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Lui & Lei

Adulteri 3; Roberto


di geniodirazza
17.11.2023    |    2.077    |    2 9.3
"Tutto era filato abbastanza liscio, organizzandosi per distribuire i tempi e gli impegni in modo da soddisfare tutte le esigenze, lavorative e familiari, ..."
Era stato sempre un problema, per Roberto, affrontare la situazione della sua famiglia, con un padre decisamente troppo buono, ridottosi a badare alle faccende domestiche, mentre cercava di fare fronte ai suoi impegni non indifferenti di arhistar con progetti in mezza Europa; e, dall’altro lato, una madre mezza troia della quale era incerta la fedeltà al matrimonio ma era certo l’attaccamento al lavoro al punto di ignorare qualunque incombenza familiare.
Si era rassegnato all’idea che sua madre non avesse incontrato i suoi insegnanti per tutto il corso di studi, dalle elementari alla laurea in architettura, ormai vicina; con la sua ragazza aveva risolto parlandole lealmente; d’altronde, la boutique che sua madre dirigeva in centro era un riferimento imprescindibile per la borghesia ‘bene’ della città e centro di diffusione di tutti i pettegolezzi che in quell’ambiente circolavano, facendo arrivare le informazioni prima ancora che giungessero agli interessati.
Tutto era filato abbastanza liscio, organizzandosi per distribuire i tempi e gli impegni in modo da soddisfare tutte le esigenze, lavorative e familiari, sue, di suo padre e della sorella Francesca, di sei anni più piccola ma decisamente bisognosa si sentirsi circondata da affetto che solo padre e fratello le potevano garantire; tutto secondo copione, insomma, fino a quel maledetto pomeriggio, di ritorno a casa dalla mensa universitaria dove aveva pranzato con la sorella come facevano spesso.
Per una stramaledetta coincidenza, ad una fermata della metro in una stazione intermedia, Francesca notò sua madre che, ferma sul marciapiede della direzione opposta, abbracciava, con l’aria di una grande amante, uno sconosciuto; la ragazza sobbalzò e dovette tacitarla per non sollevare scandalo; poiché aveva in mano il telefonino scattò qualche foto e registrò un breve video delle effusioni della loro madre allo sconosciuto.
Ma la frittata vera e propria la realizzò Francesca che, a casa, si precipitò da suo padre per rivelargli ingenuamente le corna con il supporto delle immagini e del video; di colpo, la misura fu piena e si rese conto che suo padre decideva in quel momento, venuto meno anche l’appiglio della fedeltà che teneva unita la famiglia, di rompere un’ipocrita armonia familiare e di andarsene per la sua strada; Roby sapeva di una simpatia in atto tra Lucio e la sua assistente Flora; capì che suo padre se ne andava a stare con lei.
Non sopportava l’idea di restare in quella casa, condizionato da un madre irresponsabile ed anche un tantino puttana; decise che sarebbe andato via anche lui; l’unica persona a cui poteva chiedere ospitalità era Barbara, la sua ragazza, con la quale più volte avevano accennato alla possibilità di convivere nell’appartamento dove lei viveva con la madre Licia, divorziata da anni da suo marito, e con il suo compagno, Ettore, un imprenditore edile assai abile e disponibile verso i due ragazzi.
Barbara dovette consultarsi con la madre, per assicurarsene la disponibilità e, per correttezza, interpellò anche Ettore che fu ben felice di dare il suo assenso; anzi, propose, per alleggerire la loro posizione di dipendenza totale dalla madre di lei, di assumere part time il ragazzo come disegnatore nei suoi cantieri; la soluzione, neanche a dirlo, fu gradita a tutti; la parte peggiore per Roby fu comunicare la novità a Francesca che non la prese troppo bene.
Però, chiarito che rimaneva inalterata la possibilità, uscendo dopo le lezioni dal liceo che frequentava, di raggiungerlo per il pranzo, che poteva trascorrere anche interi pomeriggi allo studio di suo padre e risolvere con lui i problemi della cena, finirono per concordare una piattaforma soddisfacente, per cui la ragazza rimaneva affidata a sua madre per evitare una lite giudiziaria ma viveva di fatto col padre e col fratello.
Non ebbe bisogno di molto tempo né di molti discorsi, Roberto, per adeguarsi alle abitudini della casa di Licia; conoscevano le possibilità della camera della ragazza dove già talvolta avevano scopato, all’insaputa di sua madre che comunque non faceva problemi per i loro rapporti sessuali; eppure, quella loro prima volta in maniera inequivocabile e incontestabile si sentirono alquanto diversi; quella fu per loro la notte di una anomala ‘luna di miele’ che consumavano da coppia di fatto.
