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Lui & Lei

La mia collega Jenny


di remida67
31.10.2012    |    15.301    |    0 9.8
"Tutta la situazione mi ha oramai portato allo stremo della resistenza..."
Mi sono sempre proposto di non avere storie con colleghe di lavoro
L’ufficio deve essere ben separato dal privato, per evitare inutili complicazioni.
La mia segretaria ( Jenny ) però faceva di tutto per provocarmi e farmi venire meno a quel principio.
Sono sicuro che lo faceva senza malizia; tuttavia le conseguenze erano le stesse.
Cosa avreste fatto voi con una segretaria di 23 anni, carina (decisamente carina), con una folta chioma tendente al ramato, occhi chiari (blu? Verdi? Dipendeva dai giorni) vestita casual, con gonne aderenti, spacchi, seno prorompente, magliette mini che lasciano scoperta una pancia senza un filo di grasso.
Nonostante ciò, mi sono sempre imposto un atteggiamento distaccato, che non lasciasse trasparire attrazione o interesse per quel suo corpo notevole: certo, qualche battuta spiritosa, ma niente di più.
Ero stato tentato più volte di richiamarla ad un abbigliamento più consono al lavoro ma la sua spigliatezza e candore mi avevano trattenuto: perché farle venire sensi di colpa senza che colpa ne avesse?
Con l’estate poi la situazione, se così si può dire, peggiorava; gli abiti si facevano più leggeri e trasparenti e le forme, conseguentemente, più evidenti!
Durante il mese di agosto, periodo tradizionalmente dedicato alle ferie per la maggior parte dei colleghi, il lavoro tende anche a diradarsi e quindi, trovo più tempo per recuperare tutte quelle attività che durante l’anno ho lasciato da parte e, tra queste, la più urgente è certamente quella di risistemare l’archivio e le innumerevoli pratiche lasciate sparse o accumulate in pile di carta che richiedono urgentemente una sistemazione.
Così chiedo a Jenny la disponibilità a vederci sabato mattina per dare una bella sistemazione al tutto.
Come sempre, si dimostra disponibile e ci diamo appuntamento in ufficio per le 9.
Già il sabato è un giorno che vede pochissimi colleghi presenti , con l’estate la tendenza è quella di godersi il mare così quel sabato siamo praticamente gli unici ad essere in ufficio.
“Meglio” penso tra me, così possiamo lavorare senza essere disturbati da telefonate o richieste varie da parte di colleghi e terminare meglio e prima il lavoro che ci apprestiamo a fare.
Jenny si presenta con dei jeans a vita bassa, elasticizzati, ed una maglietta che sembra uno chiffon di seta tanto era leggera.
La trasparenza lascia intravedere un reggiseno nero che le comprime i seni aumentandone le proporzioni.
Nonostante la mise smagliante, il suo viso è però rabbuiato e non sereno come al solito.
Non le dico nulla ed iniziamo di buona lena il compito che ci siamo riproposti. , pensando che forse, avendo dovuto rinunciare al mare, la cosa deve averla indispettita, anche se non è da lei mostrare risentimenti.
Nel corso della mattina il suo umore non è cambiato e quindi decido di chiederle cos’ha.
“niente di grave” mi risponde
“solo che ieri sera ho litigato con il mio ragazzo per una cosa che mi ha indispettito e che ancora non riesco a digerire”
“Non ti devi preoccupare, è normale avere qualche piccola discussione; vedrai che poi ti passa tutto e tornerete ad essere felici come sempre”
Jenny mi aveva accennato qualche volta al suo ragazzo, di come si erano conosciuto (oramai era più di un anno che si conoscevano) che stava bene insieme ma che ancora giudicava prematuro passi definitivo.
Me lo aveva anche presentato una volta che ci eravamo incontrati per strada: i soliti convenevoli, la raccomandazione, scherzando, a non farmela arrabbiare poiché la volevo efficiente sul lavoro.
Nel complesso l’impressione era stata positiva ma, come si suole dire, non erano affari miei e quindi non ci avevo più pensato.
Quella mattina ho quindi pensato alle solite piccole beghe tra innamorati e, pensando che parlarne sarebbe servito a riportare ogni cosa nella giusta dimensione, durante una pausa per prenderci il caffè, la sollecito a raccontarmi cosa era successo di tanto grave da mantenere ancora il broncio.
