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Gay & Bisex

cognati al mare 4


di ettoreschi
10.06.2008    |    19.548    |    0 8.4
"Mi sento scosso da questa esperienza ma i miei pensieri sono interrotti da una carezza di Guido..."
4 Io, donna

La mattina cominciò in maniera normale. Ci alzammo con calma, la stanchezza per le nostre evoluzioni del giorno prima pesava, ci lavammo, sbarbammo e facemmo le nostre cose senza fare alcun riferimento a quanto successo. Solo quando uscimmo dalla pensione per recarci a casa delle nostre mogli Guido si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò “Preparati per bene, perché oggi pomeriggio ti riempio con tutto il mio desiderio”. Rimasi colpito dalla frase ma cercai di scherzarci sopra “E cosa dovrei fare per preparami bene? Un clistere?” “Perché no? Così scivolerò dentro meglio e ti farò godere come una cagna in calore!”.
Feci un gestaccio ma quello che mi aveva detto mi ronzava nella testa. Facemmo colazione con le nostre famiglie e fu un periodo di tregua per la mia mente. Quando venne l’ora di andare al mare inventai una scusa per trattenermi. Attesi di vedere tutto il gruppo, suocera compresa, girare l’angolo in fondo alla via e poi corsi in bagno. Rovistai nell’armadietto fino a che trovai quello che cercavo: una pompetta per il clistere. Feci scorrere l’acqua fino a che divenne calda ma sopportabile, riempii la pompa, presi un asciugamano e lo distesi sul divano distendendomi poi sul fianco. Con pazienza cercai di inserire delicatamente la cannuccia nell’ano. Nonostante ieri avessi accolto volentieri due dita, oggi la cannuccia sembrava essere un oggetto più fastidioso ed ingombrante. Mi misi calmo e lentamente la infilai tutta. Quando l’ebbi dentro, mi ritornò il ricordo di Guido che mi ravanava il culo facendomi godere da matti.
I brividi mi scuotevano tutto mentre lentamente versavo il caldo liquido nel mio intestino, ma non era questa operazione infermieristica che causava questa impressione. Erano le immagini e le sensazioni di quello che avevo vissuto e di quello che avrei provato che percuotevano l’anima. Con questi pensieri nella mente attesi paziente che il liquido facesse il suo effetto e quando avvertii gli stimoli cercai di controllarli fino a che non sentii gli intestini scoppiare e allora corsi in cesso a scaricarmi. Attesi che le viscere si ricomponessero dopo la traumatica evacuazione, mi pulii, mi lavai e corsi in spiaggia.
La mattina trascorse tranquilla come il giorno precedente fino a quando le donne si ritirarono con i bambini lasciando i due cognati sui lettini a prendere il sole. Ieri i discorsi di Guido avevano creato le premesse per un giochino che era poi scivolato sempre più senza controllo nel baratro della passione pura, scevra di ogni sentimento ma ricca di sensazioni piacevoli e anche sconvolgenti. “Chi sono veramente io? Sono l’essere polimorfo che si sta definendo? Oltre al marito, al padre, al lavoratore, c’è uno scopatore di uomini, un bocchinaro e forse …” Ancora un senso di vertigine. Guardo verso Guido e vedo che si sta lisciando l’uccello da sopra il costume. Ripenso a quell’uccello che ho accarezzato, che ho tenuto in bocca, che amorevolmente ho fatto venire, ricordo le sue venuzze, il canale del glande, le borse dei coglioni rugose e con qualche pelo, penso che fra qualche ora lui vorrà violare le mie intimità …
“Dai andiamo a farci un bagno mia cara!” Trovo lo spirito di rispondergli a tono “Ma cevto mio cavo stvonzo!” e ci avviamo correndo verso il mare schizzando dappertutto appena entrati. Ci lanciamo nell’acqua che ci appare fredda e con poche bracciate raggiungiamo l’altezza dove il giorno precedente abbiamo giocato a passarci in mezzo alle gambe. “Dai apri le gambe che ti prendo!” Mi fa Guido. Mi posizione a pochi metri da lui e apro le gambe come ieri, ma oggi sento il mio corpo in modo diverso da ieri, sembra quasi che la mia sensibilità abbia acquisito un ordine di grandezza in più. Sono consapevole di ogni centimetro del mio corpo e il punto di comando di tutto questa rete nervosa e posizionato dentro il costume da bagno alla fine delle mie chiappe e prima che inizi lo scroto.
