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Il poker è anche un gioco: io, Elena e Franco.


di Honeymark
22.01.2016    |    24.482    |    7 9.5
"- A Franco piace vincere soldi, a te piace vincere me..."
Stavamo giocando a poker tra amici in una saletta di un alberghetto sulla costa ligure e ci eravamo trovati nel classico impasse del gioco. Io avevo rilanciato e lui non aveva i soldi. Cioè non aveva i contanti, perché le nostre regole sono abbastanza precise. Si parte con una posta non superiore ai mille euro in contanti da giocare e quando si finisce la scorta non si può giocare più. Un modo per mettere un limite alle cazzate. Come si sa, quando si ha un bel gioco in mano, si va a vedere comunque, a qualsiasi prezzo. Il che è da dilettanti, però accade. Di qui la regola di buonsenso, perché a poker nessun gioco è mai sicuro di vincere.
Quindi eravamo fermi lì. Io avevo rilanciato e l’unico che voleva vedere non ne aveva abbastanza. In questi casi, per evitare che uno ne approfitti solo perché può puntare più dell’altro, si lascia sbordare col buonsenso. A fronte di opportune garanzie, ovviamente, e sempre per dare responsabilità al gioco.
- Allora Marco, – mi disse Franco. – Posso vedere sulla parola?
Da come lo aveva detto, se li avesse avuti sul tavolo avrebbe rilanciato, cosa che non poteva fare senza contanti. Ma anche io avevo un bel gioco.
- Che garanzia di dai? – Risposi serenamente. – E’ la regola. Devi disporne qui. Niente carte di credito o assegni.
Ripeto, non è questione di fiducia. E si deve trattare di roba comunque incassabile subito, tipo un orologio o altro del genere.
- Questa. – Disse e mi allungò un foglietto piegato sul quale aveva scritto qualcosa.
Lo aprii e lo lessi: «Mia moglie».
Io non accetto mai queste cose. Sono un persona corretta e non ho mai negoziato rapporti sessuali. Ma sua moglie era davvero una bellissima donna, alla quale non avevo mai risparmiato i complimenti, ma non faceva eccezione. Comunque era alta un metro e sessantacinque, ma proporzionatissima e con un culo da urlo.
Mi sentii vergognosamente tentato. Ma non volli accettare.
- È una cifra importante, – gli risposi. – È tutto quello che hai qui, più di quello che ho puntato io. Forse è bene che ti consulti con tua moglie…
- Lei è d’accordo.
- Non ti ho visto parlarne con lei. E’ lì che gioca a bridge con le amiche. Vai, chiamala, mostrale il biglietto e chiedi conferma. Se lei mi fa segno di sì con la testa, allora accetto.
Gli amici pensarono che si fosse giocato l’auto, ma la cifra in gioco era sicuramente inferiore alla sua BMW. Restarono tutti curiosi dall’idea di vedere come sarebbe andata a finire.
Lui mise le carte sul tavolo, vi poggiò sopra un bicchiere, prese il foglietto piegato e andò dalla moglie. La fece alzare, le disse qualcosa e le mostrò il bigliettino. Lei ebbe una brutta reazione. Poi lui evidentemente le spiegò che gioco aveva in mano. Discussero un po’ e alla fine lei sospirò e gli disse sì. Lui la fece girare dalla mia e lei annuì con un certo imbarazzo.
Poi tornò al tavolo. Si sedette e rimise il foglietto piegato sul tavolo sopra le fiches.
- Vedo! – Disse.
Mostrai le carte aprendole sul tavolo. Avevo un colore di fiori. Non un gioco straordinario, ma certamente importante.
Lui arrossì al punto di sentirsi male. Mostrò le carte. Aveva anche lui un colore, ma di picche. Inferiore al mio.
Avevo vinto sua moglie.

Lì per lì provai un indecente senso di eccitazione come un adolescente che vede delle tette per la prima volta. Poi mi dominai e pensai come dovevo gestire la situazione.
