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Lullaby for a sadist - I


di velvetMorgana
13.06.2018    |    3.368    |    14 6.9
"Il secondo  è nero, come l'abito che indosso..."
One, I love hurting you
Two, I love your pain
Three, let’s get together and
Play the sinner’s game
Four is for the torture and
Five is for the shame
(Korn)
 
Ho attraversoto  nebbia e buio, per arrivare da te.
Ho guidato per chilometri lottando contro l'istinto che mi diceva che stavo sbagliando.
Ma adesso sono qui.
Il nostro primo incontro.
 
L'albergo è minuscolo, perso in the middle of nowhere.
 
Entro.
 
Il primo battito del cuore è bianco, come questa stanza.
Il secondo  è nero, come l'abito che indosso.
Il respiro è spesso come cotone sterile, il sangue è lenta pece liquida che percorre la mia pelle.

Ti aspetto e penso che neanche conosco il tuo nome.
Nei miei pensieri ti chiamo Faith. Perché sei la mia Fede, ottusa e  traballante, incerta al bivio fra Alpha e Omega.
 
La stanza è spoglia e anonima,  quasi monacale, ma senza candele.
La luce filtra dalle finestre dove scuretti di legno accostati sbattono ad ogni refolo. Ogni colpo è un sobbalzo..
 
Arrivi.
(Ave o Faith, padre delle mie voglie.)
 
Veloci riti di circostanza, la tua bocca mi sorride ma i tuoi occhi mi indagano in ogni piega.
(Ora sei qui, battezza la mia carne.)
 
La stanza si è fatta grigia, piena della tua presenza.
(Ti sto di fronte, inerme e scalza.)
 
«Inginocchiati.» mi intimi. La tua voce è bassa ma il tono non ammette repliche.
(Ubbidisco).
Tieni un mano, sulla mia testa e mi costringi il volto all'altezza del tuo pube.
(Soffoco una risatina isterica).
Stringi un poco più forte.
«Toglimi le scarpe.»
(Alzo il volto, confusa. Sento che ti sto guardardando con la stessa vivacità di un cavedano che penda dall'amo)
«To – gli – mi – le – scar – pe - ora”, scandisci e ogni sillaba è uno schiocco che risuona nel cervello.
(Ubbidisco. La dignità ridotta a due lievi fessure: i miei occhi).
«Ora le calze.»
(L'emozione rende i miei movimenti impacciati e goffi. Accellero i gesti, a strappi.)
«Adagio, ho detto!», freni i miei movimenti tirandomi per i capelli.
(Ma che cosa sto facendo?)
I tuoi piedi sono nudi, resto china su di loro; non oso  muovermi.
«Lecca i miei piedi,umiliati ai miei piedi»
(Ma era davvero questo che volevo? Adesso mi alzo e me ne vado.
Invece, ubbidisco).
 
C'è silenzio: entrando, hai silenziato la radio che avevo acceso per ingannare il tempo.
Ora, si sente solo il sibilo di due respiri, fuori sincrono.
 
Mi prendi per il braccio, mi costringi ad alzarmi, mi stringo in un abbraccio e mi susduttinche sono la tua piccola puttana ubbidiente. Ti guardo con gli occhi sgranati, è così viva la sensazione di star perdendo terreno che temo di cadere da un momento all'altro.
Mi spingi sul letto, «Stenditi e chiudi gli occhi» mi ordini
(Siamo ben oltre il numero di imperativi che sono solita tollerare.
Ubbidisco)
 
Dal buio fitto del mondo dietro le mie palpebre avverto la tua mano far scorrere il cursore della zip anteriore dell'abito che ancora indosso. Sento i due lembi scostarsi, petali di un fiore che si schiude su di uno scrigno di carne palpitante.
 
Qualcosa di vischioso e profumato corre sulla mia pelle. E dopo sono le tue mani, ovunque.
Leggere, calde, unte e imperiose. Mani che sanno farsi ubbidire, senza dover chiedere.

 
(Oh Faith, Padre delle mie voglie.
Dovrei andarmene, sì.)

È troppo tardi.
 


https://youtu.be/qQxBCHWJm-A
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