cazzo nella massima evidenza; allungò una mano sulla schiena, andò a tastare il buco del culo e titillò a lungo la figa ormai grondante; riuscii a raggiungere un orgasmo soddisfacente prima che lui sborrasse.
Quando mi prese la testa per abbassarla sul cazzo, non ebbi nessuna difficoltà a prenderlo in bocca fino a toccare con le labbra i peli del pube; quando misi in atto la pluriennale esperienze di pompino a mio marito, ebbi chiara la convinzione che gli si fosse aperto un mondo quasi sconosciuto; anche se era un habitué della discoteca e forse un pompino glielo facevano spesso, vidi che strabuzzava gli occhi; la mia felicità fu incommensurabile, quando mi resi conto che stavo dominando un maschio.
Era questo, quello che mi ero ripromessa, umiliare un maschio e costringerlo al mio volere; neppure mi accorgevo che io stavo calpestando ogni regola di convivenza civile, dal rispetto degli altri alla lealtà a mio marito, dalla chiarezza alla fiducia, e che quello sconosciuto stava solo strappando dalla mia bocca il suo piacere; la distorta visione delle cose mi spingeva a credermi dominatrice, mentre offrivo ad un tizio qualsiasi di dominarmi in spregio ad un grande amico, prima che legittimo consorte.
Peggio ancora, credette di farsi più maschio dandomi della puttana ed obbligandomi a prendere fino in gola il suo arnese che spingeva con inutile violenza; quando urlò di piacere contro il ‘cornuto’ mi sentii ferire, ma la parte ‘femminista’ di me mi suggerì che lo meritava; mi impegnai a titillare il cazzo con la bocca e in dieci succhiate gli strappai l’anima dai coglioni e la presi in bocca sotto forma di calda sborra che sputai in un fazzolettino.
Mi feci rapidamente accompagnare a casa, per evitare ritardi che non avrei saputo giustificare; entrai quasi trionfante e stampai un bacio sulla guancia di Marco, evitando la bocca perché non avvertisse, sensibile come era, il vago sapore di sborra che certamente mi era rimasto in bocca; quella sera cercai di scopare al meglio delle nostre solite prestazioni, ma avvertivo in lui una certa esitazione, come se avesse sentore delle corna che gli stavo facendo.
Trascorse senza scosse un mese segnato, per me, da frequenti masturbazioni nei bagni dell’azienda e da fellazioni in macchina, quando avevo il turno serale e Marco mi aspettava a casa; quasi quotidianamente mi mettevo ad ascoltare, con aria falsamente indifferente, i discorsi che le compagne di lavoro facevano sulle devianze e mi fissai su quelle che riguardavano i cornuti contenti, i cuckold, gli slave e soprattutto i mariti che cercavano ad ogni costo di nascondere la loro omosessualità o bisessualità.
Poiché ormai ero convinta che mio marito glissasse apposta i discorsi sul sesso e fingesse di ignorare quello che tutta l’azienda sapeva, cioè che sua moglie era la pompinara preferita dalle maestranze e la regina della masturbazione nei cessi; decisi che quelli erano i veri segnali che, dietro l’apparente grande validità di amante, Marco nascondesse una natura bisessuale o omosessuale e che le remore sulle corna nascondessero un autentico cuckold.
Quando la pratica del piacere manuale ed orale mi venne a noia, si fece largo in me la convinzione che dovevo fare il passo successivo; nel mio delirio di onniscienza, ero convinta che avrei fatto anche l’interesse di mio marito, se l’avessi obbligato a prendere atto della sua ‘diversità’ e a confessare apertamente la sua gioia di vedermi scopare con un altro uomo; un cazzo in figa o nel culo, senza amore, non poteva, nella mia logica, incidere minimamente sul nostro matrimonio.
L’occasione per fargli le corna me la offrì indirettamente lui stesso quando mi fece osservare che, con i nostri orari, avrei avuto la possibilità di tradirlo molte mattine; intatti, lui aveva un turno fisso, dalle sette alle quindici o poco oltre, in caso di straordinari; io invece ero soggetta ai turni e lavoravo, ciascuna settimana, la mattina fino alle quindici oppure di pomeriggio dalle quindici alle ventitré o di notte dalle ventitré alle sette; nelle settimane con turno pomeridiano o notturno la casa di mattina era libera per me.