- Io smetterei qui di giocare, – dissi alzandomi.
- Anche noi – disse uno degli altri due amici.
- Cos’è che aveva giocato Franco? – Disse curioso l’altro domandandomi il foglietto che avevo raccolto insieme alle fiches.
- Mi spiace – risposi. – Se volevi vederlo dovevi stare in gioco.
Non disse nulla.
- Beviamo qualcosa? – Propose uno dei due per concludere la serata. – Domattina usciamo in barca e sarebbe meglio andare a letto prima.
- Ottima idea – dissi.
Mentre finivo il mio whisky, mi avvicinai ad Franco, il perdente.
- Mi raggiungete tra un po’? – Sussurrai. – Sono alla 424.

Andai in camera, mi spogliai, indossai l’accappatoio dell’hotel, andai a lavarmi i denti, lasciando la porta del bagno aperta per sentire se qualcuno bussava alla porta.
Ma sentii bussare solo mezzora dopo. Era Franco, da solo. Lo feci entrare.
- Ciao.
- Ciao.
- Senti – esordisce, – mia moglie non se la sente.
Provai delusione anche se me l’aspettavo.
- Non avevo dubbi. – Gli dissi, senza rancore.
- Però ti ho portato i soldi. – Aggiunse, porgendomi delle banconote.
- Quali soldi?
- Quelli che non avevo sul tavolo per venirti a vedere, 400 euro. Sono andato al bancomat della banca qui vicina.
- Ma sei impazzito? Non li voglio!
- Come non li vuoi?
- Non ci penso neanche! Io non voglio vincere a tutti i costi. Ormai le cose sono andate così. Conosci le regole. Ce le siamo imposte per giocare in parità e senza rischiare troppo. E credo che tua moglie valga più di 400 euro.
- Sono quelli che ti devo.
- No, tu mi devi tua moglie. Se lei non vuole, pazienza. Tu hai il dovere di darmela, ma io non ho il diritto di averla. Quindi, amico, è finita così. Vai a letto valà, che domani usciamo in barca.

Dopo un’altra mezzoretta, mentre consultavo testi critici del Manzoni, sentii nuovamente bussare alla porta. Indossai l’accappatoio ed andai ad aprire. Era Elena. Sorpreso, la feci entrare.
- Sei la benvenuta, ma che sei venuta a fare?
- A pagare il debito di mio marito.
- Non dire stronzate. Io non scopo nessuna donna che non voglia farlo.
- Io voglio farlo.
- Balle. – Sorrisi. – Prima ho parlato con Franco e ho capito benissimo come stanno le cose.
Andai verso la porta.
- Non sto scherzando, Marco. Ne abbiamo parlato a lungo e siamo arrivati alla conclusione che passerò la notte con te.
Ero rimasto senza parole e non sapevo cosa fare.
- Ma a una condizione.
- E quale sarebbe? – Risposi pensando a cosa poteva aver inventato per aggirare il problema.
- Franco sarà presente.
- Presente a cosa?
- Voglio che stia qui a guardarci mentre scopiamo.
- Elena – osservai stringendomi le tempie, – io non voglio rovinare la vostra famiglia. E’ meglio che te ne vai…
- Non posso tornare e dirgli che mi hai rifiutato… Prima si è sentito umiliato proprio dal fatto che tu non hai preteso niente.
- Non sarà un giochetto se resti con me, – le dissi, cominciando a pensare di scoparla. – Io a letto sono piuttosto invasivo.
- Vuoi dire che mi rivolti come un calzino? – Sorrise lei a questo punto. – L’ho già sentito dire di te… he he
- E a te sta bene?
- Per questa notte puoi fare quello che vuoi. Sono qua.
Sentii in pesantissimo senso di colpa, che però rimossi come una piuma.
- Tuo marito potrebbe non reggere a quello che vedrà…
- È lui che vuole essere presente.
