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(37) La Triade Dei Desideri Inespressi 2: algebra del trenino e verità rivelate
di remigiuslp
27.09.2023 |
6.324 |
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"Siamo passati da un ingresso di servizio sul retro, mi ha messo a pecorina su una delle panche che usavamo per gli incontri pomeridiani, giù le brache, ..."
Con l’espressione ‘trenino’ si intende quel simpatico giochetto che almeno tre maschietti praticano trapanandosi contemporaneamente le terga con le rispettive mazze. È una pratica assai divertente e fonte di notevole goduria - soprattutto per chi si trovi a fare da elemento intermedio, potendo allo stesso tempo prendersi in culo un cazzo e mettere il proprio nel buco di un altro. La sborrata finale viene preferibilmente effettuata ‘in situ’ ma non è una regola fissa.
Presenta alcune difficoltà di tipo geometrico, facilmente superabili quando i partecipanti sono ben affiatati, mentre dal punto di vista matematico possono sorgere inconvenienti ben più importanti.
Per meglio spiegarci: come calcolo n-maschi che si inculano in serie? Portiamo due esempi: se 3 maschi in 2 camere con 2 culi + 2 cazzi fanno 1 trenino + 2 inculate con sborrata, perché invece 4 maschi in 1 boschetto con 4 culi + 4 cazzi fanno 2 trenini + 4 inculate con sborrata invece di 8?
Se ci seguirete in questa cronaca e nelle prossime risolveremo il busillis, rubando il termine ‘differita’ al calcio televisivo. Inoltre, ‘locomotiva’ e ‘vagone di coda’ - ovverosia i due estremi di questi ‘convogli’ non saranno nemmeno troppo svantaggiati, come invece quasi sempre accade in questi casi.
Tutto ebbe inizio un pomeriggio di metà luglio 1978, in una locanda assai frequentata non solo da clientela di passaggio ma anche da tutta una fauna di personaggi il cui minimo denominator comune - tornando alla matematica - era svuotarsi i coglioni. Senza troppe distinzioni fra deretani e sorche, fatta dovuta eccezione per i ‘puristi’ dei rispettivi settori.
Era un Giovedì. Non interessa molto ma noi ve lo diciamo lo stesso.
Mettiamoci poi due giovani di belle speranze, appena qui giunti: un viziato sedicenne, rampollo dei proprietari del vicino stabilimento di lavorazione legnami e il suo improvvisato autista, di otto anni più anziano, geniaccio venuto dal lontano Oriente e dipendente di questi, con mansioni volutamente minori, per mantenersi agli studi senza troppi pensieri.
Reduci da un lungo viaggio in automobile, il primo con tanta voglia di fottersi il minuto culetto asiatico, l’altro a sua volta bramoso di farsi guzzare dal robusto batacchio del padroncino.
Due complicanze parevano però impedire quella trombata multirazziale.
Prima la vicendevole, falsa convinzione di ‘non esser d’altra sponda’ - volgarmente detto non esser recchioni -, per cui nessun tentativo di approccio - anche blando - era nelle intenzioni delle parti.
Poi, l’impossibilità di occupare la stessa camera, non tanto per la differenza di età, bensì dei ruoli e posizioni in azienda, sottolineati anche in sede di prenotazione da parte di una controversa segretaria.
Per completare il quadretto l’entrata in campo dell’ormai celeberrimo cameriere-tuttofare Diego, il quale aveva ricevuto incarico di accogliere i due, sbrigare i necessari adempimenti burocratici e consegnare le chiavi.
Il ‘ristorante con alloggio, aperto 24 ore’ non disponeva per sua natura di un gran numero di stanze per cui, garantendo all’erede dei segatori di legnami l’ultima disponibile, l’accompagnatore giapponese avrebbe condiviso quella assegnata per servizio al tuttofare,
In conclusione, non pareva destinato a realizzarsi il desiderio del generoso tarellone occidentale di affondare fra le perfette chiappette orientali, nonostante queste fossero ben disposte ad aprirsi e accoglierlo per un tal gemellaggio, meglio definibile come sana chiavata.
Vedremo che la ‘partita’ - carpendo ancora un termine al gioco del calcio - ebbe invece luogo, anche se in ‘due tempi’, grazie alla doppia funzione di ‘dante’ e ‘prendente’ del suddetto dipendente dell’esercizio che sappiamo essere oramai ben avvezzo e voglioso di fallo maschile.
Ma non vogliamo anticipare troppo. Or vi narriamo come andarono i fatti.
