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Relazioni pericolose (p.6)


di Membro VIP di Annunci69.it PaoloSC
23.05.2024    |    3.686    |    5 9.7
"” Rispose mentre apriva lo sportello di accesso alla lampada ed al portalampade..."
Relazioni pericolose - Parte 6.

Alla Fiera

Avevo avuto una giornata veramente convulsa, faticosa, stressante. Avevo buttato ore a discutere con il mio staff su come dovesse configurato lo stand, sul tipo di informazioni che avremmo potuto fornire, eccetera. Mi ero anche accorto che il dépliant che era stato prodotto su specifica richiesta di Michele era sbagliato. Il numero di telefono era quello dello stampatore, e non quello del centralino dell’Azienda.
Chiesi quindi a Daniela che non si era accorta dell’errore di trovare un sistema di stampare un migliaio di etichette autoadesive con i recapiti corretti. Lei, ancora in stato semicomatoso per la bagarre che aveva vissuto in nottata dopo che me ne ero andato, era scoppiata a piangere per il nervosismo e dovetti pensare anche a quel particolare.
Chiamai Monia, una delle collaboratrici che sarebbero state allo stand e le dissi di seguirmi.

Ci recammo alla direzione della Fiera chiedendo aiuto. Trovai una signorina che, grazie agli occhi di Monia e miei (sospetto più quelli di Monia) tirò fuori una scatola di etichette e ci aiutò a stamparle.

Lasciai Monia con la ragazza in Direzione Fiera ed andai finalmente in Sala Convegni ove stavano montando il Videowall che era appena arrivato.

Ero appena uscito dalla sala per entrare in sala regia che sentii un botto pazzesco. Rientrai di corsa in sala e mi ghiacciò il sangue nelle vene: il Videowall era per due terzi a terra in un mucchio di vetri rotti.

Si sentiva puzza di bruciato e vidi all’improvviso un fil di fumo levarsi da dietro la struttura per buona parte crollata.
“AL FUOCO!” gridai cercando di richiamare l’attenzione degli operai che stavano cercando di capire come fosse potuto succedere quel che era accaduto.
Si scrollarono immediatamente e corsero a staccare l’alimentazione dei display e degli apparati.
Il fumo diminuì subito ma nell’aria rimase un puzzo di gomma e di avvolgimenti bruciati.

Credetti di morire di infarto. Il mio cuore sembrava prima fermo, immobile, poi riprese a battere impazzito.
Nel frattempo, iniziai a sudare a dirotto, grondavo gocce dalla fronte e stillavo rivoli dal petto, fradiciando la camicia e la giacca.

Mi avvicinai al disastro e feci un cenno al caposquadra dei montatori che mi raggiunse immediatamente.
“E mo’?” gli dissi.
“E mo’ so’ cazzi” mi rispose.
Si mise le mani nei capelli e scosse la testa.
Poi si ricompose e chiamò a raccolta i due ragazzi che lo aiutavano.
“Voi smontate tutto e ripulite per terra. Io vado a chiama’ er principale e je spiego la cosa” disse.
Poi, rivolto a me: “Dottò, che je dico? Deve avè ceduto la struttura de fero, s’è piegata e ha strappato gli ancoraggi e s’accartocciata. Poi i monitor se so’ staccati e so’ caduti pe’ tera. Se ne so’ salvati solo tre o quattro. Ce ne servono almeno nove per fa’ la matrice, ma noi eravamo sulla matrice 4×4. Nun so che dije.
Mo’ sento er capo” e scappò via.
Dovevo avvisare Donato ed il Boss, non potevo rischiare, ma prima volevo verificare il piano B.

Uscii di corsa dal salone ove erano arrivate un mucchio di curiosi ed i vigili del fuoco e mi recai verso la sala regia. Lì trovai il responsabile, con il quale avevo più volte parlato nei giorni precedenti, lo salutai e gli feci un cenno indicando il caos nella sala sottostante.
Lui annuì e mi disse “Siamo in un bel cazzo di casino”.
“Entro un’ora è tutto pulito” risposi. “Ora vado in Direzione Fiera e chiedo un supporto per le pulizie. Poi vediamo. Però dobbiamo attivare il proiettore.” gli dissi ricordando quanto ci eravamo detto più volte per telefono.
“C’è un problema. Si è rotta la lampada e la stiamo cercando. A Bologna le hanno finite, stiamo provando a Milano”.
“Posso chiamare?” gli chiesi.
“Si certo” e mi allungò il telefono.
“9 per uscire” mi disse.

Digitai il numero di telefono di Marina, la capo segreteria. Mi rispose al secondo squillo.

“Marina, sono Paolo Sforza Cesarani. Ho bisogno del suo aiuto. Le mando per fax il codice di una lampada per un proiettore dati. Deve essere qui in fiera a Cesena entro stasera alle 19, costi quel che costi. Il che significa che ha un’ora di tempo per trovarlo. Mi richiami a questo numero: è il numero della sala regia della sala convegni della Fiera di Cesena”.
Marina era una rompicoglioni, ma era anche intelligentissima e, soprattutto, sapeva tutto di tutti. E sapeva già della mia nuova posizione, anche se non ancora ufficiale, per cui non stette a chiedere perché e percome.
Mi rispose “Provvedo immediatamente, dottore. La richiamo come ho notizia” ed attaccò.

Poi scrissi su un foglio di carta bianca il codice della lampada e marca e modello del proiettore e lo inviai al fax diretto di Marina, quello del Boss il cui numero era a conoscenza di pochi.
Feci poi un altro gesto come implorando un’altra chiamata e digitai il numero di Donato. Lo chiamai, e gli spiegai la situazione. Gli chiesi di aiutarmi chiamando lui la nostra sede di Milano e chiedendo se poteva mandare qualcuno a vedere presso il nostro fornitore locale, gli compitai i codici della lampada e del proiettore e gli dettai il numero al quale sarei stato reperibile.
Poi mi rivolsi al responsabile e gli spiegai cosa stavo cercando di fare.
“Noi abbiamo una sede a Milano ma non sono molto organizzati. Il nostro trovarobe è a Roma e si sta dando da fare per trovare una lampada sostitutiva, ma sono certo che se non la trova, mi cercherà un proiettore sostitutivo. Dove abbiamo modo di piazzarlo, in caso fosse possibile?” gli dissi.
Lui mi indicò gli attacchi di quello in uso, con i vari cavi coassiali BNC che lo collegavano al banco di regia ed all’impianto audio. “Sperando che siano compatibili!” mi disse.
“Ma scusi, come avrebbe gestito le conferenze di domani senza proiettore?” gli chiesi.
“Contavamo sul vostro sistema di videowall” mi rispose non senza imbarazzo.
“Allora dovremo aiutarci a vicenda. Mi aiuti a trovare qualcuno che aiuti a smontare il tutto e mandi via i Vigili del Fuoco. Non si è fatto male nessuno, non c’è incendio, solo cortocircuiti locali sugli apparati, nessun danno alle cose della Fiera. Può sentire lei il Direttore?” gli chiesi.
“Sono suo figlio, credo di poterla aiutare” mi rispose.
Prese a sua volta il telefono e fece due o tre tentativi fin quando non trovò il padre.
“Babbo, ti han detto che è successo?”
“No, nessun danno, si sono rotti solo i loro apparati”.
“Si, lo so, è strano”
“Si, la roba nostra funziona meno il proiettore”.
“Si, ti ho detto che si è bruciata la lampada”
“La sto facendo cercare a Milano, a Bologna non ce l’hanno”
”Come dici? A Rimini? No, non ho provato. Si, ora chiamo.”
”Senti, puoi mandare qui una squadra ad aiutare a smontare e a pulire? Ci sono un sacco di vetri in terra.”
”Si, e a togliere di mezzo i Vigili, non è successo nulla di grave”
“Ok. Grazie, ti faccio sapere. Qui c’è il dottor Sforza che si sta dando da fare per la lampada. Te lo passo” e mi passò il telefono.
Parlai brevemente con il Direttore, gli spiegai cosa era successo e come pensavamo di risolvere il problema per tempo. Lui mi spiegò del loro supporto a Rimini e mi pregò di aiutarli perché il proiettore era vitale per loro come per noi. Lo tranquillizzai e ripassai il telefono al figlio, il quale rispose una serie di “si” a domande che probabilmente non voleva che ascoltassi.
Alla fine chiuse la chiamata e mi spiegò.
“Mio padre mi ha detto che la storia del nostro proiettore è meglio che non venga fuori. È colpa mia, avrei dovuto controllare prima. Le siamo molto grati dell’aiuto che ci dà” mi riassunse il senso della seconda parte della chiamata.
“Io vado” gli dissi.
“Sono al mio stand. Mi faccia chiamare per interfono se ci sono novità ed uscii dalla porta.
Non feci in tempo a scendere due scalini che sentii squillare il telefono.
“Dottor Sforza, può venire un momento? La vogliono!” sentii dire ad alta voce.
Tornai rapidamente sui miei passi, presi il microfono e ascoltai.
“Dottore, ci sono due possibilità. Una è più economica ma arriva solo domattina per le 7:30/8:00. La persona le porterebbe la lampada di persona e gliela monterebbe direttamente sul posto, per tempo perché mi pare che l’apertura sia alle 9:00 ma il primo intervento sia alle 9:30 o alle 10:00. Saremmo un po’ al limite.
L’altra possibilità è che mandano subito un ragazzo con un proiettore uguale, tempo cinque ore ed è da voi. Però ci costa quasi due milioni per una giornata.”
Credo che Marina avesse sentito il mio muto deglutire, perché mi aggiunse: “Lo so, è molto, molto, molto. Però…” e lasciò morire lì la frase.
“Mi passi Donato, per favore” le chiesi.
“Subito” e sentii il cicalino della messa in attesa.
“Dimmi Paolo” mi rispose.
“Domani mattina alle 9:00 con il rischio di andare fuori tempo massimo. Costo 400.000. Oppure stasera alle 19:00, o anche alle 20:00, ma costo due milioni. Prendere o lasciare. Io prenderei.”
“Io pure. Fai. È la tua responsabilità. Sei tu che devi decidere. Se mi chiedi un parere, sono d’accordo con te. Fammi andare” e chiuse la chiamata.
Richiamai subito Marina e le dissi di procedere con l’opzione più cara e più sicura.
Spiegai al responsabile come ero rimasto e mi disse che era la soluzione migliore.
Gli spiegai che avrei dovuto però chiedere un contributo alle spese se volevano tenere il proiettore per tutta la giornata. Prese di nuovo il telefono, richiamò il Direttore e gli spiegò la situazione e come ne era venuto a capo. Sentii chiaramente la sua voce dirgli “Passami il Dott. Sforza” e mi tese il microfono.
“Dottore, mi spiace, ho capito che la soluzione più sicura richiede un notevole esborso. Mi dia il numero dell’Azienda che la contatto io e tratto per un prolungamento fino almeno a domani. Semmai, facciamo che voi pagate il viaggio ed il resto lo paghiamo noi”.
Mi sembrava una soluzione accettabile e gli diedi il numero di Marina, in modo da metterlo in contatto con il fornitore.
“Attendo sempre la squadra per le pulizie” gli ricordai.
“Dovrebbe essere già lì, ora faccio controllare. A dopo”.
“Aspetti! La persona non arriverà prima delle 19:00/20:00. C’è modo di farlo entrare per l’installazione?” gli chiesi
“Si, ovviamente. Ma ne riparliamo più tardi, Mi faccia chiamare il suo fornitore.” e chiuse la chiamata.

Scesi in salone proprio mentre rientrava il caposquadra.
“Dottò, è un casino. L’altro furgone s’è rotto e nun possono venì. Me sa che nun potemo fa’ nulla.”
Gli dissi che avevo trovato la soluzione e che comunque avremmo impiegato un proiettore. Gli spiegai in poche parole i problemi che stavamo incontrando con la lampada rotta e lui: “Dottò, posso vedello ‘sto proiettore? Perché me sa che si ho capito bbene, questo è un Sony XYZ che c’hà un problema coi contatti che a caldo s‘allentano e la diagnostica dice de cambià la lampada che è sana. Devono solo da strigne i contatti” mi spiegò.
Lo portai con me di nuovo in sala regia e spiegai al volo al responsabile quel che stava succedendo.
Intanto il tecnico aveva accesso il proiettore, messo in modalità test e stava picchiettando con il manico del giravite la testa di proiezione che magicamente iniziò a lampeggiare.
“Je lo dicevo io… so sti maledetti contatti.”
“Sicuro? Quanto ci mette a controllare?” gli chiesi.
“Un minuto.” Rispose mentre apriva lo sportello di accesso alla lampada ed al portalampade. Tolse con un pezzo di carta la lampadina dal portalampade e la osservò in controluce.
“È perfetta. Il filamento manco balla” disse.
Poi prese un paio di pinze dalla tasca e strinse un po’ i petali del connettore.
Soffiò per togliere la polvere, riprese la lampada e la reinserì.
Quindi riaccese il proiettore ed immediatamente potemmo osservare dalla finestrella di proiezione il logo del produttore sulla parete della sala convegni.

“FUNZIONA!” gridai indicando il proiettore e la scritta. Il responsabile osservò attentamente il quadro, premette un paio di bottoni ed il telo di proiezione in sala iniziò a scendere dietro al tavolo degli speaker. Poi spense alcune delle luci in sala e mandò in proiezione un filmato promozionale della Fiera.
“Funziona!” confermò.

Chiamai di corsa Marina per bloccare tutto.
“Marina, abbiamo risolto qui. Avvisi che non c’à più necessità”.
Dopo qualche minuto mio richiamò per confermare che era riuscita a contattare giusto in tempo il tecnico che stava per partire.
Poi mi chiese una cosa strana.
“Mi scusi Dottore, ma Daniela è lì? Perché qui la cercano i Carabinieri”.

Gelo. Muto.
Non sapevo cosa rispondere.
Le dissi balbettando che si, Daniela era in Fiera ma non stava con me, che sarei andato subito allo stand e avrei fatto in modo che la chiamasse subito.
“Eh, ma quando una è puttana!” sentii mormorare mentre attaccava il telefono.
Chiesi al responsabile della squadra se potesse controllare se, tra i ricambi in furgone, gli avanzava una lampada di back-up. Poi andai di corsa a cercare Daniela.
La trovai in stato catatonico seduta su una sedia nello sgabuzzino dietro lo stand, intenta ad applicare le etichette che nel frattempo Monia aveva portato sui dépliant a correggere indirizzo e telefono dell’Azienda.

“Daniela, vieni con me. Ora!” le dissi in un tono che non ammetteva risposte contrarie.
Attesi di essere in un’area relativamente isolata per dirle quanto avevo appena saputo.
“Sono venuti a cercarti i Carabinieri in ufficio. Sono da Marina. Io credo che sarebbe opportuno che andassimo ad una cabina a chiamare in ufficio prima che ti vengano a cercare qui. Non credi?”
Daniela si riscosse immediatamente e disse a mezza bocca “Bastardo! Ma io lo rovino!” ed immediatamente ritornò la Daniela che conoscevo.

“Tutto a posto, Daniela? Che succede? Perché ti cercano?” chiesi con insistenza.
“Paolo, non ho fatto nulla di male. Ho solo una denuncia per molestie da parte di un onorevole che mi ha messo le mani addosso quando non volevo. Gli ho mollato un pizzone e gli ho fatto saltare un dente. Ma io ho le prove della sua violenza. E alla fine, sono pronta a mandare foto e film alla moglie di questo bastardo.
Democristiani!!! Tze!” ed entrò nella cabina nel frattempo libera. Chiamò Marina lasciando la porta aperta e le chiese di passarle i carabinieri se stavano ancora lì.
Le rispose un maresciallo che si qualificò con grado e cognome e le spiegò il motivo per cui erano lì. Le dissero che avevano ricevuto una querela per percosse e violenza privata contro di lei e che volevano interrogarla in merito.

