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Gay & Bisex

Cognati al mare 7


di ettoreschi
16.06.2008    |    12.949    |    0 8.0
"E Marco lo aveva capito e anche lui lo desiderava..."
7 Nove mesi dopo

A Natale c’erano stai dei messaggi di auguri reciproci, poi, a febbraio, mi dissero in ditta che dovevo andare a fare un corso di formazione a Bologna, tre giorni e tre notti nella città “La Dotta”, ma soprattutto tre giorni e tre notti nella città di Marco. Quando realizzai che avrei potuto rivederlo mi feci tornare in mente tutti gli istanti passati insieme, la scoperta di nuovi orizzonti che avevo toccato soprattutto con lui. Mi chiesi se avessi voglia di rivederlo. Con Barbara andava molto bene dal punto di vista sentimentale e familiare, dal punto di vista sessuale invece i nostri rapporti, vuoi per il peso dell’allattamento o per i cambiamenti indotti dalla maternità, non procedevano con la stessa intensità e la stessa frequenza di prima. Allora alla domanda se avessi voglia di rivedere Marco mi accorsi di voler rispondere solo “Sì!” Completamente, risentivo in me la sensazione che il suo cazzo che mi scavava nelle viscere profonde mi lasciava, pensavo all’odore della sua pelle, all’afrore del suo culo mentre lo leccavo, all’intensità dei baci scambiati, alla piacevole consistenza del suo uccello tozzo e grosso. Ma lui, avrebbe avuto voglia di vedermi? O non sarebbe stato troppo distratto dalle sue avventure di scapolone di ritorno? Gli mandai un sms per sentire se potevo disturbarlo al telefono. Non passò un minuto che il cellulare cominciò a squillare, era lui. Ero in ansia come una ragazzina al primo incontro con il suo amore e risposi. I saluti, come va e le solite cazzate, mi disse che aveva proprio piacere di sentirmi, che mi pensava spesso (!), a cosa doveva il piacere. Gli dissi del mio corso che sarebbe stato di lì a tre settimane e gli chiesi se aveva voglia che ci rivedessimo, magari per un aperitivo. Lo sentii ridere. “Per un aperitivo? Ma credi di cavartela con un aperitivo? Vieni nella mia città e, dopo avermi offerto il tuo culo in tutte le forme e fatto assaggiare il tuo cazzo, vuoi cavartela con un aperitivo! Come minimo devi fermarti a dormire da me!” Lo ringraziai ma feci un po’ di storie. In realtà ero contento del suo atteggiamento: era molto di più di quanto avevo anche lontanamente sperato. Lui insistette e, alla fine, cedetti. Prendemmo gli accordi “tecnici” e ci ripromettemmo di risentirci per la riconferma.
Al lavoro e a Barbara raccontai che mi avrebbe ospitato un ex compagno di Università. Passai le tre settimane di attesa ripensando ogni giorno ai lunghi momenti passati con Marco e sognando sui prossimi. Mi feci anche gli esami per l’AIDS ed erano negativi. Finalmente arrivò il martedì in cui dovevo partire. La mattina presi la mia valigia e salutai Barbara e mio figlio, andai al lavoro e poi, il pomeriggio andai a prendere l’Eurostar delle 17. Arrivato a Bologna lo cerco con lo sguardo nella calca dell’atrio. Lo vedo, mi vede ci veniamo incontro, un sorriso sui volti di entrambi, una stretta di mano che si attarda un attimo di troppo, poi Marco mi guida appoggiando il braccio sulla spalla. “Vieni ho qui l’auto” Chiacchieriamo fino all’auto e poi quando con la Mini Minor mi accompagna verso casa sua. E’ bello ritrovare una persona conosciuta e scoprire che è addirittura meglio di come ce la ricordavamo. Ma questo non fa che aumentare la nostalgia per il tempo trascorso senza frequentarsi. Mi porta dalle parti di Porta Mascarella. Casa sua è in un complesso di appartamenti che avranno una ventina d’anni e che sono sorti per gli studenti.
