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La cena del cambiamento


di Membro VIP di Annunci69.it Victor69
20.06.2025    |    111    |    0 8.7
"Le mani le scivolarono sotto il maglione, le unghie che graffiavano la pelle nuda, facendole sobbalzare..."
Silvia aveva 55 anni, sposata da più di trent’anni con un uomo ormai sempre più assente, immerso nella routine e distante da qualunque forma di intimità. Lavorava da quasi vent’anni nello stesso ufficio, un’azienda grafica, dove coordinava le attività amministrative con precisione. Accanto a lei, da qualche anno, c’era Laura, dieci anni più giovane, brillante, creativa e con un fascino naturale. Le due avevano sviluppato una confidenza profonda: risate a pausa pranzo, sguardi complici durante le riunioni, mani che si sfioravano per errore.

Un pomeriggio, Silvia entrò nel bagno dell’ufficio proprio mentre Laura stava concludendo una telefonata. La porta era socchiusa, e la voce dell’altra donna risuonava con un tono intimo: "Lo so, mi manca anche a me sentire la tua bocca... Ma è meglio così per ora. Ci sentiamo dopo, ok?" Quando Laura uscì dalla cabina, Silvia sorrideva con un misto di sorpresa e curiosità. "Scusa l’indiscrezione… era il tuo fidanzato?" Laura fece un mezzo sorriso, ma i suoi occhi dicevano molto di più: "Ex. Ma non era un fidanzato. Era… lei." Silvia si sentì vibrare dentro. Quella frase, pronunciata senza vergogna, la colpì come una carezza improvvisa e liberatoria. Il cuore prese a battere più veloce. "Ah… non lo sapevo…" "Nessuno qui lo sa, tranne te ora. Ma non è un segreto. "Per la prima volta, Silvia sentì qualcosa di nuovo. Non solo eccitazione. Ma possibilità. Quella sera, Silvia scrisse a Laura su WhatsApp: “Domani dobbiamo completare la revisione del progetto Giusti. Perché non vieni a cena da me dopo il lavoro? Così lavoriamo tranquille senza caos d’ufficio.” Laura rispose con un cuore. Silvia era molto eccitata e senza rendersi conto aveva le mani nella figa bagnatissima. La sera dopo, Laura arrivò con una bottiglia di vino bianco e una cartelletta. Silvia era nervosa, vestita con una camicia leggera e una gonna morbida, profumata come non lo faceva da mesi. Lavorarono poco. Risero molto. Un bicchiere, poi un altro. Laura si era tolta le scarpe, e i piedi nudi si muovevano lentamente sul tappeto.

Quando Silvia portò un dolce in tavola, le mani si sfiorarono. Ma fu Laura a posarle con calma sul dorso della sua. "Sai… mi piaci. Da molto." Silvia deglutì. Sentiva le guance in fiamme.— "Non so… cosa dire.""Non dire nulla. Fammi solo avvicinare." Laura si alzò e si avvicinò. Silvia tremava, ma non si spostò. Le loro labbra si cercarono, poi si trovarono. Il bacio fu lento, umido, pieno di desiderio. La mano di Laura le accarezzava la guancia, poi le scivolò sul collo. Silvia sentiva le cosce bagnarsi sotto la gonna. Laura le aprì la camicetta con calma, baciandole il collo, le spalle, e poi più giù. Silvia si lasciò fare, sdraiandosi sul divano. "Non ho mai fatto nulla del genere..."
"Allora lascia che sia speciale." Le mani di Laura scivolarono sotto le mutandine di Silvia. La lingua le accarezzò il seno, poi si fece strada più giù. Silvia si aprì. Anima e corpo. Tremava. Godeva. Per la prima volta dopo anni… viveva. Il risveglio, Silvia si svegliò con il sole che filtrava dalle tende, il corpo ancora caldo del ricordo di quelle mani, di quella bocca. Accanto a lei, il letto era vuoto. Per un attimo, si chiese se fosse stato solo un sogno. Poi sentì un profumo di caffè. Laura era in cucina, già vestita, i capelli raccolti in una coda disordinata. Sorrise quando la vide entrare."Buongiorno. Ho pensato di prepararti qualcosa prima di andare." Silvia incrociò le braccia sul petto, improvvisamente consapevole della sua nudità sotto la vestaglia. "Non devi scappare." Laura posò la tazza e si avvicinò. Le sfiorò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.— "Non scappo. Ma ho una riunione alle nove, e tu… hai bisogno di tempo per pensare." Silvia abbassò lo sguardo. Aveva ragione. Ogni cellula del suo corpo urlava di volerla riprendere, baciarla, sentirla ancora. Ma la mente era un vortice di domande. Cosa sto facendo? E Marco? E il lavoro? Laura le baciò la fronte.— "Non devi rispondere adesso. Quando vuoi parlare, io ci sono." Poi se ne andò, lasciandole addosso il suo profumo e un’inquietudine dolce, elettrica. Marco rientrò quella sera come sempre, alle otto in punto, senza baciarla, senza chiederle com’era andata la giornata. Silvia lo osservò mentre si sedeva davanti alla TV, la forchetta che girava nel piatto senza appetito. "Hai chiamato tua sorella?" le chiese lui, distratto. "No." "Dovresti. Si preoccupa." Silvia strinse le posate. E tu no. Quella notte, mentre Marco russava, aprì WhatsApp. Un messaggio di Laura: "Pensavo a ieri. A te." Il cuore le balzò in gola. Scrisse, cancellò, riscrisse. "Anch’io." Poi aggiunse, prima di poter fermarsi: "Venerdì Marco va a trovare suo fratello. Se vuoi passare…" La risposta arrivò immediatamente. "Vengo." Silvia nascose il telefono sotto il cuscino, le guance in fiamme. Era terrorizzata. Era viva. Venerdì arrivò con un’ansia che le pulsava nelle vene. Silvia pulì la casa due volte, cambiò le lenzuola, si vestì e si spogliò tre volte prima di decidere per un maglione morbido e jeans aderenti. Non è un appuntamento, si disse. Ma lo è.