“Quello stronzo di Andrea mi ha tradita con la mia migliore amica, l’ho scoperto ed ora voglio fargliela pagare” sbotta all’improvviso.
“Tradire mi sembra una parola grossa, si sarà fatto irretire da chi, evidentemente, tanto amica non ti deve essere stata, ma è normale che un bel ragazzo come il tuo possa essere oggetto delle attenzioni di altre ragazze. L’importante è non farsi prendere da gelosie immotivate”
Voglio fare il pompiere della situazione cercando di sembrarle il fratello maggiore che dispensa buoni consigli.
“E lei farci una scopata lo definisce irretire? ”
Senza volerlo devo aver messo il dito nella piaga e versato del sale sulle ferite e, anziché calmarla, ho aumentato la sua rabbia.
“Ma come fai a dire che con la tua amica ci ha scopato”
“Lei come definisce una ragazza nuda con in bocca l’uccello di un ragazzo, nudo anche lui? ”
Mi stupisco, del suo linguaggio così esplicito, usato poi conversando con un suo superiore (anche se il rapporto tra di noi è sempre stato familiare e non le ho mai fatto pesare il rapporto gerarchico) ma, evidentemente, la rabbia da sbollire è tanta.

“Certo, in questo caso la definizione “farsi irretire” mi sembra riduttiva. E tu cosa hai fatto dopo che li hai visti? ”
A quel punto sono curioso e anche un po’ eccitato dalla situazione di intimità che si sta creando con Jenny .
“Non sono certo stata a guardare e li ho lasciati alle loro porcate! Gli ho comunque lasciato un SMS sul telefonino dicendogli che gli avrei reso pan per focaccia e di non farsi più vedere da me perché io l’uccello non glielo succhio ma lo stacco con un morso! ”
Beh, per essere arrabbiata lo è davvero, non c’è che dire!
“Ed ora cosa intendi fare? Le domandai curioso.
“Voglio fargli vedere che anch’io sono capace di divertirmi con chi mi pare e piace! ”
Pensando di scherzare come avevo sempre fatto con lei e per rendere la chiacchierata più frivola, le dico:
“Sono a tua completa disposizione, anche perché sei una bella ragazza e a chiunque piacerebbe starci”.
“Non me lo chieda due volte perché lei mi è sempre piaciuto ma quel suo atteggiamento serio nei miei confronti mi ha fatto pensare che non le piacessi”
Mi accorgo della china pericolosa che stanno prendendo i nostri discorsi ma, sarà stato per via dei suoi capezzoli che prepotentemente spingono la camicetta, sarà stato per quel bordo nero degli slip che si intravede dal bordo dei pantaloni (per non parlare delle rotondità del suo sedere e del solco che lo attraversa) decido che, tutto sommato, qualche rischio lo posso anche correre (circa i miei principi): l’importante, mi dico, è non forzare la mano ma lasciare che sia lei a voler fare il “salto”.
“Veramente io ho sempre cercato di non crearti imbarazzo e soggezione o situazioni equivoche, ma questo non vuole assolutamente dire che non sei una bella ragazza e, non lo nascondo, mi piaci molto e comunque, chiarito questo equivoco, dammi del tu così da togliere ogni imbarazzo nei nostri rapporti”
L’eccitazione, immaginando l’evoluzione dei nostri discorsi, mi ha reso l’uccello duro ed il “pacco” traspare dai pantaloni con un’evidenza innegabile.
“Credo di aver frainteso il tuo atteggiamento e sono contenta di piacerti. ”
Così dicendo Jenny, che non ha smesso di guardarmi e si è certamente accora dell’effetto delle sue provocazioni, mi si avvicina e, prendendomi la mano, l’appoggia sui suoi seni e, toccandole i capezzoli, li avverto diritti e duri.
Oramai ogni freno inibitore tra di noi e caduto ed io, accompagno la sua mano per farle tastare il mio uccello attraverso i pantaloni.
La mano rotea nel punto critico, facendomi eccitare ancora più di quanto già lo fossi.
Le slaccio la camicetta mentre avvicino il suo viso al mio e con la lingua le penetro la bocca che sento umida e carnosa; lei fa altrettanto con la sua per poi leccarmi le orecchie infilandoci anche la punta della lingua e mordendone i lembi.
Avverto le sue dita che armeggiano attorno alla cintura e, una volta abbassata la cerniera, si insinuano negli slip a cercare l’oggetto del desiderio.
