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2 BDSM 2.1 Bella Donna, Solo Madre?… Il nostro secondo giorno. - Un gioco che diventa pericoloso -


di geppettino2003
01.09.2022    |    16.380    |    2 8.8
"Lascio alle ginocchia di scostarsi, non molto, ma quel tanto che basta a far sì che ciò che offro a quegli occhi sia completo, facilitando la bella visione..."
Frastornata, vergogna e paura accompagnano il mio difficile risveglio. Sola, con i pensieri alla trascorsa notte, non mi capacito del mio remissivo atteggiamento. So solo che quel suo sfrontato fare mi ha privato della più giusta volontà di reazione!
A mente fredda cerco di valutare quale debolezza essere subentrata! Quale errore ho potuto commettere!!l
Chiedermi perché non ho limitato quel suo stuzzicare la femmina con la mamma accanto?

Con la mente rimbalzare continuamente a quel suo azzardato fare, compita nel mio essere pudica, vivo, il secondo giorno godendomi la Parigi di giorno.
Le prime ore al museo d’Orsay per restare affascinata dai numerosi quadri di artisti impressionisti. Dopo un lungo passeggiare, attraversando le eleganti stradine di una Parigi assolata percorriamo un tratto del lungo Senna per attraversarlo e arrivare all’isolotto che ospita la maestosa, oggi ferita, cattedrale di Notre Dame, impossibile da visitare.

Nel suo rispettoso fare, oserei dire ossequioso, nessun accenno alla notte trascorsa, come se ciò che è accaduto avesse coinvolto un’altra donna e non me!

Sulla Rue Vieille du Temple mi lascio sedurre dai numerosi bar e negozi, così come, poi, sulla Rue des Francs Bourgeois, sollazzarmi tra le numerose boutique di moda,
talvolta, anche, un po’ alternativa, dal risvolto, piuttosto trasgressivi, fortemente azzardati.
Poi un lungo intercedere tra le stradine di una affascinante Parigi. Serena mi lascio cingere i fianchi da amorevoli abbracci, nulla che mi riporti con i pensieri alla notte trascorsa.
All’ora di pranzo una rapida sosta per un frugale pasto, gustando un buon falafel, per riprendere il nostro secondo giorno a Parigi. Ancora un paio d’ore di un piacevole camminare per giungere all’imbrunire, senza quasi accorgermene, davanti all’hotel.

“Stanotte ti vorrei solo femmina, mi piacerebbe arricchissi la questa notte di una piacevole complicità...”

Sorpresa ascolto!

“… vorrei risvegliassi quei tuoi desideri, che liberassi la tua fantasia nel ricordo di quel piccante fare che eri pronta a manifestare, e non hai avuto il giusto tempo per offrirlo.”

Confusa non so che rispondere!
In ascensore mi assalgono pensieri che spaziano tra la preoccupazione e la curiosità.

Sul letto un suo biglietto
- Ammetto, forse mi sono spinto un po’ troppo oltre, esagerando, ma essere lontani da chi ti conosce potrebbe offrirti quelle opportunità per troppo tempo rifiutate dalla integerrima, austera, stimata, professionista.-

Solo secondi e, basita, ho tra le mani quell’abito bianco, particolarmente osceno, del peep shop della scorsa notte a Pigalle. Leggero, una delicatissima seta. Spudorato nel suo essere corto. Dietro non ha nulla fino alla vita, allacciandosi intorno al collo, lascia la schiena completamente scoperta. È chiaro l’invito a dover rinunciare al reggiseno.
Ma non si è limitato solo a questo! Accanto un microscopico indumento, definirlo perizoma è riduttivo, un triangolino di pizzo nero con gli string così sottili che andrebbero ad intrufolarsi fra i miei morbidi glutei. È uno sfacciato taglio sul davanti che, di primo acchito, mi spaventa! Un reggicalze in lucida seta, e delle calze nere velate, con un volgare righino dietro, sono un ulteriore oltraggio al mio pudore. Completa il tutto un décolleté bianco, da allacciare alla caviglia, con eccessivi tacchi a spillo che mi costringeranno a camminare, quasi, in punta di piedi.

