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Un mese con la mamma - Prima parte


di Honeymark
22.02.2015    |    72.804    |    6 9.4
"- Ma io non lo voglio! - Ce li faremo io e te..."
Un mese con la mamma.
Prima parte.



Avevo compiuto 19 anni, avevo passato bene gli esami di maturità e i genitori mi avevano iscritto alla facoltà di economia in una famosa università americana. Mi avevano regalato un’auto convertibile come premio per i miei risultati, ma i miei problemi reali li conoscevo solo io.
Avevo passato i cinque anni di liceo in collegio, lontano dalla mia famiglia e quel che è peggio senza aver mai avuto l’opportunità di scopare. Le amiche di famiglia erano tante e belle, ma come avevano suggerito loro i genitori si tenevano a misurata distanza da me. La mia famiglia è molto ricca e tutte le ragazze con cui avevo provato mi avevano fatto capire che l’unico modo per scoparle era quello di sposarle. Il che non era una cattiva idea, solo che non potevo sposarne più di una alla volta… Sì, una battuta cinica, ma provavo profonda invidia per i miei coetanei che avevano fatto le scuole pubbliche. Avranno anche imparato meno, saranno senza auto, non conosceranno le università americane, ma hanno certamente scopato mille volte più di me. E avuto una loro vita provata senza interferenze da casa.
Eravamo a tavola io mamma e papà, cosa rarissima, quando mio padre mi informa appunto che tra poco più di un mese sarei partito per l’America. Era felice per me, ovviamente, dato che aveva programmato tuta la mia vita. Magari in quel mese che mi restava potevo trovare una donna da scopare, come tutti. Ma spense subiti i miei ardori.
- Vorrei che passassi il mese che ti manca. – aggiunse – con la mamma.
- Certo papà, - risposi nascondendo la mia delusione.
- L’accompagnerai alle terme di Rocca Borgata, - Disse. - Deve sottoporsi a cure termali per un mese e non voglio che stia da sola. E poi non faranno male neanche a te le acque termali prima di andare nel paese dove si mangia tutto sintetico.
La mamma, come sempre elegante e compassata annuì compiacente.
- Un mese? – chiesi conferma.
- Sì, - confermò. – L’accompagnerai tu con la tua nuova auto e passerete il mese nel Grand Hotel Terme.

Il viaggio fu lungo e noioso, perché gli argomenti affrontati con mamma erano stati di natura culturale. Seguiva la vita artistica di alcuni pittori e scrittori, e mi parlò di loro per quattro ore. Fui bravo a non addormentarmi.
Quando arrivammo al Grand Hotel, presero i bagagli e la mia auto. Entrammo nella hall e dopo il check-in ci accompagnarono nella suite all’ultimo piano prenotata da mio padre. Era formata da un salotto comune e due camere da letto, ognuna con bagno. Sistemammo le cose e andammo a cena.
- Abbiamo parlato poco io e te, - disse assaggiando appena l’anatra all’arancia che aveva ordinato. – Forse questa vacanza può farci recuperare il tempo perduto.
Mi preparai a un’altra chiacchierata noiosissima, ma invece mi colse di sorpresa.
- A sesso come va, hai avuto rapporti di qualche genere?
Non risposi e arrossii, cercando nel piatto qualcosa di ingombrante da mettere in bocca.
- Non farti problemi a rispondere, – continuò. – Sono tua madre. In collegio eravate solo maschi, vero?
- Sì.
- Non ti chiedo se hai avuto rapporti con i compagni di scuola, che sono affari tuoi. Ma ti piacciono le donne o gli uomini?
Una domanda cui sapevo rispondere senza problemi.
- Le donne! – Esclamai.
- Bene, - commentò. – La vita dei gay è più complicata. Delle donne cosa sai? Le hai viste nude solo in foto?
La stronza… Come poteva sapere che nei bagni ci facevamo le seghe?
- Sì… - risposi.