Quando lo trovano, lo afferrano, lo stringono, lo accarezzano fino a farlo scivolare fuori dai pantaloni.
A quel punto si inchina per baciarmi il cazzo e, dopo averlo leccato con la lingua come fosse un gustoso gelato (non mancando di mordicchiarmelo) lo prende in bocca ed inizia un lento ma deciso pompino.
Le stringo la testa tra le mani, l’accarezzo cercando di assecondarla nei movimenti di quel fantastico bocchino.
Sento che sto esplodendo e, per non venire subito, la scosto per poterla, a mia volta, lavorarmela.
Con fatica riesco a farle scendere i pantaloni, Jenny mi aiuta levandosi le scarpe e sfilandosi i pantaloni oramai a terra, rimanendo solo con le mutandine.
La visione del suo culo appena fasciato da un pizzo nero di dimensioni ridotte, quasi un perizoma, da cui prorompono sode rotondità e con i peli che fuoriescono sul davanti mi fa salire il sangue alla testa più di quanto già non fosse.
La troietta (detta in senso affettuoso) mi slaccia anche il bottone dei miei pantaloni che, senza più ostacoli, cadono a terra.
Afferrando l’orlo dei boxer li sfila lentamente e, scendendo, non manca di baciarmi nuovamente il cazzo che, libero da ogni orpello, svetta turgido e rigido, sollevo prima un piede, poi l’altro così che possa togliermi sia i boxer che i pantaloni.
Ora lei, prendendomi la maglietta dalla base, la sfila dalle mie braccia facendomi rimanere nudo accanto al suo corpo che si struscia sul mio.
La sollevo con le braccia e l’appoggio sulla scrivania liberandola da ogni carta che getto a terra.
Socchiudo le tende veneziane; ora nell’ufficio penetra solo una calda luce dalle fessure delle tende ed i raggi del sole le disegnano il corpo di strisce luminose.

La sollevo con le braccia e l’appoggio sulla scrivania liberandola da ogni carta che getto a terra.
Socchiudo le tende veneziane, ora nell’ufficio penetra solo una calda luce dalle fessure delle tende ed i raggi del sole le disegnano il corpo di strisce luminose.
Le sfilo gli slip, la maglietta ed il reggiseno: il suo corpo nudo, steso sulla scrivania color noce, risalta in tutta la sua bellezza con i seni sodi sulla cui punta svettano i capezzoli turgidi circondati da una corona scura ed evidente.
Il sesso è coperto da una folta peluria ed inizio a penetrarlo con le dita, dolcemente, fino a sentire le labbra della vagina umide ed aperte. Le mie dita l’accarezzano su e giù sentendo il suo clitoride duro.
Ora è la mia lingua che si insinua non mancando di mordicchiarle il clitoride.
“Dammi il cazzo, fammelo sentire dentro, sfondami” mi sussurra con voce calda e sensuale.
La faccio scivolare sul bordo della scrivania, le sue gambe mi cingono la vita mentre il mio uccello, esattamente all’altezza della figa, la penetra senza fatica, quasi ad essere inghiottito in quella caverna profumata ed umida di umori.
Io in piedi e lei sulla scrivania con il suo sesso in bella evidenza mentre l’uccello la stantuffa prima dolcemente poi sempre con più vigore mentre le sue dita si allargano la vagina oltre ogni misura per poi accarezzarsi e masturbarsi o passare a stringere l’uccello ed accompagnarlo nel suo movimento
Le mie mani le percorrono il corpo, titillano i suoi capezzoli che stringo fino a farle sentire quel dolore che accresce la voglia ma che resta nei limiti dell’eccitante
“Hai un uccello meraviglioso come mai ne avevo presi. Lo sento grosso, mi piace, dammi anche le palle” oscenamente mi dice.
“Quanti cazzi hai sentito come il mio? ” le chiedo, timoroso di non essere all’altezza di una puledra che, per la sua fresca età e frequentazioni, può aver trovato giovani e focosi stalloni anche se vado fiero delle mie proporzioni potendo vantare anche una sicura esperienza (che compensa i miei quarant’anni) sapendo bene come prendere una donna e farla godere (e spesso vale più della vigoria data dall’età)
“Sei un uomo meraviglioso e sono sempre stata gelosa delle tue donne. Finalmente ti posso avere e sto godendo come una cagna in calore. Godo divinamente”
“Mi devi sverginare il culo, quello stronzo di Andrea me l’ha sempre chiesto solo che avevo paura. Tu so che sarai dolcissimo e mi farai provare solo piacere”
E’ completamente partita e so che con lei posso osare ogni forma di piacere.
