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Un compleanno memorabile con le amiche troie


di Membro VIP di Annunci69.it LucasFromParis
26.06.2019    |    15.250    |    9 9.1
"Glielo permisi, progressivamente..."
“Vuoi passare la serata del tuo compleanno con me?” La domanda mi riempì di gioia. Perché proveniva da una persona speciale. Era Amélie, la mia donna, la mia compagna, la mia Amélie a chiedermelo. Ogni mese l’intensità del nostro rapporto cresceva. Ogni istante scoprivo nuovi aspetti di lei e ne restavo sempre più avvinto e conquistato. Non avrei mai immaginato che una donna come lei potesse diventare mia. Potesse scegliere liberamente il Lupo, fra tutti gli uomini che avrebbero fatto follie per lei; più belli, più affascinanti, più dotati. Non avrei neppure immaginato che una donna simile potesse esistere. Eppure esisteva. Avevo avuto in dono dalla vita il privilegio di incontrarla e di conoscerla.

Non fu un amore a prima vista. Prima venne l’attrazione fisica fra noi, violenta e immediata. La prima volta che posai gli occhi sul suo corpo e sul suo sorriso, timido e lussurioso, la desiderai all'istante. Fin dal primo istante il desiderio reciproco ci divorò e annebbiò i nostri sensi. Vennero i piaceri della carne, il gusto della scoperta e la voglia di spingere la frontiera della trasgressione sempre un po’ oltre. Con lei avevo intrapreso un percorso. Già esperto del Mondo del Gioco, avevo aperto le sue porte per lei. Passo dopo passo le avevo fatto comprendere che le sue fantasie potevano diventare realtà. Da molto la sua mente era popolata di desideri proibiti che quasi non osava confessare a sé stessa. Tuttavia Amélie temeva che non sarebbe riuscita a realizzarle. Temeva che il muro che le si parava dinnanzi fosse una barriera insormontabile. Mi confessò un giorno con candore “pensavo che non avrei trovato nessuno che mi volesse scopare”. La sua affermazione mi sembrò semplicemente inverosimile. Qualsiasi uomo sarebbe impazzito all'idea di montarla e godere di quella donna meravigliosa. Il blocco era una gabbia autocostruita. Bastava aprire la porta di quella gabbia. Era così facile farlo. Le dissi semplicemente che quel muro non esisteva; era simile a un’ombra, a un’illusione. Se solamente avesse mosso un passo avanti tenendomi per mano quel muro si sarebbe dissolto come fumo. Un passo, solo un passo. Un piccolo passo avanti e Amélie sarebbe passata dalla luce all'ombra. Sarebbe giunta assieme a me nel Mondo del Gioco. La guardavo dentro e la capivo meglio di quanto lei comprendesse sé stessa. Fu come portare una bambina in un negozio di giocattoli e dirle: “li puoi avere tutti, li puoi provare tutti; puoi capire senza fretta quelli che ti piacciono di più”. Lei mi ricompensò con il suo entusiasmo. Mi ricompensò con la sua curiosità morbosa di conoscere, di scoprire e di esplorare. Mi compensò con la sua lealtà. Non avrei mai avuto una compagna di giochi come lei. Non la cerco neppure. L’esplorazione nel Mondo del Gioco è solo apparentemente rivolta al mondo esterno. In realtà la vera esplorazione per ciascuno è dentro noi stessi. La sensibilità e l’intelligenza di Amélie lo compresero subito. Stare con lei fu meraviglioso fin da subito.

