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Gay & Bisex

Cognati al mare 6


di ettoreschi
16.06.2008    |    15.658    |    0 8.7
"Sul lettino ci disponemmo come per un 69, ma prima gli occhi e le mani accarezzarono il corpo di Marco dal torace ai piedi, soffermandosi su ogni centimetro..."
6 il dono più profondo

Questa vacanza oramai era tutta giocata fuori dalla mia famiglia. Ci vedevamo a colazione, a pranzo e a cena e un paio d’ore al mare sia di mattina che di pomeriggio. Per il resto avevo molto tempo e spazio per me e le mie nuove passioni. Mi incuriosiva molto approfondire la conoscenza di Marco, sia perché si era dimostrato una persona corretta e non violenta, sia perché mi aveva donato un piacere sconosciuto, sia perché mi sarebbe tanto piaciuto strappargli il suo dono più profondo. Oramai Guido era fuori gioco per il resto della settimana e gli raccomandai di tenermi corda e di non fare la mogliettina gelosa. Con un sorriso sornione promise a patto “.. che mi racconti tutte le porcate che fai con il bel tenebroso così almeno posso farmi una bella segona!” “Basta che non ti faccia un ditalino in culo perché lo devi tenere a riposo! Dimmi come ti senti la prima volta che vai a cagare” “Stronzo!”
Al pomeriggio comunicai che non avrei fatto la pennichella in pensione ma sarei andato a farla al mare. Non mi fermai al nostro ombrellone ma camminai fino allo stabilimento vicino al “PRVLG”. Non c’erano molte persone a quell’ora e cercai la cabina di Marco. Quando fui lì davanti scorsi dietro la fila delle cabine un lettino da cui spuntavano un paio di piedi maschili. Prima di provare in cabina allungai la mia passeggiata fino alla fine delle cabine. Marco era disteso sul lettino a pancia in su con gli occhi chiusi, il costume raccolto in modo da coprire solo il suo uccello e lasciando anche scoperti un po’ di peli ricci e neri. “Vedi un po’ il birichino come si fa l’abbronzatura integrale!” Si riscosse, portò la mano a proteggere gli occhi dal riverbero del sole, e quando mi riconobbe il suo viso si distese in un sorriso accogliente “Ah il principiante spericolato, quello che appena presa la patente se ne va in autostrada a 170 l’ora!” “Ma avevo con me un istruttore di guida molto esperto!”. Scherzammo ancora un po’, quindi diventando più serio Marco mi chiese
“Il fatto che sei qui oggi come lo devo interpretare? Come una dichiarazione d’amore come desiderio di fare una bella cavalcata o cosa?” “Niente di tutto questo. Mi sono trovato bene con te e volevo approfondire la conoscenza. Se poi ci scappa qualcosa di soft, tanto per sperimentare se sei di compagnia come sembra …” “Come programma non mi dispiace per niente, anche perché hai un bel fisico che mi piace!” “Beh, non sei bionda e con una terza però non mi dispiaci neanche tu” In realtà Marco aveva un fisico che mi faceva impazzire. Per le cose che trovavo simili a me e soprattutto per le differenze. I capelli neri, corti e ricci, come i peli sul pube, il ciuffo di peli sul torace, le spalle dritte, le cosce marcate e il culo più in fuori del mio. Avevo proprio voglia di conoscerlo più a fondo, come solo le mani e la bocca possono fare. Una volta sistemato il lettino in cabina chiudemmo la porta e nella penombra ci spogliammo nudi. L’abbraccio non fu passionale, fu lento, quasi volessimo entrambi assaporare ogni attimo e ogni centimetro del corpo altrui. Il bacio invece fu molto piacevole, non passionale ma ricco di saliva e di piacere, ne godemmo a vicenda. Prima di stenderci ci baciammo reciprocamente sulle tettine, leccando e mordendo i capezzoli che diventarono duri e sensibili in un attimo.