- Hai detto che lo volevi tu.
- L’ho detto, è vero, ma è lui che me l’ha chiesto.
Bussarono nuovamente alla porta.
- È Franco, – disse. – Lo fai entrare?
- È tutto così fuori di testa… – commentai. – Una follia…
Andai ad aprire.
- Siediti qua. – Dissi a Franco indicandogli la poltroncina a fianco della porta. – Ci guarderai da lì. Ma se solo ti muovi, fermo tutto e vi mando a fare in culo.
Non rispose e andò a sedersi. Era come annichilito.
Sentii di avere in pugno la situazione e cominciai a fare quello che mi passava per la testa.
- Girati. – Ordinai a Elena. – Anche tu non devi parlare ma solo obbedire.
Si girò.
- Alza la gonna piano, fino a mostrarmi le mutandine.
Lei attese un attimo, poi vinse l’imbarazzo, mise le mani alle gonne e le fece scivolare in su. Arrivata alla base delle natiche si fermò.
- Più su – dissi, mettendomi comodo sul bordo del letto.
Lei obbedì e scoprì il suo culo leggendario.
Era come me lo immaginavo. Rotondo, con delle piegoline al posto giusto, che le mutandine non troppo sgambate mettevano in risalto come un invito.
Suo marito stava rannicchiato, sembrava piccolo piccolo. Per quanto volessi fingere che non ci fosse, la sua presenza mi spingeva a fare tutto con una certa teatralità.
- Allarga leggermente le gambe, Elena.
Obbedì. La mia erezione si fece strada mentre guardavo il culo così disponibile e così invitante. Volevo già saltarle addosso, ma decisi di gustarmela fino in fondo, con attenzione. Le accarezzai le piegoline del culo con l’esterno delle dita e lei ebbe una spontanea reazione con la pelle d’oca. Voltai le mani e le palpai con gusto la rotondità destra del culo. A quel punto lei era preparata e cercava solo di essere disponibile. Le accarezzai l’interno delle cosce risalendo fino alle mutandine.
Poi, con delicatezza, portai le mani ai bordi dello slippino e, una volta presi bene, lo abbassai fino piedi, lei sollevò prima un piede e poi l’altro. Continuava a tenere sollevate le gonne per lasciarmi godere della vista del suo culo superbo. Con suo marito che ci guardava, provai un senso malvagio di potere.
- Sei una strafiga. – Le dissi.
Mi inginocchiai, le portai una mano alla figa per tenerla e cominciai a morderle il culo. Era bagnata. Godeva e sapeva che me ne ero accorto.
Tornai in piedi e le infilai le dita nella fessura del culo, finché non le toccai il buco.
- Spogliati del tutto.
Lei con calma obbedì e restò di schiena, mentre mi toglievo l’accappatoio lasciando in bella vista il pene in piena erezione. Il marito, raggomitolato nella poltroncina si premeva le mani sulla bocca. Mi avvicinai da dietro, le appoggiai il cazzo alle natiche e la abbracciai tenendomi alle tette. Non riuscì a restare indifferente, anche se voleva dimostrare al marito di essere del tutto passiva.
Mi portai nel letto e mi misi comodo come un pascià sui cuscini, quasi seduto, gambe ben aperte. Fava all’insù.
- Vieni a farmi un pompino. – Le ordinai, in modo che lo sentisse anche lui.
Lei si girò e la vidi per la prima volta nuda di fronte. Aveva una righina verticale di pelo, anche quella sembrava in invito direzionale per il cazzo.
Salì con le ginocchia sul letto e si avvicinò a me come una cagna docile e ammaestrata. Portò lentamente il viso al cazzo e lo studiò attentamente. Il mio pene è di notevoli dimensioni, almeno così mi dicono. Sarà una ventina di centimetri (il retto è 22), ma soprattutto avrà un diametro di 4 centimetri. Sentii il suo alito sulla cappella e poco dopo le sue mani abbassarono con dolcezza il prepuzio. Mi preparai a godere, perché il calore e l’umido della saliva sono una miscela esplosiva. Se poi ha la lingua abile, è un solluchero.
