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Lo Scambio


di Federossetta
21.04.2020    |    13.061    |    3 9.3
""Ok, anch'io ne sono stata felice..."
Ciao a tutti in questo periodo di pausa e riflessione ho deciso rileggendo i vecchi racconti di riunire in un blocco unico quelli che di fatto appartengono a due “romanzi” distinti, ovvero “Lo scambio” e “il Passaggio”. Quando li pubblicai tempo addietro molti mi notificarono la scomodità di leggere i capitoli uno alla volta rispetto alla storia intera ed ecco il motivo di questa mia rivisitazione.
Se ancora non li avete letti spero siano di vostro gradimento, rappresentano alcune delle mie esperienze poste in una trama idilliaca ed estremamente eccitante. Buona lettura!


Trama de “Lo Scambio”
"La storia racconta di un ragazzo bsx che si ritrova catapultato nel mondo femminile sotto i panni di una sua coetanea dalla vita sessuale molto frenetica. Dovrà destreggiarsi con il suo nuovo corpo, andando senza volerlo a scoprire sensazioni mai provate prima che lo porteranno verso il mondo trav."

Capitolo 1: Amici

Era una giornata afosa e in classe non ero l'unico che boccheggiava, nonostante stessi quasi completamente a torso nudo.
Alcune mie compagne ne approfittavano per scoprirsi e farsi vedere. Io ed Edoardo nel cambio d'ora decidemmo di uscire per andare a casa prima. Le nostre famiglie non avrebbero mai detto niente e per quanto riguardava la giustificazione necessaria potevamo cavarcela da soli in quanto maggiorenni.
Arrivammo a casa mia dove prendemmo un po' da bere e ci accomodammo sul sofà accendendo il PC.
Dalle medie eravamo soliti vedere foto o porno per aumentare il piacere durante la masturbazione.
Feci partire un video e cominciammo a segarci, prima da soli poi a vicenda finché non venimmo. Era normale per noi tutto ciò. Non provavamo niente l'uno per l'altro, il nostro era un rapporto di amicizia dove ci aiutavamo a vicenda.
Mi stavo pulendo la bocca dal suo sperma quando mi venne un'idea. Proposi di cercare il numero di una che conoscevamo di alcuni anni più grande di noi e per la quale provavamo molta attrazione.
In realtà andare a letto con lei era sogno di tutti e due da ormai tanto tempo.
Lo trovammo grazie ad un'amica e la chiamammo subito, anche se Edoardo era un po' restìo nel trattarla male.
Parlai io. Le feci molte allusioni sessuali e le diedi della puttana finché non riattaccò.
Edoardo si sentiva in colpa come non mai e mentre io ridevo prese le sue difese. "Non puoi prenderla in giro così, il suo stile di vita piace a tutti e non si merita certi insulti!" Sembrava ferito.
Ok, lo avevo ferito già altre volte, ma questa volta sembrava che avessi oltrepassato il limite. Arrivò pure a formulare una sorta di maledizione. "Spero che prima o poi te ne renda conto di quello che hai fatto. Chissà se un giorno potrai mai essere una persona migliore. Se solo ti mettessi per un momento nei suoi panni..."
Al che mi resi conto di essere davvero dispiaciuto e allora mi allungai verso di lui per provare in qualche modo a riappacificarmi. Sapevo che se gli facevo provare piacere come se fossi la sua ex ragazza, lui non si sarebbe tirato indietro. È così feci. "Edo... Dai ti prego..." Con la mano destra slacciai la cintura mentre con l'altra lo appoggiai allo schienale del divano. "Non volevo offenderti. Non lo farò mai più." Le nostre labbra si toccarono, le lingue che cominciarono a muoversi frenetiche. "Mai più" ripeté lui, ormai rilassato.
Con la lingua scesi lungo i suoi sottili ma tonici pettorali per passare sugli addominali dove lo baciai a lungo. Tolsi i pantaloni con rinnovata voga e cominciai a mordicchiare il suo pene attraverso il tessuto delle sue mutande. Lui non ne poteva più dal piacere. Con forza mi schiacciò contro la sua intimità. Gli tolsi le mutande e cominciai a succhiare a ritmo forsennato.
Con una mano tormentavo il suo ano, mentre l'altra entrava e usciva dalla sua bocca. Mi interruppe per baciarmi, allora cominciai a segarglielo. Prima con una mano poi cambiai metodo per farlo godere di più. Lo strusciavo contro il mio petto e infine lo incastrai tra il cordino della mia collana e la bocca.
Andando su e giù cominciai una piacevole sega accompagnata dalla mia lingua e intervallata dal freddo crocifisso in acciaio del mio ciondolo. Fu su questo oggetto che venne con un' ondata piena di sperma che mi bagnò tutto. Ne ingoiai la maggior parte per poi rimanere abbracciato a lui. Ci sapevo proprio fare con Edoardo e dopo anni di "allenamento" potevo dire che non aveva più segreti per me. Eravamo migliori amici e niente di più.

Capitolo 2: Denise

La mattina dopo la litigata con Edoardo mi svegliai e mi sentii in qualche modo diverso. Ero spaesato e non riuscivo ad identificarmi. Mi sentivo in un corpo non mio.
Alzai la testa dal cuscino per andare a sbattere contro una mensola che non c'era mai stata prima sopra il mio letto. Mi alzai lentamente e con circospezione e accesi la luce. Intorno a me erano attaccati grandi poster di attori famosi chi in posa e chi paparazzato a torso nudo. Probabilmente mi ero addormentato per sbaglio nella stanza di mia sorella. Nella stanza c'era uno specchio.
Con sospetto mi diressi verso di esso per vedere una ragazza bionda che mi guardava attonita. Con sgomento mi accorsi di essere in un altro corpo ma soprattutto nel corpo di Denise Melanie, colei alla quale avevo telefonato il giorno prima. Rimasi parecchio tempo fermo senza pensieri, finché una voce rude non mi chiamo dalle scale. "Deny, scendi che ci sta la scuola!" La voce era di un maschio, probabilmente il padre. Mi serviva del tempo per capire cosa fosse successo e la scuola era l'ultima cosa che desideravo. "Non mi sento bene papà, magari è meglio se sto a riposo!"
"Fai come vuoi, l'importante è che quest'anno non ti faccia di nuovo rimandare come gli altri anni. Hai promesso." Urlò mio "padre" dalle scale. Poco dopo sentii il rumore di una porta che si chiudeva e quello di una macchina che lasciava il quartiere. Solo allora mi accorsi di essere stato fermo per quasi un quarto d'ora davanti allo specchio in pigiama.
Ero curioso di scoprire cosa si nascondeva sotto il pigiama (infatti si scorgevano delle forme a dir poco mozzafiato), ma il bisogno di sapere di più su Denise Melanie prevalse. Diedi un'ultima occhiata allo specchio e vidi una giovane e attraente ragazza sui 19-20 anni dagli occhi verdi vispi e scattanti. Non era altissima ma era proporzionata ed in un'armonia di forme. Dalla scollatura a "V" del pigiama spuntava un ciondolo composto da un ovale apribile.
Dentro, una foto di una donna prendeva tutto lo spazio. Quella donna era la stessa rappresentata nei pochi quadri presenti nella scialba casa in cui Denise viveva. E come avrei scoperto in seguito era la madre, morta durante il parto della figlia. Denise era figlia unica e il padre a quanto pareva non c'era mai anche se cercava di aiutare in tutti i modi la figlia quando poteva.
La casa non era grandissima e due volte a settimana una donna delle pulizie veniva a svolgere le mansioni domestiche. Al secondo piano c'erano tre stanze: una sua, una del padre con il letto matrimoniale, e la terza che era forse per gli ospiti. Al pian terreno invece un salotto, una cucina e un bagno occupavano tutto lo spazio. Probabilmente c'erano anche una cantina e un garage nell'abitazione, ma non andai a vedere.
Solo alla fine dell'esplorazione pensai al mio corpo a chilometri di distanza. Ero forse morto? Perché la mia anima no? Abbiamo un'anima? E se c'era stato uno scambio?
Con queste domande in testa mi ritrovai seduto sul letto. Avevo già toccato delle ragazze alle feste ma qui era diverso. Ero da solo con un'intimità non mia.
La mano tremante sbottonò la maglia del pigiama per poi toglierla. Rimasi senza fiato. Dal reggiseno spuntavano due prosperose tette come non ne avevo mai viste.
Con difficoltà riuscii a togliermi il reggiseno e cominciai a toccarle. Erano sode e grosse. Scesi con la mano sulla pancia piatta fino a togliermi le mutandine. Rimasi un po' ad osservare la mia fica, ma poi non mi controllai e cominciai a toccarmi. Era una sensazione fantastica. Quella mattina raggiunsi l'orgasmo 4 o 5 volte e ogni volta colsi l'occasione per conoscermi meglio.
Se quella di essere stato trasferito nel corpo che avevo insultato poteva sembrare una punizione, io non la ritenni per niente tale.
Capitolo 3: Mattia

