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Gay & Bisex

L'attor giovine 2 la selezione


di Ettoreschi
02.07.2009    |    8.320    |    0 8.2
"Il mondo è pieno di attrici che devono il loro successo al fatto che hanno allargato le cosce al personaggio giusto..."
Salutai gli zii e i cugini e con il cuore impazzito dalla tensione mi avviai verso il mio destino. Portavo uno zainetto con le calzamaglie e le T-shirt conservati con cura religiosa. Durante il lungo percorso con i mezzi pubblici mi ripetevo continuamente che non volevo fare la fine dei miei genitori, dei miei zii, di tutta la mia famiglia. Non ne potevo più del mio paese e trovavo che i miei amici si stavano rivelando poveri, di contenuti e di ambizioni; al tempo stesso pensavo che se l’alternativa al morire soffocato nel paese era quella di diventare un proletario sottopagato nell’estrema periferia della capitale, come era successo agli zii, questo non faceva assolutamente per me.
Dovevo avere quel posto a qualsiasi prezzo!
Me l’aspettavo ma quando girai l’angolo della via che portava all’ingresso artisti del teatro XY fui preso da un breve attacco di depressione: il marciapiede e anche un pezzo di strada erano occupati da una cinquantina di giovanotti vocianti: i candidati all’audizione!
Feci un respiro profondo e mi riconfermai che volevo quel posto a tutti i costi e mi lanciai. Alle nove in punto venne aperto l’ingresso degli artisti e potemmo entrare. Ci vennero indicati i camerini dove potevamo indossare le calzamaglie. In un vociare da primo giorno di scuola ci fu un’esplosione di mutande maschili di tutti i tipi e colori, di gambe più o meno pelose, più o meno arcuate, di culi più o meno grossi ed infine di calzamaglie nere. Poi fu il momento dei bicipiti, dei pettorali ,delle schiene e alla fine delle T-shirt bianche. Mi sembrava di essere nelle viscere del Colosseo con gli altri gladiatori prima di scendere in campo nella tenzone che avrebbe determinato la vita o la morte di tutti eccetto di uno.
Ci fecero radunare sul palco in tre file distanziate di due metri l’una dall’altra. Io venni collocato nell’ultima perché eravamo distribuiti in ordine di comparizione. Eravamo lì un po’ nervosi quando il brusio cessò di colpo e apparve sul palco di fronte a noi un uomo che sembrava più grande della sua stessa statura: Massimiliano T. il regista nonché nostro imperatore nello scontro gladiatorio tra aspiranti attori.
Alto oltre un metro e ottanta, capelli castani lisci della lunghezza di quelli di un paggio ma divisi nel mezzo da una riga, un pizzetto ampio e un po’ mefistofelico ma la caratteristica che colpiva maggiormente erano gli occhi: due carboni neri che ti fissavano e ti perforavano dentro penetrando i più recessi meandri della tua anima. Non era magro ma non aveva un filo di grasso in più. Era ben proporzionato con le spalle un po’ esili forse, indossava una calzamaglia nera ed una T-shirt bleu scuro. In silenzio passò lentamente davanti ad ognuno di noi e ci squadrò dalla punta dei piedi alla sommità degli occhi, su cui il suo sguardo indagatore si soffermava sempre qualche secondo di troppo. Quando mi fu davanti mi imposi di non mettermi sull’attenti ma di essere sciolto e sereno e di fissarlo cercando di trasmettergli la serenità interiore che mi stavo imponendo di avere. Lo fissai sorridendo e i suoi carboni mi radiografarono l’anima, ma siccome era l’anima di un ragazzo determinato e appassionato per questo mestiere non vi trovò nulla di cui vergognarsi.