Lei indugiò molto, facendosi desiderare. Ma poi si infilò la cappella e la succhiò facendosela scorrere tra lingua e palato. La lasciai fare e poco dopo se lo spinse fino alla gola. Sapevo che il mio cazzo piace alle donne, forse per il sapore, forse per le dimensioni, forse perché è liscio e turgido. Mi resi conto che piaceva anche a lei, perché continuava a farselo scorrere piano a corsa lunga. Cominciai a reagire alle sue sollecitazioni. L’uccello interagì con la sua gola e mi fece prendere un ritmo che velocemente mi avrebbe portato alla eiaculazione. Mi lasciai andare alle sue fauci e dopo un po’ iniziarono le pulsazioni che annunciavano l’uscita dello sperma a fiotti. Quando sborrai cominciai a gridare come sempre e le riversai lo sperma a lunghi getti in bocca. Lei lo ingoiò tutto fino in fondo e io l’apprezzai.
Continuò a leccarmelo anche mentre era in posizione di riposo e pian piano il cazzo riprese vita. Elena era brava, ci sapeva fare.
Ora volevo chiavarla.
- Fermati, – le dissi. – Infilatelo.
Lei a malincuore obbedì e si portò sopra di me. Cercò con la figa il cazzo e se lo infilò.
- Vai piano e fallo scorrere sempre fino in fondo in modo che lui lo veda scomparire dentro di te.
Obbedì con piacere.
Cominciò a sbattersi e la lasciai fare finché non decisi di prendere in mano la situazione.
La presi così e senza sfilarlo la voltai con la schiena sul letto e iniziai a montarla nel più classico dei modi. Lei cominciò a gemere e incrociò le gambe dietro la mia schiena. Cominciai a darci dentro e dopo un po’ le presi le gambe e me le portai sulle spalle. Dopo averla sbattuta così, le presi una gamba e gliela alzai e la misi su un fianco. Mi sedetti sull’interno della gamba stesa e la chiavai tenendole l’altra gamba in alto.
A quel punto mi lasciò l’iniziativa, limitandosi a godere come una troia.
Presi la gamba tenuta divaricata in alto per proseguire la rotazione del suo corpo e, sempre tenendoglielo dentro, la girai pancia sotto. La montai stesa e poi la tirai su alla pecorina.
La pecorina è una posizione più istituzionale che comoda, la tenni per esibirmi di fronte al marito che così vedeva la moglie presa come una cagna.
Ma poi la sdraiai e la presi a cucchiaio stando su un fianco. Impostammo anche una forbice, poi decisi di venire prendendola ancora da dietro per gustarmi le natiche che sbattevano per godersi il ritmo del cazzo. Glielo infilai nuovamente da dietro tenendola sdraiata, poi le strinsi le gambe e iniziai a sbatterla per venire. E riversai nuovamente una copiosa quantità di sperma dentro di lei.
Mi gettai su un fianco pancia in su per riprendermi. Lei si portò palpitante su di me, raccogliendo una coscia per portarla sul cazzo r palesare il suo contatto.
Ci volle un quarto d’ora prima che mi tornasse a un’erezione apprezzabile, ma alla fine potei dirglielo.
- Ora ti inculo. – Le sussurrai in un’orecchia.
Presi dei cuscini e glieli misi sotto la pancia per metterla in posizione e per facilitarmi il lavoro. Ora, con le cosce leggermente divaricate, esponeva i genitali in una stupenda fessura del culo affiancata da due natiche superbe. In medio stat virtus, dicevano i latini…
- Ora ti inculo, – ripetei ad alta voce perché lo sentisse anche il marito.