Laura bussò alle otto, i capelli sciolti sulle spalle, gli occhi più verdi che mai. Portava una bottiglia di vino e un sorriso che fece sciogliere Silvia all’istante. — "Niente lavoro stasera," disse Laura, lasciando cadere la borsa sul divano. "Solo noi." Silvia annuì, la gola secca. Fu Laura a muoversi per prima, avvicinandosi, prendendole le mani. — "Sei sicura?" Silvia non rispose con le parole. Le afferrò il viso e la baciò, con una urgenza che non sapeva di avere. Laura gemette contro le sue labbra, le mani già sotto il maglione, alla ricerca della pelle. Questa volta fu diverso. Più lento, più consapevole. Laura la guidò sul letto, le insegnò come toccarla, come chiederle ciò che voleva senza vergogna. "Non ho mai—" — "Shh. Fa’ quello che senti." Silvia scoprì il gusto del suo collo, il suono che Laura faceva quando le mordeva l’interno coscia, leccava la sua figa come se sapesse già dove mettere la lingua, il suo ano era cosi bagnato dalla sua saliva, approfittò per entrare con due dita, il potere di far tremare qualcuno. Quando finalmente Laura la portò oltre il limite, Silvia pianse. Non di dolore. Di liberazione. Lunedì mattina, in ufficio, Laura le sorrise come al solito, ma ora c’era un’intesa nuova, segreta. Silvia cercò di concentrarsi sulle e-mail, ma ogni loro sfioramento era una scossa.

Poi, il reality check. "Silvia? Hai visto la mail del direttore?" la chiamò il collega Andrea. "Quale?" "Quella sul trasferimento di Laura. A Milano." Il mondo le crollò addosso. Laura non gliel’aveva detto. La affrontò in corridoio, fuori dalla vista di tutti. "È vero? Te ne vai?" Laura sospirò. "Dovevo dirtelo venerdì, ma… non volevo rovinare quel momento." Silvia sentì una fitta al petto. "Quando?" "Due settimane." Un silenzio. Poi Laura le prese la mano. "Vieni con me." "Cosa?" "Hai qualcosa che ti trattiene qui?" La domanda era sincera, senza retorica. Marco. Il lavoro. Trent’anni di vita. Ma anche: la solitudine. L’assenza. La scoperta di poter essere felice. Silvia non rispose. Ma per la prima volta, la domanda era lì. E forse, anche la risposta. Laura non perse tempo. Appena varcata la soglia, la spinse contro il muro, le labbra che divoravano quelle di Silvia con un’urgenza che le fece perdere il fiato. Le mani le scivolarono sotto il maglione, le unghie che graffiavano la pelle nuda, facendole sobbalzare. "Ti ho sognata così," mormorò Laura contro la sua bocca. "Con le gambe che mi tremano tra le mani." Silvia ansimò quando quelle dita esperte le aprirono i jeans, infilandosi dentro senza esitazione. "Dio, sei bagnatissima," ridacchiò Laura, sfregandole il clitoride con movimenti circolari che la fecero imprecare. Silvia afferrò i suoi capelli, la schiena che inarcava quando due dita le penetrarono in un colpo solo. Laura le mordeva il collo, il ritmo delle sue dita sempre più veloce, più profondo. "Voglio vederti venire," sussurrò. "Voglio sentirti urlare il mio nome." E Silvia lo fece. Con un gemito strozzato, le onde del piacere la travolsero, le ginocchia che cedettero. Laura la sostenne, ridacchiando, poi la trascinò sul letto. "Ora tocca a me," disse, slacciandosi i pantaloni. "Apri gli occhi. Voglio che tu veda cosa mi fai."
Silvia obbedì, e la vista di Laura nuda, i muscoli tesi mentre si toccava, le labbra socchiuse, fu quasi troppo. Si inginocchiò davanti a lei, incerta" Insegnami," supplicò. Laura le guidò la testa tra le cosce. "Lingua piatta, su e giù. Sì, proprio così"
Il sapore di Laura, salato e dolce, la fece impazzire. Le mani le afferrarono i fianchi, spingendola più a fondo, finché Laura non gridò, il corpo scosso da brividi. Poi, senza fiato, la attirò su di sé per un bacio lento, selvaggio. "Sei una veloce apprendista," rise. Silvia rise con lei, la paura ormai solo cenere.

