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Gay & Bisex

Il nuovo collga 2


di ettoreschi
18.07.2008    |    22.129    |    0 8.8
"Ma comunque qualcosa aleggia nell’aria, una strana sensazione di attesa, come quando cominciano a comparire le nuvole che via via si ammassano fino a formare..."
2 Domenica malandrina

La mattina dopo il risveglio è strano fatto di cose piacevoli e di novità. Novità è un corpo caldo vicino al mio, piacevole è l’erezione che caratterizza il mio uccello e la consapevolezza che anche l’altro è nel suo massimo splendore. Ancora il desiderio di ghermirlo, di percepire nella mia mano il suo turgore caldo e palpitante, sentire scorrere le asperità, le vene, le nodosità. Ma anche la paura di dove può portarmi questo desiderio. La voce di Armando mi coglie improvvisamente mentre sono lì affogato nei pensieri. “Se hai desiderio fallo e comunque non sentirti in colpa. Può succedere, l’importante è che se succede sia piacevole. Poi, quando sarà finito tutto deciderai se continuare oppure no” Lo guardo con un sorriso riconoscente, forse perché queste erano proprio le parole che volevo sentire e questi i ragionamenti cui aggrapparmi.
Timidamente gli accarezzo l’asta dell’uccello, la borsa con i suoi gioielli poi risalgo fino alla punta. E ancora una volta quella sensazione mista di potere e di dedizione. Indubbiamente il cazzo comincia a piacermi! Anche Armando mi accarezza alla fine del ventre, poi la sua mano stuzzicante mi va a solleticare dove ieri c’era il centro del mio piacere e un formicolio gradevole comincia a tormentarmi piacevolmente. Restiamo così sotto il calore delle coperte alcuni minuti, poi Armando si avvicina al mio viso e mi sussurra con voce roca “Adesso basta perché altrimenti non lavoriamo più! Ma se vuoi questa sera, sappi che ti desidero. Ti desidero a fondo!” Mi vengono i brividi perché percepisco la forza del desiderio del mio nuovo collega e la cosa che mi piace è che sono io a causare questa passione e lascio che mi baci. Mi sento sciogliere ma poco dopo sono costretto a riaprire gli occhi sulla realtà e su Armando che mi fa cenno che è ora di andare al lavoro.
Dopo la colazione andiamo in ufficio e veniamo presi dal vortice dell’attività cosicché non abbiamo il tempo per pensare alle nostre cose. Ma comunque qualcosa aleggia nell’aria, una strana sensazione di attesa, come quando cominciano a comparire le nuvole che via via si ammassano fino a formare nuvoloni neri carichi di tempesta. Così succede anche tra noi. Ogni tanto capita di sfiorarci e la mano indugia quell’attimo di più che vuol dire “non mi dispiaci!”. Armando qualche volta si fa più audace e mi mette palesemente una mano sull’incavo della schiena sopra le natiche. Sento il calore della mano ma anche qualcosa di più: il desiderio di un uomo per il mio corpo e la cosa non so perché ma mi piace. Lui mi fa la corte e mi garba assai di essere corteggiato. Ma il lavoro incombe e noi lavoriamo duramente con una brevissima pausa per un panino all’una. Verso il tardo pomeriggio finalmente tutto gira bene. Abbiamo finito i test e possiamo lasciare quegli uffici.