- Non mi piace l’idea che tu vada in America così sprovveduto, - commentò dopo averci pensato un po’. – Potrebbero intortarti come…
Cosa potevo farci?
- Cercherò di spiegarti io alcune cose.
Mia madre era sui 45 anni e sicuramente poteva spiegarmi un sacco di cose. Ma l’idea mi metteva in forte imbarazzo.
- Qual è la parte che ti piace di più del corpo femminile?
- Il culo! – Dissi senza pensarci su.
- Ha ha! Un classico. Bene, sarà tutto più semplice.

L’indomani ci visitarono prima di prescriverci le varie cure termali e poi a mezzogiorno, sempre a tavola, affrontò il primo discorso. Mia madre era una che non mollava mai.
- Ho pensato a una prima cosa, - mi disse. – Tra due giorni iniziamo il lavaggio intestinale con l’enteroclisma. Il clistere di acque termali.
- Anche io devo fare il clistere?
- Sì, certo. Hai sentito il medico?
- No.
- Beh, ogni due giorni bisogna fare un clisma all’inizio. Ho pensato che non ti piacerebbe che a fartelo fosse un’estranea. Neanche io voglio che qualcuno mi metta le mani addosso.
- Ma io non lo voglio!
- Ce li faremo io e te.
Restai senza parole.
- Non preoccuparti. Io sono brava e sono certo che tu imparerai presto.
La mia mente allontanò ipotesi di pensiero laterale. Semmai avrei messo a fuoco le sue parole quella sera in bagno…
E invece quella sera mi aspettava qualcos’altro.
- Se mi prometti di non montarti la testa, - disse appena in salotto, - Ti mostro il mio sedere.
La guardai restando a bocca aperta.
- Vedi? – Aggiunse con malizia. – Non voglio che quando vedi una donna nudi tu non sia più padrone di te stesso come adesso. Quindi, dato che sono tua madre, voglio che ti abitui a guardare il corpo femminile nudo senza perdere il controllo. Te lo mostrerò un po’ alla volta ma tu devi controllarti e soprattutto non montarti la testa con me. OK?
La guardai come prima, ma ero riuscito a chiudere la bocca e ad annuire.
- Bene, - aggiunse. - Vado a mettermi in accappatoio.
Quando tornò, ero nella stessa posizione di quanto mi aveva lasciato. Sorrise.
- Vieni in camera mia, - disse. – E fai quello che ti dico.
La seguii. Si portò davanti al lettone, si sdraiò pancia sotto e pian piano lo tirò su fino a scoprirsi il culo.
- Dai, asino. – Disse benevola. – Avvicinati e guardalo. E’ lì nudo tutto per te.
Mi avvicinai, salii con le ginocchia sul letto senza distogliere lo sguardo dai glutei e mi chinai a guardarle il culo.
- Posso… accarezzarlo?
- Certo, è tutto per te. Però ricordati che sono una signora.
Non aveva detto “ricordati che sono tua madre”… Ma capii che mi aveva invitato a non andare oltre certi limiti. E immaginai quali.
Avvicinai il viso a pochi centimetri dal suo culo e lo osservai affascinato. Quello che finora avevo visto solo in foto per farmi seghe lo stavo guardando dal vivo. Aveva due natiche ovali bellissime, una pelle liscia e ambrata come il resto del corpo, forse frutto di lampade e creme. Anche questo lo avevo visto e letto nelle riviste che circolavano in collegio. La fessura del culo non lasciava vedere nulla e forse mia madre lo capì, perché piegò leggermente la gamba destra e accavallò le caviglie. Ora la fessura era leggermente più allargata e mi consentiva di vedere di afuggita il buco del culo. Incredibile! Solo per quella vista avrei voluto farmi una sega, ma non volevo che la mamma immaginasse che avevo un’erezione.