Terminato il giro confabulò con alcuni collaboratori e alcuni di noi vennero allontanati prima ancora di cominciare le prove vere e proprie. Passò poi a interrogarci uno ad uno di fronte a tutti gli altri, chiedendo informazioni personali e cercando con ognuno di trovare qualcosa che ci provocasse e che ci mettesse sotto pressione. Molti reagirono arrossendo o insultando a loro volta il regista e vennero allontanati. E venne il mio turno.
“dove vivi?” “A F. in Umbria”.
“Ah il paese famoso per le checche!” (risolini dalla platea di candidati)
“Non mi risulta. L’unica storia un po’ strana riguarda il farmacista!”
“Come mai un geometra vuole diventare attore? Vuoi forse prendere le misure dei cazzi e dei culi della compagnia” (ancora risolini) “Se è per questo anche delle fighe e delle tette. Ma a parte gli scherzi lo voglio perché è la mia passione!”
“Ah e quanto sarebbe disposta la novella Sarah Bernardt a fare per soddisfare la sua passione?” “Quasi tutto” “Dove si ferma il quasi?” “Certamente non ad uccidere. Quanto a dove si ferma spero sia Lei a farmelo capire” Lo guardai con un sorriso e con l’espressione più serena che riuscii a dare. Brontolando disse “Non mi piace che gli attori si pongano dei limiti!” ma si allontanò passando all’esame del successivo senza scrivere niente sul suo elenco: voleva dire che nel pomeriggio avrei fatto l’audizione.
Quando venimmo allontanati dal palco e invitati a restare nei camerini fino all’ora prevista del nostro test, io mi infilai di nascosto nelle quinte e osservai alcune delle prime audizioni. Dopo tre errori ti cacciava via. Lui interpretava la parte complementare a quella richiesta all’aspirante attore. Faceva continuamente cambiare ruoli. Una volta cacciò un attore perché nella scena del bacio nel primo atto, interpretando il ruolo di Giulietta aveva baciato come bacia un uomo! Dopo un po’ mi allontanai e passai tutto il tempo a ripassare le parti sulla base di quello che avevo visto e sentito.
Nel pomeriggio, dopo un panino veloce, venne il mio turno. Respirai a fondo e mi feci il training autogeno che avevo individuato per evitare di farmi condizionare quando lo avrei dovuto baciare (era ormai chiaro che, interpretassi Giulietta o Romeo, dovevamo baciarci). Entrai nel palco e vi trovai il candidato precedente. Il primo pezzo era la scena a tre con la nutrice e io fui chiamato a interpretarla. Cercai di renderla simpatica, affettuosa e petulante come a mio avviso Shakspeare aveva fatto, ma la mia interpretazione passò in secondo luogo rispetto ai tremendi cazziatoni che il regista rivolse all’altro giovane. Terminato il brano lo mandò via in modo molto brusco, poi si rivolse a me “Facciamo la scena del balcone: io interpreto Giulietta e tu sarai Romeo. Pronti via Scena II !”
“ Ride delle cicatrici chi non è mai stato ferito.
(il regista prese posto sul balcone e io mi rivolsi a lui)
Ma, piano, quale luce erompe da quella finestra?
È l'oriente, e Giulietta è il sole! Oh, sorgi bel sole,
e uccidi la luna invidiosa che è già malata e pallida di rabbia, . . . “
Recitammo entrambi con slancio e lui era così bravo che mi sembrava proprio di vedere davanti a me Giulietta anche se era dotato del suo pizzetto mefistofelico. Alla fine, grugnì un “Basta così” e ridiscese venendo verso di me. “Ora facciamo la scena quinta, quella del bacio; io sarò Romeo e tu Giulietta. Cominciamo da quando Tebaldo esce di scena. Pronto?” “Un attimo che devo cambiare personaggio!” Dicendo così mi tolsi l’elastico ai capelli e scuotendo la testa li lasciai sciolti come quelli di una donna, con un respiro profondo mi immedesimai nella tenera Giulietta e dissi “O.K.!”
