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Lui & Lei

Una saga familiare 2


di geniodirazza
04.01.2024    |    1.022    |    0 9.2
"Scelsero la linea del temporeggiamento e cominciarono a sollevare migliaia di obiezioni per ritardare l’esecuzione della ripartizione di beni, dopo la..."
Ormai incancrenita nella pietosa illusione di coltivare un amore fanciullesco e gratificante, quasi da vergine casta e pura, Ornella riprese ad organizzarsi soprattutto per scopare nel letto matrimoniale, quando il marito era in giro per affannarsi dietro gli impegni e i guadagni; in una di quelle occasioni, si trovarono, lei e il suo ganzo, sdraiati sul letto, fianco a fianco, con le mani sui sessi, quasi a rendere fisico il piacere di incontrarsi ancora e di possedersi fino a stremare; lei gli chiese se si sentisse ancora sconvolto; lui fu costretto ad ammettere che gli era capitato qualcosa di mai provato, ma che era felice di essere lì, con una donna straordinaria per una scopata che sperava inimitabile e pronto a darle tutto quello di cui era capace.
“Io voglio tutto da te, il lecito e l’illecito, il già visto e quello da scoprire; non sono vergine, da nessuna parte, ma voglio percorrere con te tutti i sentieri dell’amore e del sesso come se per miracolo fossi di nuovo la ragazzina che scopre la realtà dell’amore e del sesso; se ‘rischio’ momenti come questo, ti assicuro che vale sempre la pena … “
“Il problema sarà che io voglio solo ed esattamente quello che tu vuoi chiedermi, anche di giudicare vergini fori abusati da sempre; dimmi cosa vuoi che facciamo e sarò il tuo impeccabile compagno di viaggio.”
“Chiaro che ti voglio in tutti i buchi, anche nel culo, stavolta; ho capito che hai poca esperienza nell’usare il cazzo, comunque hai una signora mazza e dobbiamo solo procurarci del lubrificante, non voglio rischiare una emorragia facendomi lacerare l’ano; il culo te lo darò, appena avremo della vaselina o del buon sapone alternativo; voglio succhiarti l’anima dal cazzo e bere la tua sborra; voglio prenderti fra le tette, su tutto il corpo; voglio sentirmi posseduta e amata, adorata e carezzata; ce la fai a darmi tutto?”
Si spogliarono reciprocamente e lentamente; Ornella era felice di vedere come lui la accarezzava e la leccava, a mano a mano che gli abiti cadevano; sentiva i capezzoli vibrare e irrigidirsi, quando lui li strinse fra le labbra e fra i denti, uno per volta; e si abbandonò al piacere di sentire le dita e la lingua che passavano su tutta la superficie del corpo, dal viso alla gola, dai seni al ventre, a mano a mano che li portava alla luce; quando cadde anche lo slip, aspettò con ansia che toccasse alla figa essere deliziata da mani e lingua.
La spinse carponi sul letto e prese a leccarla da dietro; un poco la disorientava dover guardare il lenzuolo mentre alle sue spalle si scatenava il paradiso terrestre; ma le sensazioni che le dava la figa leccata e penetrata dalla lingua come da un piccolo cazzo ripagavano largamente la postura non straordinaria; quando poi la lingua passò a spatola dal monte di venere all’osso sacro coinvolgendo culo e figa, si abbandonò a fuochi pirotecnici che esistevano solo nei suoi occhi.
Sentì che lui si era sistemato in ginocchio dietro il culo e che il cazzo mirava alla figa; entrò come spada e affondò fino a farle sentire male; accompagnò la penetrazione con un gemito lungo, di estrema goduria; sentì le mani che le artigliavano i lombi e il culo sbatté contro il ventre con uno schiocco tipico; le mani si spostarono e abbrancarono le tette, leggermente appese, per la posizione; capì che l’azione era anche funzionale perché i colpi contro il culo erano duri, lussuriosi; urlava ad ogni botta e godette senza fine.