Poi giunse l’amore; non mi vergogno di usare questa parola. L’estrema confidenza e complicità crebbero nel tempo fra noi. Parlammo e chattammo per ore, per giorni, per mesi, conoscendoci sempre di più. Parlavamo sempre. Parlavamo di tutto. E quasi sempre vedevamo il mondo allo stesso modo. Dopo aver messo a nudo i nostri corpi, iniziammo a spogliare le nostre anime. Quanto è facile togliersi i vestiti di dosso; ma quanto è difficile togliere quelli che coprono il nostro io. Non avevo mai permesso a nessuno di guardarmi dentro così: senza barriere e senza finzioni. Con Amélie fu naturale farlo. Glielo permisi, progressivamente. Tutte le condizioni erano ormai riunite. Iniziai con l’accettare il suo amore e le sue attenzioni. Imparai a sentirmene degno. Improvvisamente, inaspettatamente dopo aver covato a lungo dentro il mio cuore in segreto, avvampò l’incendio. Violento. Incontrollabile. Ne ero pazzo. Avevo la donna che desideravo al mio fianco. Che non mi avrebbe mai limitato. Che non avrei mai limitato. Con cui avrei goduto tanto nello stare in due, che nel giocare con altri. Il rapporto era adesso meraviglioso, al di là delle mie speranze e aspettative. Per questo stesso motivo più delicato e fragile.

Amélie non era più una semplice compagna di giochi, sebbene affiatatissima. Era la mia donna. Così la sentivo e la consideravo. Avevamo (e abbiamo scelto) una strada difficile e pericolosa, l’unica che ci consente di vivere l’amore puro: quella della libertà. Non giochiamo solo come coppia. Ognuno di noi cerca di creare la situazione che possa piacere all'altro. Ognuno cerca di mettere la felicità dell’altro prima della propria. Ma accettiamo anche di poter vivere esperienza senza la presenza dell’altro. Cerchiamo di essere felici per l’altro a prescindere dal fatto di essere presenti o meno. Ci sono situazioni che Amélie adora e nelle quali io non ho un ruolo. E viceversa. È una strada maledettamente difficile. Siamo umani, solo umani dopotutto. Abbiamo sì compreso come la gelosia e il possesso siano null'altro che il frutto delle nostre insicurezze e fragilità. Sappiamo qual è la meta. La nostra meta è l’amore puro. Dannatamente ambizioso Siamo imperfetti. Proviamo i morsi aguzzi della gelosia l’uno quanto l’altro. Soffriamo. Ma non cambiamo idea. Abbiamo un equilibrio meraviglioso e instabile, che continuamente deve essere aggiustato; con il dialogo. Con Amélie si può parlare. Si può veramente parlare a cuore aperto intendo. Non come tante coppie (ne ho vissuto l’esperienza) che parlano senza ascoltarsi. Per troppe coppie il dialogo rimane sterile e vuoto. Non produce nulla. Stiamo imparando, o almeno io mi sto sforzando di imparare, a non aggredire l’altro. A riflettere bene non solo alle cose che dico, ma a come le dico. Al momento in cui le dico. A rispettare la sensibilità dell’altro. Sto imparando ad ascoltare. Ma ascoltare davvero, con il cuore e con la pancia; non solo con il cervello che tante volte inganna. Tutto questo, ne sono certo, fa di me un uomo migliore. Cado, inciampo. Faccio passi avanti e passi indietro. Però cresco e maturo come persona e come uomo. Amo Amélie anche e soprattutto per questo: lei vede e fa emergere la parte migliore di me. Non potrò mai rinunciare a questo.

Comprendete ora perfettamente che non desideravo passare il mio compleanno con nessun’altra persona al mondo più che con Amélie. Sarei stato felice anche di stare a letto con lei respirando il suo odore, soli. Ma Amélie anche lei conosceva i miei desideri e le pulsioni del Lupo. Mi preannunciò una sorpresa. Ero emozionato anche solo all'idea che lei avesse organizzato qualcosa pensando a me. Qualsiasi cosa fosse, sarebbe stato perfetto. Tutto ciò che organizzava Amélie era perfetto. Mi disse solo a quale fermata della metropolitana e a quale ora avrei dovuto farmi trovare. Giunsi al luogo e all'ora dell’appuntamento con il cuore in gola. Seguendo le sue istruzioni mi ero vestito bene, optando per un completo pantaloni e camicia. Tutto nero. La stazione di periferia era deserta. Arrivò un’automobile bianca che ben conoscevo. Si fermò davanti a me. Salii a bordo. Amélie era più bella che mai. Il suo vestito nero era perfetto con i suoi capelli biondi. Le unghie perfetta. La bocca morbida era del color scarlatto del suo rossetto. I suoi occhi ridevano dietro le lenti. Mise in moto. Non chiesi nulla. Sembrava un po’ nervosa e armeggiava con prudenza il suo telefono. Poi sorrise, finalmente rilassata e mi disse: “perfetto, sono riuscita a organizzare tutto. Avevo paura ci fossero degli assenti invece è andato tutto bene”. Il percorso ci condusse per stradine secondarie di campagna. Non avevo la minima idea della nostra destinazione. Parcheggiammo.

