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Sonia e i suoi B.....


di geppettino2003
21.03.2021    |    17.165    |    12 7.1
"70 castana, corti capelli neri a caschetto..."
Educare sognando!
(Sono donna, maestra, mamma, con la voglia di essere femmina e...P!...)

Il lungo prologo......................

55 anni, donna all’apparenza anonima, identica come le tante, molte, di un piccolo paese di provincia.
So di essere nulla di speciale, 1.70 castana, corti capelli neri a caschetto. Non una modella, ma difendo ancora un gran bel seno che, per anni, ho nascosto sotto anonime tute, così come ho fatto con il mio bel fondoschiena tondo, pieno, ancora sodo grazie alle mie lunghe corsette bisettimanali ai giardini vicino casa, e ad estenuanti vasche in piscina (oggi, purtroppo, solo un ricordo).

Sposata da 17 anni. Una vita di coppia, mai veramente trasgressiva, diventata, ormai, scialba. Una lunga storia, non un gran matrimonio, ma ci può stare!

La mia quotidianità, scandita dal mio lavoro, insegno in una scuola dell’obbligo, dagli impegni di una grande casa, dal mio essere amorevole mamma.
Il mio tempo libero diviso tra letture, e ore in compagnia del diventato amico tablet.
Il resto è tutto statico.

Inevitabile, con queste premesse, il costante riflettere sul come ho potuto lasciarmi andare, abbandonandomi a me stessa così, subendo, l’assopirsi di quel mio voler sentirmi, ancora, femmina.

Costretta dal lungo periodo a casa e ritrovarmi, sempre più spesso, davanti al grande specchio della mia, solitaria, camera da letto.
Le mani tese quasi a sostenere il mio io, nei miei occhi l’espressione di un desiderio, di una voglia.
Nell’espressivo sguardo, profondo ed intenso, interpretare i miei veri pensieri, cercare nelle mie fantasie, nelle mie provocazioni, e volermi opporre al mio vigliacco rinunciare.
Quegli occhioni confessano il mio alto travaglio, mi chiedono di non sognare più, di andare oltre. Invocano il vivere delle mie trasgressioni. È una esigenza che mi appartiene, e di cui anelo gli effetti.

Con indosso un raffinato intimo, la mia pudica immagine si trasforma, materializza il mio desiderio, esalta la mia fantasia, spinge il mio pensiero oltre il giusto, oltre il lecito.
Sfida l’assurdo!
Uno sguardo complice, mi dice ciò che io non sono capace di dire: conferma che lasciarmi andare a quel morboso fare non è solo stato un momento. Mi convincono che quello che è successo può (deve) essere un mio nuovo inizio!

Forse è per questo, e non so se è normale, ma rivivo, costantemente ciò che, impudicamente, ho cercato, ho voluto!
Pensieri che mi frullano in testa e chiedermi il perché del mio fare. Perché mi sono lasciata andare. Ho, forse, voluto sfidare la mia, persa, capacità di osare, cercare quel mio innato desiderio di peccare, quella mia voglia, accantonata, di piacere.
Torno su quei momenti, e non riesco a biasimarmi ne a condannarmi!
Al contrario rivivo costantemente quel mio intimo, morboso, decidere. Con sempre maggiore trasporto, lascio ai miei pensieri di trasformarsi in intensi brividi che si diffondono, infidi, su di un corpo che diventa, giorno dopo giorno, più debole.

Quasi naturale voler immortalare la mia sensualità, fissare in immagini le espressioni di un corpo che pretende il suo piacere. Pose di seducente erotismo che lentamente esalto in ripetuti scatti di lascivi atteggiamenti, fisso quel mio saper essere intima porca.
Scatti che, gelosamente, nascondo sul mio tablet, guardarle e chiedermi quali fantasie potrebbero generare in, interessati, giovani occhi.

Poi il continuo susseguirsi delle mie lunghe, solitarie, notti, e quei momenti cercarmi, assalirmi al buio, sfidare il mio essere. Complice mi lascio rapire, rendo concreta la mia intrigante fantasia. Tremo al piacere di una emozione che, nel fondersi con l’assurdo, mi spinge al peccato con alta la voglia di condividerne gli effetti.
Ho, sì, tentato di combattere con il razionale, rinunciare, poi riprendere, scappare, infine tornare e, succube del mio travaglio, cedere al desiderio di un intenso piacere.
Calda, gli occhi chiusi, disponibile a dare forma alle mie voglie, lentamente accarezzarmi, abbozzare la realtà di ciò che mi ha intrigato, lo faccio per me pensando a loro. Tremanti dita spaziare sul vellutato seno, lascio che lottino con gonfi capezzoli, non mi oppongo ad un affusolato medio, diventato sfacciato, sfrontato, accompagnare il crescere intenso del mio respiro immaginando furiosi, giovani, cazzi schizzarmi addosso il caldo seme di un altissimo piacere e, io, godere di un sublime orgasmo.