Sotto il buco del culo, la passera. Il sesso di una signora, leggermente protetta da un pelo curato e disinvolto. Mi mancò il fiato e distolsi lo sguardo, pensando che non dovevo “guardare la passera a una signora”. Però, quasi spontaneamente le portai la mano alla base della natica sinistra e riuscii a godere della morbidezza del culo. Spostai la mano all’altra natica e poi a entrambe. Mia madre fingeva di dormire. Era di una bellezza così intensa, che non riuscii a impedirmi di tenerle la coscia con una mano e di abbassarmi a baciarle la piega alla base della natica.
Sentii il profumo di una donna per la prima volta in vita mia, l’aroma lasciato dalle natiche, forse dal sesso. Non l’avrei mai più dimenticato. Quando le baciai il culo e aprii la bocca per appoggiarvi la lingua, mia madre ebbe un fremito e le venne la pelle d’oca. Non sapevo cosa fare, ma quasi automaticamente risalii con la mano per accarezzare un’ultima volta il culo e poi scappai di corsa nel mio bagno.
Fu la più bella sega della mia vita. Anzi, furono tre nel corso della notte. Ma era la prima volta dal vero.

La mattina dopo ci portarono la colazione alle 7.30 e ci ritrovammo a consumarla in accappatoio.
- Buongiorno! – Disse mia madre. – Vedo che hai ripassato la lezione… he he
Cioè aveva capito che mi ero masturbato tutta la notte, la stronza… Beh, amen.
- Fai in fretta a lavarti perché abbiamo il tee-time alle 9.40.
Mia madre aveva prenotato una partenza al campo di golf delle terme. Non ricordavo di aver mai giocato a golf con lei, ma io ero molto bravo e lei molto probabilmente no.
Alle 9.30 eravamo pronti. Verso le 10 eravamo io e lei a giocare da soli alla buca 3.
- Beh, - disse. – Come ti pare il mio swing?
- Non male. Il tuo finish mette in risalto il tuo culo.
- Wow… Te lo ricordi ancora?
- Non lo dimenticherò mai.
- Ti ringrazio, perché non sono più giovane…
- Oh, ce l’hai bellissimo.
- Una cosa, - disse dopo aver messo il bastone nella sacca. – Ci siamo divertiti e certamente ci divertiremo ancora in questa vacanza di cura. Ti insegnerò un sacco di cose, come dovrebbe fare ogni madre. Però devi essere d’accordo su una cosa.
- Dimmi, ti ascolto.
- Ti piacerò, mi accarezzerai, mi toccherai visto che ci faremo i clisteri. Ma una cosa deve essere chiara. Non può esserci passione tra noi.
- Ma io…
- Promettimelo se vuoi che proseguiamo.
- Sì sì, prometto.
Ero disposto a qualsiasi cosa pur di andare avanti. E, francamente, non sapevo cosa intendesse per “passione”.
- Bene. Non dimenticare mai che sono tua madre.

A ritorno dal golf facemmo tutte le cure termali del caso e confesso che non fu niente male.
Avevamo saltato il pranzo, per cui la sera ci piacque mangiare un po’ più del solito. Ma ero in ansia pensando se quella sera mi avrebbe concesso qualcosa.
Non me ne parlò finché non salimmo in camera.
- Mettiamoci in accappatoio, - mi disse. – Stasera mi mostro completamente nuda. Voglio che impari a guardare una donna nuda senza perdere la testa.
In un batter d’occhio mi sono spogliato, mi sono messo l’accappatoio dell’Hotel e sono tornato in salotto. Lei ha impiegato molto di più, e anche questa è una cosa che ho imparato. I tempi di reazione sono diversi.
Quando uscì dalla sua camera, sembrava una diva. Accese la TV a basso volume e abbassò le luci al punto giusto. Dovevo vedere sì, ma un po’ di pudore era giusto che ci fosse. Mi sedetti in poltrona e aspettai la sua iniziativa, con un’erezione che cercavo di reprimere inutilmente.
- Pronto? – Disse, ma non attese risposta.
Si girò di schiena e abbassò lentamente l’accappatoio, fino a scoprire il culo. Come la sera prima, rimasi come ipnotizzato a guardarglielo. Lasciò cadere del tutto l’accappatoio, poi si girò piano, coprendosi i seni con un braccio e il sesso con la mano.