Guido sta nuotando sotto l’acqua verso di me, mi afferra i polpacci, si gira e risale strusciandosi lungo il mio fondo schiena. Si ferma appoggiato a me e infila una mano nel costume a cercare il mio socio. “Dai, ti prego! Ci possono vedere!” “Mi sembra che gradisca invece” La sua mano scorre lungo l’asta, palpa le palle, attraverso la zona erogena del cavallo e un dito va a titillare il mio buchino “E qui sei pronto a ricevermi tutto dentro di te?” Sono snervato dall’attesa che si sta accumulando e vorrei non pensarci, ma Guido vuole caricarmi anche del piacere e della sofferenza dell’aspettare e per liberarmi di questa pressione psicologica gli dico “Ti prego smettila. Dopo ti accoglierò tutto in me” “Tutto, fino in fondo?” “Si!” sospiro.
Il tempo che ci divide dalla pennichella pomeridiana, “ma quanto dormirò oggi?”, sembra scorrere al rallentatore e non passare mai. I miei pensieri si concentrano su quel prurito che avverto nella mia rosellina, sugli sguardi di Guido, sulle mie sensazioni di ieri quando le dita mi frugavano dentro. Finalmente il supplizio termina e anche oggi tutti concordi a mandarci a dormire in pensione. Vorrei correre ma Guido sembra voler farmi soffrire l’attesa, cammina lento, si sofferma davanti a qualche negozio. Quando siamo dentro sono ora io a bloccarmi. Ora siamo al dunque e ho paura! Lui sembra accorgersene. Mi abbraccia da dietro, mi accarezza il torace, mi toglie la camicia e mi sussurra “Adesso troverai finalmente la pace dentro di te e non sarai più invidioso di quello che tu mi hai fatto provare stanotte!” Mi stringe a se, mi abbandono a quell’abbraccio e lascio che faccia lui. Mi slaccia la cintura, fa scendere pantaloni e mutande, mi stende sul letto e mi sfila completamente gli abiti lasciandomi nudo, nudo di fronte all’interrogativo che mi attanaglia “ma chi sono io?”.
Ora è nudo anche lui, si china e mi bacia sul torace, scende, gioca con la lingua dentro l’ombelico, ancora più giù, la sua lingua percorre il mio uccello che sta acquisendo consistenza, indugia sulle borse, apro le gambe, ma lui sembra cambiare idea e ritorna con la bocca sul mio ventre. Questo piacevole tormento sembra non finire mai e accolgo come una liberazione la muta richiesta di mettermi a pecorina sull’orlo del letto. Anche questa volta la bocca comincia dal batacchio che penzola in mezzo alle gambe, poi risale lungo le innervature, temporeggia a succhiarmi le palle, poi finalmente arriva lì, lì dove ora c’è il centro di smistamento di tutte le mie terminazioni nervose. La sua lingua, ora rugosa ora umida, lecca a fondo tutto l’ingresso, poi prova a entrare e ingaggia un duello con i muscoli dell’anello. Li aggredisce, li blandisce, li accarezza, li ammorbidisce e alla fine si fa accogliere dentro.
Sento nel fondo schiena il respiro di Guido e avverto la sua tensione, il suo desiderio ed è dolce, come scivolare in una vasca calda, abbandonarsi a soddisfare il desiderio di un maschio, del mio maschio “ma chi sono io?”. Ora le sue labbra a ventosa sembra che vogliano ingoiare tutto il mio buchino e vorrei perdermi. Quando le dita lubrificate di vaselina mi assaltano provo quasi sollievo e lascio che si insinuino in me. Lo fanno ma poi aspettano ammorbidendo e lubrificando copiosamente l’entrata. Il rituale che ieri ho riservato a Guido lui ora lo riserva a me e questa volta è per me una scoperta ripercorrere il sentiero che porta a superare il dolore, il fastidio e a lasciarsi abbandonare al piacere. Ho un attimo di resistenza quando cerca di forzarmi dentro tre dita. Mi sfugge un “No!”, lui si ferma e aspetta, aspetta dentro l’imboccatura, aspetta che i muscoli si adattino, che la dilatazione si svolga per via naturale, che il mio culo lo voglia accogliere. E lentamente mi avvicino al mio torturatore e lascio che anche le tre dita mi penetrino a fondo.