Al pomeriggio mi svegliai a causa di un telefono. Era sul comodino e quindi in teoria era il "mio". A chiamare era un tale salvato come "Mattia ". Non risposi rendendomi conto di non aver ancora testato il mio timbro di voce. E se non lo avevo cambiato insieme al corpo? Cosa avrebbe detto quello dall'altro capo della cornetta? Ok, mio padre mi aveva risposto senza avvertire niente, ma a quanto pareva non era molto affidabile.
Lasciai suonare a vuoto una prima volta, dopodiché presi l'iPhone e stranamente azzeccai subito la password come se la sapessi già. Probabilmente non tutto era da scoprire totalmente. Feci un sopralluogo dei contatti e riconobbi quella che doveva essere la migliore amica e molti ragazzi salvati con un cuoricino. Poi registrai la mia voce: "Sono Deny e sono porca ma figa"
Risi e sollevato sentii che la voce era femminile.
Richiamai Mattia. "Pronto?"
"Ciao Deny, allora per oggi mi confermi alle 4 a casa tua?" Di sottofondo si sentivano delle voci che dovevano essere gli amici di lui.
"Ma certo amore, la casa è libera, solo per noi due." Avevo notato masturbandomi che Denise aveva perso la verginità. E da quella conversazione capii il motivo ma soprattutto che non tutti i miei insulti del giorno prima erano infondati.
Ero eccitato.
Avrei fatto sesso dall'altra faccia della medaglia. Incredibile.
Mi lavai non perdendo l'occasione di toccarmi e mi sistemai. Trovai un girocollo di seta sottile blu con una campanellina in un cassetto che sembrava essere quello delle attrezzature delle scappatine. C'erano anche alcuni preservativi.
Aggiunsi il girocollo alle altre collane caratteristiche della mia personalità e indossai dei collant.
Alle 4 meno 10 suonò il campanello.
Alla porta si presentò un ragazzo palestrato, due volte il mio vecchio corpo e con muscoli che io appena mi sognavo. I capelli castani ondeggiavano al vento. Aveva un buon odore.
Da come ero vestita era ovvio che volevo arrivare subito al sodo. Ma lui ci sapeva fare e dettò subito le regole.
"Ciao Denise. Sei stupenda." Mi baciò sulla guancia e io ricambiai.
"Ho portato delle birre e se ti va della vodka per stasera. Mi confermi che tuo padre non ci sarà fino al weekend?" Questo non lo sapevo. Ma risposi lo stesso di sì, un po' perché ero rimasto senza parole, un po' perché se Denise "vera" gli aveva detto quello prima dello scambio, doveva essere realmente così.
E così parlammo tutto il pomeriggio, giocando un po' a carte e scherzando su di noi. Alla sera ordinammo le pizze. Il mio lato femminile era innamorato. Innamorato innanzitutto della sua organizzazione, ma anche del suo fisico e del suo sorriso.
Il mio lato maschile invece un po' ripudiava queste cose anche se si sentiva preparato a cosa sarebbe successo dopo.

Capitolo 4: Solo Un Assaggio

Suonarono al campanello.
"Vado io" dissi. Erano le pizze. Pagai e tornai in casa dove rimasi sconcertato. Mattia si era tolto tutto per rimanere in boxer. Si intravedeva un grosso rigonfiamento. Io durante le chiacchere del pomeriggio mi ero coperta di nuovo anche perché poi ero andata a ricevere le pizze.
"Hey, cosa c'è?" disse Mattia ridendo "Mi sento un po' in imbarazzo, adesso se anche tu ti spoglieresti mi sentirei meglio."
Io avevo ormai capito il gioco.
"Eh no, caro mio. Mi piace vederti soffrire. Facciamo così: ogni trancio di pizza che mangio mi tolgo qualcosa. Per rimanere in mutande e reggiseno ovviamente" risi complice e lui con me.
"Ma come è cattiva la mia Deny. Va bene farò come mi dici capitano. Ma ricordati che qua chi comanda sono io."
Sorrisi e lo baciai. Le labbra erano più carnose del mio amico Edoardo e la lingua molto più veloce. Mi piacque.
La cena continuò come avevo predetto finché non rimasi in biancheria intima. Sparecchiammo, lui che mi cercava con il corpo e io che mi allontanavo scherzando.
Ad un certo punto cominciammo a correre finché non mi prese e mi sbatté sul sofà con forza. Un gridolino uscì dalla mia bocca.
"Solo un assaggio" dissi. E cominciammo a baciarci. Dapprima ero timoroso, poi man mano presi coraggio ed arrivammo a baciarci passionatamente. Eravamo coricati sul divano, lui sopra ed io sotto, come aveva voluto specificare più volte. Non era il mio solito sottostare a qualcuno, specie nell'amore, ma la sua indole era talmente forte da lasciarmi trasportare.
Ad un certo punto scese fino alla mia vagina (depilata per l'occasione) e cominciò a leccarla. Per la prima volta mi strinsi forte le tette mentre godevo. Lui sapeva dove cercare e nonostante avessi fatto pratica quella mattina scoprii nuove cose. Una volta che la sua lingua rallentò, capì che era il mio turno. Lui si sedette e si tolse da solo i boxer. Aveva un cazzo meno lungo di quanto me lo aspettassi, 18 centimetri buoni, e per un certo senso rimasi delusa dalle aspettative, ma per larghezza superava tutti quelli che avevo visto in ogni spogliatoio della mia giovane vita.
Mi inginocchiai per terra davanti al divano e lo presi con due mani andando su e giù.
Il crepitìo del camino era l'unico rumore che si intervallava tra gli ansimi di lui e il rumore delle mie mani aggraziate contro le sue poderose palle.
Senza accorgermene lui prese all'improvviso la mia testa e me la posò sul suo cazzo turgido. Senza possibilità alcuna aprii la bocca e cominciai a succhiare. Il gusto era più buono, se mai può essere più o meno buono, di quello di Edoardo e in poco tempo presi piacere a ciucciarglielo. Non appena mi lasciò la testa, feci per conto mio, esibendo le mie doti. Feci scorrere la lingua lungo l'asta ritmicamente su e giù senza mai sfiorare la cappella. Quando vidi che non ne poteva più, non rischiai e raggiunsi il glande. Questa volta pulsava, il mio lavoro era stato fatto bene.
Per ultimo presi a succhiargli le palle, cosa che non avevo mai fatto con Edoardo.
Lui allora colse il momento per tirarmi su e mettermi a pecorina.
In quell'istante cominciai ad avere paura seriamente. Non ero mai stato penetrato da qualcuno, neanche dal mio migliore amico, infatti ritenevamo la nostra pratica non come amore ma come allenamento, visto che eravamo attratti entrambi dall'altro sesso.
Spinto da una strana determinazione lo fermai prima che entrasse in me.
Si arrabbiò e io rimasi stupito quando mi tirò uno schiaffo sonoro. Quindi il rapporto tra lui e Denise non era mai andato oltre il fare l'amore. Povera ragazza.
Sempre silenziosamente però lo feci di nuovo coricare sul divano e tirai fuori la mia "arma segreta".
Mi tolsi il reggiseno, finora rimasto in quanto mi aspettavo me lo levasse lui, e cominciai a segarlo con le tette. Il suo cazzo andava su e giù e toccava il ciondolo con la foto della madre che portavo al collo. Per un momento iniziai a sentirmi in colpa verso la vera proprietaria del mio corpo ma poi lo vidi prendere piacere e allora continuai finché non tolse lui il suo membro dalle mie tette per sbattermelo in faccia una, due, tre volte. Allora lo presi in bocca e continuando il movimento mi venne direttamente lì.
Il suo liquido sembrò sgorgare come nettare, non ne avevo mai ingoiato così tanto. Tossii e mi accoccolai vicino a lui.
"Woo, baby non mi ricordavo fossi così brava" sorrisi contento del complimento.
Guardai l'ora: 11 meno un quarto.
L'assaggio era durato più di un'ora.
Capitolo 5: Prima Volta