Non avrebbe voluto più rinviare l’inculata; in quella posizione, con la disponibilità che sentiva di avere, per libidine, per passione, forse per un pizzico d’amore, prendere la mazza nel culo sarebbe stata la conclusione più bella; sborrò ancora tre volte, mentre lui resisteva; era riuscito a controllarsi e le dava tutto l’amore di cui era capace senza le sborrate che lo avrebbero ridotto a uno straccio; per lei era assai più semplice e poteva godere quante volte voleva; si sfilò dalla figa e la spinse supina sul letto; si piegò su di lei e le succhiò vogliosamente i capezzoli; Ornella sentì l’emozione partire dalla figa e attraversare tutto il corpo fino al cervello; gli prese i capelli e spinse la testa verso il basso.
Lui afferrò il clitoride tra le labbra e, subito dopo, tra i denti; lei urlò il piacere degli orgasmi violenti che la succhiata le dava e gli strinse la testa spasmodicamente; lo bloccò e guidò il corpo a ruotare finché ebbe in faccia il cazzo durissimo che si alzava dal ventre come una spada; lui colse l’intenzione del 69 e ribaltò la posizione per avere davanti agli occhi la figa rorida e il culo scultoreo; cominciarono la leccata più saporita e lunga che avrebbero potuto immaginare.
A gesti, lei gli fece capire che dovevano alternarsi nella funzione attiva per non accavallare le emozioni; lei si bloccava e si lasciava strappare l’anima dalla figa; poi gli stringeva la testa, lo frenava e si dedicava all’obelisco che si levava dal ventre; lo leccava, lo succhiava, se lo faceva scivolare fino alla gola e ne gustava tutto l’afrore, l’aroma, il desiderio; avvertiva ogni tanto lo sforzo che lui faceva per frenare una sborrata che poteva essere rinviata ancora solo per poco.
Anche Tiago capiva che era quasi al limite della resistenza; si sganciò da lei e la fece ruotare supina sul letto; le montò addosso e appoggiò il cazzo fra le tette; lei intuì e sollevò le mammelle ai lati per stringere in mezzo il cazzo che sentiva vivo e palpitante; scoparono per qualche tempo fra le tette, poi lui spinse a fondo e la cappella arrivò al mento; lei fu pronta ad aprire le labbra ed accogliere il cazzo; avrebbe voluto che la sborrata avvenisse in bocca; glielo sussurrò e lui le chiese se intendeva concludere lì; gli fece cenno di no, spostò il corpo verso la testa e succhiò il cazzo con estremo impegno; lo guardò mentre la scopava e ne sottolineò le dolcissime smorfie ad ogni brivido di piacere.
Finalmente lei, che aveva trovato il personaggio giusto per i suoi desideri di ritornare adolescente, gli suggerì che era il momento di pensare all’inculata che lui aveva forse sognato da qualche settimana; lo avvertì che lo avrebbe diretto e che sarebbe stata un’occasione epica di cui non si sarebbe dimenticato più; si sistemò carponi sul letto e lo invitò a leccarla tutta; Tiago quasi si perse nel culo meraviglioso che gli si apriva davanti; cominciò dalle carezze.
Dopo averlo manipolato, leccato, mordicchiato, succhiato a lungo su tutta la superficie, cominciò a lambire con la lingua tutta la parte, dal ventre all’osso sacro, sostando spesso sul buco del culo e sulla figa; percorse più volte il perineo ricavandone emozioni violente di lussuria; infilò le dita in culo e, contemporaneamente, in figa per titillare, stimolare e provocare eccitazione; il pollice e l’indice, preposti a strofinare il clitoride, la fecero sborrare più volte; Ornella finalmente era felice.
Approssimandosi il momento dell’inculata, Tiago usò il gel per ungere le dita e infilarne nell’ano prima una poi due poi tre e farle ruotare per ottenere la massima dilatazione e l’ammorbidimento dello sfintere; quando avvertì che il retto rispondeva bene alla sollecitazione, lei gli suggerì di montarla a pecorina, prima in figa e solo successivamente nel culo; tassativamente gli ordinò di non sborrare; gli avrebbe suggerito lei quando, come e dove.