Lui parlava per celiare, forse; ma nella mia lettura era un autentico suggerimento per dirmi che quando avevo turno pomeridiano o notturno potevo ricevere gli amanti nel mio letto fino al momento di andare al lavoro oppure fino a che lui tornasse a casa.
Ormai ero in piena perversione e fermamente determinata ad imporre al ‘mio maschio’ le nuove regole che volevo imporre e che lo vedevano schiavo al mio piacere ed alle mie voglie smodate; presi il commento ironico come un’indicazione di ‘strategia del tradimento’ e decisi che, appena me ne fosse capitata l’occasione, avrei messo a frutto le valide indicazioni; non dovetti aspettare molto; un ragazzo di recente assunto mi intrigò fortemente ed aveva turni coincidenti ci miei.
Quando cominciò a tampinarmi per accedere anche lui alla mia mano o alla bocca, non esitai a proporgli di venirmi a trovare a casa una mattina in cui eravamo di turno nel pomeriggio; puntualmente, intorno alle dieci bussò al campanello e lo ricevetti in vestaglia sul corpo nudo, visto che ancora poltrivo a letto quando era arrivato; restò un poco impalato di fronte alle mie forme esuberanti e dovetti scuoterlo con un buffetto per fargli riprendere tono; era veramente giovane e speravo anche vergine.
Si riscosse, mi abbracciò in vita e premette con forza le sue labbra sulle mie forzandole con la lingua; le aprii sensualmente e lasciai che percorresse tutta la mia bocca, dal palato alle tonsille, con la sua lingua morbida, capace di darmi sensazioni meravigliose di piacere ad ogni tocco; intanto, le mani correvano verso il culo che afferrò con gesto lussurioso e trasse a sé, per farmi sentire con maggiore vigore la potenza del cazzo ritto dentro le mutande e i pantaloni.
Abbassai la mano destra e andai ad afferrare la mazza, di cui perlustrai tutta la lunghezza e la grossezza, ricavandone fremiti di lussuria che cominciarono a farmi sentire caldo; ma quel giovanotto mi toccava così abilmente che la mia vulva si era già scaldata al limite della temperatura orgasmo.
Quando si piegò sul mio petto e mi aprì la vestaglia per impossessarsi di un grosso e vibrante capezzolo, da alcuni minuti ritto come un fuso, mi venne spontaneo di aprila e far esplodere le mie tette davanti ai suoi occhi; forse era anche abituato ad ammirare tette molto belle, ma non nascose un immenso piacere mentre affondava il viso tra i meloni che offrivo alla sua bocca.
Mi succhiò devotamente i capezzoli alternandosi su ciascuno, poi mi leccò le aureole e mi mandò ai pazzi, tanta fu la sollecitazione dei miei organi di sesso; cominciavo a sbrodolare e sentivo gli umori scorrermi lungo le cosce, mentre elegantemente mi cavavo la vestaglia facendola scivolare ai miei piedi, da dove la spinsi lontano con un calcio; con un’eleganza ed una passione che non mi aspettavo, si chinò e baciarmi la vulva e sbrodolai ancora, per la lussuria.
A quel punto non gli restò che spogliarsi; mi spinse delicatamente sul letto, a sedermi sul bordo, cavò via camicia e pantaloni rimanendo in slip e calzini; si accostò e mi presentò il pacco enorme davanti agli occhi; presi lo slip per l’orlo e lo abbassai lentamente, per godermi al massimo lo spettacolo della mazza che emergeva prepotente davanti a me; quando l’elastico superò la cappella, il mostro mi balzò letteralmente tra gli occhi ed io lo vidi immenso nella sua bellezza.
