Gay & Bisex
L'isola 1999 4

09.05.2025 |
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"E lui non aveva ancora detto l’ultima parola..."
Il sole picchiava già forte quando Nikos gli afferrò il polso e lo trascinò fuori dal letto, senza dire una parola.Giò era ancora mezzo nudo, stordito. Nikos gli lanciò addosso una camicia leggera, senza mutande. Si mise i jeans, una borsa a tracolla, e lo fece salire sul motorino. Correvano veloci lungo una strada sterrata, tra pini e ulivi piegati dal vento, mentre l’odore dell’isola gli saliva addosso come un invito. Giò non osava chiedere nulla.
Dopo venti minuti, si fermarono. Davanti a loro, una scalinata nascosta tra i sassi. Nikos scese e prese per mano Giò con una forza che non lasciava scelta.
— “Follow me. Don’t talk.”
La discesa portava a una piccola cala segreta, protetta da rocce alte e scure. Sul lato, una fessura tra due massi conduceva a una grotta. Lì dentro il sole filtrava a tratti, disegnando geometrie impudiche sulle pareti.
Il silenzio era totale.
Nikos lasciò cadere la borsa, si sfilò la maglietta e si avvicinò a Giò.
— “You belong here now.”
E lo spinse contro la parete. Gli strappò i bottoni della camicia, gliela tolse e iniziò a leccarlo sul petto, mordendo forte. Giò gemeva, ma non parlava. Non poteva. C’era qualcosa nello sguardo di Nikos, un furore primitivo, animale, che non ammetteva resistenze.
Lo fece inginocchiare su un telo steso per terra. Lo obbligò a stare in ginocchio, con il culo in aria, mentre lui si spogliava. Poi gli sputò sulla schiena, gli afferrò le natiche e cominciò a leccargli il buco con violenza. Lo leccava, lo mordeva, lo penetrava con la lingua finché Giò non cominciò a tremare.
Poi lo prese. Di nuovo. Con rabbia, senza freni, spingendolo con la faccia contro la pietra, il cazzo che entrava in fondo come un’ancora.
— “Say it.”
Nikos ansimava. — “Say who you are.”
Giò gemeva, perso.
— «Sono tuo. Tuo, cazzo. Fottimi, ti prego.»
Un altro schiaffo. Forte. Poi un altro.
— “Louder.”
— «Tuo! Sono tuo! Usami!»
Il rumore dei colpi si confondeva con quello del mare poco lontano. Giò veniva scopato con violenza, la pelle arrossata, il sudore che gli colava giù tra le scapole. Nikos lo tirava per i capelli, gli mordeva il collo, gli sbatteva il bacino contro con forza crescente.
Poi lo girò di colpo. Gli sputò in bocca, lo baciò con foga, lo sollevò e lo fece sedere sopra di sé, il cazzo che rientrava ancora, da sotto. Giò cavalcava come un ossesso, il culo spalancato, i gemiti senza vergogna.
Finché Nikos non lo bloccò. Gli afferrò la gola, lo guardò dritto negli occhi e venne dentro, con un ringhio gutturale che sembrava uscire dalle viscere della terra.
Rimasero stesi a lungo, uno accanto all’altro, le gambe intrecciate. La luce filtrava tra le rocce, dipingendoli di oro e sale. Giò aveva ancora lo sperma che colava lungo le cosce. Non voleva pulirsi. Non ancora.
Nikos lo fissava.
— “Fall in love with me.”
Lo disse con un mezzo sorriso, ma negli occhi c’era una nota più scura.
Giò chiuse gli occhi. E mentì.
— «Lo farò.»
Ma non lo stava già facendo.
Nei giorni successivi, Giò e Nikos si videro ogni notte.
Lì, nella grotta, oppure in casa, oppure all’aperto, tra gli ulivi, sul motorino, in un campo abbandonato col culo pieno di terra e le mani sporche di sperma. Facevano sesso ovunque, in qualsiasi momento. Un sesso animalesco, sporco, affamato. Giò lo voleva sempre più duro. Voleva sentirsi annientato.
Una sera, Nikos gli legò i polsi con una corda e lo lasciò inginocchiato a letto per ore, nudo, senza toccarlo. Quando finalmente si decise, gli entrò da dietro senza avvisare, con uno schiaffo secco sulla nuca.
— “You’re just a hole, you know that?”
E Giò annuiva, col viso affondato nel cuscino, la voce spezzata dal piacere. Lo voleva così. Senza freni.
Ma poi cominciarono le domande.
— “Where were you today?”
— “Who were you talking to, that blond guy?”
— “Did you fuck someone else?”
All’inizio Giò rideva. Rispondeva con battute. Nikos lo prendeva per il collo, lo spingeva a terra e lo scopava più forte. Ma poi cominciarono i silenzi, i messaggi non letti, gli sguardi scuri. Nikos non voleva condividerlo. Né il corpo, né il tempo, né le fantasie.
Una notte, dopo aver bevuto in un bar del porto, Giò tornò tardi. Aveva parlato a lungo con un ragazzo italiano conosciuto lì, uno studente come lui. Un tipo dolce, occhi chiari, mani belle. Gli aveva anche sfiorato il ginocchio sotto il tavolo. Nulla di più.
Ma Nikos li aveva visti.
Quando rientrò, trovò la porta aperta. Entrò. Silenzio. Poi una voce alle sue spalle.
— “Did you have fun, whore?”
Prima ancora di rispondere, si sentì spinto contro il muro. Nikos lo baciava con rabbia, gli strappava i vestiti. Gli morse una spalla fino a farlo urlare. Gli diede uno schiaffo. Poi lo spinse sul pavimento e lo prese da dietro con violenza inaudita.
Giò non si oppose. Non lo fermò. Ma neanche godette come le altre volte. C’era qualcosa di diverso, più oscuro. Nikos venne dentro di lui e poi si alzò, nudo, respirando a fatica.
— “You’re mine, Giò.”
Ma Giò si rialzò piano, con lo sperma che colava lungo le gambe, e disse solo:
— «No. Io non sono di nessuno.»
E se ne andò, nudo, con i vestiti in mano, nel buio.
Fuori, il vento era caldo. Il mare nero come l’inchiostro.
Giò camminò per un po’, nudo, senza meta, col sapore di Nikos ancora addosso e il cuore completamente asciutto. Nessun rimorso. Nessuna voglia di tornare indietro. Aveva vissuto qualcosa di potente, sporco, intenso. Ma era solo sesso. Una fame che si può saziare. E poi basta.
L’estate non era ancora finita.
E lui non aveva ancora detto l’ultima parola.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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