Racconti Erotici > orge > il congresso
orge

il congresso


di poeta57
17.01.2025    |    7    |    0 6.0
"Ne era certa: non l'aveva mai seriamente pensato, né desiderato, eppure adesso era lì, sdariata con la schiena sul corpo di un uomo, quasi fosse un letto o..."
Ne era certa: non l'aveva mai seriamente pensato, né desiderato, eppure adesso era lì, sdariata con la schiena sul corpo di un uomo, quasi fosse un letto o un cuscino, mentre con le braccia ne carezzava la testa e la tirava a sé, forte, sempre più forte, man mano che i colpi di un altro, dentro, la facevano impazzire dal piacere.

Come era finita lì? Come aveva fatto a finire così?

Il piacere si mischiava alla vergogna. Lei stava facendo l'amore con tre uomini contemporaneamente, tre amici, loro, che lei neanche conosceva bene, tre che l'avevano intortata su quella sera, a cena, da sola, in quell'albergo, in quella città lontana, straniera, loro che parlavano solo inglese e pure male, ma lei, lei che era sola, si sentiva sola, sola, depressa, lontana, triste, in quella città straniera, dove ormai stava da quattro giorni, per quel cazzo di congresso che non finiva mai, una noia infinita, tutti quei colleghi, maschi, impettiti, pieni di sé, professori, professoroni, luminari, che quello più affabile le dava del lei e adesso lei, quella lei, lei, era lì, sola, ma non più lontana, anzi bella vicina, vicina, dentro, dentro a quella cosa, come definirla, quella cosa, quel sesso, con quei tre, tre bei ragazzi, non c'è che dire, alti, slanciati, magri, muscolosi, che l'inizio era stato così, tastare qualche muscolo, sentire un bicipite, carezzare una coscia, passare la mano liscia su un ventre piatto e duro come una tavola.

Erano tre dell'albergo, ma non del congresso. Almeno quello. Cosa penseranno delle donne italiane? Cosa penseranno di lei, donna sposata, professoressa, ricercatrice? E di suo marito? E della sua famiglia?

In quel momento abbracciata al primo che la stava baciando con passione sentì un calore intenso nella sua pancia e all'idea, alla coscienza di ciò che era appena accaduto, che uno di quelli gli era venuto lì sulla pancia, ragazzi, a quel calore, a quel caldo, lì, lì in mezzo, venne anche lei intanto che inconsciamente ricordava di non poter rimanere incinta.

L'essere venuta invece di calmarla, l'agitò ancora di più. Capitava sempre così. Era come se le venisse ancora più voglia ed era un problema, davvero, lo era sempre stato, ché suo marito, poveretto, anche lui quando era venuto aveva bisogno di tempo per ricaricare le batterie e lei dopo tanti anni non aveva più voglia di aspettare e faceva da sola. Era un loro problema. un suo problema, ché suo marito spesso dopo dormiva. Ma adesso lì, con quei tre, che problema c'era?

Non c'era problema. Poteva finalmente saziarsi. Le girò la testa, fisicamente, al pensiero di.... La stanza girava e nel girare illuminava i loro corpi, quei corpi che sdraiati, per nulla aggressivi, solo pronti, sdraiati, con la vela alzata, gonfia dal vento, pronti, che sorridevano e la guardavano aspettandola.

Si piegò e si mise in ginocchio, posando le mani salde per terra. Le unghie rosso cupo brillavano sul tappeto chiaro. La stanza si calmò un poco. La testa anche. Ma la fame no. Non le si calmava mai al primo colpo. Le si calmava dopo, dopo, quando era sfinita. Era così, così, da sempre, ma, ma, pensò, meglio, farfugliò un pensiero, da quanto tempo non le capitava. Quella cenette con suo marito, per chiamarle così, scarne, appena da togliersi l'appetito, come un aperitivo, da anni, senza sedersi mai davvero a tavola.

Che vergogna!

Si mosse lenta verso quello che aveva di fronte. Non sapeva neanche lei cosa voleva fare. Solo toccarlo? Solo guardarlo? Non lo sapeva, ma quello dietro di lei sapeva cosa voleva, glielo aveva detto chiaro e il suo bel sedere che ondeggiava nudo, libero, sodo, era pronto, pronto, pronto come il cazzo di lui che facilmente la prese. Lei ebbe un sussulto. Poi chinò le braccia a cuscino e vi adagiò sopra le testa. DI nuovo la sensazione di essere presa. Finalmente. Quello era quello che voleva. Quella sera. Ne era sicura e sicuramente sospirò forte, dolce, come chi finalmente trova riposo.

I colpi decisi, ma lenti di quello dietro di lei in poco tempo riaccesero l'eccitazione. Scosse violenta. Basta sospiri trattenuti. Ansimare forte. Sussulti. Colpi all'indietro. Bacino scosso e mandato ad incontrare con forza il colpo di lui.