Iniziò per lui un’esperienza straordinaria con una donna le cui pulsioni non avrebbe mai immaginato; lei entrò invece nella dinamica mentale che forse cercava e si collocò come nave scuola a pilotarlo all’inculata; prima gli indicò di scoparla in figa, a pecorina, e di cavalcarla per qualche tempo frenando pulsioni di sborrate; poi gli disse di ungere bene il culo, dentro e fuori, e il cazzo; infine gli ordinò di incularla a fondo ma con garbo.
Tiago osservava la mazza scomparire nelle viscere ed avvertì sul cazzo le pressioni dei muscoli rettali che gli succhiavano l’asta e sembravano impossessarsene; lei ebbe frequenti e dolci orgasmi; quando sentì i coglioni sbattere sulla figa, capì che il cazzo era tutto dentro; gli indicò di scoparla ma di non sborrare perché era solo il primo tempo di un’inculata assai lunga; lei però sborrava e, dopo il terzo orgasmo, ruotò per far cadere ambedue sul letto, sul fianco destro.
Si sistemò a cucchiaio davanti a lui, sollevò la gamba sinistra, si manipolò la figa con la mano destra e gli chiese di montarla così; sconvolto dalla situazione, lui eseguì con foga, con lussuria, con libidine, quasi con violenza; fu una scopata lunga, saporita, lussuriosa; ma ancora gli suggerì che c’erano altre varianti; ruotò i due corpi, senza sfilare il cazzo, e ripeté il movimento sul fianco sinistro; lui continuò a scoparla alla morte.
Quando gli orgasmi soddisfecero la sua voglia, sempre tenendo il cazzo ben piantato nel culo, lo portò supino e si erse sopra di lui, impalata sulla mazza; si scopò a lungo guardando l’asta che entrava ed usciva dal buco del culo slabbrato; si stese schienata sul suo ventre e si fece aiutare a ribaltare la posizione finché fu sotto di lui, con culo e schiena piantato contro il ventre, e lo esortò a scoparla con tutto il corpo, spalle ventre pube e cazzo; lui, deliziato, eseguì con passione.
Alla fine, gli suggerì di sfilare il cazzo dal culo; ce lo avrebbe rimesso, ma da altra prospettiva; si spostò supina sul bordo del letto, piegata in posizione quasi fetale, con le gambe tirate sul seno, abbracciandosi le ginocchia; lo invitò a scendere coi piedi a terra, a metterle dei cuscini sotto le reni e ad incularla così, vis a vis, per potersi guardare mentre la penetrava; se voleva, poteva accarezzarla, strizzarle le tette, perfino baciarla; lui colse l’invito e in breve fu di nuovo dentro di lei.
La scopò a lungo, così, guardandola in volto mentre le sfondava l’intestino; lei partecipò alla scopata con molta passione, gemette, si lamentò e, alla fine, urlò quando la sborrata fu definitiva; lo invitò a staccarsi, con tutta la cautela necessaria, e si stesero sul letto vicini; si rilassarono completamente; lei dopo un poco ronfava leggermente, stanca dell’intensa scopata; anche lui, più lentamente, cedette al sonno e si appisolò; li fece sobbalzare il telefonino di lei; guardò l’ora; era l’una di notte; la stava chiamando suo marito.
Mentre lei recitava con molta sapienza la parte cinica della mogliettina fedele in attesa del coniuge indaffarato e impegnato lontano da casa, Tiago la provocava i tutti i modi carezzandole culo, figa e tette, masturbandola con sapienza e baciandola libidinosamente su tutto il corpo; tagliò in fretta la comunicazione e si dedicò all’amante; fu in quel momento che lui giocò la carta che aveva forse in serbo da molto tempo.
Le chiese fuori dai denti perché stesse ancora con quella larva umana mentre aveva bisogno di un maschio che la facesse sentire viva, bella e giovane; lei gli obiettò che dipendeva totalmente dai soldi che suo marito sapeva spremere anche dai sassi; se lo lasciava, perdeva qualunque possibilità, anche di aiutare lui che adesso dipendeva quasi totalmente da lei e dai ‘prestiti’ che poteva fargli facendo aggio sul patrimonio di suo marito.