Decidemmo di guardare un film sul divano, nudi sotto una coperta. Il fuoco che avevo acceso nel camino solo per fare atmosfera, nonostante fosse estate, si stava estinguendo.
Verso mezzanotte chiamò mio "padre". Diceva che sarebbe stato come previsto via fino a domenica sera, quindi ancora per quattro giorni, per una serie di riunioni importanti.
Quando mi accoccolai di nuovo vicino a Mattia mi resi conto che si era addormentato. Aveva un suo fascino, così assopito.
Sollevai la coperta per sbirciare il suo cazzo moscio. Capii perché mi era sembrato più grosso, infatti da molle manteneva pressoché la stessa larghezza, sua caratteristica principale.
Ripensai a quello che avevo fatto prima, interrompendolo prima che entrasse in me con il suo possente membro. Certo, un rapporto anale con lui sarebbe stato molto doloroso, anche se non ne avevo mai fatti, neanche con Edoardo, ma nella mia fica sarebbe entrato benissimo, anzi, avrebbe toccato tutti i punti più sensibili e inaccessibili che anche io stesso non avevo ancora trovato.
Dovevo rendermi conto che ora ero Denise, una giovane prostituta che forse per soldi, forse per favori, o forse ancora solo per piacere, andava a letto con coloro che conosceva ai party o in giro e che le piacevano. Una ribelle. E come tale mi sarei comportato. Presi allora la decisione di ospitare Mattia a dormire, tanto era solo mercoledì, e mio padre non sarebbe tornato fino a domenica. La donna delle pulizie passava solo il lunedì e il sabato mattina.
Ero solo quindi con la mia intraprendenza.
Lo svegliai dolcemente poco dopo, baciandolo e mordicchiandogli i capezzoli.
"Sveglia amore. Ho una sorpresa per te."
Si stiracchiò, guardò l'ora, e si agitò "Cazzo è tardi, devo tornare a casa!"
Si alzò, ma io lo fermai: "Shhh non agitarti, prima ti faccio vedere la sorpresa, poi decidi te se andare o no."
Compiaciuto e incuriosito mi seguì nella camera degli ospiti.
Intorno al letto matrimoniale avevo messo delle lampade che avevo trovato. Era tutto molto romantico. Capì subito la mia intenzione, e siccome abitava con un coinquilino, lo avvisò con un SMS che avrebbe dormito fuori.
Presi entrambi da una voglia rinnovata, chiudemmo a chiave la porta del piano sotto e sistemammo la casa velocemente per la mattina successiva. Poi ci trovammo di nuovo nella camera da letto. Io avevo tolto i collant e il ridicolo girocollo che avevo preso dal "cassetto del sesso".
Inizialmente ci baciammo in piedi con più fervore di prima, per poi arrivare al letto già nudi. Come già sapevo dovevano precedere alcuni preliminari alla penetrazione che rispettammo con cura. Mi bagnai dopo poche leccate, e così anche lui ebbe l'asta lubrificata in poco tempo. Mi misi quindi a pecorina aspettando la mia prima inculata. Il tempo rallentò quando egli cominciò a toccare la mia fica compiendo cerchi attorno ad essa. Poi, senza preavviso, irruppe nel mio sesso. Il primo colpo fu duro e mi tolse il respiro. Neanche il tempo di riprendermi che era entrato un'altra volta, e poi un'altra, e un'altra ancora. Non riuscivo a prendere il respiro, allora iniziai a urlare sempre più forte. Durante tutta quella notte "di fuoco" le mie urla di piacere rimasero sempre, ad ogni posizione che Mattia cambiava.
Fu possente e anche un poco rude nella penetrazione, ma mi piacque come non mai e raggiungemmo più volte l'orgasmo insieme. Alla fine mi riservò due parole "Ti amo", non so quanto fossero vere ma le apprezzai, perché erano le due parole più belle che avevo ricevuto in quel primo giorno della mia nuova vita.

Capitolo 6: Vecchia Vita

Il giorno dopo mi svegliai che Mattia se ne era già andato, lasciando però delle rose e un biglietto troppo sdolcinato.
Mi alzai e mi sentii distrutto. Ero rosso nella zona vaginale e mi faceva male la schiena.
Preparai colazione conscio del fatto che ci sarebbe stata scuola, anche se non sapevo quale scuola. Per cui presi l’iPhone e mi concessi un po' di tempo con esso.
Avevo una chiamata persa da mio padre, una da un numero sconosciuto e tre da "Cati" che doveva essere la mia migliore amica.
Decisi di chiamarla per sapere almeno che scuola frequentavo.
"Pronto? Ciao Cati"
"Ehi ciao bambola, notte di fuoco vero? Mattia mi ha detto tutto, mi ha riferito che è stata fantastica. Mi racconterai tutto spero?"
"Ehm, ovvio. Però prima devo venire a scuola, ma avrei un piccolo problema... Mi sono dimenticato dove sia"
"Dimenticatooo?"
Mi accorsi allora di avere usato il maschile.
"Sì, ecco, scusa sono un po' stanca. Dove sei adesso?"
"A scuola da due ore sciocchina, ma esco lo stesso e vengo a prenderti."
"Ok grazie"
Avevo poco tempo per prepararmi. Mi sciacquai velocemente lavando via tutti i residui del seme di Mattia che in qualche modo sentivo ancora sul mio corpo, poi mi diressi verso l'armadio. Stranamente lo trovai ben ordinato, scelsi quindi un paio di leggins aderenti e un top bianco molto scollato. Non c'era una vera e propria scelta, infatti più o meno i vestiti erano tutti uguali per una mente maschile.
Mi infilai un giubbotto e aspettai appena 5 minuti che arrivò Cati.
Era molto stravagante, con i capelli azzurri, carina però e ben fornita per quanto riguardava il seno. A quanto pareva le amiche Denise le sceglieva bene.
Parlando della sera prima venni a sapere che Mattia era il capitano della squadra di calcio della città, un vero figo secondo Cati, e quella del giorno prima era la terza volta almeno che Denise lo incontrava. A sentire Cati però non c'era stato nient'altro che baci e qualche bocchino.
Quindi Denise la verginità non l'aveva persa con lui.
Ci dirigemmo verso il liceo artistico che frequentavano Denise e Cati ed entrammo per la quarta ora. Nessuno fece domande, solo saluti e felici abbracci tra compagne. Denise era una specie di divinità in quel posto. I maschi mi guardavano a lungo quando passavo, ma ricevevo anche occhiate adulatorie da femmine, sia carine che non.
Mi stavo trovando bene, ma forse solo perché non avevo ancora affrontato la mia vera vita. Durante la pausa pranzo mi chiusi in bagno e telefonai a Edoardo. Si sarebbe preso un bello spavento e io avrei di sicuro ricevuto le risposte che volevo.
"Sì...?" la voce era di Edoardo. La nostalgia affiorò un attimo tra i miei sentimenti per poi inabissarsi di nuovo.
"Ciao, sono Denise Melanie. Non so se mi conosci."
Edoardo rimase senza parole per un po'. Allora ripresi con voce autoritaria: "Sto cercando di mettermi in contatto con Federico Fermo, sai dove posso trovarlo?" probabilmente a sto punto pensava volessi prendermela per lo scherzo.
Però anziché avere paura, si innervosì: "Federico? Mi dispiace non lo troverai. Martedì notte era a casa da solo, insomma i suoi dovevano ancora arrivare, e si addormentò presto. All'improvviso prese fuoco qualcosa, non si sa bene e lui... Bè..." fece una pausa. Non credevo alle mie orecchie. "Non ne è uscito completamente incolume diciamo. Ora è in coma all'ospedale di...." Misi giù il telefono. Non ci credevo. Non poteva essere. In teoria sospettavo fosse successo qualcosa ma il coma... l'incendio... era troppo.
Fu allora che rinviai il problema pensando solo più alla divertente vita di Denise Melanie.
Capitolo 7: Festino
Il pomeriggio uscimmo dopo scuola e ci fermammo, io, Cati e altre due a fumare in un parchetto. Avevo intuito che Denise e Cati fossero state entrambe bocciate all'ultimo anno e che quindi erano più vecchie.
Stavamo parlando di colori di capelli e altre cose, quando uno dell'altra classe di quinta ci salutò con una mano e venne da noi. Quando vide una delle mie amiche, chiamata Rosa, si lasciò andare ad un limone appassionato, seguito dai fischi di noi altre.
"Ciao Andrea" disse Cati "che fine ha fatto la tua buona educazione? Non ci consideri neanche..." Cati fece la faccia imbronciata.
"Scusate, ciao ragazze" baciò ognuna di noi sulla guancia. Un vero galantuomo.
"Stavamo pensando, Andrea, vorremmo organizzare un festino sta sera a casa di Denise. Ci saresti? Puoi portare chi vuoi" disse Cati. "Ma Cati..." provai ad intervenire.
"Cosa c'è? Lo abbiamo sempre fatto, cosa hai che non va oggi?"
"Sì che forte! Ci sarò, chiamerò due dei miei compagni di pallavolo. Va bene?"
"Oh sì, portaci quei fighi di Diego e Giorgio per piacere" intervenne l'ultima del gruppetto, Serena.
"Vuoi fare una cosa a tre Serena?" Cati rise portandosi la mano alla bocca e simulando un pompino.
"Magari..."
Mi piacevano: depravate, senza peli sulla lingua, un bel gruppetto.
"A sta sera allora!" Ci salutammo e Cati venne con me a casa per aiutare ad organizzare.
La sera non eravamo solo in sette come credevo, ma circa una ventina e Cati non sembrava stupita. Girava tra la gente con vodka e cocktail. Era uno schianto: poco vestita con dei pantaloncini fantastici, si intravedevano i solidi glutei.
Alla festa era venuto anche Mattia che però non mi rivolse la parola per tutta la sera e sinceramente ne rimasi deluso.
Stavo osservando arrabbiato Mattia limonare con una, quando una persona mi toccò la spalla.
Era Cati.
La brava, gnocca Cati.
"Vieni usssciamo a prenderssci una bella boccata d'aria fressca."
Eravamo entrambe ubriache. Uscimmo dal retro. Faceva caldo nonostante fossi in canottiera.
Finimmo in una casa vuota a parlare.
Era ancora abbastanza ben arredata con letti dalle molle allentate e spazzatura ovunque. L'alcool ci fece vedere quella casa abbandonata come un paradiso, ma soprattutto mi fece rinvenire la mia voglia maschile di donna.
Ci sedemmo su un letto senza gambe adagiato per terra. Spostammo delle siringhe e dei sacchi per sgombrare la zona.
Rimasi inebriato dalla sua dolce espressione. Sbatteva le ciglia con noncuranza, gli occhi verdi sotto di esse illuminati da qualcosa di nuovo.
In poco tempo avevo colmato il vuoto tra di noi. Eravamo lì coricate sul letto ad abbracciarci e baciarci. La presi e la sollevai, cominciando a svestirla. Sempre palpandola, le tolsi le mutande e feci scattare il dito per farla godere.
Dopo poco eravamo tutte e due nude e bagnate. Ci avvicinammo il più possibile e iniziammo a strisciare i nostri sessi l'uno contro l'altro, i clitoridi impazziti. Quando lei raggiunse l'orgasmo mi lasciai bagnare per poi restituirle il favore. Avevo trovato con chi aveva perso la verginità Denise.