Lui cominciò “Avessi profanato con la mia mano indegna
questo sacro santuario, rimedio al mio peccato:
queste mie labbra, pellegrini rossi di vergogna,
con un bacio correggono quel tocco indelicato.”
Fu il mio turno “Buon pellegrino, la vostra mano giudicate con più calma, . . .” e proseguimmo fino a che Lui si avvicinò a me, mi mise la mano destra nell’incavo alla fine della schiena prima che cominci il culo, mi strinse a se “E allora resta immobile, mentre colgo il frutto delle mie preghiere.” Avvicinò le sue labbra alle mie, io le dischiusi e chiudendo gli occhi mi lasciai prendere. La sua lingua mi frugò in bocca alla ricerca della mia, che ricambiò la reciproca conoscenza. Cercai di tenerla morbida come pensavo avrebbe fatto Giulietta. Ero tutto teso alla recitazione ma non potei non notare che sia a me che a lui cominciava una leggera erezione. Staccò le sue labbra e riprese “Così le tue labbra cancellano il peccato dalle mie.” Proseguimmo a recitare con lui che mi abbracciava fino a che non venne il momento del secondo bacio. Non chiusi gli occhi ma li posai sul suo volto cercando di trasmette il sentimento di amore che in quel momento Giulietta doveva provare. Fu un bacio passionale e molto umido con le lingue che si intrecciavano nella mia bocca. La sua mano scese ad artigliarmi il culo mentre l’altra mano risaliva ad accarezzare il mio “seno”. Mi sforzai di non pensare a quello che vedevo e sentivo ma a quello che recitavo e così mi abbandonai ancora di più alla foga dell’uomo che mi voleva.
“E adesso entra in scena la nutrice” mi sussurrò all’orecchio leccandomelo con la lingua. Gli sussurrai alla sua orecchia “Allora dobbiamo smettere!”. Mi accarezzò l’uccello dicendo “Vedo che a Giulietta è dispiaciuto l’ingresso della sua nutrice!”. Si staccò da me e fissandomi a lungo mi disse “Passa dalla segreteria prima di uscire e fatti spiegare come venire mercoledì mattina per un’altra audizione. Così vedremo quanto sei veramente disposto a fare per la tua passione! Ora aspetta che faremo assieme al prossimo candidato la scena con la nutrice e tu interpreterai ancora Giulietta.” Facemmo così e uscendo mi recai nell’ufficio della segreteria amministrativa dove alla mia notizia la segretaria di produzione, una bionda un po’ grassottella, se ne uscì esclamando “Anche di mercoledì audizioni! Ma quanti ne seleziona?” Chiesi timidamente quanti fossero i candidati ed ella mi rispose che finora erano tre con me.
Contento ma anche preoccupato per la presenza di una concorrenza ridotta ma non domata, me ne tornai a casa degli zii. Vollero sapere come era andata e rimasero stupiti che fossi ancora in gara, addirittura tra i primi tre o quattro. Io invece avevo altre preoccupazioni. Quella notte ripassai tutti i secondi della mia audizione ed ero perplesso. Avevo recitato molto bene per essere un autodidatta, con slancio e partecipazione, immedesimandomi di volta in volta nel personaggio che interpretavo. Quello che mi turbava erano due cose:
l’attenzione sessuale che Massimiliano aveva chiaramente dimostrato nei miei confronti;
il piacere che mi aveva dato il contatto con Massimiliano durante le scene più audaci.
Mi riecheggiavano inoltre nelle orecchie le sue parole “Così vedremo quanto sei veramente disposto a fare per la tua passione” mi sembrava chiaramente una “minaccia” di avere atti sessuali con me. Vista poi la foga con cui lui interpreta Romeo non ho dubbi su quale sia il ruolo che mi spetta nella recita! Ma il turbamento che più mi infastidisce è che interpretare Giulietta in quel modo e soprattutto il contatto con Massimiliano mi ha eccitato e mi ha quindi dischiuso un orizzonte che mai avevo immaginato potesse interessarmi. Avevo avuto alcune avventure con ragazze, non tantissime, ma comunque la mia inclinazione non era mai stata in dubbio e ora mi ritrovo a eccitarmi nel farmi baciare da un uomo e a farmi palpare il culo e a pensare con tremore e senza aver deciso come comportarmi il posdomani quando lui cercherà l’unica verginità che ancora mi rimane!