Sul lettino ci disponemmo come per un 69, ma prima gli occhi e le mani accarezzarono il corpo di Marco dal torace ai piedi, soffermandosi su ogni centimetro di pelle. Lui invece si accontentava di concentrarsi sulle cosce, sul ventre e l’ombelico. Cominciai a sfiorare delicatamente il suo uccello, correndo lungo l’asta a seguire l’andamento delle vene e della nervatura principale. Non passò molto tempo che imboccai quel ben di dio e cominciai a succhiarlo con la bocca leccandolo contemporaneamente. Le mani cercavano piacere toccando l’interno delle cosce, le natiche sode e prominenti e il solco che le divideva. Come una vespa che gira intorno al fiore, le mie dita giravano intorno al suo buco del culo fino a che, dopo averle inumidite, provai un timido approccio. Avvertii un irrigidimento ma continuai con tranquillità a coccolare la sua rosellina. Passai quindi la mia lingua sulla pelle increspata che circondava l’accesso più presidiato.
Leccai e insalivai abbondantemente. Marco intanto mi stava succhiando l’uccello come se lo volesse strappare. Timidamente la lingua provò a blandire il buco, poi lo fece con sempre maggiore decisione. Mi giungeva al naso l’afrore della sua pelle e del solco in particolare. Era un odore di maschio, di sudore anche, ma mi piaceva e mi eccitava. Questa eccitazione si trasferì ai miei gesti perché con le mani dilatai il solco tra le chiappe, con le labbra a ventosa cominciai ad aspirare mentre la lingua si faceva strada nell’ano. Le contrazioni dello sfintere si calmarono e anzi avvertii che oramai ero un ospite ben accetto. Sentivo appesantirsi il respiro di Marco. Sostituii la lingua con un dito e presi a inumidire circolarmente le pareti dell’anello. Continuai fino a che, con un inarcamento della schiena, Marco offrì il suo culo al mio dito completamente. Con lenti movimenti circolari facevo abituare le sue umide viscere al mio dito, mentre la mia bocca si era impossessata del suo cazzo e lo slinguava abbondantemente. Con nonchalance si avvicinò anche il secondo dito e prese a bussare all’uscio. Bussa che ti bussa, finalmente fa un timido ingresso anche il secondo e poi aspetta che i muscoli si abituino e si rilassino.
Memore del piacere che mi aveva dato Guido la prima sera che avevamo passato insieme nella pensione, mi concentrai ora sul bocchino, lasciando che le dita restassero infisse nel suo culo. Quando avvertii la tensione crescere, cominciai a muovere dentro e fuori le dita, per accompagnare all’imminente sborrata anche un orgasmo di culo. Marco sorpreso arrestò le cure che stava dedicando al mio cazzo e si concentrò sul piacere che gli stavo procurando. Con la bocca gli stavo facendo una pompa da Oscar, mentre le mie dita gli stavano pompando il culo facendo crescere il suo godimento fino a che le barriere non si ruppero e “Vengo, oh sì vengo!” mi urlò con un rantolo soffocato. Raccolsi il suo succo caldo in bocca senza inghiottirlo. Lo feci dopo, quando gli schizzi terminarono e quindi assaggiai il liquido cremoso e un po’ acidulo. Con la lingua distribuii la liquida consistenza anche attorno al suo cazzo che lentamente stava scemando. Dimenticai le dita immobili nel suo antro caldo.
Qualche istante dopo, si riprese e iniziò nuovamente a dedicarsi al mio piacere. Era un bocchinaro straordinario. Con la lingua si passava da una parte all’altra la cappella, inghiottiva l’asta fino alla base, poi stringendo risaliva facendola sbocciare umida e gocciolante di saliva. Per completare la mia goduria, mi infilò un dito nel culo, ma non servì la lunga manovra che avevo dovuto usare io con lui. Attese qualche istante poi, ne infilò un altro e dopo un terzo ancora. Non ressi più e muovendo freneticamente i fianchi gli preannunciai il mio orgasmo che gli riempì la bocca del mio liquido seminale. Percorso dagli spasimi del piacere avevo ancora una volta ravanato nel culo di Marco. Qualche minuto dopo ci staccammo e la sua mano corse subito a sfilare le dita dal suo buco. “Non dovevi infilarmeli! Guai a te se ci provi ancora!” Si avvertiva la sua tensione. Stupito risposi “Ma , se ti è piaciuto!” “Guarda, se vuoi che continuiamo a vederci voglio che lasci stare il mio buco del culo!” Il suo sguardo era deciso e continuò “Anche domani pomeriggio, quando lo facciamo soft, non mi va e non provarci più” “Guarda non credo che ci vedremo domani pomeriggio perché ho un impegno -era una balla ma mi stavo un po’ incazzando -, ma comunque non capisco anche se rispetto la tua decisione. Io cercavo di farti provare un po’ del piacere che hai fatto provare a me. Non la trovo una cosa disdicevole. Comunque stai tranquillo, se stasera mi vedrai, sarà solo perché ho voglia di donarmi ancora a te e non proverò a intaccare il tuo prezioso buchino!” Mentre stavo dicendogli queste cose mi ero rialzato, mi infilai il costume, lo salutai e me ne tornai verso il mio ombrellone.