- Un po’ alla volta. – Mi disse sorridendo e scherzando. – Non voglio che mi fai un colpo… he he
Mi avvicinai a lei e cominciai a studiarla da vicino. Quando si accorse che volevo guardarle le tette, tolse il braccio con eleganza e si lasciò ammirare. Io non avevo mai visto dal vivo neanche le tette e rammentai un sogno puerile che facevo qualche anno prima: “Se fossi nato donna, mi palperei le tette ogni momento”… ha ha
Avvicinai il viso al suo seno e lei lasciò che le baciassi le tette. Poi mi strinse per appoggiarle alla mia guancia. La loro morbidezza mi dava un senso di sicurezza che non avrei mai immaginato. Sentire i suoi capezzoli uno nell’orecchia e l’altro vicino alle labbra, era come toccare il cielo con un dito.
A quel punto capii che non si copriva più il sesso e mi staccai per guardarla. Aveva un filo di pelo verticale che scendeva come a indicare dove era la figa. Sapevo che non me l’avrebbe mai fatta toccare, però mi venne automaticamente da inginocchiarmi, cingere il suo culo con un braccio e appoggiare l’orecchio al suo basso ventre. Lei mi lasciò fare e mi accarezzò il viso. Con la mano sul culo la accarezzai come il giorno prima e mi venne voglia di morderglielo. Quindi mi portai dietro, appoggiai il braccio sinistro davanti e portai la bocca al culo. Le baciai la base sella natica e poi, piano, gliela morsi. La vidi nuovamente rabbrividire.
Mi raddrizzai e da dietro le presi le tette in mano. Poi mi si aprì l’accappatoio e l’uccello in erezione andò ad appoggiarsi al culo. Il piacere fu immenso e l’imbarazzo travolgente. Mi staccai e tornai in camera mia. Chiusi la porta, mi spogliai e andai in bagno a farmi una sega.
Poi andai a letto, me nel corso della notte mi masturbai un altro paio di volte.

- Cosa hai fatto stanotte? – Mi chiese con fare malizioso la mattina dopo mentre facevamo colazione. – Mangia valà, che in tarda mattinata ci portano i primi clisteri da fare.
Non me la sentii di alzare lo sguardo.
Dopo feci una doccia e mi vestii. Alle 11 bussarono alla porta ed entrò una infermiera spingendo un carrello. Sul quale c’erano dei clisteri incellofanati e delle caraffe piene d’acqua, anche cellofanate. Acqua termale di Rocca Borgata, ovviamente.
Mamma diede la mancia e l’infermiera se ne andò.
- Bene, - disse con disinvolta sicurezza. – E’ giunto il momento della verità. Prima te lo faccio io, così capisci cosa devi fare, poi me lo fai tu.
Ero talmente agitato che non mi tirava neanche.
- E cosa devo fare? – Chiesi stupidamente.
- Guarda, - disse scartando la roba cellofanata. – Ci sono due pere e due clisma a caduta. Le pere servono per fare pulizia, i clisma per irrigare il colon con l’acqua termale. Quindi comincio con la pera. Devi spogliarti, metterti in ginocchio sul letto e abbassare la testa. Quando sei pronto ti inserisco nel retto la cannula di questo clistere e ti inietto l’acqua.
- Mamma, io mi vergogno…
- Ha ha! Il mio grande figliolo che sta per andare a studiare in America si vergogna a mostrare il… culo a sua madre?
- No… - dissi dopo un po’. – E’ che mi è venuta un’erezione impresentabile… Scusami ma…
- Non mi aspettavo nulla di meno, dalla tua età. Conosco abbastanza voi maschi per sapere cosa vi piace. Il più delle volte non volete ammetterlo, ma vi piace essere guardati, sodomizzati e umiliati.
- Umiliati?
- E’ così che vi considerate quando non siete voi a essere attivi.