Capitolo 8: Bryan

Quella mattina mi svegliai. Mi ricordai di aver fatto sesso con Cati e ne fui felice. Poi ricordai di averla portata in braccio a metà della notte fino a casa mia. Di aver mandato via tutti ed essere riuscito appena nel chiudere casa.
Ora io e Cati eravamo coricate in un letto abbastanza piccolo l'una abbracciata all'altra. I suoi capelli azzurri mi toccavano i seni.
Svegliai Cati e ci vestimmo. Ogni tanto allungavo la mano per toccarle la fica bagnata. Lei invece mi infilava il dito nell'ano.
Dopo colazione organizzammo una sfida. Chi riusciva a tenere per più tempo un dildo nel culo avrebbe poi avuto la possibilità di schiavizzare l'altra la notte che veniva.
I dildi non erano grossissimi per evitare brutte figure in quanto era una vera e propria impresa la nostra.
A scuola ci scambiammo occhiate complici e ridemmo nel vedere le macchie che si scorgevano se si faceva attenzione sui pantaloni.
Dopo pranzo ci aspettava la lezione di canto. Siccome si poteva scegliere tra canto e ballo hip hop, scegliemmo quest'ultimo perché c'era un ragazzo di colore molto carino.
Ovviamente la sfida era ancora in atto e con i leggins sarebbe stato più difficile nascondere il fallo che ognuna portava.
Le uniche ragazze eravamo noi due, infatti quel corso hip hop attirava ben poco. Vi era poi Andrea, che avevo già conosciuto; il figo di colore di nome Bryan; e altri suoi 3 amici.
Ad insegnarci era un'istruttrice severa e poco transingente.
Dopo due ore, alla fine della lezione, io e Cati eravamo nei camerini. Io avevo una chiazza enorme sul culo sodo, mentre lei dalla fica.
All'improvviso entrarono i maschi.
"Brave ragazze, è difficile vedere delle tipe ballare hip hop così bene. E delle tipe così sexy poi" a parlare era stato Bryan.
"Io direi di festeggiare" disse un altro.
"Alla fin fine abbiamo obiettivi abbastanza comuni che si possono complementare" ora aveva intervenuto Andrea.
Guardai Cati un momento e mi sorrise facendo spallucce, mi girai e vidi cinque cazzi che venivano menati contemporaneamente. Quello di Bryan era più lungo rispetto agli altri, circa 25 centimetri e si stava ancora drizzando.
"Oh, ragazzi così ci fate perdere una scommessa importante" disse Cati.
"Scommessa o no, io mi butto" le parole mi erano uscite letteralmente di bocca.
Mi tolsi i leggins fradici per mostrare il dildo. Fischi di approvazione provenirono dai cinque.
Poi mi tolsi il reggiseno e con quello il giocattolo che abebo nel culo, molto lentamente per fare crescere l'attesa. A ruota mi seguiva Cati. Senza gli effetti dell'alcool la guardai e notai che io avevo tette più piccole ma sode, però il mio culo non aveva paragoni in confronto a lei. Forse era per questo che Denise Melanie era la più figa della scuola.
Rimanemmo tutte nude per un po' con i ragazzi che ci guardavano e si masturbavano.
L'unico europeo, Andrea, andò da Cati. Era mediamente dotato, ma comparandolo con i suoi amici sembrava messo in imbarazzo.
Da me vennero Bryan e due suoi amici. Cominciai a succhiare tutti e tre i cazzi, prima uno alla volta poi sempre più avidamente, fino a metterli tutti e tre in bocca. Con la coda dell'occhio vidi Andrea venire. Che delusione.
Da me invece Bryan si coricò per terra, vicino a lui un suo amico, l'altro in piedi. Mi sedetti sul suo lungo membro lasciandomi uscire un grido di dolore che si tramutò subito in piacere. Poi un altro cazzo mi entrò nell'ano e insieme cominciarono ad entrare e uscire.
Dal piacere non ci vedevo più. Mi stavo assaporando del tutto quel momento tanto che quasi non mi accorsi di Cati che si rivestiva e se ne andava. Tanto meglio. Altri due cazzi per me.
Mentre i due mi penetravano due si aggiunsero e a turno mi ficcavano il cazzo in bocca. Andrea invece riprese il giro e fece una cosa grazie alla quale riuscii a godere ancora di più. Infilò il suo membro nella mia fica già occupata e sfondata, e così in tre continuarono a fottermi su due buchi.
Dopo 40 minuti finalmente vennero. A turno mi sbatterono il cazzo in faccia facendomela diventare rossa.
Ingoiai lo sborro di tutti e cinque i cazzi lasciandone un bel po' sul corpo e sulla faccia.
Alla fine ci buttammo tutti insieme nella doccia delle femmine con io al centro che li toccavo e massaggiavo.
Capitolo 9: Cati

