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Il Passaggio (capitoli 12 e 13)


di Federossetta
02.12.2018    |    2.769    |    1 9.8
"Con i muscoli della faccia tirati in uno sforzo non da poco, biascicai un timido "Grazie" usando la mia voce femminile, che tanto allenato per anni..."
Capitolo 12: Regalo
Aprii gli occhi e stranamente mi accorsi che il mio "uomo" era ancora abbracciato a me. Pensavo mi avesse abbandonato per andare al lavoro senza dire niente. E invece eccolo ancora lì, assopito come un bambino tra le mie esili braccia. Il suo corpo palestrato era circa il doppio del mio e ne approfittai per toccare ancora una volta quei muscoli così ben scolpiti che per una notte erano stati miei. Fui anche tentato di scendere lungo gli addominali per cercare dentro i suoi boxer gonfi ciò che ho avuto modo di conoscere durante la nostra notte. Invece mi alzai e siccome ero solo in mutande, per lo più con ancora quelle da donna, presi una sua vestaglia e scesi in cucina.
Quando Andrea mi raggiunse c'erano ancora sul fuoco le due uova che avevo scelto per preparare colazione all'americana. Era calmo nonostante il ritardo, allora li chiesi il motivo.
"Oggi ho riferito in anticipo che sarei entrato a lavoro solo nel pomeriggio, quindi non c'è da preoccuparsi. Un socio starà coordinando i miei dipendenti."
"Oh... bene."
Ci sedemmo a tavola con i piatti davanti a noi e cominciammo a mangiare. Poi, quasi simultaneamente, rompemmo il silenzio. Gli feci un cenno e parlò di nuovo lui.
"Federico. Devo ammettere che questa notte è stata bellissima. Non sapevo se continuare questa nostra relazione, dopo che ti avevo incontrato, ma ora penso che tu sia l'uomo giusto per me. Io... Ti amo."
Boom. Senza preavvisi, come sapeva fare lui. Accusai lentamente il colpo e velocemente il mio pensiero corse ad Edoardo e alle nostre ultime vicende. Eravamo sì, amanti passeggeri ma lui sarebbe stato per sempre importante per me. Per avermi sorretto nei momenti di fatica e amato quando serviva. Sapendo che il mio desiderio non sarebbe stato quello di vivere con lui per sempre, ogni volta che stavamo insieme lo facevamo con una leggerezza non comune. Finalmente però avevo davanti l'uomo della mia vita, colui al quale mi sarei donato e avrei amato per tutta la nostra esistenza. Ogni volta che ero con Andrea mi sentivo diverso, provavo un sentimento che non avevo mai avuto modo di avere, l'amore vero e proprio.
"Andrea... È inutile dire che da quando ti ho visto in quella spiaggia, baciata dagli ultimi raggi del sole, tu sei stato al centro dei miei pensieri. Ti ho sognato giorno e notte, e quando la sera ci incontravamo, per me era come stare in paradiso."
Alzai lo sguardo, sorrideva. Appoggiò il palmo di una mano al mio mento e mi baciò a lungo. Ci staccammo, sulla lingua l'uno il gusto dell'altro. Mentre lavavo le stoviglie, lui mi guardava da dietro, palpandomi il culo.
"Lo sapevo, che sarei impazzito per te. Ti amo da morire. Vieni, voglio farti un regalo." Prese un foglio di carta da un cassetto. "Qua c'è la prenotazione per una chirurgia plastica completa, finalmente avrai quello che hai sempre desiderato."
Rimasi a bocca aperta. Lui vedendomi sorpreso mi cinse in un abbraccio e mi buttò la lingua in bocca. Però io lo allontanai indeciso.
"Non so che dire. È quello che voglio, sì, ma non me lo aspettavo così presto. Questa visita è domani mattina a molti chilometri da qua. Dovrò anche avvisare la mia famiglia magari, e non ne saranno così contenti. Mia madre mi dava gli anti-ormoni, mio padre non ne sa nulla. Andrea, ho paura." Ancora una volta diventai piccolo piccolo, schiacciato tra le sue braccia possenti.
"Per questo non posso farci niente, ma stai tranquillo che per quanto riguarda l'organizzazione ci penserò io." Poi, guardando il vuoto continuò. "Devi capire che se tu sei felice, lo sono anch'io. E se pensi che dopo questo intervento, mi piacerai di meno ti sbagli. Potrai essere ufficialmente la mia fidanzata, e girare con me senza paura di essere insultati o che altro. Il medico da cui ti manderò e tra i migliori del mondo. Verrà all'ospedale qui vicino solo per te, e io sono sicuro, che con i tuoi lineamenti femminili e le tue abbozzate curve, diventerai uno schianto." Ora mi guardava negli occhi, le sue mani sulle mie spalle. La mascella era ben disegnata sul suo viso. "Quando sei pronto chiamo Ernesto, ti porterà fino a casa tua, per mettere le cose in chiaro con i tuoi. Ti anticipo pure lo stipendio, se ti serve. Ora ciò che appartiene a me è anche tuo."
