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Gay & Bisex

L'attor giovine 1 la determinazione


di Ettoreschi
02.07.2009    |    11.278    |    0 6.9
"Cercai una crema, mi sedetti sul bidè dopo essermi tirato giù pantaloni e mutande, e con il dito indice pieno di crema per il viso cominciai ad accarezzare..."
1 Introduzione: la determinazione

Oh quanto desideravo lasciare il mio paese, la mia povera famiglia, il mio destino segnato da un futuro di sacrifici e povero di soddisfazioni e di soldi. Una passione mi divorava: la recitazione! Fin dai tempi dell’asilo mi ero applicato e oramai non potevo rinunciare al brivido che viene dal calpestare la scena mentre senti il pubblico che tu riesci a incantare e trascinare in un universo di fantasia . . . . e ti senti il pifferaio magico!
Ma a 24 anni non si può più scherzare. O si prende la palla al balzo e si cerca di fare quello di cui uno ha la passione o ci si adagia per sempre in uno squallido e anonimo futuro fatto di fatica, pochi soldi, il bar e la frustrazione.
Per questo motivo diventavo ogni giorno sempre più nervoso e agitato, vedevo la vita sfuggirmi dalle mani e volevo disperatamente fare qualcosa per cambiare il corso di una esistenza segnata. Dopo il diploma di geometra nella scuola di paese avevo trovato solo posti precari da “novantista” presso i vari comuni della zona. Mi servivano quelle esperienze esclusivamente per mettere da parte qualche soldino prima di spiccare il grande passo e, per tenermi aggiornato, navigavo su Internet dal P.C. dell’ufficio. Mi fermavo spesso oltre l’orario di lavoro con il permesso dell’architetto capo e mi infilavo in tutti i siti che fornivano informazioni sul teatro, mi scaricavo testi di drammi e commedie che poi provavo a recitare a casa, mi tenevo informato su tutte le novità.
Fu proprio tramite questo strumento che un bel giorno, ormai allo scadere del mio attuale contratto di lavoro, lessi la notizia che il celebre regista attore Massimiliano T. (detto da tutti Max) stava cercando un attore giovane per la sua prossima edizione di “Giulietta e Romeo”. Ci sarebbe stata una audizione due settimane dopo al teatro XY in Roma “si prega di contattare la segreteria amministrativa al numero . . . . per accordi”.
Rimasi folgorato dall’annuncio! Era proprio ciò che volevo e decisi in quel momento che il posto di attor giovine era mio! Come potevo non far parte del cast di quella rappresentazione visto che mi chiamavo Giulio? Presi nota del numero di telefono e chiamai tutto agitato la segreteria. Una voce annoiata, dopo avermi chiesto tutti i dati identificativi e le mie precedenti esperienze, mi diede tutti i ragguagli per l’audizione: calzamaglia nera e T-shirt bianca accompagnate da scarpe da ginnastica, i titoli dei brani di “Giulietta e Romeo” che dovevo preparare, l’ora di inizio e quella prevista di audizione. Alla mia obiezione che mentre si cominciava al mattino presto la mia audizione era nel tardo pomeriggio, lei rispose “Ma cosa crede di essere l’unico che si presenta? Comunque se vuol restare a soffrire prima della sua audizione può fermarsi in teatro, ma deve rimanere nelle quinte senza farsi vedere in platea. Comunque se uno non va proprio bene lo viene a sapere subito (sentii un risolino nella sua voce), mentre il risultato finale ci sarà solo giovedì alle 16”. Ringraziai e riappesi.
Ora avevo finalmente un progetto concreto da realizzare e molte cose da fare e preparare: acquistare l’abbigliamento richiesto, provare alla perfezione i brani richiesti, trovare un posto dove farmi alloggiare a Roma, raccogliere il maggior numero di informazioni su Massimiliano T., sulla sua visione del teatro, ecc. ..
Galvanizzato tornai a casa dove i miei ascoltarono rassegnati le novità e poi cercarono nella loro sostanziale bontà di accontentare questo loro figlio un po’ “pazzo” che voleva a tutti i costi provare la grande avventura. Mi diedero la loro benedizione anche se si leggeva in faccia il dispiacere che provavano per me e per le mie aspirazioni che, secondo loro, sarebbero state distrutte dall’amara realtà.
Mia madre mi disse che avrebbe cercato di convincere suo fratello,mio zio Arturo, ad accogliermi nella sua povera casa della periferia romana per qualche giorno durante l’audizione. Io dissi che, poiché l’audizione era il lunedì, dovevo arrivare da loro il sabato per girare un po’ la città e vedere come erano i trasporti per giungere a teatro in tempo, e che mi dovevo fermare fino a giovedì. Corsi fuori per recarmi dal negozio di abbigliamento non lontano da casa alla ricerca della calzamaglia. Ne presi due (perché non si sa mai) ed una sola T-shirt bianca (a casa ne avevo già una che avrei fatto lavare e stirare come se fosse un capo di alta moda).