C’è un ampio soggiorno – cucina – pranzo, sulla destra si apre una camera adattata a studio e un bagno, il tutto si completa con un ampio terrazzo che permette di ammirare un cortile interno. Una scaletta porta al piano superiore e, mentre salgo Marco ironicamente commenta “Non vedi l’ora!”, “Stronzo! Sei tu che mi hai detto di visitare casa tua!” Ridendo, giunto al termine della scaletta, ammiro la sua camera, ampia, un grande letto matrimoniale (con sui comodini un ampia quantità di gel lubrificante e di preservativi), un armadio con le ante a specchio che rendono la camera ancora più estesa di quanto sia. Ci sono anche un bel bagno e un terrazzino. Torno giù e gli dico “Complimenti ti sei proprio sistemato bene! Quasi, quasi mi verrebbe voglia di fare qualche mese da single!” Cazzeggiamo un po’, poi Marco mi mostra un certificato medico da cui risulta che è negativo al test HIV, io gli mostro il mio, sorridiamo, quindi gli chiedo di potermi fare una doccia. Lui mi accompagna sopra, mi consegna asciugamano ed accappatoio poi serio mi fa “Senti avrei una richiesta da farti” “Dimmi” “Quando sei asciutto potresti metterti i vestiti che ti lascio sul letto, solo quelli e nient’altro?” “Beh se sono di mio gusto!” Faccio un po’ il prezioso ma sto fremendo come un bambino in attesa di Babbo Natale “Chissà cosa mi avrà preparato?”
Mi lavo in un baleno, mi asciugo, mi do una passata con il phon ai capelli, mi profumo e, curioso, esco nella camera. Sul letto troneggia una sottoveste di raso finissimo e delicato, rosa, un tanga nero in seta e un paio di auto reggenti sempre color nero. Resto perplesso, mi sento sciogliere perché questo è un segno di quanto Marco mi desideri e di “come” mi desideri questa sera. Avverto che il buco del culo mi trasmette alcune contrazioni (forse sta già assaporando il super lavoro cui sarà chiamato), ma temo che la situazione mi scappi. Avevo pensato ad una sana ripetizione di quanto avevamo passato nella riviera romagnola, ma capisco che Marco invece vuole andare avanti e percorrere nuovi sentieri inesplorati nel nostro rapporto. Mi vesto come richiesto e percepisco come una vertigine quando i tessuti morbidi avvolgono il mio corpo. Il tanga che copre a mala pena l’uccello e con la sua strisciolina attraversa le chiappe, mi causa una erezione non contenibile. Sono travolto dal piacere che mi procura il contatto e quello che mi viene dalla vista delle mie membra vestite in modo così insolito e che ho sempre ammirato in una donna. La sottoveste cade soffice a ricoprirmi appena il sedere e il bozzo prorompente sul mio davanti. Marco ha aggiunto una mascherina per coprire il mio volto. Capisco che non mi vuole trasformare in una macchietta, ma rispetta la mia mascolinità.
Avverto un languore crescente salirmi dalle parti intime, devo reprimerlo perché sento che potrei comportarmi come una troia vestito così. Scendo giù. Marco, anche lui con una mascherina e con addosso solo un boxer bianco di cotone, interrompe la preparazione della pasta e si ferma ad ammirare la mia lenta discesa. Sentire il raso e la seta fluttuare attorno a me mentre le calze mi fasciano le gambe fino alle cosce, mi rende ancora più leggera e ondeggiante al ritmo che la sottoveste imprime al mio incedere. Marco non resiste “Cazzo sei bellissimo” mi si avvicina mi stringe a lui “O devo dire bellissima?” E’ un bacio umido e profondo quello che ci scambiamo, un bacio che vuol dire molte cose, il ricordo del passato, il piacere del presente, il desiderio del futuro. Ci stacchiamo a fatica. Fissandoci a lungo negli occhi mangiamo la pasta al ragù. Quando uno di noi tira su una tagliatella come se la risucchiasse, l’altro lo osserva con sguardo complice e malizioso. La cena non dura neanche venti minuti. Siamo in piedi uno di fronte all’altro.