Così feci. Partii quasi subito dopo colazione. Una volta arrivato dai miei genitori, li trovai in pausa pranzo alla fabbrica dove lavoravano. Inutile dire che fu uno strazio: mio padre si incazzò con mia madre per avere sempre tenuto nascosta questo mio profondo interesse verso il senso opposto. Quando me ne andai erano ancora intenti a discutere, ma consegnai loro l'assegno come ringraziamento per l'educazione e il prezioso tempo ricevuto. Praticamente fuggii da quella penosa parte del mio passato. Chiamai anche Edoardo che non rispose, decisi quindi a malincuore di non disturbarlo dalla lunga vacanza al mare e di rinviare l'incontro a dopo l'operazione.
Infine nel pomeriggio tornai a "casa".
Trovai Andrea seduto in quello che doveva essere il mio ufficio, vicino alla sua camera. Mi diede dei lavori da fare e stette con me per tutto il giorno.

Capitolo 13: Operazione
Il giorno dopo mi svegliai presto, mi vestii con abiti da donna, presi una valigetta già preparata da Andrea con tutto il necessario, e partii accompagnato dall'autista alla volta dell'ospedale. Durante tutto il tragitto consultai il mio portfolio. Sarei stato sottoposto ad un intervento di rimodellamento facciale, con la riduzione della cartilagine tiroidea, ovvero la riduzione del pomo d'Adamo. In quanto avevo già iniziato la terapia anni prima con l'assunzione di ormoni femminili, vi era riportata una nota che garantiva la buona probabilità dell'intervento.
Se poi me la sarei sentita era prevista la vaginoplastica, che però era facoltativa.
Andrea mi aveva detto che sarebbe andato all'anagrafe quel pomeriggio, mentre io ero in sala operatoria, per cambiarmi il nome. Avevo scelto un nome diverso da quello più plausibile, ovvero il femminile di Federico. Da quella sera in poi sarei stata Sonia. Un nome diverso, per cancellare il passato e "sognare" per il futuro.
In ospedale conobbi il medico, molto formale ed educato, che mi presentò per intero l'operazione di quel giorno.
Esattamente alle 10.05 entrai in sala, per essere anestetizzato pochi minuti dopo e svegliarmi verso le 17.00. Sapevo che l'iter si divideva in un intervento durante la mattina e uno al pomeriggio, ma talmente ero stanco e teso che non mi ricordai di essermi svegliato per pranzo.
Una volta sveglia, mi guardai intorno, la testa ancora appoggiata sul cuscino. C'era una luce bianca che filtrava dalle tende della camera di ospedale e io ero l'unico presente. Non mi ricordai per quanto tempo fissai il vaso di fiori appoggiato sul comodino, ma fu veramente infinito. Secondo i piani, sarei stato dimesso la sera, per cui ricevetti la cena a letto.
"Buonasera signora" un'infermiera grassoccia mi aveva appena portato una minestra e del pane. Mi alzai con i gomiti: il mio corpo era debole, ma cercai lo stesso di muovermi, per allontanarmi dal senso di torpore che mi aveva pervaso. Con i muscoli della faccia tirati in uno sforzo non da poco, biascicai un timido "Grazie" usando la mia voce femminile, che tanto allenato per anni. Lei sistemò alcune cose e poi se ne andò, dicendomi che se avevo bisogno potevo premere il tasto di aiuto vicino al letto e lei sarebbe venuta.
Finalmente solo, ebbi la forza e il coraggio di prendere lo smartphone e vedere cosa ero diventato. Il medico aveva fatto decisamente un bel lavoro. Ora sembravo (ed ero) una femminuccia di bell'aspetto: il seno era prominente, una bella terza a vedersi, avrei controllato poi per conto mio; la faccia come pensavo era rimasta pressoché uguale, forse con gli zigomi più pronunciati. Alzai gli occhi e sospirai, ce l'avevo fatta.
Ricordandomi dei fiori, li analizzai meglio. Erano molto profumati, di una varietà particolare che non avrei mai saputo riconoscere, e vicino vi era un bigliettino. Quando finii di leggerlo, le mie esili mani tremavano, prese da un sentimento che non avevano mai provato: spavento. Il messaggio era di Andrea, si congratulava con me scrivendomi che ero forte e coraggiosa, che lui aveva proceduto con le fasi legali del mio cambio di sesso e che era andato tutto bene. La seconda parte era quella più atroce. Con ridicole scuse mi annunciava che sarebbe stato via una settimana per lavoro, che non si aspettava questa uscita e che quando sarebbe tornato sarebbe stato tutto per me.
Ero spaventata sì, perché ora ero sola nel momento più delicato della mia esistenza, a sorreggere mille sentimenti e in più l'uomo della mia vita non ci sarebbe stato.
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