È qualcosa di indecente, decisamente si è spinto troppo oltre il lecito. È così corto che, se lo indossassi, sarei praticamente quasi nuda da apparire sicuramente volgare, trasformandomi da pudica mamma in - una di quelle -
Mi sento offesa!

Lunghi minuti seduta sul letto, chiedendomi quali pensieri lo hanno indotto ad esagerare così tanto. Come ha potuto, solo, pensare che potessi indossare cose così sporche. Un modo certo irritante il suo volermi scuotere, sicuramente spinto, nel desiderarmi donna, trasgressiva femmina, non più madre. Ma con questi addosso sarei certamente più di - una di quelle!!! -

Ancora leggo il suo scritto:
- Libera il tuo essere, quel tuo desiderio di dare emozioni…condividiamone assieme gli intriganti effetti. Vorrei capire…. -

Da per scontato ciò che non può esserlo! Mai suo padre era arrivato a così tanto, forse nemmeno se ne avesse avuto il tempo!

Quel suo desiderio per una serata che immagina trasgressiva… un attimo e il pensiero alle sue parole, a quel suo iniziale scritto, al suo desiderio.
Assalirmi forti i dubbi sui sensi della sua, ricercato, ambiguità.
Libero i miei ricordi, li riporto alla mia realtà, e ritrovarmi a viverli!
Mi è chiara la sua intenzione di volermi sfacciata, e provocante, per la nostra seconda notte.
Ma perché? Per cosa? Poi quella sua riflessione: Capire!…

Pur con paura decido di assecondarlo, con forte assalirmi il dubbio se sia giusto, e se sia il caso, osare così tanto per accontentarlo.

Lo stretto vestito, corto ben oltre metà coscia, fascia la mia figura rendendo chiari i disegni dei gancetti del reggicalze, la leggera seta modella le curve di pieni glutei esaltati dal ridotto perizoma, gli alti tacchi mi slanciano ancora di più rendendo ancora più corto quello, striminzito, indumento.
Mi guardo allo specchio, mi scuoto all’effetto colore: abito bianco, calze nere, e alte scarpe bianche. L’azzardato incrocio sul davanti a stento copre il delicato seno, è accattivante il gioco, del vedo non vedo di rosee areole, circoscrivere ammiccanti capezzoli che sento liberi di crescere.
Dio quanto appaio volgare! Ha veramente esagerato!.

Combatto con me stessa se toglierlo, oppormi al suo desiderio indossando qualcosa di più sobrio.
Un rapido, sguardo allo specchio, un ultimo tentennamento, la mia immagine mi restituisce il mio sentirmi nuda, e con quel vestito indosso lo sono veramente! E quel mio passato prepotentemente tornare, quando una gonna corta mi intrigava follemente nell’immaginare il mio dopo. Un ricordo che incide ora sulla mia determinazione togliendomi ogni diversa volontà.
Rinuncio a cambiarmi.
Chiudo alle mie spalle la porta, lasciando in camera i miei dubbi, gli assilli, le paura. E con esse la vergogna!

Impacciata, nella hall, incrocio il suo sguardo. Un suo sornione sorriso infondermi coraggio.
Stringendomi forte piacevolmente ruffiano
“È bello vederti tornata meravigliosamente sexy.”

Più che sexy sono piuttosto indecente, come - una di quelle - tanto desiderate da suo padre.

“Stanotte ti voglio per quello che sai, e vuoi, essere!”

Sussulto ad una diversa emozione nel sentirmi lusingata della visione che gli offro, ma chiedermi perché ho accettato di mostrarmi così provocante, cosa mi ha spinto a farlo. Mi sembra assurdo, e inconcepibile. Ma nei suoi commenti, quei suoi pensieri, le sue parole, le leggere carezze del suo abbraccio, stanno risvegliando emozioni dimenticate, nel tempo cercate e, ultimamente, perdute.

Solo uno spolverino inibisce a sguardi interessati di condividere lo stesso suo piacere, nel raggiungere la macchina.
Al suo fianco stiro verso il basso il bordo della gonna che, sedendomi, scopre il bordo scuro delle calze.
Sono passate solo poche ore e, senza poterlo minimante immaginare, mi ritrovo seduta accanto a mio figlio disinibita, vestita di quel suo sfacciato straccetto. Mi assale la vergogna nel sentirmi quasi nuda.
Nel suo sguardo mi è palese il forte compiacimento nell’avere accanto la donna e non la madre.
È strano, ma quel suo guardarmi non mi dispiace. Mi è sempre piaciuto sentirmi adulata, essere ammirata, ammetto sono davvero provocante, sicuramente troppo con mio figlio accanto!