Davanti a noi un’insegna: “Fermento”. Era un locale di cui avevo spesso sentito parlare ma nel quale non ero mai stato. Amélie invece lo conosceva già e aveva deciso di farmelo scoprire in quel giorno speciale. Entrammo e vidi la bellissima sala da ballo che componeva la parte centrale del locale. Il soffitto era molto alto, intorno alla pista numerosi divani permettevano di chiacchierare. Sullo sfondo alcune porte conducevano alle stanze dove si svolgeva la parte più trasgressiva. Tutto il locale emanava eleganza e stile. Mi piacque al primo sguardo. La mia donna non si era sbagliata. Le proposi di prendere subito un drink. Appoggiati al bancone parlavamo complici e ci guardavano attorno. Alcune coppie erano già lì. Vidi donne estremamente sensuali ed eleganti. Qualche singolo che come sempre in queste situazioni si aggiravano impacciati senza trovare il loro spazio. Erano di troppo. Ma non se ne rendevano conto. Come sempre. In ogni caso non era un mio problema; non era mai stato un mio problema. Gli occhi di Amélie brillavano al pensiero della sorpresa che si stava per palesare.
Mi disse che non saremmo stati soli. Che aveva invitato una coppia. Una coppia che già conoscevo. Provai a nominarle alcune fra quelle che più mi erano piaciute e con cui avevo avuto più feeling. Non era nessuno di loro. Mi rivolse uno sguardo carico di malizia. Ricordo le sue parole: “se tu potessi scegliere pensando solo a te stesso, che coppia vorresti?”. D’istinto risposi per fare lo spiritoso: “beh, ovviamente una coppia formata da due donne!”.

La mia donna si allontanò. “Resta lì e non ti muovere”, mi intimò. Dopo alcuni minuti, che mi parvero eterni, riapparve. Non da sola. Con lei c’erano Messalina e Laura! Non ci potevo credere. Vennero verso di me abbracciandomi e augurandomi buon compleanno. Amélie aveva fatto centro per l’ennesima volta. Era riuscita a coinvolgere altre due ragazze nella serata. Il primo abbraccio in gruppo mi emozionò. Sentivo i corpi morbidi e flessuosi delle tre donne contro di me. Le loro mani. I loro baci. Ci dirigemmo nel giardino del club; di fronte alla piscina erano già apparecchiate alcune tavolate e prendemmo posto. Assieme a noi, una coppia e due singoli. La cena si svolse nell'allegria e nel buon umore. Eravamo lo stupore e la meraviglia di tutti. Tutti si domandavano come potessi essere circondato da un terzetto di donne belle e vestite sensualmente. Tutti mi invidiarono. Tutti compresero quanto fosse speciale la sorpresa che mi aveva preparato Amélie. Ero il centro della serata. Avevo confidenza e intimità con le due invitate e le baciai davanti a tutti. Ero felice. Ero rilassato. Tutto questo andava oltre le mie aspettative. Ed era solo l’inizio.