Presi della cremina, che porto sempre con me, unsi il dito e lo portai al buco del culo. Quando lo sentii ricettivo, glielo infilai, godendomi il vuoto che sta dopo l’ano e la reazione dei glutei all’intruso. Indugiai a lungo così, poi lo sfilai e mi preparai per incularla. E volli farlo in maniera plateale, in modo che il marito vedesse il mio pene scorrere dentro e fuori il culo di sua moglie. Io ho alcune relazioni con coppie cuck e so come gestirle. Non credo che lui fosse cuck, ma la situazione era la stessa.
- Mettiti comodo qui in centro – gli suggerii – che ti godi la scena.
Già vedere sua moglie esposta così a me – estraneo per quanto amico – era umiliante o inebriante a seconda dell’individuo, ma quello che stavo per fare era il massimo. Era stato lui a volermi far montare la moglie e a condizione che potesse assistervi. Insomma, stava per vedere il mio cazzo scivolare nel culo di sua moglie fino in fondo, cioè finché i coglioni non sarebbero andati a lambire la figa.
Mi portai alla inculanda e mi sistemai a quattro zampe in modo che lui potesse vedere tutto. La mia gamba sinistra in ginocchio e quella destra col piede di fianco a lei. In mezzo lei.
Piegai in giù l’uccello con una mano e lo appoggiai al buco del culo. A sentirlo, lei ebbe un fremito. Le avevo già messo un dito nel culo e in qualche moto l’avevo preparata, ma il mio cazzo sarebbe stato una colonna. Senza la sua collaborazione avrebbe potuto essere devastante. Quindi feci con calma.
Attesi che l’ano si allargasse spontaneamente sospinto dal glande e, quando lo sentii introdotto, spinsi per superare la stretta iniziale. Lei alzò una mano come per fermarmi, ma poi la rimise giù per lasciarmi proseguire. Continuai piano, se non vuoi fare danni devi semplicemente avere pazienza. Tanto, quando lo senti pronto, puoi scivolarci dentro di peso.
E così avvenne. Il cazzo entrò inesorabilmente nel suo retto, godendosi la presa anulare perfetta. Stretta al punto giusto, come una fascia elastica che consente al pistone di scivolare nel cilindro senza graffiarlo. E, una volta trovata la strada, iniziai a pomparla esattamente come uno stantuffo.
Lei gemeva, sollevava la mano per chiedere moderazione, sbatteva le gambe per la terribile sensazione di essere impalata, godeva come una troia al limite estremo tra il piacere e il dolore. Da dietro, Franco doveva vedere tutto questo, con lei che sobbalzava ogni volta che i coglioni si avvicinavano pericolosamente al culo.
Quando prese il ritmo e parve a un passo dall’orgasmo anale, mi venne il colpo di genio.
- Franco! – Gridai. – Presto vieni qui!
Sentii che si era portato a me.
- Presto che sto per venire! – Gli ordinai. – Leccami i coglioni!
Lui obbedì e, un po’ goffamente perché non lo aveva mai fatto, portò la bocca ai pieni coglioni che andavano in su e in giù.
- Forza, impegnati, cazzo!
Lui allora trovò la strada giusta appoggiando una mano tra le gambe della moglie e cominciò a leccarmi le palle di traverso con frenesia.
Allora, mentre la moglie veniva scossa dall’orgasmo anale, cominciai a pompare sperma per la terza volta, inondandole il retto.
Quando smise, l’uccello venne espulso, floscio.
Mi lasciai andare su un fianco, sfinito, pancia in su.
Ricordo che i due si ricomposero con calma e se ne andarono. Io mi ero infilato sotto le coperte e mi addormentai così, in attesa della sveglia perché l’indomani mattina saremmo usciti in barca.

In barca ci divertimmo tutti, compresa la coppia di amici che avevano passato la notte con me. Io ero l’unico non sposato, ma non avevo mai creato problemi. Faccio il galante con le signore, ma non ci provo mai. Nessuno quindi sospettò che quella notte mi ero fatto il più bel culo delle mie amicizie. E io in barca studiai riservatamente proprio quel culo che adesso stava in bella posizione appena pudicamente coperto dal costume da bagno.