Tornato a casa mia madre mi disse che lo zio Arturo mi avrebbe ospitato in un letto pieghevole che teneva nell’ingresso della sua piccola casa ma che aveva bisogno di un “contributo” per le spese di vitto e alloggio; aveva concordato 100 euro. Mi chiese “Ce li hai?” Per fortuna i soldi che avevo messo da parte mi sarebbero bastati. Lei mi abbracciò e mi disse “In bocca al lupo! Comunque vada ti vogliamo bene”. Ringraziai anche mio padre che aveva un po’ gli occhi lucidi e dissi “Non vado mica al macello! Vado solo nella grande e tentacolare città cattiva, quella che inghiotte le persone che si avvicinano a Lei e non le risputa più fuori!”. La tensione si allentò su questa mia battuta.
Mi dedicai praticamente a tempo pieno a provare e riprovare i brani indicati e a raccogliere il maggior numero di informazioni sul regista. Quello che scoprii sul suo percorso artistico mi inquietò un po’, ma, dal punto di vista teatrale, mi affascinò al tempo stesso. Massimiliano T. era stato allievo del grande Corrado P. e fin da giovane aveva colpito il pubblico e la critica con il carisma della sua recitazione e alcune audaci intuizioni registiche.
Non ancora trentenne si era cimentato nella regia e aveva portato in scena alcuni liberi allestimenti tratti da testi classici di Pirandello e di Shakspeare basandosi sul presupposto di “adattare i classici alla realtà odierna”. Questo percorso era culminato 6 anni prima in una edizione di “Romeo e Giulietta” che aveva scandalizzato ma al tempo stesso consacrato nell’empireo dei grandi il regista e attore. L’allestimento prevedeva gli attori in scena vestiti solo con calzamaglie color carne. Tutti i ruoli venivano interpretati da maschi e Romeo abbracciava Giulietta da dietro simulando atti sodomitici.
Dopo quel grande successo tutte le sue rappresentazioni avevano sempre suscitato scandalo ma al tempo stesso avevano richiamato grande pubblico ed erano quindi stati successi commerciali. Ora la sua poetica teatrale lo stava portando a “ . . . collocare i classici nel loro tempo adattando i contenuti e non le forme alla lettura della realtà odierna. … “. (Mah che cavolo vorrà dire?).
Massimiliano T. era inoltre sostenitore del metodo Stanislavskij, della capacità degli attori di assumere ruoli diversi, del fatto che un attore doveva indossare al 100% “. . la pelle, le sembianze e l’anima del personaggio che interpreta. . .”
Leggere queste notizie mi fece dare un’attenzione particolare alla mia preparazione dei brani che dovevo recitare. Erano tutti i brani con Romeo e Giulietta: la scena del bacio, quella del balcone e quella del terzo atto con la nutrice.
Mi resi conto che il regista avrebbe voluto vedere che l’attor giovine sapesse recitare in tutti i ruoli, nutrice compresa. Mi dedicai quindi a preparare con attenzione tutte quelle scene a portare a memoria le frasi e i tempi, a studiare i gesti. Poi li ripetei cercando di pensare di essere nella “pelle, nelle sembianze e nell’anima” dei personaggi.
Guardai con occhio critico il mio fisico. Non ero molto alto (poco più di un metro e settantacinque), non magro ma nemmeno sovrappeso, poco peloso, l’unica concessione erano i capelli che avevo lasciato crescere e che tenevo raccolti a coda di cavallo. Pensai più volte se tagliarli o meno. Poi giunsi alla conclusione che qualsiasi fosse il personaggio che avessi dovuto interpretare andavano bene e allora me li lasciai.
Ogni tanto mi fermavo e mi confermavo nella determinazione: dovevo avere quel posto a qualsiasi prezzo! Per me era diventata oramai una ossessione cercare di andare via dal mio paese e di riuscire nella carriera di attore. Ma quanto sarei stato disposto a pagare per il mio sogno? Da quanto avevo letto non potevo assolutamente escludere che Max T. fosse gay.
Un giorno mi chiesi seriamente (ma se lui mi chiede di fare sesso con lui in cambio del posto lo faresti?) Ecco una domanda veramente tosta. Ci riflettei seriamente e poi mi risposi senza alcun dubbio (Farei anche sesso con lui). D’altra parte quante attricette dovevano il loro successo ad uno spregiudicato gioco di gambe e di figa?