Mi rigiro nel lettino fino a che la stanchezza e la tensione non mi regalano un po’ di sonno ristoratore. Il giorno dopo mi ripasso tutto il testo di Shakspeare, ma ogni tanto mi interrogo sul mio domani. Alla fine di una giornata alquanto tormentata ho preso la mia decisione. Il mondo è pieno di attrici che devono il loro successo al fatto che hanno allargato le cosce al personaggio giusto. A me Massimiliano T. piace (professionalmente parlando), è una persona che mi può insegnare moltissimo, e poi . . . non è stato così antipatico trovarsi a così stretto contatto. Perché dovevo privarmi di una esperienza che comunque avrebbe arricchito il mio bagaglio recitativo? Fu quindi con questa ritrovata serenità che dormii profondamente prima dell’audizione decisiva.
Il giorno dopo salutati zii e cugini mi lanciai nell’odissea di raggiungere il teatro con i mezzi pubblici. Con me il fido zainetto con il copione e le calzamaglie e le T-shirt. Puntuale mi presentai al portone dell’ingresso artisti e fui mandato subito in platea. Il palcoscenico era cambiato rispetto al primo giorno di prove. Oltre al balcone si trovavano alcuni scenari, una dormeuse, un tavolo con alcune sedie.
Su una di queste si trovava Massimiliano che senza neanche girarsi mi disse “Ciao Giulio. Cambiati pure qui che cominciamo subito.” Un respiro profondo (hai un bel dire che sei disposto a farlo quando è il momento è sempre dura!) e mi tolgo pantaloni e camicia e indosso la calzamaglia e la T-shirt. Massimiliano in tono duro mi dice “Devi indossare solo la calzamaglia e la T-shirt! Niente orpelli come mutande o canottiere!”. Arrossendo mi denudo il torace e indosso la maglietta bianca, metto poi in mostra le mie grazie più profonde prima di reindossare solamente la calzamaglia. Il regista, che mi ha guardato e soppesato apertamente, si avvicina e comincia. Mi fa lavorare su molte scene e interpretare vari personaggi. E’ un piacere ascoltarlo o vedere come ti presenta il tuo ruolo interpretandolo prima di te: è una persona di una cultura immensa, che ha una sensibilità molto spiccata per capire le persone. Mi rassereno e lavoro con attenzione. Dopo due ore se ne esce con un “Bene! Ora facciamo una pausa”. Ci stiriamo i muscoli per far sciogliere la tensione. Mi offre da bere un po’ d’acqua e poi mi invita a sedermi sulla dormeuse. Sono stanco ma felice. Lui continua: “ Quindi nel recuperare la forma antica devo avere tutti attori maschi perché ai tempi di Shakspeare le donne non potevano recitare in pubblico.” “Forse anche per questo nei suoi testi non mette mai scene esplicite di sesso” dichiarai io. Lui di rimando “No. Era dovuto alla cultura di allora che evitava di esprimersi in tal senso. Ad esempio prendi la scena VI in cui Padre Lorenzo sposa i due amanti. L’autore se la cava portando fuori dalla scena i due sposi e non facendo vedere che celebra il matrimonio. Ma a quei tempi celebrare il matrimonio voleva dire anche consumarlo e io vorrei proprio aggiungere a questa scena anche la celebrazione e la consumazione del sacramento!” Da sciocco me ne uscii con “Ma come conta di fare” Con un sorriso mefistofelico e gli occhi brillanti mi disse “Perché pensi di non poterla recitare quella scena?” Deglutii e gli risposi “No. Solo che Giulietta è una quattordicenne, non sa nulla di queste cose, mi chiedevo solo come faceva a partecipare” (oddio guarda dove mi sono andato ad infilare con i discorsi!). “Sicuramente è Romeo che prende per mano Giulietta e l’accompagna lungo il cammino della scoperta del nuovo piacere! Vieni che proviamo!” Non era un invito era un ordine, o almeno così lo interpretai. Max mi sciolse la coda di cavallo dei capelli e accarezzandomi il viso portò il