Ero percorso da sentimenti contrastanti. Il discorso pronunciato da Marco mi aveva fatto incazzare e, in quel momento, non avevo nessuna voglia di rivederlo la sera per un incontro “più approfondito”. Stare steso al sole mi calmò e un bagno rinfrescante con tutta la famiglia mi distolse dai miei pensieri. Quando poi mi ritrovai assieme a Guido a godermi l’ultimo sole della giornata, lui mi chiese cosa avessi e io glielo raccontai. Lui ci pensò e poi mi disse “Mah forse ha dei problemi che non ti vuole dire. Se ti posso dare un consiglio, fino a che puoi, goditela e pensa che non è tua moglie con cui devi tenere in piedi un rapporto duraturo. Quindi se vuoi scopare, vai a trovarlo e fregatene”. Non risposi, chiusi gli occhi e lasciai che il sole scaldasse, accarezzandola, la mia pelle. Un turbinio di immagini di questa mia “strana” vacanza si affacciò nella mente e rivissi i momenti più salienti che l’avevano caratterizzata. Sarà stato il sole e il languore che induce l’abbandonarsi ai suoi raggi dorati e caldi, ma fui pervaso da un dolce senso di prostrazione e i ricordi che si affollarono maggiormente furono quelli dei miei momenti “passivi”. Fu così che, con uno strano formicolio che mi innervava il buco del culo, decisi di andare da Marco e donarmi completamente a lui, alla sua passione, al suo cazzo che mi avrebbe posseduto e riempito, spalancandomi le praterie del piacere nuovo che avevo imparato da poco a conoscere.
Quella notte, mi preparai con cura, scegliendo gli abiti e l’intimo pensando espressamente a come volevo essere visto da lui nei vari momenti della serata. Mi inumidii le labbra con burro cacao e, nonostante tutti questi preparativi, giunsi così anche prima del solito al “nostro” locale. C’era la solita “caciara”, lo cercai con lo sguardo ma non lo vidi. Mi lanciai sulla pista da ballo e lasciai che il mio corpo seguisse il ritmo della musica. Ero rilassato e non badavo ai “vesponi” che, svolazzando, si avvicinavano al mio fiore chiedendo muti di possederlo, ma con l’andamento del ballo me ne allontanavo ancheggiando. Lui apparve, mi sorrise, gli sorrisi, prima con gli occhi poi con il viso. Si avvicinò, cominciammo a ballare e a corteggiarci a vicenda con strusciamenti continui. Cercavamo costantemente il contatto dei nostri corpi mentre fianchi, gambe, braccia e bacino seguivano i ritmi delle musiche. Visibilmente accalorati percepivamo il crescere dei nostri desideri al di la del cotone degli indumenti. Incuranti degli altri presenti sulla pista, raggiungemmo il culmine dell’eccitazione strofinandoci vicendevolmente i cazzi ormai turgidi e duri come sassi. Avevamo passato decine di minuti a ballare e a far crescere la fregola dentro di noi. Caricati al massimo bastò uno sguardo per decidere di uscire e recarci nel vicino capanno, nostra segreta alcova di amanti.