Alzando gli occhi vide quell'altro che si teneva il pisello in mano. Pronto anche lui. Giù, giù, una vertigine. Sprofondare nella vergogna e nel desiderio. Nessuno l'avrebbe saputo. Ma non importava. Non importava più. L'importante era quello. Quello. Loro. I loro corpi pronti, scattanti, resistenti. Quello era importante. Venne ancora sentendo di nuovo il calore maschile questa volta dentro, ad invaderla.

Si sdrarò. Un attimo. Fece segno con la mano. Con un sorriso abbozzato. Lei sdariata per terra. Loro, adesso, sopra di lei, vicino a lei, in piedi, con i loro cazzi all'insù, come enormi nasi francesi. Ringraziate vostra madre per quanto vi ha fatti bene, pensò e sorrise tra sé.

Uno le si avvicinò e si chinò a toccare il suo viso. Poi dopo la carezza le offrì il suo cazzo da baciare. Non voleva. Non ne aveva nessuna voglia. Non c'era tenerezza. Non c'era amore. Gratitudine, forse, ma neanche. Fece un segno e quello si allontanò. Tornò in piedi vicino agli altri. Da sotto le sembrava di guardare delle statue, quelle dei greci, quelle fuori dai templi, quelle allo stadio olimpico di Roma. Sono perduta, pensò. E subito: peggio di così!

Si alzò in piedi anche lei. Uno la prese per mano e la condusse verso il muro, poi le posò una mano grande, calda su una spalla e la costrinse a poggiarsi completamente alla parete. Poi si chinò e prese a baciarle la figa. Lei fece per scostarsi. Era indecente. Almeno un bidet. Si ricordò che all'estero non sanno neanche cosa è. Lasciò fare. Se voleva, alla fine erano affari suoi, no? E poi era bravo, bravo, maledettamente bravo. Un altro le si avvicinò e le aprì le braccia sempre contro il muro per poi iniziare a leccarle il capezzolo destro, intanto che il terzo, raggiuntala, le baciava quello sinistro. Benedetto Iddio. Venne immediatamente. Quello in basso continuò. Noooo. Stava cercando di gridare, mentre il piacere la riprese ancora. Quelle tre lingue erano tremende. Non riusciva a tenere le gambe dritte. Continuavano a cederle le ginocchia. Con le mani la sorreggevano in piedi. Quello sotto poggiandole sul sedere aperte e quelle sopra sui fianchi e le braccia. La sensazione del corpo senza forze e del piacere che incredibile cresceva ancora man mano che quello sotto entrava in lei con una lingua che le sembrava gigantesca, gigantesca, ecco, quello la fece venire ancora.

Basta. Si ribellò e si sdraiò per terra. Era sfinita. Ma apparentemente non loro. Cazzo!

La sola idea che entrassero ancora in lei, la ripugnava. Ma loro non si fermarono. Non subito, almeno. La presero in due. Non l'aveva mai fatto. Il cervello le esplose. Venne ancora urlando dal piacere. Quelli uscirono da lei. Con gli occhi chiese basta, vi prego, sorridendo debolmente. Ho una certa età. Capirono. Si sedettero di fronte a lei e guardandola, guardandone il corpo che lei lentamente apriva per loro e girava piano in una specie di lento girarsi nel letto, ecco, guardandola fissa presero a toccarsi e il loro cazzo le sembrò che crescesse ancora di più, ancora più grossi, e prese a toccarsi anche lei e lentamente, guardandoli fissi, guardandone fissi i cazzi, duri, nodosi, pezzi di legno chiaro, braccia potenti, dita, dure, lunghe, capelle gonfie, rigonfie, calde, sode, lisce e in cuor suo desiderandoli ancora una volta, venne lei e vennero loro.

Dopo, dopo, dopo un bel po', si alzò e andò da loro, sdraiati, sfiniti anche loro, nudi, con i piselli abbacchiati, scoperti, arrossati, e chinandosi, tutta vestita, rivestita, gonna e camicetta, pronta ad andare, a tornare in camera sua, pronta, truccata, con anche un po' di rossetto, chinandosi, sporgendo un poco le labbra diede loro un piccolo bacio sulla cappella. A ciascuno il suo. Piccolo. Non troppo. Poco. Né veloce, né lento. A labbra piene. Rosse. Solo quel tanto per sentirne il gusto e vederli sussultare ancora una volta.

Poi uscì e in camera sua, spogliandosi e lavandosi con cura ripensò al tutto e infilatasi a letto dormì il sonno dei giusti.

L'indomani il congresso e la sera stessa a casa.

Suo marito avrebbe voluto, ma lei gli disse che aveva mal di testa. Il viaggio, scusami.



Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Voto dei Lettori:
6.0
Ti è piaciuto??? SI NO

Commenti per il congresso:

Altri Racconti Erotici in orge:




® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni