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L'estate sta finendo e ritorniamo al "Sado Hotel"


di maktero
25.10.2023    |    232    |    0 8.0
"Era veramente una schifosa masochista..."
L'estate è tristemente al termine e gli spassi nella casa al mare dei padroni sono al termine.
Le schiave, quasi tutte tranne una hanno terminato il loro contratto di sofferenza e sono state liberate.
Sicuramente alcune, contente del servizio, ritorneranno per altri soggiorni di tormento al "Sado Hotel".
Noi ci avviamo sul furgone, in una giornata grigia verso la nostra meta.
I padroni erano avanti, al posto di guida e del passeggero, mentre la schiava e noi eravamo sdraiate, nude e legate, sul pianale retrostante.
Durante il viaggio, tra uno scossone ed un altro che martoriavano i nostri corpi, chiacchierammo molto, ci conoscemmo piacevolmente.
La schiava si chiamava Gabriella ed era una convinta masochista.
Ci parlò delle sue esperienze a cui noi rispondemmo con le nostre; fu un momento di gradevole intimità.
All'arrivo in una tetra serata minacciosa di pioggia i padroni ci fecero scendere, slegarono me e Serena e ci ordinarono di portare la schiava al letto di contenzione in quanto per contratto ne aveva ancora per un altro giorno.
Portammo la schiava al suo letto di tormento, la legammo come si deve, e siccome io mi ero eccitata, infilai il cazzo in bocca a Gabriella,.
Lei accolse il mio organo con uno sguardo di luminoso piacere e cominciò a succhiarmi avidamente.
Serena rimase lì accanto a guardare toccandosi, era senz'altro incuriosita dalla capacità di Gabriella di farmi godere.
Ma poi capii che la sua attenta osservazione era destinata a comprendere il momento in cui io ero prossima a godere.
Infatti, un attimo prima che io arrivassi, con attento tempismo, Serena sfilò brutalmente il mio cazzo dalla bocca di Gabriela e inginocchiandosi se lo infilò nella sua bocca e terminò il lavoro iniziato da Gabriella.
Mentre Serena ingoiava, guardandomi con occhi luminosi il mio sperma; notai che le ragazze cominciarono a scambiarsi
degli sguardi dispettosi
Serena, gelida, voleva far capire a Gabriella che io ero suo; mi piaque questo scontro tra donne che favorii la mia sborrata che fu veramente abbondante.
Serena guardò con compassione Gabriela e gli concessa di colarli in bocca una parte della mia sborra.
In quel momento si affacciarono i padroni che brutalmente ci dissero " Smettetela di divertivi e andate a prepararci la cena che abbiamo fame".
Fummo scosse, bruscamente da quegli ordine, ed abbittuate ad obbedire prontamente, senza esitazione, corremmo fuori dalla stanza e ci dirigemmo in cucina.
Lì però ci accorgemmo che c'era poco per accontentare il palato dei padroni, in quanto la dispensa era stata svotata prima del periodo estivo.
Trovammo qualche scatoletta con cui improvvisammo una cenetta per i padroni; ci accorgemmo di avere fame anche noi, ma c'era poco da spiluccare come facevamo di solito.
Inoltre c'era anche poco, per preparare la sbobba per Gabriella.
Comunque con quel poco che offriva la cucina preparammo qualcosa di sostanzioso ed appetitoso per i padroni.
Li servimmo in sala da pranzo e, noi affamate, li guardammo mangiare doviziosamente.
Facemmo presente ad i signori che non c'era più cibo in dispensa, loro risposero che avrebbero fatto la spesa il giorno dopo.
Chiesero se c'era qualcosa da nutrire la schiava per stasera, rispondemmo che avevamo raccolto qualcosa da farle mangiare.
Ci ordinarono di andare a nutrirla.
Andammo in cucina a prendere la ciotola in cui avevamo raccolto, tutti gli avanzi e gli scarti e cotti fino a farli diventare una poltiglia.
Andammo da Gabriella che stava già soffrendo per la costrizione del letto.
Le dicemmo se aveva fame, e lei ci guardò storto; evidentemente stava soffrendo parecchio.
Ci sedemmo accanto al suo letto con la ciotola in mano, e cominciammo a chiacchierare; lei parlava tra un gemito ed un altro, tra una contrazione muscolare ed un altra.
Passammo diverse ore a chiacchierare mentre le soffriva, poi la convvicemo a mangiare qualcosa; del resto lei ammise di essere affamata.
Riuscimmo a farle ingoiare qualche cucchiaiata della sbobba.
Poi ci accorgemmo che i padroni avevano spento le luci e noi ci accorgemmo di essere stanche.
Ci adagiammo sul pavimento per riposare esauste, mentre Gabriella gemeva.
Arrivò il sonno ristoratore.
Ci svegliarono brutalmente i padroni che con delle urla ci ordinarono di preparare loro la colazione.
Corremmo in cucina, assonnate, e scoprimmo che in cucina c'era appena l'indispensabile per preparare del caffè e nient'altro.
I padroni furono scontenti della magra colazione.
Crudelmente i padroni ci chiesero se avessimo fame; noi rispondemmo di sì.
Loro ridacchiarono, poi dissero che più tardi sarebbero andati a fare la spesa.
Ci dissero di occuparci di Gabriella, andammo nella stanza, dove la ragazza doveva aver passato una notte spaventevole.
Il bugliolo posto sotto il suo letto era pieno di piscio, c'era poca merda visto quanto poco aveva mangiato.
Ma la sua figa, ed il buco nel letto erano sporchi dei suoi umori, la porca doveva aver goduto tantissimo per la sofferenza provata durante la notte
Si affacciarono i padroni e dissero che il contratto di Gabriella era terminato tuttavia vollero offrirle un bonus.
Ci ordinarono di liberarla e di portarla fuori nel cortile.
Era una mattinata piovvigginosa ma non molto fredda; noi agguantavamo Gabriella, ed i padroni ci ordinarono di buttarla in mezzo ad una pozzanghera in mezzo al cortile.
Poi ci dissero di montarle addosso e di calpestarla.
Loro intanto sarebbe andati a fare la spesa e noi dovevamo continuare a calpestare quel corpo fino al loro ritorno.
Noi eseguimmo era come calpestare l'uva durante la vendemmia.
Ci divertimmo un mondo a calpestare Gabriella immersa nel fango, pigiando i nostri piedi sul suo corpo sui suoi arti immersi nella melma.
Lei ogni tanto tra un lamento ed un altro si rigirava per offrirci un altra parte del suo corpo al calpestamento.
Si toccava continuamente, il trattamento le piaceva senz'altro, e gemeva più per il godimento che per la sofferenza, o per entrambe le cose insieme.
Era veramente una schifosa masochista.



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