In macchina regna un assoluto silenzio nei pochi minuti che ci separano dall’arrivare a destinazione. Galante il suo aprire la portiera, offrirmi la mano con l’invito a scendere. Il suo è un tono diventato meno confidenziale

“So che ti piace farti ammirare. Stanotte ti offro l’occasione di vivere quelle tue emozioni, che per troppo tempo hai sfuggito nei suoi intriganti risvolti, in un posto dove nessuno ti possa riconoscere.”

Confusa è il mio ascoltarlo e chiaro si manifesta, nel mio fare, il crescere di una forte inquietudine. Quale sua folle idea per farmi rincorrere quel qualcosa di trasgressivo?

Ancora più incisivo:
“Se non ti avessi intrigato non avresti indossato questo vestito!.”

Alle sue parole, meccanicamente, giro le gambe verso la portiera, metto i tacchi sull’asfalto, scoprendo ulteriormente
le gambe, chiedendomi fino a che punto sono disposta a lasciarmi coinvolgere nella sua follia e sottomettermi al suo spinto fare.
Ancora la paura assalirmi, la sua mano sul fianco impormi un coraggio mai avuto nell’aderire, sia pure controvoglia, a lasciare lo spolverino in macchina.

Ci riceve un privé, atmosfera da boudoir, sobrio con luci basse e grande profusione di velluti e piume. Un ambiente particolarmente trasgressivo che non mi appartiene.
Solo secondi per seguire un già iniziato spettacolo di burlesque.
Sui divanetti diverse coppie, ma sono le lei a richiamare la mia attenzione. Come in una sorta di sfida, non a chi è più nuda ma a chi sa proporsi con la sensualità del suo esserlo.

Mi sento volgare, con l’osceno abito che, indecente, copre a malapena una figura che vuole essere sensuale. Non passo inosservata tra quei divanetti. I tacchi a spillo valorizzano le lunghe gambe, generosamente scoperte dalla corta gonna e fasciate dalla nera seta, la sfacciato righino dietro, spinge sguardi interessati a risalire oltre il lecito. Inimmaginabili sono i sicuri, sporchi, pensieri sulla provocante signora con il bel marpione accanto.
Mi sento gelare al solo pensiero che un attento osservatore potrebbe anche immaginare che sotto il vestito sono praticamente nuda.

Cerco di essere disinvolta ai primi brividi di paura mista a vergogna perdersi lungo la schiena.
Una vampata di calore si diffonde sul corpo colorandomi il viso. È vero, vestita in quel modo sto realmente facendo la figura di - una di quelle - ma di alto livello!
Ritorno ancora al mio ieri e immaginare che era così che lui mi voleva, potesse vedermi oggi così gli sarebbe sicuramente piaciuta avere accanto, ed ammirare, la femmina di quei nostri zozzi desideri!

Cerco di darmi contegno, mostrando indifferenza ma quel forte disagio si materializza nel prendere posto al nostro tavolo.
Seduta l’orlo della stretta gonna arriva appena a coprire il bordo scuro del reggicalze che chiaro traspare da sotto il vestito. La gonna è maledettamente corta e non copre quasi nulla delle mie cosce, la tiro più che posso verso il basso senza ottenere nessun diretto vantaggio. Al suo fianco, con qualche titubanza, cerco di coprirmi con la tovaglia.
Lotto con la mia enorme vergogno, le gote avvamparsi, terrorizzata nel seguire interessati occhi guardarmi anche con una certa insistenza. Raccolgo il tovagliolo e lo metto aperto sulle ginocchia.

Gustando un menu afrodisiaco, accompagnato da un ricercato fresco bianco, cerco di non incrociare quegli sguardi diventati irriverenti. Mi è chiaro cosa guardano! Quegli occhi mi fissano, sorridono, mi spogliano, sognano.
Tremo come una foglia, stringo le gambe, l’intento è inibire la mia nudità alla loro vista. Lunghi minuti di un evidente imbarazzo.