Per la particolarità della situazione, si sentirono come ad un primissimo incontro, travolti dalla bellezza del momento, dalla delicatezza della situazione e soprattutto dal desiderio di darsi completamente; Barbara era più entusiasta e determinata; lui non fece in tempo a chiudere la porta che si sentì avvolto da un abbraccio tentacolare; avvertì con particolare intensità le mani sulle natiche che spingevano i ventri a congiungersi e il seno premere sul torace sensualmente.
Reagì spingendo il pube e la mazza, che era balzata di colpo contro quello di lei, si strusciò sul corpo e cercò la libidine in tutte le parti che si incontravano, dalle braccia alle gambe, ma soprattutto dal seno contro il torace agli inguini che quasi dolevano, tanto erano spinti l’uno contro l’altro; sistemò il cazzo all’altezza della figa e la scopò fra le cosce, da vestiti, come due ragazzini che stessero pomiciando e cercassero l’orgasmo nelle mutande.
La spostò verso il letto, la fece sedere e la spinse giù di schiena; si abbassò accosciato e le sollevò la gonna, solo davanti, fino a raggiungere il perizoma che sottolineava, senza coprirla, la figa adorata; si piegò in avanti e appoggiò le labbra sul monte di venere; fece scivolare la lingua verso la vulva e sentì che lei comincia a colare piacere e gioia; cercò le grandi labbra e le carezzò con la bocca; Barbara spinse in giù il perizoma e portò alla vita la gonna offrendosi tutta dalla figa in giù.
Roberto leccò golosamente il ventre, dall’ombelico alla figa; scese in basso, partì dalle ginocchia, per l’interno coscia, e leccò fino alle grandi labbra; sentiva che in lei l’eccitazione diventava irresistibile; sfiorò soltanto le piccole labbra e lambì il clitoride già ritto e duro; avvertì un primo orgasmo, direttamente sulla lingua, e assaporò con gusto gli umori che esplodevano; giocò un poco con le piccole labbra e leccò avidamente tutta la figa, dall’esterno all’interno, finché infilò la lingua in vagina.
Barbara si sentiva esplodere il ventre e avrebbe voluto tirarlo su, baciarlo e farsi penetrare; lui le fermò le braccia e la obbligò supina a ricevere le sue leccate; le portò le gambe in alto, lei lo favorì afferrando i polpacci ed aprendosi tutta alla sua leccata; la lingua che giocava nella vagina come un piccolo cazzo la mandava in deliquio; gemeva e borbottava impedendosi ad ogni costo di urlare, per timore di essere sentita dalla madre.
Sfruttando la posizione, Roberto si dedicò ai fori vicini e leccò la figa e il buco del culo, giocando a far entrare ed uscire la lingua da ciascuno, alternativamente; succhiò il clitoride con foga, finché lei non si lasciò sfuggire un urlo e squirtò sulla bocca e sul volto; lui bevve avidamente e golosamente tutto, rassicurandola con lo sguardo che non aveva smesso di tenere fisso nei suoi occhi per vivere con lei quel momento di infinita lussuria.
Di colpo, lei si divincolò, lo spinse via e lo sbatté letteralmente a fianco a sé sul letto; sfilò quasi con violenza pantaloni e boxer fino alle caviglie, si accosciò ai piedi del letto ed afferrò a due mani il cazzo ritto come un obelisco.
“Adesso tocca a te startene fermo e buono; fammi gustare la tua mazza, lascia che mi faccia soffocare, se mi va; fammi prendere da te tutto il piacere che puoi darmi!”
Roberto scherzosamente alzò le mani in segno di resa; si spogliò in un attimo e si stese al centro del letto; Barbara fu nuda ancora prima di lui e si inginocchiò a fianco, piegata con la testa sul suo inguine; afferrò il cazzo con una mano e portò l’altra a raccogliere i testicoli sfregandoli dolcemente; mentre iniziava una leggera masturbazione, andò a leccare le palle, una per volta, e più volte ne infilò una in bocca per titillarla con la lingua; spostò le labbra sull’asta e la percorse.
Arrivata alla cappella, strinse a forzare le labbra che la seguirono amorosamente; poi la lingua la accarezzò tutt’intorno e la guidò contro il palato, verso l’ugola; una mano manipolava l’asta fuori dalle bocca, l’altra scivolò tra le cosce ed afferrò il clitoride; masturbava contemporaneamente tutti e due, mentre succhiava con devozione il cazzo sulla punta; lui sentì l’orgasmo montargli e l’avvertì che, se continuava così, lei avrebbe ricevuto un fiume di sborra in bocca; ma lui avrebbe avuto difficoltà a ricominciare.
Barbara si fermò, senza mollare la presa né sul cazzo né sulla figa; si sdraiò al suo fianco, tenendo la bocca sul cazzo e portò la figa al viso di lui, che ruotò su un fianco e prese a leccare lei, tra le cosce e sulla figa; allentarono così la tensione e, nella voglia di leccarsi reciprocamente, si riempirono di piacere; ma la doppia funzione impediva gli orgasmi; Barbara non volle fermarsi e bloccava la fellazione, lasciando spazio a lui che la leccava entusiasta dall’osso sacro al monte di venere.