- Ma l’erezione…
- Se non ce l’avevi già, - rispose, - l’erezione ti sarebbe venuta quando ti introducevo la cannula. E’ un effetto provocato dalla sensazione dell’ano allargato e dalla sollecitazione della prostata strofinando il retto.
- Ma mi vergogno… è così grosso…
- Tanto meglio per te. Lasciati andare alle attenzioni di tua madre. Giuro che non ti guardo! Ha ha!
Cercai di sforzarmi, ma il pene non voleva scendere…
- Come devo mettermi?
- Te l’ho detto. Andiamo in camera tua. Ti spogli e ti inginocchi sul letto fino a porgermi le tue intimità. Forza, - disse ostentando il clistere a pera che aveva riempito d’acqua.
La precedetti in camera e mi spogliai velocemente,
- Wow, che bel culetto che hai! – Disse, per mettermi a disagio. – L’ultima volta che te l’ho visto avevo un paio d’anni. Ti sei fatto uomo, eh?
Tenendomi le mani sul pene in erezione mi portai al letto e mi inginocchiai. Mi piegai avanti e allargai un po’ le gambe per stare più comodo. Sentii gli occhi di mia madre e mi sentii pervadere da un senso di gioia malvagia che non avevo mai provato prima. Aveva ragione mia madre. L’umiliazione, fatta come si deve e dalla persona giusta, è una cosa… fantastica.
- Ora ti accarezzerò un po’ le natiche e l’interno delle cosce, - spiegò. - Il contatto aiuta a rendere umano il clistere. Quello che ti faccio io me lo farai anche tu, quindi rilassati, cerca di imparare e… cerca di divertirti.
Mise una mano delicatamente sulla mia natica sinistra, mentre con la destra mi accarezzava l’interno delle cosce. Stava attenta a non toccarmi il pene, ma immaginai che vedesse tutto. Poi con la mano sinistra prese una salvietta, la portò alla base del mio uccello e appoggiò la cannula all’ano.
- La salvietta serve per evitare che caschi acqua sul letto. – Disse, come per giustificare il contatto con l’uccello.
Sentii appoggiare la cannula al buco dell’ano. Mi irrigidii per un attimo, ma appena si rilassò, lei spinse dentro la punta. L’ano si irrigidì nuovamente, ma si rilassò subito. A quel punto sentii la cannula fresca scivolare dentro il retto, provocandomi una dolcissima sensazione che non avevo mai provato prima. Era un massaggio erotico che non aveva paragoni. Il mio corpo veniva penetrato e provai l’erotica sensazione di appartenere a chi mi stava penetrando. A quel punto ero disposto ad accettare tutto ciò che avesse voluto farmi. Anche la frusta.
Finalmente iniziò a iniettarmi l’acqua e mi parve di volare. Sentii scivolare dentro il liquido e provai l’assurda sensazione come se mia madre mi avesse sodomizzato e stesse venendo dentro di me. Durò moltissimo e non sentii mai il bisogno di dire basta.
Lo disse lei.
- Ecco, finito. Ora lo sfilo piano, rilassati ancora.
Mi portò nuovamente la salvietta all’uccello per impedire che cadesse qualche goccia e io mi rilassai, lasciando mio malgrado che la cannula se ne uscisse da me.
Restai così per un po’, finché mia madre non riprese in mano la situazione e mise la salvietta sotto di me.
- Sdraiati pancia in giù sulla salvietta che ti faccio un massaggio, così ti aiuto a trattenere.
Obbedii volentieri e mi lasciai manipolare. Dapprima mi accarezzò il sedere con voluta delicatezza, quindi cominciò a massaggiarmelo, o a palparmelo nel vero senso della parola, e alla fine fece qualcosa che non dimenticai. Mi piede una raffica di sculacciate sulle natiche di una potenza inaspettata e di una precisione studiata. Non avevo idea di quanto potesse far piacere essere sculacciato da una mamma e rimasi quasi intontito, se non avesse riservato per me una incredibile sorpresa.