Dopo la piccola orgia mi sentivo sciupato. Mi sedetti un attimo sulla panchina dello spogliatoio dopo che Bryan e i suoi amici se ne erano andati. Andrea si sedette con me.
Aveva le guance rosse dallo sforzo, probabilmente una sua particolare caratteristica che veniva fuori dopo il sesso.
Rimanemmo un poco in silenzio.
Non sembrava molto intraprendente, per cui ruppi io il ghiaccio.
"È stato bello" lui annuì. Poi pensai alla sua fidanzata che tra l'altro era anche una mia amica. "Come va con Rosa?"
Lui mi guardò stupito "Pensavo lo sapessi già che stavamo insieme solo per coprire la nostra vera sessualità"
Ah, ecco spiegati gli sguardi nervosi che lanciava agli altri ragazzi.
"Ma ti comporti benissimo per quanto riguarda il sesso con una ragazza"
"Grazie, però non ho provato niente di ché mentre ti fottevo. Anzi..."
"Sì?"
"Ecco... Bè... In alcuni momenti desideravo... Di... Di essere al tuo posto." Lo disse tutto d'un fiato.
"Se vuoi puoi sempre provare ad essere al mio posto. Capisco che vuoi mantenere una reputazione.
Possiamo provare e poi manterrò il segreto per non rovinarla."
"Oh, grazie."
Non so come mi venne quella idea, forse non ero poi così timido come pensavo.
L'esperienza che stavo facendo era strana ma emozionante e mi ero fatto prendere dal flusso.
Andrea mi accompagnò a casa. A metà tragitto mi chiese se volevo tenergli la mano e allora gliela porsi. Mano nella mano arrivammo nel mio quartiere.
Ci lasciammo, d'accordo nel rivederci domani. Avrei preferito farlo in casa mia ma lui insistette e allora acconsentii nel trovarci a casa sua alle 8 di mattina. Era presto sì, ma siccome il giorno dopo sarebbe stato sabato, non c'era scuola.
Mi accorsi di non aver programmato niente per quel sabato.
Decisi allora che avrei finalmente fatto una visita al mio corpo inerme in qualche ospedale a pochi chilometri da dove vivevo adesso.
Tra i documenti di Denise avevo trovato pochi giorni prima anche la patente, ed ero sicuro ci fosse una utilitaria nel garage della sua casa.
Però non me la sentivo di guidare così tanto (nella vita di Federico avevo appena 18 anni e mi apprestavo a prendere la patente).
Mi chiesi allora se la mia migliore amica mi sarebbe venuta in contro e mi avrebbe aiutato. Ma certo. Sghignazzai. Mi ero appena ricordato che lei mi aspettava in casa mia e che per tutta la sera ero obbligato ad essere suo schiavo.
Non avrebbe rifiutato se le avessi chiesto se poteva portarmi a trovare un amico. Prima però dovevo superare certe sue prove che ancora non sapevo.
Aprii la porta di casa serrata per vedere Cati coricata sul divano impegnata a guardare un telefilm.
Stava sgranocchiando dei pop corn. Alcuni si erano infilati tra le sue tette. Mi accorsi che indossava il mio pigiama.
"Cati vedo con felicità che ti sei sistemata. Come mai sei andata via prima oggi?"
"Non me la sentivo, le orgie non sono il mio genere." I miei occhi erano fissi sulle sue labbra carnose che tormentavano uno snack.
Sperai si fosse dimenticata della nostra sfida. Ero leggermente spossato e l'unica cosa che desideravo era coricarmi.
Il corpo femminile è meno resistente agli sforzi di quello maschile.
"Cosa danno alla TV?" Chiesi per cambiare argomento.
"Mhhhh... La storia di una ragazza che perde una scommessa con la migliore amica ma che poi non la mantiene." Mi aveva beccato.
"Ma non dicevamo sul serio Cati."
"Come no. Senti, fai come vuoi, ma le promesse si mantengono, prima o poi ti tornerà tutto." Spense la televisione e si alzò. Si incamminò verso i cappotti. Nell'altra stanza vidi la tavola pronta con del cibo a scaldare.
Mi sarei sentito in colpa se avessi perso l'amicizia tra Denise e Cati, era molto importante per la padrona del mio attuale corpo. Perciò la esortai a rimanere: "Okey, okey. Senti, scusa. Mi dispiace se non ti ho dato subito ragione, forse perché mi sentivo un po' stanca, ma in fondo una scommessa è una scommessa."
Lei si girò raggiante. "Lo sapevo che non mi avresti deluso. Ho preparato delle cose interessanti per te."
Prendendomi la mano mi mostrò delle manette e delle corde che aveva portato. La situazione cominciava a farsi interessante.
"Questo è per dopo, prima voglio essere un po' brutale, come hai fatto tu con me." Dalla sua borsa prese un guinzaglio.
"Ora svestiti" mi esortò. Mi costrinse anche a togliere il ciondolo con la madre di Denise, che portavo per ricordarmi chi ero in realtà.
Completamente nuda, fui messo a pecorina e Cati mi mise il guinzaglio. Mi infilò anche un nastro alla vita al quale era attaccato un cazzo nero di gomma che mi ricordava quello di Bryan. Lo fece entrare nella mia fica, fissandolo bene.
Poi mi strinse le tette con delle corde.
Per i seguenti venti minuti fui costretto a leccare le sue parti intime, mentre lei mi sbatteva una racchetta sul culo.
Il dolore era sopportabile, alla fine però il mio bel culetto sodo era di un rosso acceso.
Cati interruppe i miei lavori forzati per cenare.
Stavolta fissò il cazzo "di Bryan" alla sedia e mi impose di andare su e giù su di esso facendolo entrare e uscire. Riuscii a mangiare ben poco.
Quando mi disse di staccarmi dal dildo lo fece solo per iniziare un nuovo gioco.
Ero stremato e non c'è la facevo più. Però continuai, sapendo di avere fatto un patto.
Mi aiutò a sedermi su una poltroncina in salotto e portò dalla cucina alcuni alimenti: un cetriolo, una banana, una zucchina e un wustell.
Mentre mi masturbavo con quegli oggetti lei rimase in disparte a guardarmi maliziosa.
Stavo urlando e godendo per la zucchina che avevo nel culo, quando lei finalmente si mosse per venire da me. Anziché fermarmi, ingrandì la cosa. Mi strappò la zucchina di mano, solo per prenderla assieme alla banana e cambiare buco. Dopo due o tre colpi aggiunse anche il cetriolo, fino ad avere tutti gli oggetti disponibili nel mio sesso.
Non avevo mai visto la fica così allargata. Pulsava e sembrava dovesse strapparsi da un momento all'altro. Così non successe, e mentre lei mi torturava la fica, con la lingua mi inumidiva l'ano.
La bagnai più volte con il mio dolce miele.
Dopo un po' di tempo tolse tutti i miei oggetti di tortura per dirmi che dovevo superare solo più una prova.
Mi portò su in camera mia imponendomi di tenere gli occhi chiusi.
Quando li riaprii la vidi nuda con il cazzo di gomma posto alla vita.
Davanti a me il mio letto era stato addobbato. Vi erano manette e corde destinate a me.
"Cati non penso sia il caso..." stavo ansimando, un po' per la paura un po' perché ero tutto indolenzito.
Lei neanche mi ascoltò.
Con durezza mi buttò sul letto disfatto e io tolsi le coperte.
Poi con estrema cautela e femminilità mi legò al letto.
Cominciò quindi ad incularmi. Inizialmente piano, poi sempre più veloce. Non avevo più neanche la forza di urlare e quella notte si sentirono solo più le mie natiche che sbattevano contro quelle di colei che mi possedeva.