Preparo alcuni messaggi per i primi colleghi che arriveranno l’indomani poi ci mettiamo d’accordo per la serata. Io devo accompagnare Armando a casa sua e lui mi fa posandomi una mano sulla spalla e fissandomi con i suoi occhioni “Se hai voglia ti puoi fermare a casa mia che mangiamo due spaghetti.” “Non lo so non vorrei disturbare …” “Lo sai benissimo che non disturbi. Il problema è solo stabilire se lo vuoi oppure no.” Una pausa poi riprende con un tono di voce più roco “Perché sai che io lo voglio e che ti desidero!” Mi vengono i brividi e credo di arrossire anche a fronte di questa palese dichiarazione di sesso. Non so cosa fare, da un lato ho paura per le convenzioni sociali, perché la mia educazione mi ha sempre detto che è sbagliato e “sporco”, dall’altro c’è la curiosità per la novità, c’è il ricordo piacevole di ieri sera, c’è anche la riconoscenza verso un collega che comunque si è fatto il culo a lavorare al posto mio durante il week end. Ed è così che gli rispondo “Va bene vengo da te a mangiare qualcosa”. Bene ora l’ho detto, ho saltato il fosso e per certi versi mi sento più sereno come se aver preso una decisione comunque fosse un bene indipendentemente da tutto.
Chiudiamo l’ufficio, saliamo sulla mia auto e partiamo. Armando abita in un paesino della prima periferia ma il traffico della domenica sera viene nel senso opposto e in un quarto d’ora siamo sotto il suo caseggiato. Saliamo e io continuo a non pensare a quello che succederà dopo, rimango concentrato strettamente sul presente. Prepariamo la pasta e cazzeggiamo del più e del meno. Sarà la tensione accumulato per il lavoro, sarà la consapevolezza che dopo ci sarà qualcosa, ma io non ho voglia di pensare, di concentrarmi, voglio solo che il vento mi sfiori il viso e abbandonarmi a lui. Armando sembra cogliere questo cambio di atmosfera e accarezzandomi la mano mi dice “Vieni che ti massaggio le tempie” Mi prende la mano e mi guida lungo il corridoi fino alla sua stanza da letto. Ora mi è di fronte.
Mi pone le dita sulle tempie e comincia un movimento rotatorio lento e rilassante. Lascio che la stanchezza scivoli via attraverso questo dolce massaggio e chiudo gli occhi e siccome ho gli occhi chiusi non vedo che Armando comincia a spogliarmi, ma lo sento, avverto la sua mano che slaccia, sfila e alla fine mi lascia in boxer. Ora, mentre con una mano continua ad accarezzarmi, con l’altra si spoglia. Quando ha finito mi avvicina a lui e comincia a leccarmi il lobo dell’orecchio. Poi la lingua scorre lungo la mascella e alla fine del suo percorso un bacio, umido, denso, intenso. Continuo a tenere gli occhi chiusi perché ho paura che, aprendoli e vedendo che queste piacevoli sensazioni me li procura un uomo, mi si blocchi tutta la libidine che comincia a salire.
Ora siamo distesi a letto e Armando sta facendo del mio corpo un campo di battaglia dove la sua lingua passa e non lascia prigionieri. Soggioga i capezzolini, lecca con piacere le mie tettine, passa all’ombelico, salta completamente i boxer e riparte dall’incavo dietro il ginocchio, prima uno poi l’altro. Risale lungo l’interno della coscia. Credo di impazzire perché con nessuna ragazza ho mai provato tanto piacere, né sono mai stato io l’oggetto del desiderio. Ora anche i miei boxer vengono strappati dal mio corpo lasciando svettare la mia asta. Ed è su questa mia appendice che ora la furia linguistica di Armando si avventa. La lecca per bene tutta, poi succhia la cappella, le palle una ad una, risale assaporando tutte le venuzze, poi ne ingoia un bel pezzo.