Se il guidatore si arrangiò nel raggiungere l’alloggio dell’inserviente, il figlio di industriali chiese di essere condotto alla sua propria sistemazione.
Era questa la celebre ‘camera particolare’ - con il portachiave bordato di rosso -, arredata in modo decisamente insolito, avendo pareti e soffitto tappezzati di specchi, oltre ad un serie di suppellettili ed accessori utili a pratiche facilmente intuibili.
Va ora precisato - ovvero ricordato a chi già conoscesse il nostro tuttofare dai capitoli precedenti - che egli indossava dei jeans molto in voga a quei tempi, di un rosso ammiccante e soprattutto molto aderenti al suo decisamente armonioso fondoschiena, già oggetto di lubrichi appetiti in passato, anzi concausa della sua ‘conversione’ da timido e morigerato studentello in vorace ciuccia- e montacazzi.
L’ospite, oltre ad averli già poco prima notati durante la registrazione dei documenti, appena varcata la soglia fu tosto sommerso da un numero imprecisato di immagini dello stesso desiderabile sedere, visto da più angolazioni, grazie ai dispositivi riflettenti in questo vano installati. Se già una sola vista delle due sole superbe natiche lo aveva attizzato, figuriamoci quella moltitudine! Un sussulto interiore e un’improvvisa pressione nei calzoni - anzi un deciso indurimento del biscione in essi celato - furono chiaro segno di volerlo visitare e possedere.
Ciò lo indusse a provarne subito l’eventuale disponibilità: si recò in bagno dove finse una minzione per avere la scusa di togliersi i calzoni e tornare con i soli slip rossi lucidi a sedersi sul bordo del matrimoniale per saggiarne la consistenza.
Un primo segnale era stato lanciato. Si trattava ora di architettare un sistema per far capire all’inserviente che quel gesto, assieme alla gobba anteriore in evidente, progressivo ingrossamento, altro non era che un approccio a sfondo sessuale. Meglio dire omo-sessuale: in sostanza voleva scoparlo.
Involontariamente gli venne incontro il titolare dei suddescritti pantaloni il quale, vedendolo così disposto sul talamo, oltre all’immediato interesse verso quella escrescenza ebbe una folgorazione: quello era il ragazzo che in collegio, nel pomeriggio di qualche mese prima, rientrato egli anzitempo nella sua stanza, aveva trovato sul letto, seduto accanto al suo migliore amico e compagno di studi. Gli era rimasto impresso il fatto che entrambi fossero rossi come peperoni.
“Ora mi ricordo, lei è Guido! Questa Primavera era venuto a farsi dare un ripassino di fisica, se ricordo bene, dal mio coinquilino secchione all’istituto.”
“Ripassino di fisica? Primavera? Secchione? Devo vedere!”
Tolto dalla valigia un fascicolo, lo aprì e ne estrasse una serie di fogli pinzati fra loro: era un elenco di nomi con accanto delle descrizioni. Lo scorse, scrutò per alcuni istanti l’altro davanti a lui dalla testa ai piedi, quindi esclamò:
“Ecco, Diego, Martedì 23 maggio 1978!”
Indi aprì quello che si palesò subito essere un diario che cominciò a consultare. Il moretto non fu troppo sorpreso - era sempre stata un’idea fissa dei professori, quella di tenere un rapporto con le esperienze quotidiane -, anche se quello pareva più roba da spie russe. Comunque, mentre l’altro scartabellava, riuscì a scrutare le caselle a lui dedicate:
’68 - Diego - anni+2 - amico stretto di porco 1 - INARRIVABILE: pudìco, difficile abbordo anzi refrattario e famiglia opprimente - molto carino, super-bocca per pompini - CULO SUPER EXTRA SPECIAL - secondo 1 ha anche bel cazzo - ideale per trenino - Mar 23/5/1978 quasi sorpresi in stanza con porco 1.
Anche del ‘profilo’ del suo amico - su foglio separato - riuscì a carpire alcuni dati:
’1 - SVERGINATOR MEUS Dom 18/1/1976 (…) anni +2 - solo att (…) anche profi e ragazzi dalla prima (…) cazzo 10+: pre-fluido e sborra extra (…) culo 9--: perfetto ma NON disponibile (…)’
“Ero in grosse difficoltà con quella materia e fu lui a introdurmi. Ricordo ancora la data: 18 gennaio di due anni fa. Era una Domenica, l’istituto semideserto. Era un po’ che cercava di convincermi a darmi delle lezioni e quel pomeriggio, nella vostra cameretta, principiò con l’insegnarmi la legge delle leve, rompendo la mia ritrosia e aprendomi letteralmente un nuovo canale di piacere. Usò un metodo piuttosto brusco e d’impatto che - devo ammettere - le prime volte non mi piacque per nulla ma dopo mi abituai: meccanica e moto dei fluidi non ebbero più segreti per me! Approfondimmo, arrivando ad esercizi sempre nuovi e diversi, anche in gruppetti di studio con altri ragazzi. Quella volta in cui arrivasti tu fu l’ultima: come sai, dopo poco fu espulso”.