Aprii le labbra, tirai fuori la lingua e cominciai a leccarlo con gusto, mentre dal mio ventre fiumi di umori si scatenavano e si riversano fra le cosce dalle grandi labbra che non arginavano più niente ma si spalancavano in attesa dell’invasore meraviglioso; finalmente l’arnese penetrò per quasi tutta la sua lunghezza nella mia bocca, fino ad ingombrarmi pericolosamente la gola; ed io lo succhiai come il più prelibato dei dolci e lo stimolai quasi a cercare lo spruzzo finale.
Ma il ragazzo era troppo voglioso per cedere al primo assalto; cominciò a pomparmi in bocca provocandomi conati di vomito e sensazioni di strozzamento ogni volta che spingeva più in dentro verso l’esofago e scatenando continuamente brividi di lussuria che mi facevano colare come una fontana rotta; e pensare che negli ultimi mesi non avevo quasi più orgasmi, almeno non così intensi e rapidi; adesso avevo voglia veramente di sentirlo nel mio corpo, quel cazzo, da dovunque volesse sfondarmi.
Lui aveva ancora qualcosa in serbo per me; lasciandomi seduta con i piedi ancora sul pavimento, spinse il busto sul letto e mi divaricò le gambe; mi trovai così scosciata davanti a lui che si abbassò sui talloni ed accostò la bocca, di cui avevo già sperimentato la capacità di succhiare come un’idrovora, direttamente sulle grandi labbra che risucchiò letteralmente, strappandomi un urlo disumano di piacere; la lingua si insinuò in figa ed accarezzò le piccole labbra, prima, e il clitoride, infine, che subito dopo venne aggredito e risucchiato nella bocca.
Diede il via, così, al più intenso e lungo cunnilinguo che mi fosse mai capitato di ricevere; per favorirlo, sollevai le reni e spinsi verso di lui il monte di venere; capì il mio desiderio di spalancarmi tutta davanti alla bocca, mi prese le caviglie e se le portò dietro al collo, prese le natiche e sollevò il culo più in alto possibile, con grande sforzo sulla mia cervicale, che dopo avrei pagato, ma che al momento mi esaltava e mi eccitava; la lingua cominciò a spaziare tra figa e culo, solleticando con maggiore intensità il clitoride e l’ano, che diede i primi segni di volontario cedimento ed apertura ad una possibile penetrazione.
Mi fece urlare due, tre volte, per l’intensa goduria; poi mi adagiò di nuovo sul letto e mi fece spostare supina al centro del materasso; scivolò quasi sul mio corpo finché mi sovrastò, si collocò tra le cosce e poggiò la cappella alla figa; mi abbracciò con foga e mi strinse le tette tra le mani; poi si spostò di colpo ed io lo sentii entrare, quasi dolorosamente, fino in fondo all’utero per tutto il tempo previsto dalla disponibilità della camera, il cazzo non si fermò, sul mio corpo, mentre la figa non fece che versare umori sempre nuovi e sempre caldissimi di voglia.
Mi scopò a lungo; poi si spostò tra le tette e si fece fare una spagnola che avrebbe dovuto stenderlo e invece lo lasciò con il cazzo ritto come un obelisco, che diventava quasi più duro e grosso a mano a mano che mi scopava; poi mi chiese se volevo per caso provarlo nel culo; gli dissi di si, a patto che non mi facesse male; gli suggerii di usare il lubrificante vaginale che portavo in borsetta; quando l’asta mi scivolò nel retto, avvertii solo un immenso, intensissimo piacere, anche se il pacco intestinale era sollecitato notevolmente dalla stazza del membro che penetrava profondamente.
Appena cominciò a cavalcarmi nel culo, godetti come una scimmia e gli chiesi di fare agire me a smorza candela per ammirare di più la penetrazione anale e potermi agevolmente titillare la figa per cercare di godere anche dal culo; in questo, fu un grande amante perché riuscì a cogliere e a favorire le mie scelte; mi montò nel culo alla grande per più di un quarto d’ora; quando si accorse che il tempo scorreva e che entro poco la nostra scopata doveva finire, mi chiese dove preferivo che sborrasse.