L’ufficio era silenzioso, quasi deserto. Era venerdì pomeriggio, e la maggior parte dei colleghi era uscita prima per il weekend. Silvia e Laura erano rimaste per finire un progetto urgente, ma il computer di Silvia era ormai dimenticato, lo schermo spento da un’ora. Laura era seduta sulla sua scrivania, le gambe divaricate, la gonna nera tirata su fino alle cosce. Silvia era in ginocchio davanti a lei, le mani che le accarezzavano l’interno delle cosce mentre la lingue esplorava il tessuto umido della sua biancheria. “Se qualcuno entrasse ora…” sussurrò Laura, le dita intrecciate nei suoi capelli. Silvia alzò lo sguardo, le labbra lucide. “Allora fai meno rumore.” Con un movimento rapido, le strappò via il tangerino e lo infilò nella tasca della giacca. Laura trattenne un gemito quando la lingua di Silvia finalmente la toccò direttamente, lenta e deliberata. “Dio, Silvia…”

Le dita di Laura si strinsero nei suoi capelli, ma Silvia prendeva il suo tempo, assaporandola, imparando cosa la faceva tremare. Quando sentì le sue cosce irrigidirsi, rallentò, provocandola. “Non farmi aspettare,” gemette Laura, il respiro affannoso. Silvia sorrise e obbedì, aumentando il ritmo, le dita che intanto le penetravano profondamente. Laura cercò di soffocare un grido mordendosi il labbro, il corpo che si inarcò in un orgasmo violento. Ma proprio in quel momento Click. La porta dell’ufficio si aprì. Andrea, il loro collega, si fermò sulla soglia, gli occhi sgranati. Laura si raddrizzò di colpo, la gonna che ricadeva sulle gambe, mentre Silvia si alzava in piedi, il rossore che le bruciava il viso. Un silenzio carico di tensione. “Scusate, io… ho dimenticato il telefono,” borbottò Andrea, afferrando l’oggetto dalla sua scrivania. Laura era la prima a riprendersi.“Grazie per aver bussato,” disse con una calma incredibile. Andrea annuì, evitando il loro sguardo, e uscì in fretta. La porta si richiuse. Silvia aveva il cuore in gola. — “Credi che abbia capito?” Laura scosse la testa. “Non importa. Anche se lo sospetta, non dirà nulla.” Poi, con un sorriso malizioso: “Ma la prossima volta, chiudiamo a chiave.”
Silvia rise, l’adrenalina che si mescolava all’eccitazione. Ma sotto quella risata, una domanda le martellava la mente:
La valigia di Laura era già pronta. Milano la aspettava domani. Ma quella notte apparteneva ancora a loro.
Silvia aveva prenotato una suite in un hotel discreto, con vista sulla città. Le luci soffuse, il letto enorme, il fruscio delle tende mosse dall’aria condizionata .Laura entrò con un vestito rosso aderente, i tacchi a spillo che risuonavano sul pavimento.
"Hai detto che volevi essere punita stanotte," sussurrò, tirando fuori dalla borsa una cintura di pelle nera. — "Sei sicura?"
Silvia annuì, la gola secca. Si era già spogliata, come ordinato, lasciando solo il reggiseno in pizzo e le calze autoreggenti.
Laura le fece voltare, afferrandola per i polsi. "Prima regola: non ti muovere."

La cintura sibilò nell’aria prima di atterrare con uno schiaffo sonoro sulle sue natiche. Silvia gemette, il dolore che si trasformava in piacere, il sesso che pulsava umido tra le cosce. "Conta." "Uno," ansimò Silvia.
Colpo dopo colpo, la pelle le bruciava, il corpo in fiamme. Al quinto, le ginocchia cedettero, ma Laura la sostenne, spingendola sul letto a faccia in giù."Sei così bella quando obbedisci," mormorò, le dita che finalmente le scivolavano tra le gambe, trovandola completamente bagnata. Silvia urlò quando due dita le entrarono brutalmente, il palmo che le sfregava il clitoride con movimenti circolari."Vieni per me. Ora."L’ordine fu sufficiente. Silvia si sbriciolò in un orgasmo violento, le cosce che tremavano, le unghie che artigliavano le lenzuola. Laura le girò il corpo, poi le salì sopra, sfregando il proprio sesso contro il suo. "Adesso tocca a me," ringhiò, afferrandole i polsi e bloccandoglieli sopra la testa.

Silvia la guardò perdere il controllo, i fianchi che si muovevano frenetici, i capezzoli duri che le sfioravano il seno. Quando Laura venne, fu con un grido strozzato, i denti affondati nella spalla di Silvia.Poi, all’improvviso, le lacrime. "Non voglio andare via," sussurrò Laura, il viso nascosto nel suo collo. Silvia la strinse a sé, il cuore spezzato. Fu allora che il telefono vibrò. Un nuovo messaggio anonimo:"Domani tutti sapranno tutto
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