incesto
57,3 Franca: il culo a mio figlio
di remigiuslp
22.09.2024 |
28.170 |
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"Ecco, avere dentro me mio figlio, frutto ma anche prosecuzione di quell’unico vero amore della mia vita, lasciarlo addirittura depositare in me il suo seme..."
Ebbene sì, sono una madre degenerata. Sono ricaduta nel vortice della depravazione e ho nuovamente commesso peccato. Peccato carnale, totale, con mio figlio, per via innaturale. Avevamo passato Natale e Santo Stefano assieme: visite ai parenti, una gita in montagna ed io contentissima di averlo nuovamente con me per un po’, fino alla Befana, profetizzando così altri giorni di pura felicità materna.
Avevo per così dire ‘digerito’ i due incestuosi episodi e in particolare l’amplesso nel bagno. Non ne avevamo nemmeno più parlato, entrambi percependoli probabilmente come lontani, conclusi.
Per me era stata una sorta di sigillo d’amore, dopo tutto il tempo passato e sprecato: lui impegnato negli studi, totalmente succube di quel compagno geloso e opprimente, io concentrata quasi solo sull’obbiettivo di diventare padrona del mio locale, indipendente, artefice del mio futuro, sacrificando però la mia sempre viva sessualità, sciupata in rapporti casuali e con uomini il cui interesse, in fondo, era solo quello di svuotarsi i coglioni dentro una vagina o un retto.
Non cercavo un rapporto sentimentale - stavo benissimo da sola - e a parte suo padre - da me follemente adorato -, nessun’altro maschio aveva saputo farmi vivere un rapporto condito di un minimo di passione e calore, per farmi sentire desiderata come donna e non come semplice ‘vaccona da seme’.
Forse era colpa dei miei modi spicci e talvolta un po’ rudi ma certamente anche del mio corpo giunonico: il seno importante, ancora pieno e florido, soprattutto se ben sostenuto da quei balconcini con mezze coppe che mi piaceva portare sotto aderenti camice e magliette, spesso semitrasparenti, la vita piuttosto stretta, il posteriore tondo ma non esagerato, avvolto da strettissime minigonne elastiche, spesso solcate dai reggicalze sottostanti, oltre alle gambe ‘prosciuttose’, tassativamente in calze nere classiche o tipo collant con reggicalze incorporato.
Ecco, avere dentro me mio figlio, frutto ma anche prosecuzione di quell’unico vero amore della mia vita, lasciarlo addirittura depositare in me il suo seme come dono aggiuntivo mi aveva lasciato una sensazione di pace, protezione e soprattutto la certezza di essere amata profondamente.
Era stato e sarebbe dovuto rimanere un episodio unico e irripetibile.
* * * * * *
Quella sera avevo fatto tardi al ristorante, per una festa di promozione di un ragioniere di una grande azienda locale il quale, dopo aver pagato il conto mi aveva fatto stendere di schiena sulla scrivania dell’ufficio, sollevato in aria le gambe e infilzato la figa con un tarellone di dimensioni ragguardevoli. Aggrappato alle mie cosce mi aveva scopata a lungo, con affondi ed estrazioni perfettamente dosati e calibrati, da bravo contabile, liberando infine il suo inchiostro bianco dentro la mia gnocca. Ma esclusivamente quello: nonostante avessi scoperto le mie poppone, mostrandole ben svettanti grazie al mezzo reggipetto rosso, si limitò ad osservarle sbudinare gommosamente.
Appena entrata in casa, tolta la sola giacchetta a bolero, mi ero diretta subito in cucina per finire di preparare e infornare l’arrosto promesso a mio figlio per cena; mi sarei cambiata poi.
Lui mi raggiunse quasi subito, sedendosi in un angolo. Cominciammo a parlare del solito - trito e ritrito - ‘più e del meno’ (come non si potesse scrivere semplicemente ‘chiacchierammo un po’’).
Ebbi presto l’impressione che i suoi occhi stessero sondando le mie curve e ad un certo punto commentai.
“Brando scusa, è una mia sensazione o mi stai facendo una ‘radiografia’?”
Mi accorsi solo in quel mentre che si era aperto la bottega e vi aveva affondato un polso.
"Sì mamma, sei una donna stupenda e in più l'astinenza mi fa scoppiare! Lasciami almeno guardarti! Intanto faccio da solo e mi scarico! Mmmhhhh!"
Dalla patta spuntò il notevole gobbone, stretto in uno slip elastico rosso che iniziò subito a mungersi.
"Ma non capisco, mi hai detto che ti piacciono solo gli uomini! Cosa è questa novità?”
Si alzò per avvicinarsi.
“Sì, è vero, solo loro risvegliano la mia libidine ma tu sei l’eccezione! Il tuo corpo, le tue forme, non so perché, mi attizzano da impazzire. Guarda come si è gonfiato; e ha fatto tutto da solo!”
Slacciata la cintura si era spinto in avanti per far prorompere quella poderosa protuberanza formata dal suo pisellone ripiegato sopra i testicoli che - ovviamente - non mi lasciò indifferente, nonostante avessi ancora in vagina l’abbondante emissione di sborra del pomeriggio che nella fretta avevo dimenticato di svuotare.
Presa a sbottonarmi la camicia azzurra trasparente per portare alla luce il purpureo sottoseno, con le mie mammellone adagiate nelle rigide mezzelune che le tenevano anche un po' divaricate, mettendo bene in risalto i grossi e turgidi capezzoloni sciabordanti.