Premendomi con forza sul culo, mi diede indirettamente quattro o cinque massaggi all’uccello che era in erezione fin dall’inizio. Venni così, sulla salvietta, masturbato da mia madre senza che toccasse l’uccello.
- Va’ in bagno e metti la salvietta nella cesta delle cose da lavare. Poi scaricati e fatti una doccia. Quando torni tocca a me.
Me ne andai coprendomi l’uccello con la salvietta e feci tutto quello che mi aveva detto in meno di 15 minuti. Poi andai in salotto, dove mi stava aspettando.
- Tu mi farai un enteroclisma a caduta, - mi disse. – Voglio che tu mi scopri per gradi. Ti ho fatto… venire per rendere il tutto più semplice. Devi saperti controllare anche con me.
- Cioè? Come si fa quello a caduta?
- Mi introduci la cannula senza che io debba mettermi a carponi come ti eri messo tu. La prossima volta sarà viceversa. OK?
- Sì, certo. Hai ragione.
D’altronde, non sapevo cosa dire, era lei a condurre il gioco. E in maniera decisamente mille volte meno noioso di come mi ero aspettato dopo aver parlato di arte e di cultura per tutto il viaggio.
Andammo in camera sua, dove aveva preparato il trespolo, sul quale era appeso il contenitore del clisma. Cntrollò che la cannula fosse chiusa, quindi lo riempì d’acqua. Aprì il rubinetto della cannula per sfiatare l’aria e lo richiuse quando l’acqua iniziò a uscire dei due forellini laterali.
- Allora, - mi spiegò. – La cannula me la devi inserire del tutto. Una volta dentro bene devi aprire il rubinetto e lasciare che l’acqua entri nelle viscere. Entrerà lentamente, ma devi stare attento.
Mi indicò il contenitore di vetro.
- Quando il livello dell’acqua arriva qui, chiudi il rubinetto e sfila la cannula come ho fatto io con te.
- D’accordo, - dissi, prendendo in mano la cannula.
E il pene riprese vita immediatamente. E’ bello sia essere umiliati che umiliare? Pensai che forse era meglio trovare un altro termine…
Con lo stesso fare leggiadro del giorno prima, lasciò cadere l’accappatoio sul letto e vi si sdraiò sopra. Le guardai il culo provando un insano senso del potere, gustando una piccola mossa di mia madre che aveva leggermente allargato la gamba destra per poi accavallare le caviglie. In questo modo mi lasciava vedere il buco del culo. Mi avvicinai, le accarezzai la culatta destra e poi gliela palpai a piena mano per scostarla e lasciare l’ano privo i protezione. Portai la cannula all’orifizio e spinsi dentro con delicatezza. Lei ebbe una piccola reazione, ma poi si rilassò. Allora spinsi di più, osservando la cannula che scivolava nel culo. L’idea che lei sentisse da me quello che io avevo sentito da lei mi eccitava da morire. Arrivato in fondo, girai il rubinetto e guardai se l’acqua scorreva. Sì, stava entrando. Mi stava sentendo scivolare dentro di lei tramite il liquido. Sotto la cannula, la figa. E sulla figa, una goccia di rugiada. Si era eccitata anche lei… Cosa avrei dato per potergliela prendere in mano!
Lasciai che la cannula facesse il suo lavoro, occupandomi invece ad accarezzarle il culo con l’oggetto estraneo nel mezzo. Una delizia inebriante, mentre lei all’apparenza riposava.
Purtroppo, dopo un po’ l’acqua arrivò al segno che mi aveva indicato e allora con calma andai a chiudere il rubinetto, toccandola per bene con le dita. Prima di sfilargliela, le allargai dolcemente le gambe, la guardai con libidine, afferrai una salvietta e le presi in mano la vulva per asciugare eventuali gocce e per tenerla così mentre sfilavo la canna. Lei sembrò gradire il contatto. Tolta del tutto, le asciugai bene la fessura e misi la cannula nel contenitore dell’acqua. Avevo finito.