Ci abbracciamo, Marco accarezza la mia pelle coperta dalla sottoveste, centimetro per centimetro, assaporando il piacere del tatto fino in fondo. Il languore dell’attesa, di tutti questi giorni passati a pensare a cosa sarebbe successo, di queste stoffe setose che mi avvolgono, mi fanno sciogliere come cera fusa da un fuoco che ha covato a lungo e ora esplode. Mi stringo a Marco porgendogli il mio pube, perché la mia erezione si confronti con la sua, ma non come se si trattasse di una gara, ma come messaggio di disponibilità. Lui lo coglie e, staccando a fatica le labbra, mi sussurra “Andiamo sopra”. Lo precedo per la scala con la sua mano sul mio culo fasciato dalla sottoveste a guidarmi lungo il percorso. Leva il copriletto e la coperta, si toglie i boxer e mi getta sul letto pronto ad accogliere i due amanti. Le sue mani percorrono il mio corpo in ogni anfratto, indugiano vogliosi a cogliere il piacere del tatto nei punti più sensibili, godono della presenza della seta sotto i polpastrelli.
Mi abbandono, perché solo allora comprendo che anch’io lo volevo, volevo sentirmi donna, ancora di più di come era stato questa estate. E Marco lo aveva capito e anche lui lo desiderava. E allora i miei indumenti diventano anche strumenti di piacere reciproco che ci scambiamo. Marco mi lascia sempre addosso il tanga e lo sposta solo o per leccarmi l’uccello che sta per esplodere, o il culo che palpitante aspetta. Io mi lascio fare e lo tocco dappertutto, sulla schiena, sul culo, mi approprio del suo cazzo che non ricordavo così bello grosso, lo meno, lo lecco, succhio i suoi capezzoli. Ora lui mi sta allargando il buco con le sue dita piene di gel e sento che i mesi trascorsi hanno come richiuso una apertura che a fatica avevo costruito. Ma bastano alcune manovre appropriate del mio partner e i muri cedono, i tessuti si dilatano, assaporo nuovamente le sue dita nodose che mi frugano le intimità. Poi, lentamente come d’abitudine, si infila in me, passo dopo passo, aspettando e poi procedendo facendosi largo tra i tessuti che di volta in volta si arrendono alla sua costante avanzata.
Mi tromba con grande bravura, prima per lunghi minuti, percorre il mio canale con lentezza e intensità, quasi fosse uno scalatore che, in salita, misura ogni passo, poi, quando lo sfregamento e la lubrificazione hanno fatto delle mie interiora un condotto scorrevole e pronto, comincia a pomparmi con forza e ritmo. Con i sensi quasi accecati dal piacere che sento crescere dalle mie viscere, mi coglie solo il pensiero di non sporcare con i miei liquidi la sottoveste, la “mia” sottoveste. Impugno il cazzo bollente e lo dirigo verso il petto ansimante del mio martellatore. Con un grido roco urlo l’esplodere della mia goduria e qualche istante dopo mi sento gli intestini schizzati dal suo liquido caldo e viscido: è una sensazione inebriante che mi fa salire il cuore in gola. Con le gambe abbraccio il suo bacino quasi a non farlo staccare da me, a non lasciare che se ne esca. Lui si abbandona stremato e percorso dagli ultimi spasimi di un orgasmo che deve essere anche per lui squassante. La quiete scende lenta sopra le nostre membra e ci regala una sensazione di pace e di pienezza. Ora è bello godere della nostra compagnia reciproca, parlare, tacere, accarezzarci.