Una volta dentro, ci levammo in un attimo i vestiti ammirando a vicenda la fisicità dei nostri corpi abbronzati. E fu passione,passione sfrenata. Volevo Marco, lo volevo mio, come intuivo poteva volerlo una donna. Volevo percorresse ogni centimetro della mia pelle con la sua bocca e la sua lingua, volevo sentirmi frugare nelle mie intimità più profonde dal suo uccello che sentivo ormai duro e teso. Volevo baciarlo dappertutto, inebriarmi dell’afrore della sua pelle, in tutti gli anfratti del suo corpo. Volevo una notte di sano sesso liberatorio, volevo completare la mia nuova educazione sentimentale ed ero disposto ad essere alunno disciplinato, partecipe e attento. Forse Marco desiderava qualcosa di analogo, oppure seguiva un suo percorso, ma la passione e la forza con cui si gettò su di me fece capire ad entrambi che, partiti da due punti distanti, ci ritrovavamo in perfetta sincronia. Mi distesi sulla schiena e, sollevando le gambe, favorii l’ingresso della sua bocca vogliosa nel mio orifizio. Lasciai che la sua passione facesse sciogliere tutte le barriere al nostro possederci futuro.
Con cura si posizionò premendo sul buco, attese che i tessuti cedessero e finalmente mi riempì con il suo cazzone. Avvolsi le gambe attorno al suo bacino, mi tirai su a baciarlo e lasciai che lui mi guidasse lungo le nuove strade del sesso gay. Prima fu un diesel, lento e possente, poi un fuori strada che mi faceva ballonzolare, infine una moto che veloce percorreva chilometri e chilometri. Rovistò con cura e meticolosità nelle mie viscere, le riempì, le percorse e le percosse, con sempre maggiore forza e intensità. Quella notte schizzai il frutto del mio piacere senza toccarmi mentre Marco riempiva il preservativo del suo caldo liquido biancastro. Stremato si accasciò sopra di me. Il bacio che mi diede fu quasi una dichiarazione d’amore. Qualche minuto dopo, ormai quasi del tutto ricomposti, mi accarezzò il viso “Domani sera ti aspetto” “Oh Marco non so se domani avrò lo stesso tipo di desiderio di questa sera e non voglio che ci sia tensione come questo pomeriggio” “Paolo –una pausa- vieni comunque e … non temere. Domani è una nuova notte. La pagina è bianca e tutta da scrivere”.
Il giorno dopo fu solo un lungo periodo che lentamente mi stava avvicinando ad una notte che avvertivo sarebbe stata memorabile, che poteva portare ad un completamento pieno della mia esperienza gay e di questa nuova “education sentimentale”. Mi preparai con cura, ma dovetti poi pagare il silenzio di Guido tirandogli una sega memorabile e guadagnai in questo modo la libertà di raggiungere il locale. Sbirciai dentro e lo vidi seduto ad un tavolino che scrutava l’ingresso. Aspettai che si voltasse alcuni istanti per scivolare dentro il locale e guadagnare una posizione defilata. Prudentemente arrivai alle sue spalle e lo baciai sul collo. Prima sorpreso con uno scatto, poi piacevolmente colpito dalla improvvisata si abbandonò al succhiotto. Dopo aver bevuto e chiacchierato di qualche sciocchezza, andammo a ballare. Fu corteggiamento anche questa sera, ma arricchito dai messaggi nascosti che ci mandavamo con il nostro ballare “Ti voglio” gli dicevo “Anch’io” rispondeva. Mi portavo alle sue spalle posando le mani sui suoi fianchi larghi “Voglio donarti la gioia che hai dato a me” sussurravo muto con i miei movimenti. Lo odoravo, lui annusava e credo che percepisse l’alto livello di testosterone che imbeveva il mio corpo. Ci scambiavamo baci umidi e passionali, io percorso dal desiderio di averlo fino in fondo ma stavolta agendo come uomo, lui ballando languidamente con il mio desiderio senza lasciarsi vincere da esso. Poi la svolta: si gira, mi prende la mano e con voce roca mi sussurra “Andiamo. Non resisto più”.