Improvvisamente mi venne voglia di chiederle:
“Come farai a far sapere a quello stronzo di Andrea che ti sei vendicata”
Accade esattamente quello che mi è balenato per la testa.
Le sue mani afferrarono il telefono che era li accanto e composero un numero.
Dal vivavoce escono i suoni del tono di libero poi una voce:
“Pronto, chi è? ”
“Sto scopando con un uccello che mi sta facendo godere più di quanto abbia goduto tu con quella troia di R. ”
“Jenny, sei tu? Cosa fai? ”
E Jenny, ignorando Andrea:
“Ahhhhhh, godo….. siiiiii……. chiavami….. continua su e giù con l’uccello? ”
Dall’altra parte si sente solo un silenzio ritto ogni tanto da un respiro affannoso.
La situazione mi sta eccitando oltre ogni previsione.
Esco per poi girarla a pecorina.
Dopo aver inumidito il dito medio, inizio lentamente a penetrale il suo buchino che sento stretto.
Se, come mi ha detto per quanto riguarda il culo, è ancora vergine, devo essere delicato e prepararla così da poter ricevere la mia mazza.
Mi spingo con la lingua prima intorno e poi, piano piano, dentro non mancando di continuare ad accarezzarle la vagina ed a penetrarla con le dita, prima una poi due.
Ignoro se la linea telefonica è sempre aperta ma non me ne frega niente.
Voglio solo essere la fonte del suo piacere supremo e lasciarmi sprofondare nell’orgasmo più esaltante.
Sento il suo corpo sussultare dall’orgasmo.
Con la punta dell’uccello, inumidita di saliva, mi avvicino al suo buco ed inizio, lentamente, a penetrarla.
Vedo il cazzo progressivamente scivolarle dentro.
Prima il glande, poi la stanga carnosa circondata da vene sempre più grosse.
Le sue grida di dolore si alternano a inviti a non smettere.
“Siiiiiiii…….. Ahiiiii….. sfondami…. come è bello…. ”
L’uccello è stretto tra le sue pareti come un serpente inghiotte la sua preda ma i suoi umori l’hanno così lubrificata che posso iniziare a muovermi su e giù senza fatica.
“Lo voglio tutto…. spingi….. godo….. ”
“Brutta troia, fatti sentire che mi sto sparando una sega” anche Andrea deve essere partito e si sta menando l’uccello.
Tutta la situazione mi ha oramai portato allo stremo della resistenza.
Incularla e stantuffarla a ritmo oramai forsennato, accarezzarle una figa sbrodolante di umori e piaceri, sentire l’altro che sta godendo e si mena, mi provocano una sborrata colossale: il mio cazzo vibra per diverso tempo nel suo culo lasciandole una quantità enorme di bianco latte mentre la sento scuotersi dall’eccitazione e godere per l’ennesima volta.
Lentamente le sfilo l’uccello mentre un rivolo biancastro le esce dal culo.
Si gira e, chinandosi, incomincia a leccarmi il cazzo per pulirlo e nettarlo di ogni goccia che ancora fuoriesce dalla punta.

Poi si rialza e, prima di riagganciare la cornetta, sussurrò:
“Ho goduto come mai tu sei stato capace di fare”
Se vendetta voleva essere, la sua è stata un’opera d’arte, non c’è che dire.
Oramai in piedi la prendo e la bacio appassionatamente per condividere gli umori ed i sapori della sua bocca.
Le mie mani percorrono il suo corpo che sento ancora sussultare di piacere
Ora sono le sue mani che accarezzano il mio membro che mai ha smesso di essere duro.
Come posso con una femmina così vogliosa al mio fianco?
Si china nuovamente e, tenendo aperte le cosce, inizio un pompino che mi fa fremere di voluttà e riprendere quel vigore da desiderare nuovamente di penetrarla.
Non sono passati che pochi minuti dalla prima scopata che sono già pronto a penetrarla nuovamente!
Questa è una di quelle pratiche che, quella mattina, ho deciso di non archiviare ma di tenere in costante consultazione.
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