Capitolo 10: Andrea

Mi svegliai sentendo bussare alla porta. Era la signora delle pulizie, Cara. Mi accorsi di essere in un lago dei miei stessi umori, non più legata al letto, ma nuda. Urlai quindi di non entrare e aspettare che mi sistemassi.
Cati doveva essere andata via durante la notte perché mi ricordavo di esserci fermate, per poi crollare in un sonno profondo pieno di dolore e piacere.
Avevo sognato le sue grosse tette sulla mia faccia, ma anche Edoardo che mi faceva assaggiare il suo seme. Non so se mi mancava ma certamente non lo avevo dimenticato. Fui felice di sapere che quel giorno mi sarei riallacciato alla mia vecchia vita.
Ma prima avevo l'appuntamento con Andrea.
Mi ero appena vestito quando nella stanza entrò senza preavviso Cara.
Si scusò per non aver bussato e mi disse che aveva trovato la mia collana sotto al sofà.
"Oh grazie"
"Signora lei sa quanto è importanti per sua famiglia, non deve mai togliere questa."
Poi venne dietro di me e me la mise. Il freddo contatto con il ciondolo mi risvegliò un pochino.
Una volta che ebbe finito di aiutarmi, a mia sorpresa mi tolse il reggiseno palpando con fervore e baciandomi il collo. Essendomi irrigidita, lei mi sussurrò che era contenta di rivedermi.
Forse questa era una delle conquiste della vecchia Denise.
Lasciai che mi palpò per i pochi minuti che le servivano, nel mentre pensavo ad altro. In particolare a come fare godere Andrea.
Ero sicuro di aver raggiunto una svolta sia per me, Federico, che per Denise e che per Andrea. Infatti da queste esperienze stavo imparando tutto ciò che riuscivo e in seguito avrei aiutato Andrea a capirsi meglio.
Per non parlare della vera Denise. Avevo tenuto saldi i suoi rapporti, allacciandone di nuovi. L'unico lato negativo era la scuola, dove però già lei andava male.
Quando la signora Cara ebbe finito, mi rivestii per la seconda volta di quella mattina, per niente contrariato.
Stavolta scelsi una tuta comoda, ovviamente attillata, che però non aveva alcuna scollatura.
Dissi a Cara che sarei uscita per andare a correre e poi mi sarei fermata da un'amica.
Le chiesi se poteva prepararmi pranzo e pulire lo sporco di ieri notte. Dopo che gliela avevo data di prima mattina, mi sembrava il minimo che potesse fare. Chissà se il padre di Denise si intratteneva anche lui con la seducente donna delle pulizie.
Visto che la moglie era morta da tempo probabilmente sì.
Pensando all'ingarbugliata vita famigliare di Denise, e non solo, arrivai al parchetto.
Qui Andrea mi aspettava da più di mezz'ora.
"Ciao Denise"
Dopo alcuni convenevoli, mi chiese:
"Sei ancora convinta di quello che vuoi fare oggi?" Annuii. Non ne ero convintissimo, però mi sembrava un buon aiuto per la sua sessualità.
Come la sera prima, ci prendemmo per mano e lui mi accompagnò verso casa sua.
Mi raccontò che cinque anni fa aveva avuto un'esperienza con un suo compagno, ma che era durata poco. Andrea era più giovane di me, quindi era ancora quattordicenne quando usciva con quel suo amico.
Io e Edoardo eravamo più o meno dallo stesso periodo che provavamo piacere a vicenda.
Andrea comincio a piacermi.
Durante il tragitto conobbi di più l'uomo che avrei poi, stranamente, posseduto.
Giocava titolare nella squadra di pallavolo della città.
Questo spiegava i vistosi muscoli delle braccia che gli avevo visto il giorno prima nello spogliatoio.
Rispetto a Mattia erano molto più grandi, e per quanto riguardava il carattere Andrea era migliore in molti sensi.
Mi feci raccontare di più della sua esperienza con Enrico, durante l'adolescenza.
Si incontravano ogni giorno dopo la scuola per fare i compiti e ciucciarsi il cazzo a vicenda. Poi pian pianino la situazione divenne più complicata. Si denudavano, magari anche quando i genitori erano a casa, per avere il gusto del proibito. Enrico era voglioso, ma considerava solo una cosa come un tabù: il limone. Infatti Andrea non desiderava altro che posare le labbra su quelle dell'altro e lasciarsi andare, ma per l'amico era un segno troppo evidente della loro idea sessuale, che non riteneva ancora ben definita.
Poi venne il periodo in cui ogni giorno Enrico volle provare a metterlo nel culo a vicenda, cosa su cui Andrea non era d'accordo, almeno non così presto. Fu per questi disguidi che si allontanarono. In seguito Enrico si fidanzò con una ragazza e i loro rapporti si interruppero del tutto.
Alla fine del racconto raggiungemmo una meravigliosa villa lontana dal centro città.
Era dove abitava Andrea con la sua famiglia.
Entrando, la vista di possenti statue in marmo e quella di una grossa piscina mi abbagliarono, tant'è che rimasi di stucco.
"Suvvia, Denise. Non fare quella faccia. Ce n'è una anche dentro se ci vuoi proprio andare."
Quindi due piscine. Fantastico.
Andrea mi stava conquistando.
"Ma è tutto tuo qui?" Domandai stupito.
Rise. "No, certo che no. È della mia famiglia da generazioni. Oggi non c'è nessuno, sono andati a fare un viaggio in Austria lasciandomi qua a studiare per l'esame finale."
Senza aspettarlo raggiunsi il portone che permetteva l'accesso alla casa. Una signora che doveva essere la portinaia mi aprì.
"Ciao, Anna. Questa è Denise, una mia compagna di scuola."
Mi presentai.
"Piacere"
Una volta entrati il soffitto fu la prima cosa per la quale rimasi di nuovo folgorato. Era altissimo e dipinto con vari motivi.
Ovviamente vi erano più piani, ma io visitai solo il primo perché poi Andrea mi chiese: "Ti porto a vedere la piscina va bene?"
Questa era metà di quella fuori, ma c'erano anche delle vasche con l'acqua riscaldata e quelle per l'idromassaggio.
Andrea si cominciò a spogliare.
"Allora, non ti svesti?"
"Ah, vuoi farlo qui?" Finalmente era arrivato il momento ma come il solito non mi sentivo pronto.
"Sì, perché no? Hai qualcosa da proporre di meglio?"
"No, no è solo che è alquanto inusuale."
"Ti capisco, è la prima volta anche per me che faccio sesso qui, vediamo di inaugurare bene questo posto."
Al termine della conversazione lui era già nudo, il cazzo che penzolava insieme alle sue palle. Avevo avuto già modo di vederlo per definirlo di media grandezza, ma sapevo che era molto più forte di quello che dava a vedere.
Eppure questa volta non sarebbe stato usato.
Quando anch'io rimasi senza vestiti, guardai il suo pene, che non si era ingrossato di un millimetro.
Anche a me il corpo femminile di Denise non eccitava più, era rimasto parte di me e mi ero abituato.
Ero più bassa di lui quindi mi misi in punta dei piedi per raggiungere la sua bocca e baciarlo avidamente.
Con quel bacio scaricavo tutta la tensione e la voglia che avevo raccolto per lui durante tutto il tragitto.
La mia lingua dettava il tempo, per poi uscire dalle sue labbra e succhiare la sua forza maschile dal collo, dalle spalle e dai muscoli possenti.
Lo baciai per tutto il corpo, arrivando ai piedi. Mentre gli mordicchiavo le dita presi dalla mia borsetta lì vicino il cazzo di gomma che mi ero portata e me lo fissai alla vita.
Mi alzai ed entrai nella vasca rimanendo in piedi. Andrea mi seguì e si inginocchiò davanti a me.
Per un momento vidi la faccia di Edoardo, però poi Andrea accolse nella sua bocca il dildo e iniziò a succhiare.
Aveva una tecnica davvero eccellente, molto più bravo di me o di Edoardo, e si muoveva armonioso.
Avendo le redini del gioco lo feci distendere sul pavimento della piscina, il rumore di acqua in sottofondo.
Poi mi coricai su di lui e iniziai un 69.
Era questa una posizione nuova che non avevo mai provato con nessuno e risultò essere molto producente.
Il suo cazzo duro aveva gusto di sapone e di piscio, e mi ricordò di nuovo Edoardo. Con un movimento brusco della testa lo scacciai dai miei pensieri. Adesso era Andrea il mio principe.
Quando sentii che si stava stufando, rientrai nella vasca e mi sedetti. Lui arrivò subito e lentamente cominciò a cercare il mio cazzo con il suo buco.
Quando lo trovò, si bagnò le mani e cominciò a segarlo, poi affondò.
Il suo urlo leggero si diffuse per tutta la grande stanza.
Era pesante dare i colpi con il fisico che avevo ma mi concentrai e allungai le mani verso i suoi capezzoli per tenermi. Lui sembrava godere sempre di più.
Allora lo fermai e uscimmo dall'acqua. Cambiai dildo per prenderne uno più grosso e soddisfacente.
Lo sbattei contro il muro e lo continuai a fottere.
Le mie tette erano ingombranti e strusciavano contro il suo corpo, impedendomi certi movimenti.
Si avvinghiò alla mia collana per tirarmi a se e baciarmi.
Quando ci staccammo dal muro, il suo buco del culo era talmente aperto che il mio cazzo, più grande di qualunque pene normale, ci entrava comodamente.
Attratto dal suo ano sfondato, vi appoggiai la mia faccia contro e leccai tutto quello che c'era.
Poi, rendendomi conto di aver terminato il rapporto, salii verso il cazzo turgido di Andrea e grazie alla bocca prelevai il suo seme.
Un gusto dolce e pastoso come non lo avevo mai sentito mi riempì la bocca, e anziché tenermelo tutto per me, lo condivisi con lui, abbracciandolo e baciandolo sul pavimento.
Quando ci fummo sistemati, notai che il suo umore era cambiato. Sembrava un po' turbato.
"Cosa hai?"
Lui stava ancora ansimando leggermente.
"Non lo so Deny, è stato bellissimo e ti ringrazio, ma adesso vorrei fare un po' ordine nella mia testa."
E io no? Pensai, ma non lo dissi, comprendendo almeno in parte il suo turbamento.
"Ok, anch'io ne sono stata felice."
Lui sorrise. "Esci e tira il cordino fuori dalla stanza, Anna verrà e ti accompagnerà fuori. Se vuoi ti può dare anche da mangiare."
Adesso ero infuriato. Prima gli facevo un favore e poi lui mi ringraziava allontanandomi in malo modo. Però annuii, apparentemente sereno, e salutai andando via.
Capitolo 11: Pietro