Lei spiegò in maniera lucida ed efficace che era a Cesena alla Fiera del MecFrut, che l’indomani ci sarebbe stato quest’evento e che il giorno successivo sarebbe passata in Stazione a mostrare le prove del fatto di essersi solo difesa dal tentativo di violenza a cui era stata sottoposta da parte dell’onorevole.
“Ma noi non le abbiamo detto chi ha fatto la denuncia” si schernì il maresciallo la cui voce riuscivo chiaramente a sentire attraverso il microfono lasciato scostato dall’orecchio di Daniela.
“Maresciallo, se vuole più tardi mi faccio accompagnare in Caserma qui a Cesena e sporgo regolare denuncia per i fatti che lo ho accennato, ma poi però deve attendere il tutto” gli spiegò.
“No signora, aspetti. Lei quando pensa di rientrare a Roma?” le chiese il maresciallo.
“Domani sera, al massimo dopodomani mattina sono da voi” rispose.
“Facciamo così. Lei se rientra prima delle 19:00 passa al comando di Piazza di San Lorenzo in Lucina e cerca di me, del Maresciallo XXXXX. Così mi spiega tutto. Se non ci riesce, mi chiami comunque e vuol dire che aspetto dopodomani. Mi raccomando! Non mi faccia venire a cercarla da altre parti in giro per l’Italia!” e la salutò.
Daniela attaccò il telefono e mi spiegò.

“Due settimane fa sono uscita con un deputato democristiano del Veneto. Sai uno di quelli teoricamente tutta casa e Chiesa, che dice di andare a messa tutte le mattine, continua a chiedere l’abolizione della legge sull’aborto e sul divorzio, vorrebbe cancellare la prostituzione dalle strade poi è il primo a mettere le corna alla moglie con le escort che gli rimedia il portiere di notte dell’albergo in cui dorme. E qualche volta è rientrato con un travestito” mi raccontò.
“Avevo organizzato pertanto un Tavolo 12 alla Svizzerotta e avevo chiesto al maître di registrare tutto. Lo so, non si fa. È reato. Ma ero certa che avrebbe cercato di approfittarne e volevo prove. Il fatto è che ad un certo punto mi ha preso e mi ha sputato in bocca dopo che gli avevo fatto un pompino. E non ci ho visto più e gli ho mollato un man rovescio così forte che con l’anello” – e mi mostrò l’anello massiccio che portava al mignolo sinistro – “gli ho rotto labbro e dente. Beh, scheggiato, non rotto” aggiunse.
“Poi ho ripreso le mie cose al volo e sono scappata. Il maître non mi ha fermato ma ha chiuso inavvertitamente la porta in faccia all’onorevole che mi stava inseguendo in mutande. Poi è intervenuta la scorta che ha raccattato l’onorevole che stava dando in escandescenze seminudo per strada.”
“Ho una copia dei filmati di sicurezza ed un paio di foto compromettenti. Non voglio darle ai carabinieri, ma pensavo di farle arrivare alla moglie assieme ad una lettera in cui accuso il marito di essere un porco. Credevo che sarebbe bastato ma a quanto pare non è sufficiente.” concluse.

“Io dico che queste situazioni vanno evitate. Sono persone piccine, che credono di avere un grande potere mentre invece fanno solo sfoggio della loro piccineria. Ma per curiosità, l’Azienda è coinvolta?” le dissi.

“Cattive non sapere, domande non fare” mi rispose.
Voleva dire che stava lavorando ad un livello ancora più alto e ne era la riprova l’intervento dei Carabinieri.
“Dubito che ci sia una querela. Potrebbe diventare pubblica ed ottenere il risultato opposto. Io invece credo che qualcuno ha subodorato la possibilità che esistano prove della presenza dell’Onorevole alla Svizzerotta con una donna che non è la moglie, e che qualcuno abbia chiesto ai Carabinieri di verificare con tatto e discrezione. Altrimenti avrebbero mandato qualcuno qui a cercarti. No, vogliono solo scoprire quali carte hai in mano e terrorizzarti” dissi ragionando ad alta voce.
“E quindi?” mi chiese.
“Quindi niente. Stai tranquilla. Non dire delle foto o dei filmati, sono illegali e sarebbe un bel casino. Lascia che si sappia che ci sono persone che hanno visto e che sanno. L’onorevole deve stare in campana. Vedrai che la prossima settimana ti chiamerà e ti chiederà un altro incontro. E questa volta sarà molto più disponibile e gentile.”
“E i Carabinieri?” chiese.
“Domani sera chiami il maresciallo e gli chiedi il numero di protocollo della querela in modo da poter consentire al tuo avvocato di poter accedere agli atti. Vedrai che tempo due giorni ti chiameranno dicendo che la querela è stata rimessa.” conclusi.
“Cioè?”
“Niente. La querela non esiste. E non esisterà mai. Il maresciallo ti ha detto di chiamarlo, non di andare da lui. Voleva essere sicuro di incontrarti e con la scusa di metterti a tuo agio, ti avrebbe invitata da Ciampini a prendere un caffè al tavolo, ma non avrebbe fatto nulla di ufficiale. Scommetto che ti ha dato il suo numero diretto. E scommetto che è andato in borghese a cercarti” le spiegai.
“Insomma mi stai dicendo di non preoccuparmi” disse Daniela.
“Si. Non devi preoccuparti per questo. Chi si deve preoccupare è l’onorevole. Vedrai che tempo tre giorni ti chiamerà lui e potrai chiedergli quel che ti serve. Quanto è, adesso?” chiesi.
“Quanto cosa?”
“Il business a cui stai lavorando” specificai.
“Ottanta”.
“Solo ottanta milioni?” chiesi, quasi deluso.
“Ottanta miliardi” specificò Daniela.
“Cazzo!” esclamai, e poi aggiunsi: “Non dirmi nulla, non voglio sapere niente. Bella giornata, eh? Chissà se piove!” esclamai mentre giravo su me stesso e tornavo verso la sala convegni.