Mi venne da chiedermi se era stato un sogno…

Un mese dopo, venne a trovarmi in ufficio Elena. Era una visita piuttosto inusuale, ma devo dire che gli accori migliori sono sempre avvenuti nei miei uffici.
Era singolare anche la sua visita da sola, ma la accolsi senza meraviglia e con la massima galanteria, ovviamente senza alcun senso di colpa, ma disponibile a ogni sua richiesta. Insomma, come se non fosse mai accaduta quella notte, anche se vi era accaduto proprio di tutto. O quasi.
- Ciao Elena, – dissi. – Qual buon vento ti porta? È in programma un altro fine settimana in montagna, al mare, in campagna?
- Sì, qualcosa del genere – rispose, – ma più mirato… Sono qui a portarti una proposta a nome mio e di Franco. Lui a preferito inviare me come ambasciatrice.
- Ne sono onorato. Sono qua, – dissi . – Ascolto.
- Che ne diresti di giocare ancora a poker con noi?
- Certo! E perché mai dovremmo smettere?
- No, volevo dire noi tre.
- Io te e Franco? – Chiesi a Elena. – Giochi anche tu?
- È una proposta articolata, – rispose lei, cercando di mettersi più a suo agio. – Vorremmo fare un poker molto particolare…
- Spiega.
Ma mi sentivo intrigare.
- Giocate voi due, – aggiunse lei. – Sempre che siate d’accordo. Solo che tu giochi a soldi, mentre Franco si gioca sua moglie. Me.
Mi misi più comodo e mi feci serio.
- Elena, se avete bisogno di soldi, non fatevi problemi a chiedere. Posso aiutarvi.
- Ha ha! – rise Elena. – No. Abbiamo solo voglia di ripetere quella nottata a Camogli.
- Fantastico! – Esclamai. – Ma non possiamo metterci d’accordo direttamente?
- Neanche per idea.
- Spiegati meglio.
- A Franco piace vincere soldi, a te piace vincere me. Sbaglio?
Provai una piacevole sensazione di appartenenza.
- Non sbagli. E tu chi preferisci che vinca?
- Tutti due…
- Che meraviglia…! – ripetei.
- Fammi finire. Se ti sta bene, la tua posta sarà in contanti e la sua nei miei vestiti. E oltre, fino ad arrivare, al limite, come quella sera.
- Al limite?
- Giusto, anche senza limiti… he he… Ammesso che vinci, naturalmente, – aggiunse lei sorniona.
Guardai Elena e sognai di metterglielo nel culo nuovamente.
- Accetto! – Risposi. E rilanciai con una delle mie solite furbate. – Però quando faccio le carte io, metto il cip di un euro. Ma quando fa le carte lui, che cip mette?
- Dimmi tu.
- Il suo cip sei tu: vieni da me e ti fai accarezzare sotto la gonna…
- Finché ho ancora la gonna addosso, sì… he he
- Elena, – mi sfuggì di dire. – Potrei avere un cippino adesso?
- M;a certo!
Si alzò, si portò a me e mi lasciò risalire con la mano fino al culo. Un sogno.

Da allora ho una terza coppia cuck che «gioca» con me.
Un poker singolare, perché quello che si perde giocando non torna indietro con la vittoria successiva. Se le porto via le mutandine per 50 euro, non può rimettersele neanche quando suo marito ne vince 100.
Elena, va da sé, non ha prezzo. Altro che centinaia di euro. Ma il gioco è proprio quello: moralmente non vogliono fare il triangolo cuck, ma tecnicamente devono esserlo «costretti».
E se un credito di gioco non hai diritto a riscuoterlo, il debito devi sempre pagarlo. Una questione d’onore.


Fine
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