Tiago si limitò ad osservare che se lo costringeva ad andarsene, per esempio rivelando che lo stava cornificando da anni, lui avrebbe potuto ottenere la libertà solo cedendo quanto meno la metà del suo patrimonio; loro, con quei soldi, potevano rivoluzionare la vita e godersi una vecchiaia da ricchi; Ornella, ingenuamente, si convinse che davvero poteva ottenere la metà del patrimonio di Edoardo, se lo avesse costretto a lasciarla sola coi figli; il tarlo cominciò a scavare nella sua testa.
I territori dove più facilmente si poteva trattare l’argomento erano senz’altro le sedi privilegiate di tutti i pettegolezzi della città, il centro estetico che frequentava e il circolo dove incontrava le signore della borghesia ricca; tutte le signore avevano sull’argomento un’opinione, suffragata da esempi clamorosi, di mogli che avevano mandato in rovina mariti e di altre che avevano distrutto patrimoni che avevano deciso di amministrare al posto del marito esautorato.
L’unica che considerava veramente amica, che sapeva della sua tresca con Tiago e che aveva colto esattamente il bersaglio a cui mirava, cercò di metterla in guardia avvertendola che Edoardo era considerato una vera ’bestia nera’ nell’ambiente, dove molti si erano spaccati le corna sfidandolo; ma lei ormai si andava convincendo che il suo sogno di un amore fresco, giovane, nuovo e gratificante poteva passare solo per la sconfitta del marito; si cercò gli avvocati giusti da incaricare.
La rivelazione arrivò ad Edoardo come un’autentica mazzata quando la moglie che lui aveva sempre considerata un po’ leggera ma sostanzialmente corretta e fedele gli dimostrò, con fatti inoppugnabili, che da molti anni lei aveva un altro uomo a cui aveva dato tutta se stessa e col quale intratteneva una relazione che la gratificava moltissimo, facendola sentire di nuovo giovane, bella, amata e pronta a rivivere il sogno d’amore che il tempo aveva offuscato, da quando lo avevano vissuto insieme.
Troppo abituato a decisioni immediate, prese subito i provvedimenti per le contromosse; si rivolse al suo amico avvocato, Giovanni, al quale erano demandate anche molte competenze per la tutela legale dei suoi affari, anche quelli al limite; l’altro provvide innanzitutto a mettere in campo uno staff di legali esperti di diritto di famiglia che avrebbero massacrato i giovani avvocati a cui la moglie aveva dovuto ricorrere per tutelarsi.
Scelsero la linea del temporeggiamento e cominciarono a sollevare migliaia di obiezioni per ritardare l’esecuzione della ripartizione di beni, dopo la separazione; ben presto Ornella e Tiago dovettero fare i conti con un autentico esercito schierato contro di loro che potevano opporre poche e fragili difese; la prima iniziativa fu di ripartire i beni ereditabili tra i tre diretti beneficiari, la moglie e i figli; Ornella si trovò con una azienda, la migliore, e i ragazzi, Giancarlo e Franco, con le rimanenti due.
Poiché al tempo il primo si era appena iscritto ad un Liceo e l’altro frequentava le medie, la cura del loro patrimonio fu legalmente affidata a Giovanni, l’avvocato che ne divenne tutore; Ornella aveva in animo di affidare la direzione della sua parte a Tiago che amava come la luce dei suoi occhi; il timore di uno scandalo troppo grosso la frenò e le suggerì una scelta più cauta e meditata; la direzione fu affidata al più anziano dei funzionari, uno che aveva cominciato con Edoardo e gli era stato vicino in tutti quegli anni.
Suo marito, però, di fronte al crollo di una vita intera di lavoro, decise di andarsene e sparì da ogni radar; l‘unico con cui mantenne rapporti fu l’avvocato al quale aveva consegnato molte responsabilità e che ormai parlava in nome dell’amico; fu lui a rapportarsi con i ragazzi e ad avvertirli che, volendo, potevano comunicare col padre attraverso di lui; i ragazzi capirono poco, al momento; ma col passare degli anni fecero chiarezza e si rivolsero a Giovanni come se fosse l’alter ego del padre.