“Dottò, la stavo a cercà” mi apostrofò il tecnico del videowall.

Cosa altro poteva succedere?
Scommisi su cavallette e piaghe, perché l’inondazione c’era già stata, il terremoto localizzato aveva schiantato il videowall e Daniela era terrorizzata.

“Mi dica. Che succede?” gli chiesi.
“Ho sentito il capo giù a Roma, mi ha detto che se non serve qui devo rientra’ visto che s’è rotto l’artro furgone…” mentre si grattava la testa con la mano.
“Si, qui non serve più. Dovete sgomberare la parete da ciò che resta e poi potete andare. Dica al suo capo che… no, niente. Non dica nulla. Ci faremo sentire noi quando rientro, la prossima settimana” gli dissi.
Avevo intenzione di non pagare una lira una di quel noleggio e l’avrei minacciato di chiedere i danni.
Poi, mi ricordai di una lezione ricevuta da Michele: “I fornitori sono il nostro pane, soprattutto quando abbiamo bisogno di loro. Un fornitore contento ti darà sempre un ottimo servizio. Uno scontento, alla prima occasione te lo mette in culo. Quindi, anche se fanno casino, trattali bene, perché alla fine se lavorano male è anche colpa tua che non hai controllato il loro operato.”

Memore di questa perla di saggezza, accompagnai il ragazzo al bar, gli offrii un caffè e lo pregai di essere il più rapido possibile.
Lui mi garantì che da lì ad un paio d’ore sarebbe partito con ciò che rimaneva dell’attrezzatura.
“E la lampada? Ha guardato?”
“Dottò, io ce ne avrei una che amo sostituito su un proiettore come er vostro. La lampada è ancora bbona, je la posso pure lassà, ma nun je prometto gniente. Quella lampada è facile che je se rompe appena l’accenne perché è vecchia. Però si la volete, io je la lascio tanto qui sur furgone finisce che se rompe co’ ‘e buche”
“Ok, grazie, poi mi fa sapere l'eventuale costo” lo ringraziai.
“Ma quale costo: quella è un fero vecchio da butta’. Me creda, nun me ringrazi perché si domani la cambia, poi me manna li peggio mortacci mia” concluse mentre mi salutava andando via.

Mattina successiva, ore 8.
Ero in auto, in fila nel traffico verso la Fiera. Non avevo previsto tanto traffico, ero in coda da mezz’ora in attesa di poter entrare nello spiazzo dietro l’edificio dove mi era stato riservato un posto. Alla fine, tra un colpo di clacson ed una sbuffata, riesco ad entrare nell’area di parcheggio. Daniela era accanto a me, ancora rincretinita dal sonno. Non si era vestita, preferendo infilarsi in una tuta. Mi chiese aiuto per portare la sua sacca con il cambio; si sarebbe vestita nel camerino dietro il nostro stand.

“Sarà una giornata folle, cerca di non fare stronzate, almeno tu!” le ringhiai, lo stomaco contratto per le fitte che provavo come pensavo alle possibili conseguenze di un fallimento o di un contrattempo.
Ero certo di aver controllato tutto, di aver previsto tutte le possibilità, ma dentro di me aleggiava il fantasma di Murphy con il suo maledetto postulato n. 4: «Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può andare male, e si prevengono, immediatamente se ne rivelerà un quinto.»
Cosa altro sarebbe potuto succedere?