Dovetti fare tutta la città a piedi da solo, una giovane ragazza carina e con la faccia di una che aveva appena scopato. Molti mi lanciavano sguardi vogliosi. Un gruppetto di ragazzi mi salutò con fischi.
Mancavano ormai pochi minuti a casa mia quando incrociai un gruppo di amici della vera Denise.
"Incrociare" era una parola non proprio esatta, infatti furono più loro a cercarmi che me.
Erano una decina e sembravano molto arrabbiati. Il loro "capo" sembrava essere l'ex di Denise da come si comportava.
"Ehi puttana. Che cazzo hai fatto? Girano le voci, lo sai?"
Al che mi citò alcune persone.
"È stato bello scoparsi Mattia? O forse ancora quel frocio di Nicolò?"
Non avevo la minima idea di chi fosse Nicolò.
"Non so cosa tu stia dicendo, mi spiace ma ora sono di fretta."
Lo scostai e mi allontanai veloce.
Un suo amico mi prese per la cintola e mi condusse a forza in un vicolo. In un angolo c'era la spazzatura.
"Non fingere di non sapere nulla. Da quando ci siamo lasciati sei andata a letto anche con i porci e questo mi fa incazzare."
L'ex sembrava più grande di almeno cinque anni. Un suo compare cercò di trattenerlo "Dai Pietro, basta così. L'hai spaventata a sufficienza."
Spaventarmi! Volevano spaventare uno come me? Me la risi sotto i baffi e presi più coraggio, tanto da diventare una ragazza sfacciata.
Lo allontanai di nuovo e sibilai: "Pietro i porci hanno il cazzo più lungo del tuo. Per questo preferisco loro."
Mi arrivò un pugno al fianco. "Ripeti...
Che cazzo... Hai detto..."
Pietro era infuriato.
"I porci... Ce l'hanno... Più grosso... Del tuo..."
Lo scimmiottai, questa volta avevo superato il limite.
Lui mi sollevò in aria e mi sbatté di nuovo con prepotenza contro il muro.
Un suo amico tirò fuori dal cassonetto un materasso logoro.
Adesso cominciavo seriamente a preoccuparmi.
"Ok, scusa Pietro. Dimmi cosa vuoi e ti posso aiutare".
"Te" rispose l'ex.
Al che mi divincolai forsennato.
Niente. Ancora una volta il mio fisico si rivelava essere troppo esile.
Quello mi lanciò letteralmente sul materasso.
"Avanti ragazzi. Divertitevi"
Inutile dire come si trasformò la cosa.
In quel breve lasso di tempo provai più dolore di quanto ne avessi mai avuto con una scopata.
I ragazzi mi tennero fermo sul materasso, cinque paia di mani che mi toccavano il mio seno scoperto e violavano il mio sesso.
Gli altri cinque estrassero le loro aste per circondarmi con quelle ormai indurite.
Non capivo più niente.
All'improvviso sentii premere sulle mie labbra carnose che, quasi d'istinto fecero spazio al cazzo eccitato. Un turbinio di gusti mi prese quando anche un secondo membro entrò nella mia bocca allargata.
Avevo ormai rinunciato a divincolarmi. Sentivo dei cazzi dalle mie mani che ormai rilassate cominciarono a masturbarli.
Qualcuno mi sollevò leggermente per infilarsi sotto di me.
Dalla mia gola ostruita da due cazzi non uscivano che pochi rantoli.
Colui che si era messo sotto di me, cercò il buco del culo per entrarvi.
Fu più fortunato un altro suo amico che, più velocemente, mi tirò a se allargandomi le gambe.
Quando entrò, sentii quello sotto di me imprecare, ma per niente sconfitto, si inoltrò anche lui nel mio povero buco, sforzandolo leggermente.
Aprii gli occhi per vedere Pietro venire verso di me con il suo cazzo pulsante.
Scostò di poco l'amico che mi fotteva l'ano per partecipare anche lui all'inculata. Ora avevo due cazzi in bocca e tre nel culo, con altri membri che mi toccavano dappertutto.
Continuammo per pochi minuti, finché un ospite che avevo in bocca cedette e mi sborrò direttamente in gola. L'altro cazzo, forse bagnato da uno sperma sconosciuto, arrivò al culmine, innaffiandomi tutta.
Senza un attimo di pausa, furono sostituiti da altri cazzi anonimi.
Mentre mi fottevano, decisi di assecondarli in modo da terminare una volta per tutte questo circolo vizioso. Per cui feci la porca nel modo migliore che sapevo fare, stimolando tutti e dieci i membri smaniosi di conoscermi.
Per la prima volta da quando ero nel corpo di Denise, mi venirono nella fica. Avrei poi preso le dovute precauzioni.
Quando finimmo, mi lasciarono lì, spoglia e in un mare di sperma.
Il buco del culo era in situazioni disastrose. Era completamente viola e slabbrato.
Prima di andarsene, Pietro ebbe modo di ritenersi soddisfatto, baciandomi a lungo nel mio stato confusionario e dicendomi che il debito era stato pagato.
Coricato in un corpo femminile che aveva appena partecipato ad un orgia, mi sentii in qualche modo felice e portandomi la mano zuppa alla bocca, assaggiai ancora una volta il dolce nettare di uno sconosciuto.

Capitolo 12: Federico

Dopo alcuni minuti da quando i ragazzi se ne furono andati, mi misi a gattoni e piano piano mi alzai su due gambe.
Mi serviva aiuto, ma non volevo chiamare nessuno perché la vergogna era tangibile.
Per cui frugai nel cassonetto lì vicino, dal quale avevano tirato fuori il materasso logoro, sul quale era avvenuta la mia "esecuzione".
Trovai alcuni indumenti in cattivo stato, e li usai per pulirmi un po'.
Staccai un pezzo di stoffa da dei pantaloni lunghi e pieni di toppe, per creare una sorta di tappo per il mio ano sanguinante.
Dopodiché ripresi i miei pantaloncini, che avevo avuto l'accortezza di togliermeli prima dell'orgia.
Per quanto riguardava il reggiseno e la maglietta, non c'era più niente da fare.
Anziché girare nuda per la città per tutto il tragitto che mi mancava, presi dal cassonetto un cartone e un cappellino in modo da non essere riconosciuta, e con quelli addosso iniziai a correre con un'andatura zoppicante.
Quando raggiunsi la casa, ero sicuro di aver attirato non poco l'attenzione, ma speravo nessuno mi avesse riconosciuto. Dopo tutto era ora di cena e non c'era tanta gente in giro.
Ora di cena! Mi accorsi in quel momento di essere venuto meno all'impegno che mi ero fissato.
Dovevo andare all'ospedale dove si trovava il mio vero corpo al pomeriggio, ma ero stato fermato da Pietro e i suoi amici che me lo avevano fatto dimenticare del tutto.
Nonostante fosse tardi sapevo di avere comunque un po' di tempo.
Il giorno prima avevo cercato su internet gli orari di visita dell'ospedale e avevo letto che stava aperto per i familiari o gli amici dalle 6 fino alle 9 di sera.
Una volta in casa mi lavai e mi profumai. Trovai anche una pomata per le zone intime che non sapevo se era adatta o meno, ma per necessità me la spalmai lo stesso dove provavo dolore.
Erano le otto, quando chiamai Cati per chiederle un passaggio. Mi disse che era impegnata con la sua famiglia e non poteva venire.
Dispiaciuto, non mi sconfortai, ma provai a chiamare altri contatti. Serena e Rosa, le altre due migliori amiche, mi dissero urlando che non potevano perché stavano per entrare ad una festa.
Tentai anche di chiamare Mattia, ma non mi rispose.
Per ultimo contattai allora Andrea.
Ci eravamo visti soltanto quella mattina, prima dell'episodio con Pietro, e avevo paura fosse contrariato con me.
Stranamente però parlò dolcemente e mi disse che avrebbe interrotto la sua cena per accompagnarmi a trovare un mio caro amico all'ospedale.
Dopo pochi minuti era già alla porta. Io mi ero vestito elegante per un eventuale incontro con i miei veri genitori.
"Ciao Deny, sei stupenda." Le sue lusinghe sembravano un po' forzate.
"Grazie. Stai meglio?" gli chiesi, nascondendo che qua l'unico che stava proprio male ero io.
"Sì, ho avuto modo di pensare. Ma ti racconterò in macchina. Andiamo?"
Mi chiusi la porta alle spalle e lo seguii.
La sua macchina era spettacolare.
Era una Bentley bianca dalle strisce blu, con i sedili in pelle. "Complimenti"
"Grazie, è la seconda auto di mio padre, la prima è con lui in Austria."
Salimmo, io mi accomodai vicino a lui. Dopo un po' che eravamo in viaggio mi chiese: "Ti è mai capitato di fare qualcosa che non ti soddisfa abbastanza, sapendo che senza sforzo potresti fare quello che vorresti ed esserne felice?"
"Sì, a volte. Perché?" La sua espressione era tesa.
"È esattamente come mi sono sentito io dopo essere stato con te stamattina. Sei stupenda e con un fisico senza uguali, ma tutto questo non mi eccita."
"Penso che la mia scelta sia quella di essere gay."
Ne ero sicuro. Come mai non se ne era mai reso conto?
"Sai una cosa?" Dissi. "Vedendoti scopare, ho subito pensato che ti mancava solo un altro maschio. Almeno per rendere la tua situazione amorosa soddisfacente."
"Grazie Deny. Sei stata importante per me. Se hai qualche paura o emozione da confidarmi, sappi che non esiterò a restituirti il favore."
Annuii. Pensai a cosa avevo fatto dopo essermi incontrato con lui, pronto a raccontarglielo. Ma poi non seppi più cosa mi prese e anziché raccontare quell'episodio, la mia lingua tirò fuori il mio più grande segreto.
Gli raccontai tutto, non mi ricordo più in che ordine, e neanche se lo avevo esposto con un senso logico. Dalla mia vita precedente, Edoardo, il passaggio al corpo in cui mi trovavo ora, il motivo per cui andavo a trovare un amico all'ospedale.
Lui per tutto il racconto mi ascoltò paziente ed assorto, per domandare su alcuni argomenti.
Alla fine mi sentii soddisfatto. Avevo proprio bisogno di parlarne con qualcuno.
"Bè, certamente non è normale." Disse lui guardandomi di sfuggita mentre guidava. "Ma non è neanche il primo episodio che sento raccontare. Di sicuro il primo con il quale ho una relazione diretta. Queste cose accadono di solito quando uno ha qualche sorta di colpa da espiare, come il fatto di aver insultato Denise il giorno prima. Oppure può avvenire se viene lanciata una maledizione o ancora per altri fatti che non si sanno spiegare."
Dal finestrino riconobbi i palazzi della mia città.
"Comunque è di sicuro molto raro e a dir poco impossibile che accada. Di solito per ritornare alla "normalità" bisogna fare ciò per cui lo scambio di persona è stato compiuto. Anche a me è capitato. Quando ero piccolo, ero solito vantarmi della mia ricchezza. A scuola, quindi prendevo in giro coloro che si vestivano male e avevano una condizione di vita minore della mia."
Andrea svoltò e davanti a noi si presentò l'ospedale.
"Una notte sognai, ma mi sembrò il tutto molto reale, che ero quella bambina povera sempre oggetto dei miei scherzi. Lei era ancora sveglia, e lavorava duramente in un locale per guadagnarsi da vivere."
Finalmente eravamo arrivati. Andrea spense la macchina e si girò verso di me, continuando a parlarmi.
"Allora capii cosa dovevo fare. Il giorno dopo mi svegliai e a scuola cominciai a regalare sorrisi o qualche soldino a chi era abituato a riceverne pochi. Ben presto cambiai e divenni col tempo il ragazzo che sono ora."
"Quindi mi dici che semplicemente devo rendermi conto del perché sono nel corpo di Denise?" Chiesi.
Lui sorrise e assunse un'espressione indecifrabile. Sembrava facile ma non lo era. Avevo cercato di aiutare Denise a migliorare, ma non era successo niente.
"Ora ti consiglio di andare, tra un po' scade l'orario di visita."
"Vieni anche te, per favore." Implorai Andrea, al punto che mi seguì fino al letto dove Federico Fermo mi aspettava, e con lui la mia vita precedente.
Al mio capezzale c'era una sola persona, girata di schiena. Io feci segno ad Andrea di aspettare che quella uscisse, per rimanere gli ultimi cinque minuti con il mio vero corpo.
Sembravo dimagrito ed ero più pallido. I capelli erano poco più lunghi e piccoli boccoli mi scendevano lungo le spalle.
La persona di schiena si alzò e riconobbi Edoardo. Assunsi un'espressione stupita e Andrea mi mormorò: "È lui Edoardo?" Annuii. Era lui. Ed era stato in tutti questi giorni all'ospedale con il mio corpo in coma, mentre io mi divertivo con Denise. Probabilmente a soffrire al mio posto c'era proprio la sua anima, che in qualche modo si stava mettendo alla prova.
Edoardo si guardò intorno prima di chinarsi su di me e baciarmi. Poi se ne andò. Quindi la sua non era mai stata solo un'amicizia, ma qualcosa che andava molto oltre.
Che stupido a non averlo mai capito. Vedendo quella scena non mi trattenni più e corsi alla macchina, mille pensieri baluginavano nella mia testa.
Andrea sembrava avere in qualche modo capito il mio stato d'animo, tant'è che rimase zitto per tutto il viaggio di ritorno fino a casa mia.
"Grazie" dissi, e lo baciai sulla guancia, ricordandomi la cortesia.
Prima che mi allontanassi, lui prese la mia testa tra le sue soffici mani e portò le mie labbra alle sue.
Chiusi gli occhi assaporando il momento. Quando gli riaprii, i nostri occhi si incontrarono.
"Spero che questo ti aiuti a capire la tua missione." Disse Andrea. E mi lasciò così, con ancora più domande nella mente.
Quella sera andai a dormire presto.
Il giorno dopo sarebbe arrivato il padre di Denise
Sognai tutto quello che avevo fatto durante i giorni in cui ero stato donna.
Sognai la prima scoperta di me stessa femmina, la prima romantica volta in cui ero stata posseduta da Mattia, possente e autoritario. Poi sognai la scuola, le amiche, Cati e l'amore che avevamo provato l'una per l'altra. Sognai Pietro e i suoi amici, che pensando di punirmi, mi avevano aiutato ad aggiustare le cose. Bryan, seducente e "maschio", e infine Andrea, con le sue fantasie e le sue dolci ma saggie parole.
Per ultimo pensai ad Edoardo, e mi svegliai il giorno dopo con le labbra contratte in un bacio immaginario.
Capitolo 13: Scopo Della Missione