suo volto a contatto con il mio “Prima Giulietta cede ai suoi baci e alle sue carezze” così dicendo cominciò a succhiarmi il lobo dell’orecchio, poi passò alla bocca dove ci perdemmo in un bacio umido e profondo che mi lasciò senza fiato. Le sue mani correvano sotto la maglia fino ai miei capezzoli che vennero carezzati e pizzicati. Poi fu il turno della maglietta di sparire dalla scena, unita alla sua. “Romeo ora passa a baciare il corpo di Giulietta “ E dopo aver detto queste parole le sue labbra e la sua lingua cominciarono a percorrere lunghe strade sul mio torace. Avevo gli occhi chiusi e la pelle d’oca. Mi piaceva e al tempo stesso ero turbato perché le convenzioni morali non si cancellano con un atto di arbitrio dell’intelletto. Il pizzetto faceva da apripista procurandomi un leggero solletico, poi le labbra e lingua passavano a sedare questo solletico e volte anche a succhiare la mia pelle, specialmente nei punti più delicati e sensibili, negli anfratti e nelle pieghe del corpo. Le sue mani mi avevano sfilato la calzamaglia e, con questa operazione, avevano anche liberato il mio uccello che stava gridando ai quattro venti il suo apprezzamento per la situazione. Passarono poi a carezzare le gambe ed in particolare le cosce, prima sul muscolo poi all’interno, risalendo quindi verso il mio uccello. “Dopo essersi denudati, Romeo si dedica al punto massimo di piacere della sua Giulietta”.
Ormai stavo ansando travolto dal piacere e dall’insolita situazione che mi trovavo a vivere, volevo contraccambiare ma non sapevo come fare poi due pensieri mi si affollarono (devi essere come sarebbe Giulietta e pensa a tutte le attrici che devono la loro carriera al letto!). Lasciai che Massimiliano facesse del mio corpo quello che desiderava e mi posi in una insolita posizione ad ascoltare ed assecondare i movimenti e i desideri del mio “Romeo”. Egli stava baciandomi le palle, dopo aver leccato l’asta del mio uccello, e con la barba stava stimolando l’interno delle cosce. Allargai le gambe e le sue mani mi spinsero in fuori le chiappe per favorire la sua lingua alla ricerca del mio buco.”Giulietta, mia Giulietta, preparati a ricevere il tuo Romeo dentro di te” Erano parole pazzesche che mi stavano arrapando e facendo immedesimare sempre più nella parte. “Dovrai lasciare che prima la mano poi il mio corpo caldo si insinuino in te facendoti conoscere quello che non hai mai provato prima di allora”. Mi sembrava di impazzire dal piacere; nessuna ragazza mi aveva mai baciato lì e quello che sentivo erano scariche elettriche che corto circuitavano il mio cervello sulla posizione di piacere massimo. Lo sentii armeggiare con le mani distanti dal mio corpo poi il suo dito medio si posò, umido di crema, sul mio buchino e cominciò un lento massaggio circolare teso a distendere la pelle d’ingresso. Avevo delle contrazioni istintive ma non ero stato ancora violato, cercai di rilassarmi con un respiro profondo che però assomigliò ad un rantolo di piacere (e forse lo era), il suo dito ora stava cercando con il movimento circolare di sforzare l’apertura dell’anello e si doveva scontrare con la mia verginità e con le mie contrazioni. “Spingi in fuori e poi rilassati” mi sussurrò il mio Romeo; feci come mi disse e mi ritrovai la prima falange dentro che cercava di spanare il buco con il suo lento ma deciso movimento. D’improvviso estrasse il dito e le mie terminazioni riconquistarono la posizione iniziale, lasciandomi al tempo stesso stremato ma insoddisfatto come se uno strano prurito all’ingresso del culo mi chiedesse (dove è finito quel bel ditino?) Ed il bel ditino, carico di crema, non si fece attendere e riconquistò in un baleno l’ultima posizione conquistata.