Ma essermi dato quella risposta sincera mi pose un altro problema: non volevo arrivare “impreparato” all’ipotetico evento come non volevo essere impreparato al provino, quindi dovevo esercitarmi. Mi chiusi in bagno e cominciai a pensare a cosa mi poteva toccare: fare una sega, fare un bocchino, prenderlo nel culo. Mentre la prima cosa pensavo di poterla affrontare, sulla seconda pensavo di avere qualche remora ma più che altro non sapevo come e con cosa provare. Per la terza ipotesi pensai che dovevo cominciare ad abituare il mio buchino ad ospitare. Cercai una crema, mi sedetti sul bidè dopo essermi tirato giù pantaloni e mutande, e con il dito indice pieno di crema per il viso cominciai ad accarezzare l’ingresso del mio buchino. Avvertivo contrazioni istintive ma colpo dopo colpo sentivo che la rosetta si stava aprendo e quindi provai a spingere ma fui respinto da una contrazione più forte. Rimasi lì a girare un po’ attorno allo sfintere e poi riprovai a penetrarlo e questa volta la prima falange fu accolta nell’ingresso del culo. Rimasi indeciso su come proseguire, decisi quindi di allargare l’ingresso con movimenti circolari.
Sorprendentemente l’anello sfinterico accettava questo spanamento senza avvertire dolore come temevo. Proseguii con il mio accarezzare ritmico e circolare avvertendo le tensioni dell’imbocco all’intestino attenuarsi progressivamente. Dopo qualche minuto percepivo un certo languore e provai a introdurre anche il medio assieme all’indice. Sentii che i muscoli a protezione del mio gioiellino cedevano dolorosamente alla penetrazione e arrestai la introduzione dopo che le prime falangi si erano inserite. Passato qualche istante avvertii delle contrazioni che attenuandosi cominciavano a dare il ben venuto al nuovo ospite e quindi ripresi a muovere le dita circolarmente.
Chiusi gli occhi e immaginai di interpretare una parte in una commedia: l’uomo violentato e posseduto contro la sua volontà. A questo punto aggiunsi anche l’esercizio di fellatio e mi ficcai in bocca tre dita dell’altra mano e cominciai a succhiare come se stessi sbocchinando uno dei miei violentatori. Ma la cosa che più mi sconvolgeva fu che il continuo titillare nel mio culo non mi causava dolore ma anche un leggero e continuo illanguidimento. Continuai per alcuni minuti sostituendo il movimento circolatorio a quello di penetrazione dentro e fuori fino a che alcune gocce di liquido pre spermatico apparvero sulla punta del mio uccello. A quel punto interruppi la deflorazione del mio buchino e impugnai l’asta e cominciai una sega che terminò con una sborrata davvero notevole.
Nei giorni successivi continuai in maniera sistematica a provare e riprovare sia le parti di Giulietta e Romeo che gli esercizi di preparazione del mio culo alla eventuale penetrazione e della mia bocca alla ciucciata di un cazzo.
Arrivò in un baleno il giorno di partire e mi sembrava di non aver ancora preparato a sufficienza le parti. Abbracciai i miei e salii sul treno diretto verso la capitale. Dopo oltre due ore di viaggio giunsi a Termini poco prima di mezzogiorno. Senza neanche mangiare volli recarmi subito al teatro. Lo guardai e girai intorno all’isolato e cercai di ricordarmi tutto il circondario perché volevo che quello diventasse il mio posto di lavoro!
Mi recai dopo alla casa dello zio Arturo e della zia Gisella. Fu un’odissea. Dovetti prendere la metropolitana fino quasi al capolinea. Poi un autobus e infine un altro autobus ancora fino al capolinea. Lì mi aspettava uno spettacolo di periferia urbana frutto di recente urbanizzazione selvaggia. Camminai con il mio borsone sotto il sole di giugno e raggiunsi infine il condominio degli zii.
Fui accolto dalla rassegnata soddisfazione dei parenti che non possono nascondere, a causa della loro generosa ospitalità, la realtà di una onesta miseria. Mio zio fa il muratore, mentre la zia fa pulizie nelle case. Dei due figli uno aveva scelto di fare il militare e a fatica era entrato nel corso sottoufficiali, mentre l’altro era in attesa di far parte dei vigili del fuoco.
Ero oggetto di curiosità perché volevo intraprendere una carriera che non rientrava nemmeno lontanamente nelle loro prospettive. Fui oggetto di un bombardamento continuo di domande che si calmarono solo a sera quando preparammo il letto contenuto in un mobile dell’ingresso che assomigliava ad un comò.
Passai la domenica a ripassare mentalmente le parti e a fare le prove di percorrenza dalla casa degli zii al teatro. Ci volevano quasi due ore! Mi sarei alzato all’alba, ma perlomeno non avrei disturbato nessuno perché anche i miei parenti dovevano fare lo stesso.

Di Ettoreschi [email protected]
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