Penso che più di così non posso fare, che devo fermarmi, ma Guido è paziente e mi lavora sistematicamente il buco fino a che l’ipotesi di qualcosa di diverso diventa quasi un desiderio. E lui pronto a capire il cambio di sentimenti, corre ad accontentarmi. Appoggia la punta del suo uccello caldo e lubrificato al buco che fino a poco prima aveva ospitato tre dita. Si ferma mentre io allargo le chiappe ad accoglierlo di più. Aspetto di sentirmi lacerato, ma il dolore non viene, lo sento premere, ma quasi delicatamente, come volesse dire “sono qui, prendimi quando vuoi”, ma il mio culo vuole dire “ma dov’è finito l’ospite? Sono svuotato, voglio essere riempito!”. Inarco la schiena e la cappella entra del tutto “Ah!” Mi scappa un grido di dolore, ma è solo un attimo perché la penetrazione si arresta. I tessuti sembra vogliano espellere l’ospite che retrocede di qualche centimetro ma poi riprende la posizione, ancora un po’ fuori, poi dentro, come un gioco di rimpiattino. E infine quando sta riprendendo posizione mi spingo ad accoglierlo per intero nel mio intestino.
Una fitta di dolore mi attraversa per un attimo il cervello, ma poi si calma lasciando spazio ad una babele di sensazioni. Guido è dentro in me e sta fermo, mi tiene i fianchi, ma non fa ancora alcun movimento e aspetta. Attende che io mi abitui, che con alcune contrazioni faccia conoscere al mio culo ogni centimetro di quest’asta di carne calda, dura e palpitante che mi trafigge. Comincia a ruotare il bacino senza sfilare il suo “biscotto” e questo movimento mi fa rendere conto che posso fare ancora di più! Ora lo sfila a metà, ma quando le mie viscere sembra lo vogliano espellere, con una spinta riconquista il traguardo della montagna. Sono percorso da brividi. Non so se sia stato un poeta o un cantante a dire che “vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare”. Ecco io sono qui e la vertigine mi prende e ho paura di volare, no, voglio volare, volo! Il mio bacino comincia a muoversi all’unisono con i colpi di Guido, sempre più forte, sempre più intensamente, voglio averlo dentro, lo voglio tutto dentro, a percorrere il mio intestino, a riempirlo con la sua carne calda e vibrante, lo voglio in me!
Cominciamo a urlarci reciprocamente il nostro desiderio “Dai prendimi, così” “Eccotelo, tutto per te!” “Fottimi, fottimi, ti prego!” “ma che cazzo sto dicendo!” Oramai sono lanciato e volo sopra pendii inesplorati e straordinariamente piacevoli. Quando la sincronia dei movimenti si interrompe avverto qualche fitta di dolore ma la sensazione dominante è quella della pienezza che voglio godere appieno e fino in fondo. E Guido spinge fino in fondo il suo cazzo ormai incandescente dal desiderio e io mi abbandono a lui, alla mia e alla sua bramosia! Afferro il mio uccello e lo stringo alla base, non sto neanche segandomi, è il movimento stesso che lo sta facendo. Schizzo travolto dal piacere mentre le mie viscere vengono inondate dal caldo liquido di Guido. “Ah! Sì!”. I nostri respiri sono rantoli, poi si normalizzano. La bestia che ho accolto in me riacquista dimensioni più consone e i muscoli lentamente riprendono le loro dimensioni. Mi stendo sul fianco con le gambe piegate e la mano sul culo a trattenere la fuoriuscita dello sperma.
Mi sento scosso da questa esperienza ma i miei pensieri sono interrotti da una carezza di Guido. Lo guardo interrogativo. “Lo sai che ti invidio un po’!” Ora capisco cosa voglia dire, lo avvicino a me e ci baciamo. Un bacio languido e rilassato come il rilassamento che sta avvolgendo il nostro corpo dopo le tensioni di qualche minuto prima. La mia mano accarezza lentamente il suo torace, il ventre e in fine l’uccello che ora riposa contento ma che prima mi ha reso donna!
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