Quando si rese conto che lui si era rilassato abbastanza per riprendere, bloccò la testa fra le cosce e si dedicò amorosamente al cazzo che leccò e succhiò interamente, dalla cappella alla radice; il piacere che ne riceveva era per lei nuovo e infinito; sentì gli orgasmi accavallarsi e inseguirsi fino a che esplose in uno molto violento che lui assorbì e bevve interamente, con enorme soddisfazione; lei si fermò, si staccò e giacque inerte.
“Sei arrivata agli sgoccioli?”
“Maledetto, sai quante volte mi hai fatto venire?”
“Non sono un ragioniere; ho sentito che godevi e sono più che felice se sento che godi del mio amore e del tuo … Cosa pensi di fare adesso?”
“Adesso il tuo mostro mi divora il corpo dall’interno, fino al cuore e al cervello; anzi, sarò io a succhiarmelo dentro e a farmi divorare tutta finché entrerò dentro di te e saremo un solo corpo … “
“Non ci sono mostri, qui; solo amore; non c’è nessun cannibalismo; adesso ci fondiamo in un unico indissolubile di amore e di desiderio, se ti va.”
La stese supina sul letto, le montò addosso e si appoggiò col corpo intero; lei prese il cazzo e lo portò alla figa; lui non si mosse, quasi a sfidarla; Barbara allargò le gambe e appoggiò la cappella alla vagina; lui le prese le gambe e le portò sulla schiena; lei intrecciò i piedi, fece forza sulla schiena e si spinse verso l’alto; sentì il cazzo che scivolava lentamente nel canale vaginale; aveva chiara la sensazione di essere lei a penetrarsi col membro che amava.
Quando sentì che oltre non poteva spingerlo perché la cappella urtava la cervice dell’utero, si rilassò e si appoggiò sul letto, lui la seguì e restarono uniti, senza muoversi.
“Non vuoi esercitare il diritto del maschio alfa a montarmi con tutta la violenza del caso?”
“Perché!?!? Mi pare che la tua figa faccia benissimo la sua parte; mi stai portando in paradiso; perché dovrei cavalcarti?”
“E’ vero, amore; sto impazzendo, probabilmente, mi sento persa in una nuvola strana … no, sono in un cielo azzurro e sento musiche celestiali … sto godendo , amore, vieni con me, ti prego, godiamo insieme … si ecco, stai spruzzandomi dentro il tuo amore … ti amo … Robyyyy … ti amo … godo … insieme a te …. È meraviglioso!”
Stavano godendo insieme, effettivamente, come non gli era mai capitato; entrambi avevano la sensazione di sprofondare in un abisso di miele; il languore che li colse fu assai simile alla ‘piccola morte’ di cui si parla talvolta; si fermarono svuotati e inerti per qualche minuto; poi lei si riprese e andò in bagno.
“Ci fermiamo?”
“Per ora sì, amore; mi hai fatto godere non so più quante volte; se mi dai ancora un orgasmo, non riesco più a muovermi da questo letto; domani ci aspettano gli impegni abituali; cerchiamo di riposare qualche ora; è stata una giornata lunga e difficile … “
Quella sera di amore senza limiti segnò l’inizio di un nuovo modo di rapportarsi alla vita ed alla realtà; Roberto sentì così caldo l’affetto della mamma del suo amore che le chiese addirittura se poteva chiamarla ‘mamma Licia’ anche se non si parlava ancora di matrimonio; lei non aveva problemi ad essere madre putativa del genero ‘in pectore’, a patto che lo evitasse di fronte ad estranei, per non risultare alla fine più vecchia della sua età; Roby osservò che sua madre aveva la sua stessa età.
“Posso anche essere simile a tua madre, ma mi offendi se mi paragoni in toto a lei!”
“Sai qualcosa che io ignoro?”
“Ragazzo mio, la boutique è come un porto di mare, dove tutti portano le novità del momento, quelle buone e quelle cattive, quelle vere e quelle false; sul conto di tua madre se ne dicono troppe; ti basti sapere che per molte ‘amiche’ è ‘Elena la Troia’ parafrasando la definizione della moglie di Menelao causa della guerra di Troia; d’altronde, se tuo padre se n’è andato e tu sei qui, è evidente che qualcosa non ha funzionato nei rapporti tra marito e moglie, tra madre e figlio!”
Ma Licia aveva troppo a cuore la serenità di sua figlia e del suo ragazzo; li accolse in un caldo abbraccio e si scusò per avere esagerato nei giudizi; Roby ricambiò l’abbraccio e le assicurò che la verità ormai non gli faceva più male; impararono a convivere e la madre fu larga di consigli alla figlia per reggere una vita di coppia serena e armoniosa; Ettore tenne fede all’impegno e assunse Roberto part time come disegnatore a paga sindacale.