Il convegno

Alle 10 in punto si presentarono il Boss, Donato e Michele assieme ai tre commerciali che presto ci avrebbero lasciato.
Raccontai al Boss brevemente gli avvenimenti del giorno prima e gli accennai la soluzione che avevo messo in piedi per garantire il massimo successo della presentazione.
Apparve Daniela, vestita con un classicissimo tailleur grigio fumo, indossato però “nature” senza camicia, lo scollo ad evidenziare il solco tra i seni. La gonna, appena sopra il ginocchio, esaltava le sue gambe magre fasciate da seriche calze fumé, sorrette da un elegante paio di décolleté con tacco. Impossibile non guardarla, sprizzava sesso da tutti i pori. Ed il Boss, giratosi per osservarla, atteggiò le labbra con quel ghigno satanico foriero di pensieri lubrichi e perversi. Povera Daniela! Non avrei desiderato essere nei suoi panni, in quel momento.
Anche i suoi tre scherani si girarono a guardare la mia segretaria personale con occhio sadico. Decisi di rimetterli al loro posto.
“Daniela, so che stamattina il Capo di Gabinetto ti ha cercato in albergo!” buttai lì.
“Oh si, Paolo. Mi ha confermato di essere in viaggio verso l’aeroporto e che sarebbe arrivato per le 11 circa. Mi ha anche chiesto se avevamo organizzato per il dopo pranzo: lui ed il suo staff avrebbero piacere di riposare un attimo prima di ripartire…” concluse con una smorfia ironica disegnata sul viso.
“E tu hai già fatto tutto, no?” le chiesi, già conoscendo la sua risposta.
“Ho studiato il Capo di Gabinetto; conosco le sue abitudini, le sue fissazioni, ciò che gli piace. Sapevi che odia i leccaculi? Una volta ha detto che il vero potere di una persona lo si percepisce quando si è in grado di umiliare i lecchini mostrando loro quanto sia inutile il loro prostrarsi a terra” mi rispose con un occhiolino, non vista dai tre che trasalirono e si guardarono con fare interrogativo per poi adombrarsi e girarsi verso il Boss.
“Brava Daniela, ottimo lavoro, come sempre. La classe non è acqua” dissi rivolgendomi al Boss che annuì.
“Fammi capire, Daniela: hai prenotato delle stanze d’albergo?” le chiese il grande Capo.
“In realtà, il ristorante in cui ho fissato il tavolo è anche una locanda, un hotel bijoux con alcune stanze. Una volta era uno hotel a ore, oggi è un posto di lusso. Ho prenotato tre stanze, qualora qualcuno di noi dovesse averne bisogno.” proseguì con un sorrisetto mentre osservava il Boss.
“Piuttosto, vorrei mostrarti come ho organizzato i tavoli: al tavolo principale ci saremo noi con il Capo di Gabinetto e la sua segretaria personale. All’altro tavolo siederanno il suo staff ed i nostri commerciali.” spiegò il suo piano al nostro capo che approvò annuendo.
“Ma… non sarebbe meglio mettere Paolo e Daniela con lo staff? Sarebbe meglio che ci fossimo noi, con il nostro ospite” disse uno dei tre, il più viscido.

“Il MIO ospite, caro!” esclamò seccamente il Boss.
“Brava Daniela, ottima scelta. Vieni, accompagnami al bar, voglio un caffè. Paolo, spiega esattamente a Donato e Michele cosa dovranno fare durante la presentazione. Voglio che siano pronti a supportarti in ogni modo durante il tuo intervento” concluse mentre prendeva Daniela sottobraccio e si avviava verso la buvette.
Poi, accortosi che i tre commerciali lo seguivano, si girò e li apostrofò: “Non vi ho detto di andare al bar. Mi pare di avervi portato qui per lavorare, non in vacanza. Andate ad ascoltare quel che vi spiegherà il Dott. Sforza. Sono certo che imparerete qualcosa.” concluse.
Conoscevo il Boss. Aveva utilizzato per i suoi scopi quei tre ed ora, divenuti inutili, li scaricava senza rimorsi.
Tremai all’idea che mi sarei potuto trovare anch’io, un giorno, nella medesima situazione.

Alle 11 e mezza, in leggero ritardo, si palesò il Capo di Gabinetto con il suo vociante codazzo di assistenti, parvenue della politica, sindacalisti e cooperati.
I tre commerciali scattarono all’unisono e corsero ad accoglierlo sulla porta della sala convegni mentre il Boss, Donato e Michele lo attendevano a metà corridoio. Io ero con Daniela subito dietro, in preda ad un attacco d’ansia: avevo appena visto un tremolio del fascio luminoso del proiettore che in quel momento stava visualizzando la locandina dell’evento.

Nel frattempo Daniela mi strinse la mano e si staccò da me, dirigendosi verso il Capo di Gabinetto. Gli porse la mano per salutarlo, in quel modo caratteristico delle signore che vogliono ottenere il baciamano. “Cavaliere, che piacere vederla! Sono Daniela, la segretaria del Dott. Sforza. Le do il benvenuto! Mi permetta di presentarle il nostro top management: il Boss, il Dott. Donato e l’ing. Michele. Ha viaggiato bene?” gli chiese con un sorriso a trentadue denti. Nel frattempo si rivolse alla Segretaria: “Dottoressa, è un piacere conoscerla di persona! Ma che splendido vestito!”. Inutile dire che catturò immediatamente la loro simpatia ed attenzione.
Il Boss, Michele e Donato si presentarono ed iniziarono i saluti, ma intervenne Daniela a guidare l’attenzione verso di me. “Questo è invece il dott. Sforza, la mente che ha concepito questa meraviglia dell’informatica!” disse tirandomi per la manica per avvicinarmi agli ospiti.
“Ah, si certo, il dott. Sforza. Abbiamo sentito cose egregie su di lei, sono certo che la sua presentazione sarà interessantissima” mi apostrofò il Cavaliere mentre stringeva, scuotendola con intensità, la mia mano.
Mi prese sotto braccio e mi guidò verso il palco, mentre mi chiedeva alcuni lumi su quanto avrei presentato da lì a poco.



La presentazione fu un grande successo. Giornalisti di settore, esperti agronomi, alcuni competitor, tutti a domandare dettagli, richiedere ulteriori informazioni, interessati ad un futuro a breve di quella tecnologia così promettente. La conferenza stampa successiva ebbe grande partecipazione e numerose domande furono indirizzate al Capo di Gabinetto in merito alla adozione di una così promettente tecnologia che avrebbe potuto rivoluzionare il mondo dell’agricoltura da lì a breve.