Mi svegliai. Mi rigirai nel letto più volte prima di decidere di iniziare la nuova giornata. Socchiusi gli occhi e una luce bianca mi investii.
Incuriosito presi completamente coscienza per accorgermi di essere in un letto d'ospedale. Mi guardai il corpo. Il seno prosperoso e le mani sottili ora non c'erano più. Al loro posto vi era un torace scheletrico e mani con unghie lunghe.
Ero tornato Federico Fermo.
Denise Melanie se ne era andata.
Doveva essere presto, perché non c'era nessuno nella stanza e nell'edificio regnava una strana quiete.
Buttai la testa sul cuscino e pensai a cosa era successo. Come aveva detto Andrea dovevo aver compiuto la mia missione se mi ritrovavo nel mio corpo. Ma quale era questa punizione era il vero mistero.
Ci lavorano su parecchio per non trovare la soluzione.
Dopo un'oretta mi alzai per lasciare l'ospedale senza essere visto. Camminare era faticoso e ad ogni passo il respiro si faceva affannato.
Ovviamente fui rilevato in poco tempo da sorpresi infermieri che mi internarono di nuovo.
Le settimane che seguirono furono caratterizzate da lunghe riabilitazioni e sessioni da psicoanalisti.
Nessuno credeva al fatto che mi ero salvato e i miei genitori poco cattolici improvvisamente ripresero a frequentare le pratiche religiose. Edoardo non ebbi modo di vederlo neanche di striscio per due settimane e mezza. Pensavo fosse arrabbiato con me, finché un giorno non mi si presentò.
Venne a trovarmi a casa tutta la sua famiglia, più i suoi due fratelli e la sua unica sorella maggiore, che avevo visto già qualche volta.
Da come mi guardarono per tutto il giorno sembravo un appestato, i loro occhi esprimevano una profonda pena. Ormai avevo avuto tempo di riprendermi, per cui stavo meglio fisicamente e psicologicamente. Non capivo il motivo di quell'atteggiamento. Chissà se anche a scuola mi avrebbero poi trattato così. Rimpiangevo la bella vita di Denise.
Al termine della loro visita se ne andarono tutti, compresi i miei genitori, lasciandomi solo con il mio migliore amico.
"Pensavo stessi per morire da un momento all'altro." Mi disse. Feci spallucce "Grazie per essermi stato vicino, i miei mi hanno riferito che sei venuto spesso." Scese un silenzio di tomba. Dovevo raccontargli la verità. Ma prese la parola lui.
"Da quando è scoppiato quell'incendio non sono più riuscito a trovare pace. Mi sentivo in colpa per come ti avevo trattato il giorno prima e pensavo non avessi più avuto il tempo di dirtelo." Era proprio dispiaciuto.
"Senti, Edo. Devo raccontarti una cosa. L'incidente c'è stato, è innegabile, ma è avvenuto per un motivo."
Allora cominciai a raccontare la mia complicata storia, a partire da quel mercoledì mattina fino al sabato sera quando finalmente capii il motivo di tale prova. Lui mi ascoltò assorto, i profondi occhi scuri guardavano fuori. Pensavo non mi avesse mai più preso sul serio dopo il racconto, ma lui alla fine ne uscì fuori con la domanda più importante che potesse fare.
"Qual era allora lo scopo di tale scambio?"
Lo guardai, sorridendo, e risposi tutto di un fiato: "Tu." Allora mi avvicinai a lui e ci baciammo, non più da amici, ma da innamorati, e mi sentii finalmente in pace. Avevo compiuto la mia missione.

Capitolo 14: Edoardo

Quella notte presi la decisione di chiarire tutto con Denise Melanie.
La conversazione al telefono fu lunga, e parlammo come due amici che si conoscevano da parecchio tempo. Mi disse che anche a lei era stata assegnata una sorta di missione. Infatti era stata per tutto il tempo nel mio corpo come avevo intuito, avendo avuto modo di pensare alla sua sfrenata vita. Mi ringraziò per aver messo a posto alcune cose nella sua quotidianità e mi promise che un giorno ci saremo incontrati. Infine le chiesi il numero di Andrea, volendo ringraziarlo personalmente.
Quando lo chiamai mi rispose allegro: "Ciao Fede, avevo ragione io non è vero"
"Come sempre" risi. Come aveva fatto a sapere che ero io che lo chiamavo non lo capii. Non mi chiese se avevo trovato la soluzione, ma invece mi invitò un giorno a casa sua con Edoardo. Voleva conoscerci entrambi. La mia mente ribelle moriva dalla voglia, chissà quando sarebbe avvenuto.
Per un intero mese mi ristabilii, andando a scuola e vedendo Edoardo solo lì. Lui non disse niente riguardo al nostro incontro, e anch'io non ne feci menzione.
Finché un weekend i miei genitori dovettero andare via lasciandomi da solo. Telefonai a Edoardo.
"Va bene, prendo i vestiti e arrivo subito"
Quando arrivò lo salutai soltanto, e poi uscimmo in giardino a fare due tiri a pallone. Lui propose di invitare altri amici, e così in poco tempo il nostro incontro si trasformò in un festino. Giocammo a calcio e io mi trovai stranamente bene nel mio corpo resistente e non più esile.
Dopo la partita ci spostammo in casa. Avevo imparato come gestire delle feste senza che impazzissero, quindi non appena vidi che gli effetti dell'alcool cominciavano a fare effetto sui miei amici, li mandai a casa.
In casa c'era solo più Edoardo che spazzava per terra, aiutandomi a mettere a posto. Allora anch'io mi misi a sistemare casa. Presi dei bicchieri, ponendoli con cura nel lavabo e cominciai a strofinare lo sporco. L'acqua scorreva, mi bagnava i polsi, i miei bracciali, tra cui quello che
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