Ma poiché lei era rimasta lì, mi avvicinai e l’accarezzai ancora in quella posizione invitante. Poi le baciai con la lingua la base del culo e lei ebbe nuovamente un fremito seguito dalla pelle d’oca. Strinse le gambe, si sollevò, prese l’accappatoio a andò in bagno.
Uscii dalla sua stanza e andai nel mio bagno a farmi una sega. Me l’ero meritata.

Nel pomeriggio, dopo il pranzo, ci hanno sottoposti a mille cure termali e solo la sera a cena abbiamo scambiato due chiacchiere sull’argomento.
- Posso fotografarti nuda? – Chiesi a mia madre.
Lei mi guardò interrogativa. – Poi sorrise.
- Vuoi dimostrare ai tuoi compagni di università che ti sei fatto una tardona?
- No ha ha! – Risposi. – Dirò loro che è stata la tardona a sedurre me!
Ridemmo per un po’, ma poi ripresi l’argomento.
- Sai, ieri quando giocavamo a golf mi è venuta voglia di fotografarti nuda mentre fai lo swing.
- Ah – sorrise compiaciuta. – E perché?
- Hai un movimento così plastico che se ai tempi della Magna Grecia fosse esistito il golf, uno scultore ti avrebbe preso da modella per fare la versione golfistica del Discobolo…
- Sei gentile, ma mi pare che non si possa fare.
- Se domani alla buca 12 siamo soli, ti spogli per me?
- Ma stai parlando sul serio?
- Certo!
- So della tua passione per la fotografia, ma non ti credevo così audace…
- Beh, non ho mai chiesto a nessuna di posare nuda per me.
- Insomma, vuoi che poso nuda?
- Sì.
- Andiamo allora, che cominciamo subito.
La mamma andò in bagno a sistemarsi, poi uscì con l’accappatoio dell’Hotel.
Io ero pronto da un pezzo, perché l’occasione mi aveva allupato. Io sono appassionato di fotografia e ne ho già fatte un mare una più bella dell’altra. Ma non avevo mai fotografato una modella, ancorché vestita. L’idea di poter fotografare mia madre nuda mi intrigava moltissimo, sia perché ormai sapevo che la mamma non sarebbe stata in imbarazzo, sia perché mia madre mi aveva lasciato eccitare a ruota libera, “Purché non scoppiasse la passione”, aveva detto. E lo ricordavo benissimo.
- Come vuoi che mi metta? – Mi domandò, portando le mani alla cintura dell’accappatoio.
Beh, ci crediate o no, non ne avevo la minima idea. Come doveva mettersi? In piedi, di fronte e di schiena?
- Tu inizia a spogliarti, - le dissi, come se fossi un fotografo navigato. – Vedrai che tutto verrà da solo.
Non ci crederete, ma fu proprio così. Dal momento che ha lasciato cadere a terra l’accappatoio, tutto accadde da solo.
Anzitutto, l’accappatoio che cade è una cosa che può far girare la testa, quando la donna che rimane nuda è bella come lo era mia madre. E le chiesi di farlo cadere più volte in modo che facessi una decina di scatti. Un po’ alla volta imparò da sola come restare in piedi con l’accappatoio in terra.
Poi la feci girare verso di me, per fotografarla da davanti. Si coprì pudicamente i seni e il sesso, ricordandomi la Venere di Botticelli che nasceva dalle acque. Anche qui decine di scatti.
Poi si sdraiò e la fotografai mentre dormiva, mentre leggeva, mentre attendeva il suo uomo. Quindi cominciò lei a muoversi da sola, lasciandomi cogliere i vari attimi.
Dopo un’oretta, decidemmo di essere stanchi. Ci scambiammo il bacio della buona notte e io ne approfittai per accarezzarle le natiche. Apprezzò il gesto di affetto.
Ritirato in camera, riversai le foto nel computer. Lo collegai al televisore e diedi il via alla presentazione delle foto in automatico.
Mi masturbai un paio di volte.

Fine della prima parte.
(Continua)
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