“Come espulso? A me aveva detto di doversi spostare in un’altra città e che gli esami finali li avrebbe dati lì! E me lo ha confermato in una lettera di qualche settimana fa!”
L’altro arrossì:
“Ehm, ecco, sarà stato come dici tu; lo conoscevi meglio. Era una voce che girava: solite malignità!”
Certo, ragionò Diego, se quegli appunti erano veri e quanto detto da costui un racconto a metafore degli anni appena passati, gli si ribaltava addosso un altro mondo! Il suo migliore amico, con il quale aveva condiviso medie e superiori, sempre attaccati, sempre vicini: nello studio, sport e tempo libero, come lui stesso acerrimo ripudiatore di ogni forma di omosessualità, in verità la praticava? E pure intensamente?
Eppure non impiegò molto ad assolverlo: quella scoperta - se vera - apriva un pentolone di segreti e meschinità imperanti all’interno dell’istituto e non solo lì. Lui stesso aveva potuto portare alla luce la propria dualità sessuale e soddisfare i propri - naturali! - bisogni fisici solo dopo anni di oppressioni psicologiche, false moralità, e via discorrendo. Anzi, il suo amico era stato in fondo il più coraggioso e sincero di tutti e ne aveva probabilmente pagato le conseguenze con l’allontanamento forzato, ad un passo dalla meta scolastica.
Basta! Il ‘nuovo’ Diego decise anche stavolta di affrontare di petto la faccenda:
“Perdonami, ho sbirciato il tuo carteggio, quello che hai scritto di me e del mio amico è verità?”
L’altro era notoriamente tipo schietto e diretto.
“Senza dubbio! Mi dispiace per te ma il tuo compagno è un gran porcello! Dopo avermi fatto una corte serrata e deflorato quel giorno d’inverno, in modo alquanto violento devo dire, mi ha tirato in un turbinio di sesso sfrenato e quasi senza limiti. Mi ha fatto scopare da tuoi compagni di classe, da alcuni professori ma poi ho cominciato anche io a darmi da fare e credo di aver quasi superato il maestro!
Organizzavamo anche vere e proprie orge sul palco del cinema-teatro, ovviamente con beneplacito e complicità del custode. Sempre la Domenica pomeriggio, con maschietti anche da fuori. Poi, la sera, c’era il cineclub.
Ahahahah! Ricordo che il tuo pupillo mi ha chiavato una volta durante la proiezione, dietro lo schermo. Aspetta un momento - consultò quel suo micidiale incartamento - ecco, Domenica 20 marzo 1977. Era tornato da una settimana di influenza a casa. Non ce la faceva più: diceva di avere i coglioni gonfi all’inverosimile. Siamo passati da un ingresso di servizio sul retro, mi ha messo a pecorina su una delle panche che usavamo per gli incontri pomeridiani, giù le brache, infilzato senza tanti preliminari e mi ha montato penso almeno per mezz’ora. Poi mi ha dato un biberon di sborra che ricordo ancora oggi!
Di te non voleva mai parlare né io ebbi modo di incontrarti - tranne in quell’ultima occasione di cui mi ero quasi dimenticato. Fu sempre molto protettivo, non voleva assolutamente coinvolgerti, ritenendoti puro ma soprattutto per evitare problemi con le vostre famiglie.”
‘Eccola lì! Ancora la famiglia!’ - Pensò stizzosamente il moretto - Sempre loro, sempre quella mentalità distorta e limitante! Quanto cazzo e fica mi sono perso a causa loro’?
Nella camera calò un improvviso silenzio.
L’ospite si trovava nel pieno di un doppio e violento arrapamento, quasi certamente non facilmente sfogabile: da una parte il minuto, delicato e seducente autista probabilmente intoccabile, dall’altra questo moretto dal fisichetto sprizzante libidine come una doccia ma ora deluso e amareggiato per una amicizia tradita.
Peccato: si trattava solo di attendere che Diego uscisse per impugnare il proprio randello, rasparlo a dovere e far saltare il tappo di sborra in attesa spasmodica.
Nota di un lettore: ma non avevamo iniziato parlando di trenini?
Settembre 2023
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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