Tornammo nella sala dove coppie e singoli stavano già ballando alla musica che suonava coinvolgente. Non ci risparmiammo nulla. Provocavamo tutti i presenti: ci baciavamo fra noi, ci univamo in trenini gioiosi, eppure perversi. Fui invitato a togliermi la camicia; poco distante da noi, una bionda prosperosa esibiva i seni opulenti. Mi avvicinai sfacciatamente a lei e le chiesi di sbottonare lei la camicia. Lo fece sorridendo e giocai a sfiorare i suoi capezzoli con il mio petto nudo. Gli uomini soli si avvicinavano, simili a cani affamati. Giocavo con loro come un domatore. Li facevo avvicinare, permettevo loro di approcciare le mie lupe cercando di capire se potessero essere graditi o meno. Quando comprendevo che non lo erano, mi riappropriavo della mia donna, prendendola per mano e attirandola verso di me per baciarla con passione. Non avevo bevuto. La mia euforia derivava unicamente da quella situazione magica ed irripetibile. La temperatura si alzò ulteriormente quando una bellissima ragazza iniziò a ballare in una sorta di gabbia sopraelevata. Indossava solo un perizoma e si strofinava come una gatta in calore contro le sbarre. Mi avvicinai sorridendole come un lupo. Giocai con lei. Non da solo. Amélie e Messalina (Laura era dovuta andare via) si spogliarono superando ogni ritegno e timidezza. Le inviai a entrare nella gabbia! Le tre donne diedero vita uno spettacolo stupefacente. Il loro ballo sensuale era un inno alla gioia di vivere. Era un inno alla pulsione profonda e primordiale del sesso. La sconosciuta suggerì: “togliamoci tutto!”. Le mie ragazze non esitarono, ormai catturate dal momento. Apparvero le loro fighe. Rasate, perfette. Certamente già fradicie di desiderio. Alla ragazza però lo tolsi io. Inginocchiato davanti a lei afferrai l’elastico ai due lati con decisione. Centimetro dopo centimetro vidi la sua fessura mentre continuava ad ancheggiare sinuosa. Fu bellissimo spogliare così una sconosciuta!

Il desiderio era cresciuto in noi fino a diventare intollerabile. Avevamo voglia. Tutti. Avevamo voglia di sesso, di penetrazione. Avevamo voglia di godere. Ci avviammo in una delle stanze. Non permisi alla corte dei miracoli di seguirci, salvo un uomo che ad Amélie non dispiaceva e che si era comportato in modo discreto e corretto. Restò ad osservarci. Amélie e Messalina si avventarono su di me, sedute fianco a fianco. Il mio cazzo venne immediatamente coccolato. Le loro bocche erano perfettamente sincronizzate. Non era la prima volta che giocavamo in tre. Sapevamo perfettamente come farmi impazzire. Si alternavamo sulla cappella, sull'asta e sulle palle. Avvertivo la loro saliva calda colare. Mentre sospiravo chiedi ad Amélie se volesse che il singolo partecipasse. La decisione era solo sua. Quando annuì con un cenno convinto gli dissi di venire. Si sedette su uno dei divani poco distanti. Subito Amélie si accoccolò al suo fianco. Era in uno stato di eccitazione indescrivibile, quello che la fa davvero impazzire come tante volte in passato avevo avuto modo di vedere.

Mi occupai di Messalina, la mia amica speciale Messalina. Si dispose immediatamente a quattro zampe sul letto. Guardavo con la coda dell’occhio la bocca avida di Amélie sullo sconosciuto. Penetrai la mia amica come piaceva a lei. Con forza. Era da molto tempo che non mi accadeva di giocare con lei, ma la nostra complicità era intatta. Ritrovai infatti all'istante la sintonia dei miei robusti colpi che la sfondavano. La ascoltai gridare con voce strozzata la litania che ben conoscevo: “sì sì sì dai così”. Era il suo grido di battaglia e lo adoravo. Inconfondibile. Così come era inconfondibile il suo afferrare spasmodicamente il lenzuolo, segno inconfondibile del suo piacere. Amélie nel frattempo si era disposta parallelamente a noi, nella stessa posa animalesca della sua amica. Le due donne offrivano un colpo d’occhio superbo. Le loro schiene inarcate, il loro culo alzato come si deve, il viso in basso sul lenzuolo. Offerte. Vidi il nostro temporaneo amico toccare Amélie. Era così eccitata che squirtò subito. Amélie è così. La sua capacità di eccitarsi mentalmente è incredibile. Succede nella sua testa. In segreto. Il mondo interiore che la popola e che ben conosco è ricco di desideri estremi. La lunga serata, il montare progressivo della tensione erotica, l’avevano portata a un parossismo. La sua voglia era una corda tesa come quella di un violino.