Non camminiamo, voliamo. Un attimo e siamo nudi. Come una belva feroce mi avvento sulla sua pelle, a mangiarlo tutto, a leccarlo tutto. Lo sento abbandonarsi tra le mie braccia e allora lascio che la lucidità prenda il sopravvento. Ci mettiamo a 69 per lubrificare con le nostre lingue chi gli orifizi, chi gli uccelli. Quando ormai le nostre parti intime grondano di saliva comincio la lubrificazione anale con le dita. La resistenza dei suoi muscoli orifiziali dura qualche istante, poi cede e lascia che le mie dita lo invadano e comincino a fiaccare i tessuti intestinali. Smette di leccarmi l’uccello e sento che si concentra solo sul suo piacere anale: vuole gustarselo tutto. Gli odori del suo desiderio mi inebriano e mi scatenato una voracità che non ho mai provato per Barbara. Lo faccio mettere a pecorina e continuo ancora per un po’ a rimestare gli intestini con le mie tre dita infilate a dilatare l’ano. Poi lo afferro per i fianchi e punto l’uccello sul suo buco lasciato aperto dalle dita birichine. Lo sento irrigidirsi e mi fermo. Lo tengo appoggiato senza far mai mancare la pressione sui muscoli dell’anello sfinterico.
Inarca un’ attimo la schiena e la mia cappella attraversa il varco e si posiziona alle spalle delle mura di cinta del castello. Le contrazioni che percorrono le sue viscere allo scopo di scacciarmi hanno solo l’effetto di accarezzarmi la punta. Mantengo la pressione e dopo qualche istante le sue budella ne ingoiano altri centimetri. E andiamo avanti così fino a che i nostri scroti non fanno un insolito brindisi. Stringo i suoi fianchi e cerco di inebriarmi dell’umido abbraccio con cui le parti più intime, il suo dono più profondo, stanno avvolgendo le nodosità del mio cazzo. Marco comincia a muovere il bacino, gli lascio il controllo. Prova a staccarsi da me, poi si reinfila il mio bastone di carne fino alla radice. Lo assapora ancora, lo spinge fuori quasi del tutto, ma lì sono io a fermarmi sul limite invalicabile della cappella. Allora lo ingoia tutto come un affamato ingurgita il cibo che placherà la sua fame. I suoi movimenti sono armoniosi e sempre più frequenti. Oramai si sta pompando il mio cazzo nelle sue intimità più profonde e a questo punto non riesco a controllarmi più, gli afferro i fianchi e comincio a stantuffare anch’io come un ossesso. I miei colpi ora affondavano liberamente nel suo ano squarciato dalla penetrazione e lubrificato dal lento lavorio preparatorio. Cercavo il mio piacere nelle sue viscere ma al tempo stesso volevo che, attraverso il mio godimento, egli si riempisse della stessa libidinosa eccitazione che mi aveva scosso in profondità i giorni precedenti. “Oh sì! Dai così!” Mi chiedeva estasiato e io lo accontentavo assestandogli mazzate sempre più profonde. Il suo orgasmo produsse delle contrazioni intestinali che mi afferrarono il cazzo e lo fecero sborrare a lungo.
Quando i respiri si calmarono e il turgore del mio uccello si calmò consentendone la fuoriuscita, ci adagiammo esausti sul lettino. Carezzavo il suo viso e lui mi baciò, lasciando che la mia lingua umida e vogliosa lo frugasse in ogni angolo. Con un sorriso mi disse “Grazie Paolo!” “Perché grazie, anch’io ho avuto la mia parte di piacere!” “Invece grazie perché mi hai restituito alla mia completa mascolinità, alla mia sessualità a 360 gradi. Vedi Paolo, quando ero un adolescente, giù al paese mio, un vicino cercò di violentarmi, non ci riuscì completamente perché urlai talmente tanto che a un certo punto si fermò, ma comunque mi ruppe il culo facendomelo sanguinare. Da quella volta non ho più voluto provare con il sesso anale. Tu mi hai dato fiducia e ho capito che potevo fidarmi e … è andata bene, molto bene” Commosso dal suo racconto lo baciai con tenerezza.
Era l’ultima notte che potevamo godere insieme perché avevo capito che Guido aveva tramato con le nostre mogli perché si ricomponessero le coppie istituzionali. Parlammo ancora, cercando di conoscerci più a fondo in quei pochi minuti che ancora rimanevano nella calda notte romagnola. Ci scambiammo gli indirizzi e i numeri di telefono, ma forse sapevamo che non ci sarebbe stato seguito e che comunque la profondità delle sensazioni provate in questi giorni non sarebbe stato possibile ripeterle in altre situazioni.

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