Non ebbi esitazioni e gli suggerii di venirmi in bocca; quasi allo scadere del tempo previsto, il cazzo finalmente cedette ed eruttò una lava di sborra che ebbi qualche difficoltà ad accogliere nella bocca, ma di cui non lasciai cadere neppure una goccia.
Non fu che la prima delle scopate che mi concessi nei mesi successivi; ormai incancrenita nella tigna di piegare Marco a me, scopai con chiunque mi dimostrasse un certo interesse; in fondo, volevo umiliare il maschio alfa e non conoscevo altro percorso che quello delle corna; se si fosse piegato a parlarmi e avesse accettato di essere il cornuto contento che volevo, forse avrei rinunciato a umiliarlo come sapevo che stavo facendo; se si ostinava a resistere, era solo sua la colpa delle corna.
Marco forse non aveva neppure chiara coscienza di quello che facevo nel tempo libero, preso dagli studi per essere il migliore nel suo lavoro e dall’attività col sindacato per essere pronto ad ogni iniziativa; io però continuavo a crogiolarmi nella convinzione di essere nel giusto e aspettavo che si decidesse a farsi schiavo del mio piacere; ormai il mio desiderio più intenso, forse per l’amore che gli avevo portato, era vederlo osservare con amore le mie reazioni mentre mi facevo sbattere dal grosso cazzo di un altro.
Poiché non vedevo nessuna luce di prospettiva, una sera, subito dopo cena, lo avvertii che di lì a poco sarebbe venuto un ragazzo con cui avevo talvolta scopato con gusto, per via della grossa mazza di cui disponeva; lui doveva stare a guardare per tutto il tempo che mi sarei sollazzata col giovane e alla fine avrebbe dovuto raccogliere dalla figa lo sperma di lui; se era anche frocio, come io ritenevo, avei chiesto al mio amante di inculare anche lui.
Marco mi guardò stupito, inebetito, incapace di pronunciare anche una sola parola; proprio in quel momento il ragazzo che avevo invitato bussò alla porta ed andai ad aprire; mentre lo guidavo abbracciato verso la camera, gli sfilai i vestiti e cominciai a leccarlo dappertutto; mio marito, come se si risvegliasse da un incubo, uscì e sbatté la porta dietro le spalle; lo mandai al diavolo con un gesto di fastidio e mi dedicai al nuovo venuto.
Non fu la scopata memorabile che mi ero prefissa; mancava la componente essenziale, l’umiliazione dell’individuo alfa e delle sue pretese di controllo sulle mie scelte; mi incazzai come una bestia, forse perché per la prima volta mi scontravo con la realtà della sua opinione opposta alla mia; riuscii comunque a rabberciare una buona scopata e a far godere il ragazzo impacciato dalla situazione; mi ripromisi di fare molto male al tiranno che mi voleva schiava di lui; e intanto mi piegavo ad un imberbe e mi facevo sbattere.
Non riuscii a parlare con Marco per i mesi successivi; mi rivolsi ad un avvocato per chiedere la separazione a costi altissimi per il mio consorte; alla sentenza finale, lui si trovò ridotto a ricorrere alla Caritas per avere un posto letto e un pasto caldo; gongolai a lungo, vantandomene con le compagne di lavoro; ma mi resi conto che ero profondamente disistimata per avere equivocato il significato dei termini; il disprezzo maggiore fu per le lesbiche che mi avevano istigato, indirettamente.
Dopo qualche mese di bengodi, il mio ex marito, caduto in depressione, perse il posto di lavoro e finì sotto i ponti; nonostante che mi dimostrassero scientificamente che avevo preteso di imporre qualcosa che normalmente è frutto di un rapporto armonioso e leale, non recedetti dalla mia tigna che tutto mi fosse dovuto da un miserabile che per qualche scopata aveva distrutto il matrimonio; Lucia, l’unica che mi fosse davvero amica, mi rimproverò che facevo diventare colpa degli altri le mie pecche.
Scivolarono via ancora sei mesi; l’unica novità rilevante fu che persi l’assegno che il mio ex marito mi aveva versato per pochi anni di matrimonio infelice; alla mia rabbia bastavano la casa che mi era stata assegnata e il conto comune che avevamo accumulato; per quel che mi riguardava, Marco poteva anche essersi suicidato; non mi smuoveva niente; forse poteva essere un bene per lui smettere di fare il prepotente e diventare umano almeno col suicidio.