Al primo tocco la diga crollò. Esplose. Esplose nei suoi schizzi divini sotto i nostri occhi. L’uomo cercò affannosamente un preservativo, temendo di certo che la sua vacillante erezione lo tradisse. Non lo trovava. Gliene gettai uno: “metti questo ragazzo” gli dissi incoraggiante. A quel punto non volevo che Amélie non ricevesse quello che desiderava. Un cazzo. Un cazzo qualsiasi. Era al punto in cui non le importava più di chi fosse. Volevo un pezzo di carne duro e caldo che le riempisse la figa. Allo stesso tempo presi possesso del culo di Messalina. Conoscevo bene quel buco segreto ed elastico. Sapevo quanto la donna amasse essere profanata lì. Quando avvertì la mia saliva colarle sull'ano non disse nulla. Sapeva. Mi conosceva. Conosceva il Lupo. E il Lupo la inculò con decisione. Il suo pertugio, apparentemente stretto, non oppose alcuna resistenza. Entrai fino alle palle godendo intensamente. Al nostro fianco il singolo durò poco. Poi si sdraiò di fronte a noi ammirando lo spettacolo.

Era il nostro momento. Era il momento di Amélie. Per nulla al mondo avrei rinunciato a possederla quella sera speciale. Lei, la mia donna. Le dovevo così tanto. Le dovevo quella serata magica. Avevo bisogno quanto ne aveva lei di connettere i nostri corpi così come erano connesse le nostre anime. Fu maledettamente semplice. Mi spostai e cambiai buco. Cambiai donna. Con assoluta sicurezza. Non potevo sbagliare. Ero altrettanto certo che Messalina non si sarebbe risentita. Fra le due amiche non c’era animosità né competizione. Penetrai anche lei. Figa e culo. Mi presi tutto. Mi presi il suo corpo. Mi presi la sua anima. Colpi selvaggi marcarono il mio possesso mentre lei gemeva e Messalina si masturbava incitandoci. Le chiedi mi metterti dietro di me. La sensazione di avere una donna dietro di sé mentre se ne monta un’altra è divina. Avvertivo il suo respiro affannoso nelle orecchie. Il suo seno premeva sulla mia schiena tesa, le sue mani mi accarezzavano i fianchi. Il suo bacino incollato al mio seguiva tutti i miei movimenti. Eravamo una scultura in movimento. Perfettamente sincroni. Perfettamente affiatatati.

C’era un solo modo in cui potevo terminare. Uno solo. Le loro teste si avvicinarono senza che dicessi loro nulla. Due paia di occhi mi fissavano. Due mani mi accarezzavano dolcemente i coglioni mentre mi masturbavo velocemente a pochi centimetri dai loro volti. La volevano. Volevano la sborra. Volevano vedermi godere. Volevano sentirmi godere. Volevano quel segno supremo di piacere maschile che ogni donna, ogni vera femmina, desidera. Ogni vera femmina (e le mie amiche lo erano, eccome!) desidera e sogna vedere l’uomo con si trova in quel momento esplodere. Vuole vederlo gridare, ansimare come un animale. Svelare la sua anima in quel momento intimo e supremo. Esattamente come ogni vero maschio desiderai più di ogni altra cosa vedere l’orgasmo della sua compagna. Non le delusi. Non le avevo mai deluse. Condivisero il frutto del mio piacere che eruttò violento ed improvviso.

Per un istante tutto fu silenzio. Solo i nostri cuori battevano forte all'unisono per poi placarsi lentamente. Avevamo, ne ero certo, offerto uno spettacolo indimenticabile al nostro amico che guardava sbalordito. Sbalordito? Sì. La mia affermazione può sembrare presuntuosa. Chissà quanti amplessi e perversi intrecci erano avvenuti in quel locale. Cosa c’era di tanto speciale nel nostro? Cosa ci distingueva da mille altri? Il senso di intimità, confidenza e unione che c’era fra noi. Le nostre aure si erano congiunte. Al di là del sesso, al di là del desiderio, al di là della passione animalesca la nostra connessione era mentale. Spirituale. Questo è raro. Maledettamente raro. Lui ne era cosciente come ne eravamo coscienti noi. Il sorriso che ci scambiammo tutti e tre non appena scese il silenzio diceva tutto. Non servivano altre parole. Il miracolo fu suggellato da quel sorriso.
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