Una qualche frizione si generò quando la cosa venne all’orecchio di Lucio, che aveva respinto quel desiderio di suo figlio, perché temeva che ne risentisse il rendimento all’Università, per lui impegno assoluto e non affiancabile ad altre attività; la tenacia di suo figlio, la determinazione dei ‘suoceri’ e i risultati positivi degli esami lo obbligarono a ricredersi; ma non volle interferire con l’operato, peraltro giusto, di un imprenditore che appezzava a stimava.
Roberto aveva mantenuto intatti i rapporti con sua sorella che si appoggiava a lui per pranzare alla mensa universitaria; quando seppe che si era scontrata con sua madre e si era trasferita definitivamente dal padre, espresse il desiderio che il genitore, con la compagna e la figlia, incontrasse la sua nuova famiglia; Licia suggerì un pranzo domenicale, per esibire la sua abilità culinaria col piatto forte, le lasagne al forno; i tre accettarono senza alcuna esitazione.
L’incontro tra i due nuclei familiari fu molto più disinvolto e interessante di quanto avrebbe potuto essere previsto; Ettore e i due architetti si erano conosciuti per avere collaborato a importanti progetti; Francesca da quasi un anno frequentava regolarmene la casa di Barbara ed aveva stretto amicizia con Licia e con Ettore; Flora aveva spesso bazzicato la bottega di Licia, anche se non era una delle sfaccendate che spesso vi si accampavano per spettegolare; Licia la stimava molto.
Barbara aveva incontrato spesso sia Lucio che Flora, provava per entrambi un sincero affetto ricambiato con calore; in buona sostanza, dopo qualche attimo di imbarazzo dovuto ad un’atavica educazione che faceva valutare scorretta la convivenza tra individui non ‘sanificati’ da un sacramento, l’idea di una famiglia allargata diventò di comune sentire e non turbò nessuno; i complimenti alla padrona di casa per il menù tradizionale e speciale si sprecarono.
Il pomeriggio si avviò allora con un dialogo ‘scamiciato’ tra tutti, con memorie, commenti, aneddoti e scherzi vari che erano utilissimi per conoscersi e stimarsi ancora di più; l’apice fu raggiunto quando Flora, pressata dalle sollecitazioni di Licia che aveva notato le sue frequenti visite al bagno, ammise con molta ritrosia di aspettare un figlio da Lucio; il primo slancio di gioia e di affetto fu di Francesca che si precipitò a sommergere nell’abbraccio la compagna di suo padre.
Il discorso si spostò inevitabilmente sulle tre coppie presenti e sulle rispettive aspettative di futuro; Lucio si preoccupava della presenza di una figlia quindicenne che ascoltasse temi scabrosi; Flora lo rimbeccò affermando convinta che nei bagni della scuola, tra amiche, i discorsi erano ben più liberi e azzardati; Francesca accarezzò sorridendo suo padre e lo rassicurò che lei, tra Flora e Barbara, le sue vere amiche fidate, aveva ottime suggeritrici.
Fu solo sfiorato il problema della ‘coppia giovane’, Roberto e Barbara; solo Licia si sbilanciò, affermando che non sarebbe dispiaciuto, a lei e a Ettore, il suo compagno, doversi dedicare a un nipotino; Lucio era naturalmente scettico perché desiderava che prima suo figlio si laureasse; i due ribatterono che la laurea doveva essere un impegno per entrambi i ragazzi ma che avrebbero volentieri aiutato i due a ‘fare famiglia’ senza demordere dal loro impegno.
Le cose rimasero in stallo; ma molta chiarezza fu fatta sugli assetti familiari e sulle prospettive; Lucio si raccomandò che l’assaggio di ricette antiche, frequentate solo in gioventù per le abitudini caserecce, fosse garantito dalle conoscenze di Licia e che l’invito a pranzo della domenica diventasse rituale; la donna assicurò che avrebbe ripercorso tutte le ricette della nonna solo per lui; Flora scherzò dichiarandosi offesa; in realtà, decidevano di essere ‘famiglia’ ampia con suoceri e nipoti.
Rimasti soli ed accingendosi a fare l’amore per l’ennesima volta, Barbara e Roberto si confrontarono sulla possibilità di interrompere l’anticoncezionale per avviare un ‘cantiere’ per un figlio che realizzasse i sogni di molti, da ‘mamma Licia’ a ’nonno Lucio’, da Flora a Francesca, la più accesa sostenitrice di un nipotino da Barbara, oltre che un ‘fratellino’ da Flora; l’unico nome che ormai era stato definitivamente espunto dal loro vocabolario era Elena.
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