Una mattina osservai il vestito di Lucia mentre si cambiava nello spogliatoio; mi congratulai per la bellezza dell’abito firmato che sfoggiava e le chiesi conto della ricchezza che improvvisamente mostrava; mi rispose che era frutto del benessere che aveva raggiunto col compagno; la guardai sorpresa, perché non avevo notizia di un suo legame affettivo; personalmente, la ritenevo una single inossidabile; mi limitai a chiederle se lo conoscessi.
“Molto bene, direi, visto che si tratta di Marco ... “
“Intendi Marco mio marito?”
“Ex, amica cara, solo ex; sì, una sera mi invitò a cena e finimmo a letto; scoprii così chi fosse veramente l’uomo da te classificato frocio, impotente, cornuto contento, minidotato e inetto; bella stronza! Te le sei inventate proprio tutte ... “
“Mentivo solo perché volevo affermare la mia libertà ... “
“Ti riferisci all’abitudine di piegarti a novanta gradi davanti a caproni che ti trattano come una bambola di gomma per slabbrarti culo e figa? Hai le idee molto chiare su omosessualità, libertà, sentimenti e affini! E’ stata la lezione delle lesbiche a farti crescere?”
“Forse ho commesso qualche errore e ho esagerato nelle finzioni; ma quello stronzo del tuo compagno non ha mai cercato di parlare e adesso fa la fame come merita ... “
“Tu continui ad usare la figa per ragionare; forse nel cervello hai solo sborra! Ieri sera, io e il mio compagno ‘che fa la fame’, come ti illudi tu, eravamo a cena col sindaco e col governatore; Marco è uno degli uomini più potenti della regione; è vice di don Cesare, il discusso capofamiglia di quei criminali di cui si parla tanto con paura e con rispetto ... “
“Come è successo tutto questo? Lui, così riflessivo, coerente, ligio alle leggi ... “
“Finché una tarantola non l’ha morso; quando Dario, si proprio quello conosciuto come il ‘Macellaio’ perché gode del sangue di quelli che tortura, vide sotto un ponte il suo amico di infanzia che aveva scelto la strada della legalità, mentre lui diventava un criminale; quando vide in che stato l’aveva ridotto una puttana senza dignità che lui ingenuamente aveva sposato; insomma quando vide l’amico fraterno malconcio, se ne prese cura e lo ‘adottò’ tra i suoi; tutti scoprirono che era una mente geniale.
Ne parlò con don Cesare e in tre mesi Marco occupava un posto di rilievo nell’organigramma della famiglia; stai attenta perché Dario e certi altri ragazzi avrebbero tanta voglia di prendere te e i tuoi amanti e farvi pagare le pene che avete imposto al suo amico di infanzia, facendovi provare il dolore che sanno procurare alle vittime; se si incazza assai, può anche arrivare ad ucciderti; devi ringraziare il mio compagno, e tuo ex marito, se siete ancora vivi, tu e i tuoi caproni!”
“Stai dicendo che Marco si è venduto alla criminalità, dopo avere per anni resistito alle tentazioni?”
“Sì, carissima; ti ho già detto che il morso di una perfida tarantola l’ha indotto a cambiare vita e comportamenti; stiamo aspettando che arrivi il divorzio, perché vogliamo sposarci; intanto, abbiamo avviato i lavori per avere un figlio che certifichi il nostro amore; ti consiglio vivamente di sparire, con la tua arroganza e i tuoi equivoci da ragazzina; se ti metti tra me e il mio uomo, sappilo, chiederò io a Dario di fare il lavoro che vorrebbe fare; gli direi anche di farlo assai lentamente e dolorosamente; poi Marco verrebbe senz’altro a piangere al tuo funerale, da vedovo inconsolabile e cornuto; io lo accompagnerei e sarei felice perché non dovrei aspettare la sentenza di divorzio per prendermi l’amante migliore del mondo!”
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