“Fai tu Giulietta il ritmo del tuo piacere spingendo e rilassandoti, ogni volta che vuoi che conquisti terreno in te”. Queste parole mi diedero una scarica incredibile di ormoni e di non so che altro, cominciai allora, prima lentamente poi con frequenza maggiore a spingere in fuori e poi a stringere con il condotto rettale. Ad ogni movimento il suo dito conquistava così in modo naturale centimetri nel mio intestino e quel nuovo terreno conquistato veniva adeguatamente massaggiato e lubrificato. A volte le contrazioni involontarie che mi partivano in maniera asincrona rispetto al suo incedere mi provocavano delle fitte di dolore, ma questo passava, quello che restava erano il piacere e la consapevolezza che il mio corpo era penetrato, che mi stavo donando come mai avevo fatto ad un uomo. Il mio uccello era pieno di secrezioni pre eiaculatorie, ma nessuno lo toccava e io pensai che era sconveniente che Giulietta si procurasse piacere in questo modo autarchico, perciò mi concentrai sul dito che mi stava profanando il culo, sulla bocca che succhiava il mio ombelico e sulla mano che titillava il mio capezzolino.
Alcuni minuti dopo (ma a me sembrarono dei secoli) il mio buco era tutto umido e non avvertivo più lo sforzo dell’anello sfinterico a seguito del sapiente massaggio del mio Romeo; egli passò quindi a raddoppiare il numero di dita, e in pochi minuti anch’essi, umidi di crema si installarono stabilmente nelle mie intimità e le allargarono in modo dolce ma deciso. Romeo, dopo un breve armeggiare, si staccò da me, mi fece mettere sulla schiena guidandomi nel movimento con le dita che mi governavano il culo, posò le mie gambe sulle sue spalle, continuò per pochi istanti ancora a massaggiarmi l’ingresso della mia umida grotta e poi (è il momento! Oh mio dio come farà male!) mi sentii svuotato del mio ospite. I miei tessuti reagirono istericamente un po’ riappropriandosi del proprio spazio vitale un po’ provando nostalgia dell’ospite indiscreto ma piacevole. Sentii le sue mani unte di crema allargarmi le chiappe, poi la sua cappella appoggiarsi all’ingresso. Strinsi inconsapevolmente il cancello d’accesso e ancora una volta giunse rassicurante la voce del mio Romeo.
“Guida tu Giulietta. Come sai e quando vuoi!” Con un sospiro di serenità spinsi e rilassai i muscoli fin che potei e . . . “Ahhhh!” l’urlo mi uscì spontaneo quando la cappella fece il suo ingresso nell’anello che proteggeva le mie intimità più profonde e più preziose. “Si il dolore adesso passa. Abituati con calma alla mia presenza” Accompagnò le sue parole con una carezza sulla pancia e, risalendo, sulle mie tettine. Sembrava che non gli importasse nulla di incularmi, che lui fosse solo lì di passaggio per farmi un favore. Io invece ero lì, stavo sudando e, a forza di respiri profondi, stavo prendendo atto che un cazzo non è un dito e nemmeno due. Ma la natura fece il miracolo e anche il cammello che non passava nella cruna del mio culo piano piano mi sembrò assumere dimensioni più consone (o forse fu il mio culo che riuscì ad adattarsi alla deflorazione). Spinsi e rilassai ancora e cominciò così la lenta marcia del suo cazzo duro come il marmo e caldo come lava nel mio culo vergine. Ad ogni passettino mi sembrava di aver raggiunto il limite di sopportazione, poi aspettavo e mi rendevo conto che forse potevo andare avanti ancora un po’, le pareti dell’intestino prossime all’ospite sembravano chiedere di conoscerne i contorni e le pieghe più intime, e allora spingevo e stringevo con i miei tessuti e lui mi invadeva sempre di più.