Una sua mano stringe la mia e l’altra da sotto il tavolo si poggia sulla scoperta coscia, sfiora l’interno, sfida la mia vergogna.
D’istinto stringo le gambe, un attimo, un solo lungo attimo, per percepire quella mano sfiorare l’assurdo.
Sussulto! Ho paura di ciò fa.

Toglie il tovagliolo dalle gambe, lo poggia sul tavolo imponendomi il suo pensiero:
“Sentiti libera di dare piacere.”
Nella mia sussurrata voce rispondo con una punta di rabbia e terrore “Ho tutti gli occhi addosso, sto facendo le figura di …una di quelle.”

“Qui puoi essere quello che vuoi essere, quello che non hai potuto fare, liberarti della vergogna e della paura. Se non sei pronta possiamo andar via se vuoi, o restare se ti va…”

Alle sue parole mi sento crollare tutto addosso. Le emozioni dei miei ricordi prevalere. Il delicato calore delle sue labbra sul dorso della mia mano, e il suo sguardo, riportarmi, ancora, a quel mio tempo, quando le mie paure mi privavano di quel sottile piacere che poteva dare il trasgredire, e non aver potuto scoprirne gli intriganti effetti.
Ora lui, dietro una apparente immagine di seria ed amorevole mamma, ho colto l’essenza di quel contrasto che sta nel desiderio di soggiacere alle più intriganti emozioni, immaginando come mai potrei essere lontana dal mio mondo per bene. Superare quel limite imposto non dalla vergogna ma dalle paura. Quel timore di essere riconosciuta nel rendere palese il mio voler essere e dovermi imporre un freno al mio voler fare. Restando con in corpo l’eccitazione nel voler andare oltre, goderne solo con la forza del pensiero e, con la fantasia, ritrovarmi selvaggiamente sbattuta!

Opportunità che non raccolgo!

Volermi ribellare, poterlo fare, ma voglio veramente ribellarmi? Non lo faccio, ed allo stesso tempo non riesco, o non voglio, trovare una via d’uscita, perché quel mio passato che ritorna mi sta, maledettamente, indebolendo.
Attimi, e quei ricordi mi privano della volontà. Consapevole rispolvero quel ricercato esibizionismo che, impadronitosi di me, quasi mi impone di non poter fare a meno di continuare a farmi guardare.
Lascio alle ginocchia di scostarsi, non molto, ma quel tanto che basta a far sì che ciò che offro a quegli occhi sia completo, facilitando la bella visione.

Nel suo sorridere malizioso, il compiacersi del mio sensuale propormi con chiaro l’invito ad osare di più. Superata la vergogna, con fare naturale accavallo le gambe rendendo possibile, a lussuriosi sguardi, il risalire le cosce ben oltre la balza della nera calza.

Vivo questo momento con una diversa emozione. Abbandono il mio ruolo di mamma. È come se accanto a me non ci fosse mio figlio, chiedermi: può quel mio passato scordato, bussare al mio presente e privarmi della giusta volontà?
Rispondermi con la consapevole
sorpresa, sconvolgente e nello stesso tempo intrigante, che quel mio fare mi è piaciuto al punto da non opporre alcuna resistenza alle sue richieste. Ho accettato di propormi in un modo tanto lontano dal mio pudico essere, con in testa, ma anche in corpo la curiosità di capire fin dove quelle sue follie riusciranno a coinvolgermi.
Con la stessa sfacciataggine con la quale mi sono mostrata impudica a lussuriosi sguardi, a fine cena, ci spostiamo verso il privè del locale. La schiena scoperta, con gli alti tacchi favorire al culo di ondeggiare plastico, disegnando forme perfette con i gancetti del reggicalze che traspaiono sfacciati sotto il vestito, esalto vergognosamente le forme di un accattivante fondoschiena. L’azzardato décolleté completa la mia provocante figura proponendomi non per quello che sono, ma per quello che vorrei essere.

Stretta in un suo abbraccio, sento la sua mano, furtivamente, scivolare lungo i fianchi, con netta la sensazione che più volte sfiori un bel fondoschiena senza da parte mia alcuna reazione. La cosa mi fa vergognare e nello stesso tempo comincia ad intrigarmi.
Non dovrei ma è come se stesse subentrando una forma di complice sottomissione a lui…..
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