Al termine, il nostro gruppetto di auto fu addirittura scortato da due motociclisti della Polizia fino al ristorante, ove prendemmo posto ai tavoli assegnati.
Il pranzo scorse piacevole tra una portata e l’altra, innaffiate da ottimi vini locali, per chiudere con un giro di liquori a conclusione del banchetto.
Avevo bevuto un po’ troppo e la testa mi girava un po’. La tensione venuta meno mi aveva dato il colpo di grazia ed una stanchezza profonda mi intorpidiva la mente e le membra.

Il Boss, Donato e Michele si accomiatarono facendo i complimenti a me e a Daniela per la perfetta riuscita della manifestazione mentre i tre commerciali, fino ad allora in disparte, cercavano di riguadagnare qualche punto sperticandosi in lodi verso il progetto e magnificando l’interesse delle numerose Aziende che si erano date da fare per ottenere da loro informazioni.

Li salutai con gratitudine avvisandoli che sarei rientrato a Roma con calma, il giorno dopo, e che ci saremmo visti in ufficio la settimana successiva. Mi salutarono con una pacca sulle spalle, ma Donato mi si avvicinò sussurrandomi “Ragazzo, sei stanco. Vai a riposare. Possibilmente da solo, mi raccomando. Ma mi rendo conto che un po’ di sano sesso ti farebbe solo del bene. Però, eviterei che si venga a saperlo in giro, per cui, attento a te.” e si diresse verso l’auto che lo attendeva nel parcheggio. Lo salutai con il braccio e mi rivolsi verso Daniela.

“Sono stanco da morire, ho bevuto troppo e non ti ho ancora ringraziato. Senza di te, probabilmente sarebbe stato un fiasco” le dissi con sincerità guardandola negli occhi e prendendole la mano tra le mie in un gesto di affettuosa riconoscenza.

“Credi che potrei approfittare di una delle stanze? Una pennichella di certo non mi farebbe male” aggiunsi cercando di non sottintendere nulla.
“Certamente! Sono lì apposta per noi. Le paghiamo comunque, sai?” mi rispose sorridente.
“Ti dirò: ho anch’io molto sonno ed ho bevuto pure io un po’ troppo. Di certo non sarei in grado di guidare per tornare in albergo” aggiunse.
“Ma non avevi detto che …niente più sesso tra di noi?” sussurrò guardandomi in tralice.
“E chi ha parlato di sesso? Io ho solo voglia di dormire un po’” le risposi.
“Purtroppo c’è solo una stanza disponibile per entrambi. Le altre due sono state occupate…” ribatté con sguardo speranzoso.
“Toglitelo dalla testa: non ho intenzione di fare sesso con te, e soprattutto, non credo proprio di essere in grado di fare alcunché, in questo momento!” ribadii con fermezza.
“Va bene, va bene, come vuoi tu. Però telefoniamo a Francesca, eh?”

Francesca! Non avevo ancora avuto modo di chiamarla.
Avevo piacere di raccontarle tutto quel che era successo, ma non volevo farlo presente Daniela. Non che non sapesse che eravamo assieme, ma avevo promesso a me stesso di mettere qualche punto fermo in opposizione alla deriva che avrebbe potuto trascinare la mia famiglia e la mia carriera.

Mi feci indicare da Daniela la stanza e mi feci lasciare la chiave. Entrai e mi gettai vestito sul letto, dopo essermi giusto sfilato le scarpe. Alzai la cornetta del telefono sul comodino e mi feci passare la linea esterna. Composi quindi il numero della clinica di mia moglie e parlai con il centralino chiedendo di parlarle.
“La dottoressa sta facendo il giro delle visite, ne avrà per un’ora circa” m rispose la segretaria del reparto. “Se vuole lasciar detto a me…” aggiunse. Mi qualificai e lasciai il numero della locanda, avvertendo che mi sarei trattenuto per un paio d’ore al massimo, dopodiché mi sarei spostato e casomai l’avrei richiamata.

Chiusa la comunicazione, mi rialzai, mi spogliai e mi misi sotto il lenzuolo senza preoccuparmi di raccogliere i miei vestiti ed i miei panni abbandonati a terra. Caddi immediatamente in un sonno profondo, perdendo il contatto con la realtà, sostituita dopo un po’ da un sogno confuso nel quale Marina, la segretaria del boss, avanzava nuda verso di me, si inginocchiava in mezzo alle mie gambe e me lo succhiava avidamente mentre cercavo di combattere ed impedire che ciò avvenisse urlando “Non voglio, non voglio, amo mia moglie, tra un po’ avremo una bambina, non voglio, non voglio...”.
Ma come un mostro famelico, Marina faceva scomparire il mio pene dentro di lei mentre si avvicinava con la bocca alle mie labbra.

Urlai dibattendomi e mi svegliai di colpo: realizzai che Marina si era trasformata in Daniela, completamente nuda, che si agitava sopra di me sussurrandomi all’orecchio “stai buono, lasciami fare, ho diritto di scoparti, me lo ha permesso Francesca!”.
Era troppo tardi per tirarmi indietro, un incontrollato orgasmo mi scosse facendomi riversare grandi quantità di fluidi dentro il corpo della mia segretaria la quale, continuando a muoversi in su e giù sul mio membro, mi baciò con passione e si unì al mio orgasmo con un grido liberatorio. Si accasciò quindi al mio fianco, si distese e posò il capo sul mio petto, tenendo la mia mano sul suo ventre.
“Te ne sono grata, Paolo.” mi disse.
“Grazie a te, i tre commerciali non rappresentano più un problema e oggi mi sono presa una rivincita” continuò.
“Grazie al successo di oggi, con il Ministero che approverà il progetto, saranno impegnati a leccare i culi da altre parti. E se permetti, un po’ è anche merito mio.” concluse mentre mi mordicchiava il lobo dell’orecchio e la sua mano accarezzava la mia intimità.