Infine sentii che era arrivato in fondo, le sue palle sbatterono contro le mie chiappe e lo ebbi tutto dentro. Chiusi gli occhi come quando si è raggiunto un risultato faticoso e poi volli conoscere a fondo il mio ospite. Strinsi lo sfintere e i muscoli intestinali più volte a cogliere le venuzze e i contorni nodosi della mazza che mi stava devastando dolcemente le viscere. Massimiliano dopo qualche istante si chinò sulla mia schiena a baciarmi sulla spalla sussurrando “Grazie Giulietta”. Ma facendo così lui uscì a metà! Mi sentii svuotato e privo di qualcosa che mi rendevo completo, un tutt’uno con l’uomo che mi stava possedendo. Istintivamente contrassi i muscoli a catturarlo e . . . lui si fece catturare tutto con maggiore frenesia. Cominciò allora il gioco del dentro e fuori, del riempirmi tutto e dello svuotarmi e poi, pian pianino riempirmi nuovamente. A volte le mie contrazioni non erano a tempo con lo spingere di Massimiliano e allora il dolore attraversava come una scarica la mia spina dorsale per trovare rifugio in qualche meandro del cervello, da dove veniva poi rapidamente scacciato dalla sensazione di piacevole pienezza e di armonia del movimento.
Sentivo che Massimiliano era oramai sull’orlo dell’eiaculazione, ma non aumentava di troppo il ritmo riusciva a controllarsi oppure voleva una scopata molto soft (forse per rispetto del mio culetto vergine e di questo gliene fui grato). Cercai di assecondarlo accelerando io le contrazioni che favorivano il su e giù ed in questo mi sembrava ancora una volta che non ce l’avrei fatta a resistere. Allora urlai “Dai. Vieni, vieni o mio Romeo” “Si Giulietta si! Siiiiiiii!” I suoi ultimi colpi furono violenti e accompagnati da una sensazione di caldo nell’intestino: era la sua sborra che mi stava inondando il condotto rettale. Restammo quindi immobili, Massimiliano svuotato col il cazzo che cercava di tenere occupato il suo premio anche se la tensione lo stava abbandonando, io che con le mie contrazioni salutavo il mio ospite che si stava preparando al congedo dalle mie viscere.
Qualche minuto dopo ci separammo distendendoci l’uno di fronte all’altro sulla dormeuse. “C’è dello scottex dalla tua parte me ne passi un po’?” Mi chiese. Mi girai e ne presi alcuni fazzoletti e gliene passai la metà. Con gli altri mi asciugai dello sperma che mi fuori usciva dal culo, mentre lui ripuliva il cazzo e le mani. “Grazie” mi disse e mi fissò con gli occhi attenti. Attesi un momento poi mi ricordai e sorridendogli gli dissi “Grazie a te Romeo!”. Allora un sorriso comparve sul suo volto (che bischero! Pensava ancora alla audizione. Devo ricordarmene sempre!) e lui mi disse “Ora prova tu ad interpretare Romeo!” Dicendo questo i suoi occhi non mollavano i miei quasi a volersi assicurare che il messaggio nascosto in queste parole venisse raccolto, inoltre la sua mano carezzava languidamente il suo petto e poi scendeva lungo i fianchi a toccare le sue chiappe. (Ma voleva che lo inculassi o cosa?) Mi resi conto allora che il mio cazzo, anche se completamente umido, non era ancora venuto e l’uomo che era in me voleva ora la sua parte.