"Ooohhhh, mamma! Certo che anche tu… non sembri un’educanda! Però sei una meraviglia! Mmmmhhh! - Sorrise ironico - E detto da un finocchio vale doppio! Uuuuufffhhhh!"
Avvolse con delicatezza le mie tette. Ero abituata a maschi solitamente rudi e spicci, avvezzi ad avvinghiarsi e stringerle senza riguardi con epiteti tipo ‘borracce, mongolfiere, zampogne, latteria’ e via elencando, rendendosi raramente conto che per una donna queste parti così sensibili giocano un ruolo fondamentale nel gioco del sesso, nella eccitazione e quindi la disponibilità a concedersi al maschio.
E questo stava ottenendo mio figlio, con tatto e trasporto: una mia rinnovata capitolazione!
Inarcai in avanti il petto, lasciando che i suoi esperti polpastrelli scorressero sulla pelle dei miei volumi, grattassero soavemente i bottoni eretti mentre una mia mano, ormai senza controllo, era scivolata in basso, a riprendere il pinzamento del possente paccone palpitante e infradiciato di fluido preliminare.
“Ooohhhh, piccolo mio! Mmmmhhh! Sei tu un incantatore? Mi stai stregando, non riesco a resisterti! Ooofffhhh!”
Ci baciammo, ma non sulle labbra, no! Orecchie, guance, occhi, collo, come madre e figlio, senza lussuria, solo per amore.
Poi la sua bocca decise di occuparsi delle mie zinne, con ampie lappate bagnate, mordicchiandole in punta con garbo e mio sommo godimento.
Fu la scusa per le sue mani per scorrere dietro la mia schiena e da lì calare sui miei glutei e palparli con ampie rotazioni.
Ma anche io lo desideravo, essere toccata con eleganza e tenerezza in una altra parte solitamente oggetto di maneggi decisi, talvolta quasi violenti: ‘ah zozzona! Lasciati stoccacciare ‘sto culone da porca! Fammi senti’ le angurie che hai qui dietro! Dammi i cupoloni che ti ritrovi ché poi ti ci infilo in mezzo il cazzo e ti monto, vaccona da stalla!, Ti spacco il deretano!’
Una nuova necessità mi stava pervadendo: essere sodomizzata sì ma semplicemente, senza tante parolacce e soprattutto con mia partecipazione.
“Brando, luce dei miei occhi, ti devo avere ancora dentro me, stavolta sono io a chiedertelo!”
Mi divincolai per piegarmi a pecorina sul bordo del tavolone, sollevai la mini, lasciai cadere le mutandine che percepii inzaccherate del secreto di un paio d’ore prima e mi allargai i glutei.
“Perdonami, sono inqualificabile, ma ne ho un bisogno folle: mettimelo qui, dietro!”
Non disse parola: appoggiò la soda cappellona al buchino, rorida del suo proprio liquidino e spinse senza particolare forza. Il mio anello lo accolse e - mentre il marmoreo membro si inabissava fra le mie natiche e nel mio ano - mugolò soltanto.
"Oooofffhhh! Mmmmhhh! Uuuufffffhhhh!
Curvatosi su di me, si aggrappò alle mie mammellone e iniziò un movimento alternato completo, costante, morbido eppure intenso. Ero rapita ed esaltata al contempo da quel coito doppiamente innaturale ma avvertivo la sua passione, il suo ardore, non disgiunti dalla sua bravura, evidentemente acquisita nei rapporti omosessuali da lui praticati e - immaginai - normalmente preferiti.
Continuammo così per un tempo indefinito. Intanto cercai di ripercorrere con la memoria tutte le volte che mi ero lasciata ‘schiaffare nel culo il trapano’, ‘sbattere dietro come una bagascia sfondata davanti’, ‘impalare le terga come una scrofa’.
Era il cazzo di mio figlio, certo, ma mi stava possedendo con sensibilità e desiderio di donare piacere anche alla sua mamma.
“Mamma, vengo!”
Affondò il pistolone completamente e si arrestò. Lo sentii pulsare più volte, quindi un calore intenso emanare dal mio sfintere: il suo sperma mi stava nuovamente inondando.
“Oooohhhhh, siiii, bimbo mio, siiiii! Sei stato meraviglioso!”
Un bacio casto e fugace, quindi il decisamente meno romantico svuotamento di entrambi i miei condotti in bagno.
* * * * * *
No, non mi pento di quello che abbiamo fatto. Siamo entrambi deviati, per il pensiero e la morale comune, ma penso che lo faremo ancora e ancora e ancora.
Ma non per esigenza corporale, non per istinto animale: per reciproca necessità di sentirci uniti in un affetto totale.
Brando, mio figlio, omosessuale per sola attrazione fisica e non sentimentale, dal cuore inaridito e deluso dalla relazione con un ladro di sentimenti.
Io, Franca, sua madre, probabilmente ninfomane ma ormai quasi certa che nessun’altro uomo potrà fare breccia nel mio cuore, a suo tempo donato al padre e insostituibile nonostante l’abbandono.
Dovesse capitare di incontrare l’anima giusta rivedremo le nostre posizioni, per ora scopiamo felici: peccato che la Befana sia alle porte.
Settembre 1994-2024
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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