Il trillo del telefono mi colse di sorpresa. Realizzai immediatamente che poteva essere solo mia moglie e mi sporsi per rispondere, ma fui preceduto da Daniela che si appropriò del microfono e rispose al posto mio.
“Sono la segretaria del Dott. Sforza, con chi parlo?” interloquì con tono professionale e distaccata.
“Francesca, che piacere, sono Daniela!” disse assumendo un tono amichevole e complice.
“Si, siamo qui in camera, Paolo era distrutto ed è venuto a schiacciare un pisolino. Io sono salita a controllare che stesse bene e lo ho aiutato a rilassarsi completamente, sai cosa intendo…“ proseguì, generando immediatamente in me un senso di colpa.
“Si, come mi avevi detto di fare!” rispose a qualche domanda di mia moglie.
“Si, certo, l’ho succhiato mentre dormiva per drizzarlo, poi sono salita su di lui e me lo sono scopato.” affermò provocando il mio stupore.
“Si, credo che avesse un incubo prima di venire, perché urlava e si dibatteva… chissà per chi mi aveva preso…”
“No, non eri tu, Francesca. E ti confermo, si è negato più volte in questi giorni anche se gli ho detto che noi due eravamo d’accordo che lo avrei tenuto d’occhio e svuotato ogni sera… ma non ha mai accettato.” spiegò a mia moglie.
“No, Francesca, non ha avuto nessuno. L’ho fatto controllare dalle cameriere dell’albergo. Nessuna avventura, nessuna traccia sconosciuta, il letto sfatto solo dalla sua parte. Insomma, un angioletto. Vedessi come era bello mentre dormiva… si, te lo passo. Ciao amore!” e mi passò il microfono.
“Scusa Fra, non è colpa mia, io dormivo, Daniela si è approfittata della mia stanchezza. Pensa che ho sognato che era Marina, la segretaria del boss!” e, mentre lo dicevo, Daniela mi dette uno schiaffetto sulla cappella che iniziava a scoprirsi mentre mi accarezzava.
“Paolo, non sentirti in colpa. Ho chiesto io a Daniela di farti rilassare nel migliore dei modi. Ed entrambi sappiamo quanto il sesso sia per te un calmante naturale. Non sono gelosa di Daniela, so che tu ami me e nostra figlia che porto in grembo, e visto che non potevo essere lì con te, le ho chiesto di sostituirmi.”
“Ma… io…“ balbettai. “Io non capisco: perché?” mi lamentai.
“Perché voglio che il padre di mia figlia sia rilassato nel momento in cui deve prendere decisioni importanti per la mia famiglia” rispose con una certa sicumera.
“Ed ora raccontami come è andata”

Le raccontai per filo e per segno, facendo violenza alla mia natura di limitarmi al riassunto del riassunto, un Bignami ragionato contenente solo i fatti essenziali. Le dissi del Capo di Gabinetto e della sua segretaria, del Boss, di Donato e Michele, dei giornalisti, dei vari addetti ai lavori e dell’interesse suscitato dal mio progetto.
Daniela nel frattempo, continuava ad accarezzarmi il pisello passandoci sopra le unghie, provocando di nuovo una vistosa e robusta erezione.

Mentre parlavo, Daniela mi strappò il microfono ed intervenne: “Franci, amore, Paolo ha bisogno di ulteriore rilassamento, sapessi come risponde alle mie cure… pensa che è già pronto nonostante sia al telefono con te” disse con un ghigno sulle labbra. Staccò il microfono dall’orecchio per farmi sentire chiaramente “PORCO! DIGLI CHE È UN PORCO!”
“Vuoi che lo lasci da solo, Franci?” disse con voce melliflua.
“NO, DANI. FALLO SVENIRE. DIGLI PERÒ CHE PER OGNI SUO ORGASMO, DOVRÀ CONCEDERMENE DUE CON TE E DUE CON LUI!” aggiunse.

Basito, non ebbi modo di ribattere che Daniela aveva già attaccato il microfono.
“Hai sentito tua moglie: mi autorizza a concederti tutto pur di rilassarti. E giacché sono molto interessata alla punizione che ti infliggeremo quando torneremo a casa, non ti farò sconti. Non ce ne andremo da qui fino a che non ti avrò preso in tutti i miei orifizi e fino a quando non uscirà più nulla da quelle sacchette che hai in mezzo alle gambe...” concionò prima di avventarsi con la bocca sul mio membro del tutto eretto.

Inutile dire che non dormimmo più fino a sera, quando ci facemmo portare la cena in camera e Daniela si divertì a scandalizzare il cameriere aprendogli la porta con l’accappatoio aperto senza nulla sotto.

“Daniela, io non ce la faccio più!” dissi stremato dopo l’ennesimo orgasmo.
“Diciamo che mi sono rifatta con gli interessi del Tavolo12…” ridacchiò.

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Paolo Sforza Cesarani
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