Mi lanciai allora in un percorso di baci sul torace e sull’addome di Massimiliano, che si era disteso sulla schiena allargando le gambe quasi a voler dire fai di me ciò che vuoi. Ma questa volta la mia passione poté esprimersi liberamente. Dovevo solo pensare di avere una donna tutta per me, ma che dico una persona tutta per me, una persona che avrebbe riempito di piacere il mio terminale estremo! Riandai con la memoria a quello che avevo subito prima e allargandogli le cosce cominciai a massaggiare la pelle intorno al buco del culo. Mi lubrificai le dita e cominciai il massaggio pensando che quella era la sua figa, la figa della mia Giulietta (O Dio devo ricordarmi che questa è un’audizione!) “Mia dolce Giulietta lascia che il tuo sposo faccia cadere le barriere che la natura ha posto a difesa delle tue intimità e ti offra su un piatto d’argento il piacere che il nostro amore si merita” e mentre recitavo a soggetto il ruolo del romantico Romeo, le dita del Romeo porcone stavano allargando il buco umido di Max. Lui mi sospirò un “Vieni in me dolce Romeo e fammi tua!” che momenti mi fece venire. Un attimo di imbarazzo per scegliere la posizione migliore (pecorina o missionaria?) poi scelgo di affrontare la mia conquista con il metodo classico e, guardandolo in faccia e facendogli sollevare le gambe mi presento con il mio uccello all’ingresso del suo anfratto. Aspetto un attimo per cogliere il momento giusto tra le sue contrazioni e poi spingo. La barriera sembra insormontabile e allora cresce la pressione fino a che la cappella non scivola dentro l’anello sfinterico. Eccomi accomodato nelle umide viscere della mia Giulietta ma c’è ancora un lungo percorso per cogliere fino in fondo il frutto proibito. Comincio a percorrere l’intestino di Max assaporandomi ogni millimetro quadrato di tessuto fino a che l’asta non tocca con la sua base lo sfintere dilatato del regista. Mi fermo a lungo godendo della sensazione nuova, mista di piacere e di potenza, avverto l’ansimare di Max e capisco che anche per lui, come prima per me questa prova non è priva di lati positivi ed estremamente piacevoli. Mi sfilo lentamente e poi lentamente affondo: voglio “godermi” senza frenesia questa mia prima inculata maschile. Bei propositi che però durano poco perché il mio cervello si corto circuita avvertendo la pressione sempre più forte del liquido seminale nel condotto spermatico e sentendo i sospiri via via più profondi di Max e il suo implorare “Sì, prendimi Romeo!” e io non posso che capitolare “Giulietta si, mia Giulietta vengo in Teeeee!” e sbattendo forsennatamente dentro e fuori il mio cazzo nella sua “figa” fino a che il torrente di lava infuocata non invade il condotto viscerale riempiendolo all’inverosimile. Sono stremato e ansimante ma anche Max mi appare sazio e appagato e ora le sue gambe si stringono attorno al mio bacino quasi a voler godere di ogni istante di erezione residua. Restiamo così per alcuni minuti poi Max si scioglie dall’abbraccio, si prende una manciata di scottex per pulirsi il culo e, voltandomi la schiena mi dice perentorio “OK sei preso provvisoriamente perché non ho ancora deciso. Lavorerai per tutto il periodo delle prove e avrai un rimborso spese. Passa dall’amministrazione per farti dare tutti i dettagli.” “Grazie Max mi hai fatto felice” dico spontaneo e riconoscente ma lui mi fredda con un secco “Non rompere i coglioni e vai fuori dalle balle che devo lavorare!”. Avvilito e sconvolto del repentino cambio d’umore mi allontano verso l’amministrazione dove troverò quanto meno risposte alle domande più prosaiche.

Di Ettoreschi [email protected]
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