Dopo circa un’ora di coccole reciproche, colgo una luce strana nello sguardo di Marco. Sento la sua mano frugare nel mio ventre. Mi toglie il tanga ormai imbevuto dei miei e dei suoi umori, scosta la gamba e appoggia il cazzo nuovamente duro all’imboccatura del mio intestino. Come fosse una figa umida, mi infila il suo pistone nel culo e comincia a pomparmi. Come sempre armonioso nei movimenti, questa volta ci da dentro con forza. Lo accolgo travolto (travolta?) da un’ondata di sensazioni e sentimenti amplificati “Sì, dai! Sfondami tutto!”.Non c’è da spendere il tempo per la lubrificazione e l’introduzione, è come se riprendessimo un discorso interrotto dal medesimo punto dove l’avevamo lasciato. Lasciamo allora che le nostre forze si confrontino nel rendere più travolgente la cavalcata nelle mie viscere. All’improvviso colgo un’immagine negli specchi dell’armadio: io, coperta da una sottoveste di raso e da calze mentre il culo di Marco si muove per pomparmi il suo pistone nel culo. E’ una visione talmente forte che mi sconvolge e mi scatena. Mi sento porca e assatanata.
Rovescio Marco mettendolo a schiena in giù e mi inforco sul suo cazzo svettante, lucido di umori e turgido di desiderio. Assatanato comincio a muovere i fianchi e a scopare sul suo uccello segandomi contemporaneamente. Avvolto da questo vortice, il mio partner mi asseconda coordinando i suoi colpi con i miei. Travolti, continuiamo per minuti, perdendo la nozione del tempo, fino a che liberatorio, arriva l’orgasmo. Io schizzo tutto il mio liquido sulla pancia e sul petto di Marco, mentre lui mi riempie gli intestini con il suo seme caldo. Dopo questo exploit ci lasciamo dolcemente a cullare fino a che il sonno ci accoglie tra le sue braccia. E’ quasi mattino quando mi devo alzare per fare la pipì. Torno a letto e mi infilo al calduccio della posizione che avevo prima di alzarmi. Ero accostato a Marco che mi dava le spalle appoggiandosi a me. Mi accorgo che la posizione è intrigante e sta svegliando i miei istinti da “attivo”. Comincio ad accarezzare il culo di Marco, percorrendo il solco e stuzzicando il buchino. Lui mugolando assonnato piega le ginocchia favorendo così il mio lavoro di ammorbidimento dei suoi tessuti. Lavoro con diligente e sistematica applicazione, facendomi aiutare da abbondanti dosi di gel, fino a che Marco non si sveglia del tutto perché tre dita nel culo non si possono certo ignorare. Lo metto a pecorina e lentamente lo inforco fino a possederlo completamente. Avverto la tensione che l’introduzione ha creato attenuarsi e i suoi muscoli abituarsi alla presenza del mio uccello duro e svettante.
Inizio a cavalcarlo con lenta determinazione, facendo alternare momenti di frenetica penetrazione ad altri di quieta galoppata. Marco ad un certo punto accende un abat jour e quello che ci appare sugli specchi della stanza è un’immagine degna di un film porno: un uomo vestito da donna e con le gambe avvolte di sottili calze si sta inculando un maschione bello e procace. Siamo entrambi colpiti e travolti dall’impatto di questa visione e i nostri sforzi risultano raddoppiati. Per lunghi minuti io inforco con la forza del mio uccello infoiato le budella di Marco, che risponde colpo su colpo con bruschi movimenti dei fianchi. “Dai sbattimi tutto. Sfondami il culo. Chiavami!” Mi urla prima che il nostro orgasmo venga prima annunciato con grida roche, poi consumato nell’abbondanza degli umori sparsi per tutto il letto e nelle viscere del mio partner. Quando suona la sveglia e andiamo a farci la doccia insieme l’atmosfera è ancora carica delle scintille esplose tutta la notte. Finalmente mi spoglio del mio travestimento e guadagno la cabina doccia con Marco. Ci laviamo energicamente togliendoci tutti i resti di una nottata di sano sesso. Lui comincia a strusciarsi su di me e con la scusa di insaponarmi la schiena mi accarezza anche il petto addossando il suo uccello alle mie chiappe. “Ancora!” “Non dirmi che hai mal di testa!” Ridacchio e lascio correre le sue mani lungo il mio corpo. Sento il suo fiato sul collo, le sue mani, mi giro e ci baciamo ancora a lungo sotto lo scrosciare dell’acqua. E’ quasi un appuntamento per la sera. Ci fermiamo lì e ci prepariamo per i nostri impegni della giornata.

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