Ho una scarica di piacere che dalla base della schiena si trasmette a tutto il corpo e me lo fa inarcare. Ora la bocca famelica di Armando sta attentando alla saracinesca del mio buchino, lo risucchia come un’idrovora, lo lambisce con la lingua umida di piacere e di desiderio, lo titilla, lo forza. Mi sento risucchiare in un vortice di sensazioni bellissime che si accavallano sempre più veloci fino a sopraffarmi e a scacciare qualsiasi remora residua. Mi sento rantolare di piacere e non smetto nemmeno quando il dito medio si installa dentro la mia intimità. Mi lascio lavorare, allargare, inumidire, lubrificare con il gel che abbondante Armando cosparge lungo il percorso del mio piacere più profondo. Sono pronto a ospitare anche il compagno indice che assieme al complice malandrino sta attentando alla determinazione del mio anello sfinterico. Lo sento cedere sempre di più sotto il lento ma determinato lavorio delle dita e non mi stupisco più quando sento che il mio orifizio ora è in grado di ospitare anche l’anulare.
Sono oramai un fascio di nervi tesi a cogliere ogni sensazione e immagazzinarla nella grande centrale di smistamento del piacere. Mi sento languido, stremato da questa martellante manovra e quindi mi sento pronto quando Armando punta il suo nodoso randello, ricoperto di preservativo e lubrificante, all’ingresso di servizio. “Stai tranquillo e rilassati. Se senti male mi fermo. Fammi segno quando vuoi che entri” Ho una contrazione a cercare di bloccare l’accesso, ma poi sento che è il buco stesso a cedere e a dire, con un altro spasmo di segno opposto, “Forza entra!”.
E lui entra, infila la testa nel pertugio e aspetta, attende che le contrazioni si calmino e che io riconquisti la tranquillità per fare un altro passo. E così di passo in passo, lento, maestoso egli prende possesso delle mie intimità ed io mi sento pieno, riempito fino in fondo dalla sua carne calda e pulsante. Il cuore mi va in gola e mi sento sopraffare da sensazioni che si affastellano una sull’altra. Sono indolenzito ma non dolorante. Avverto Armando che assapora la conquista appena fatta e che “gusta” con tutto il sul uccello il sapore del possesso e della penetrazione. Si china su di me chiedendomi dolcemente “Fa male?” il bacio che mi da sulla bocca mi impedisce di rispondergli “No” e quando comincia a pompare dentro me, lento e delicato, vorrei aprirmi come non mi è mai capitato di sentire. Con le gambe abbraccio la sua schiena e spingo in alto il bacino. Armando ne approfitta per infilarmi un cuscino sotto il fondo schiena e favorire così la penetrazione. Prosegue poi con i suoi colpi sempre più decisi e frequenti.
I miei chili di troppo tremano sotto le mazzate che investono le mie viscere e il mio profanatore si china su di me a ghermire con la bocca le tettine vibranti e i loro capezzoli. Dio quanto mi piace che me li tocchino! Ora il centro del mio essere è tutto lì, alla base del culo, dove sto assaporando tutte le nodosità e le asperità del randello di carne che mi sta scuotendo. Sembra quasi che tutte le percezioni scemino fino a concentrare tutti i sensi lì, dove un’ondata di calore sta salendo lenta ma prepotente. Mi sta uscendo sperma e sono sull’orlo di un orgasmo, quando sento che il palo di carne che mi sta conquistando assume una rigidità diversa, avverto che Armando sta cambiando ritmo ed ora non è più dolce e sistematico ma la frenesia ed il desiderio lo stanno assalendo. Mi urla il suo desiderio, gli rispondo rantolando la mia adesione e corriamo veloci verso l’esplosione dei sensi.
Resto lì, squassato e con il respiro ansimante, ancora incredulo di quello che ho fatto ma soprattutto del piacere che mi ha preso. Trovo la forza di stringere le gambe attorno alla schiena di Armando quasi a voler significare che non voglio che esca da me. Lui mi accarezza e mi chiede “Ti ho fatto male?” “No. Mi è piaciuto tanto!” Un sorriso e una espressione degli occhi che promette sfracelli “Allora la prossima volta sarai tu a ricambiare?” Non credo alle mie orecchie ma scaccio il pensiero da me perché ora voglio solo concentrarmi su quello che ho provato e scolpirmelo tutto nella mia memoria per conservarne un eterno ricordo.
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