Il pool di avvocati messi in campo da Edoardo non ebbe requie e non si diede pace mentre cercava tutti gli spunti per aggredire la moglie perfida, tesa a massacrare il loro cliente con la complicità di un farabutto le cui malefatte furono scavate e portate alla luce perché, per l’appunto, costituivano il fondamento delle pretese della donna alla quale risparmiarono la stessa osservazione quasi radiografica solo perché il marito non intendeva infierire su una povera illusa innamorata di uno scellerato.
Le manovre dei legali, in parte favorite dalle complesse articolazioni della burocrazia e in gran parte volute determinatamene per mandare alle calende greche la soluzione della controversia, fecero scorrere i mesi e gli anni, mentre i ragazzi proseguivano il loro corso di studi; Giancarlo si trovò a festeggiare la maggiore età mentre già si affannava a decidere il corso di studi da scegliere all’Università; per sua fortuna, Giovanni incaricato dal padre di seguirne gli viluppi, era attento a guidare con mano ferma.
A metà del corso di scuola Superiore, gli fece presente che le disposizioni testamentarie lo ponevano quasi obbligatoriamente alla testa del piccolo impero industriale che suo padre aveva costruito per loro; risultava a quel punto importante che cominciasse ad avere col padre un rapporto un poco più diretto, anche per decidere se voleva ereditarne il ruolo e la funzione o se preferiva rinunciare all’eredità e andare in altre direzioni; Giancarlo ritenne che fosse doveroso almeno chiarire col padre alcuni punti.
L’unico strumento di cui disponevano per realizzare il loro desiderio era la videochiamata e da quel giorno divenne prassi quasi quotidiana parlare col padre; i figli ‘scoprirono’ così che non era stato lui a scomparire, ma la made a cacciare lui perché si era persa dietro l’uomo che adesso viveva con lei, decisamente non in sintonia coi figli; Giovanni, in aggiunta, svelò i meccanismi messi in atto per derubarlo di tutto il capitale e gli sforzi fatti per attribuirne due terzi a loro.
Saltò fuori anche che Edoardo si era rifatto una famiglia a Rio de Janeiro, con un’imprenditrice di grande valore, ricca di suo, con la quale aveva messo in piedi una struttura enorme con interessi che svariavano dal commercio del caffè ai cantieri navali, dalle grandi imprese edilizie alla moda; la richiesta dei ragazzi fu di vedere, almeno per skype, la sua donna; ovviamente, sbalordirono davanti alla prorompente bellezza e Giancarlo scherzò anche a fare il ‘piacione’ con la ‘matrigna’.
Dulcis in fundo, presentò ai figli il fratellastro avuto da Marisol, la sua compagna, il piccolo Ramon, color cioccolato perché nato da madre mulatta; il bambino, di sette anni, era molto aggiornato sulla possibile ‘famiglia allargata’ e fu gioioso e felice coi ‘fratelloni italiani’ che sperava di incontrare quanto prima; Edoardo chiese al primogenito di valutare la possibilità di studiare Economia e di avviare, contemporaneamente, un’attività lavorativa che lo mettesse in contatto col mondo a cui era destinato.
Le cose filarono come era nelle previsioni e gli auspici; guidato affettuosamente da Giovanni e dai primi dirigenti delle due strutture, che furono accorpate; associato dal padre a molte iniziative che aveva intrapreso con le sue aziende brasiliane, il ‘ragazzo’ rivelò ben presto talento naturale a dirigere e coordinare, polso nelle decisioni e prontezza di analisi; Giovanni fu costretto a dichiarare all’amico in esilio che quel figlio era degno allievo del padre.
Anzi, per molti aspetti, lo aveva già scavalcato perché la dimestichezza coi nuovi media gli dava notevoli vantaggi; Edoardo fu naturalmente felice di queste convinzioni che fece sue e continuò ad insistere con Giancarlo perché non trascurasse lo studio e imparasse a ripartire il suo tempo tra le varie incombenze; surrettiziamente, gli ricordò che da dicembre a febbraio in Europa si gelava e in Brasile si scoppiava dal caldo; cercasse e trovasse un periodo da trascorrere con lui, anche tutto il trimestre.
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