Poi il mio nuovo mattino, determinata nel voler sconfiggere quel mio vigliacco riprendere il mio qualunque essere, il mio ripetuto fare.
Un leggings aderente, non volgare, ne osceno, e le mie curve piacermi. Maliziosa ammiro il mio fondoschiena. È bello!
Una magliettina bianca, oggi decido per una più stretta, voglio che il seno modelli il delicato tessuto e un balconcino esaltarne
l’intrigante forma.
Esibizionista davanti a quello specchio, piroetto al crescere di una piacevole emozione, apprezzo la mia ammiccante figura, rifletto: basta veramente poco per essere fica.
Libera la fantasia spazia verso il peccato, aspettando il trascorrere di un altro lungo giorno, incrocio lo sguardo del mio bambino.
È quasi costretto a guardarmi!

Anche per lui un lungo tempo in casa. La sua presenza, inevitabilmente, diventata costante nel mio essere, nel mio tempo e, da un po’, anche nelle mie fantasie.
Amorevole, ultimamente, il suo continuo cercarmi, sempre più spesso starmi accanto, percepire il suo respiro morirmi sulla pelle, ed io sfuggire, nascondermi ai suoi occhi, con fatica dovermi privare del mio sognare.

Sempre più complicato il governo del mio pensare, non sapere aspettare, ed approfittare del suo, continuo chattare con gli amici (poverino!), per potermi ricucire i miei cercati, solitari, intimi, momenti.
Sul divano, una copertina lo priva del mio essere, del mio pensare su cosa poter fare, sul come, con chi, quando, dove?
Raccolgo la mia figura e rivivo quel mio voluto, cercato e non subito fare.
Sfido la mia quotidiana realtà. Mi è naturale stendere le gambe, ad occhi chiusi non controllo le mani scivolare sul corpo, un profondo respiro gonfia il petto, le dita stuzzicano il pieno seno, danno gioia a imperiosi capezzoli. Poi, lente, sfidano il giusto, oltrepassano il bordo del leggings, si insinuano tra strette cosce, cercano i corti riccioli di un caldo intimo. Cresce piano la mia emozione nel chiedermi di andare oltre. Sogno eteree presenze nel sentire il calore del piacere diffondersi tra trasgressive dita.

Percepire, ancora, la presenza del mio bambino e, vigliacca, dovermi fermare, il razionale mi blocca, impongo alle mie mani di smettere di far gioire il seno, con difficoltà mi oppongo alla richiesta di un corpo che trema.
Torno al razionale, ma ancora per quanto?

Ancora ore, lunghi giorni, intere settimane e chiedermi, incessantemente, perché non abbandonare quel mio finto retaggio. Perché non intrigare, coinvolgere, eccitare. Perché non vivere il piacere che so di poter (voler) trasmettere.
Si! Non voglio più sognarlo, ne farlo solo sognare, voglio viverlo, e poterlo condividere!
Voglio cedere a quelle insistenti fantasie che mi stanno intrigando, incentivando, il mio cresciuto desiderio di voler godere ancora di quel mio perverso momento.
Il tempo di sognare è finito! Trasformare in realtà le mie voglie.
Mi sono negata più volte, non lo voglio più fare, adesso non più!

È, veramente, alta la mia voglia di cazzo!
Ma non cerco il solo piacere fisico, voglio quello che sconvolge, che ruba il mio essere, materializza quegli intimi momenti che esaltano i pensieri di quante, come me, vivono gli stessi patemi.
Non mi interessano i miei coetanei, non ne sono attratta, non cerco amanti, ne intendo avere doppi legami, ho già abbastanza problemi con il mio!

Ho i miei bambini a cui dedicare la parte nascosta di me, è con loro che voglio condividere emozioni forti, intense, morbose.
Condannabile per l’attuale morale, ma voglio essere libera di vivere il mio perverso piacere. Non voglio più il mio rispetto mi merito altro, e di più.
Si voglio i miei bambini estendere il mio ruolo di educatrice, ed
essere diversamente mamma, Voglio quello che sogno essere. Offrirmi a quella intrigante fantasia che per anni mi ha sfidato.
I miei ragazzini sono in età per vivere quell’intimo momento come un bel peccato.
Io e i miei bambini meritiamo di più!

Li ho lasciati mesi fa nel momento che avevo notato il trasformarsi di innocenti sguardi in allupate attenzioni. Chiaro il rossore diffondersi sui loro visi, impacciati balbettare, occhi impazziti sull’intera mia anonima figura, cercare, trovare e, solo, poter immaginare.

Riscoprire in quegli sfacciati occhi il piacere di essere adulata, ammirata, desiderata, per questo abbandonare quella mia prima reazione di sorpresa (non di fastidio) che avrebbe dovuto impormi di redarguirli, punirli.
Sentirmi, invece, attratta da vispi occhioni di adolescenti di primo pelo, percepirli addosso, accarezzarmi, lentamente spogliarmi, impazzire sull’intera mia figura, e con il salire di una intenso brivido di intima emozione, condividere quelle intriganti fantasie trasformarsi, lentamente, in indecenti pensieri.
Voler condividere quel loro momento esserne attrice.
In quegli sguardi prendere atto che il mio corpo merita, invita ancora a sognare, può esaltare quel mio quotidiano essere.
La mente chiede!
Un corpo che è diventato complice di quei pensieri, che ha stimolato fantasie, incentivato desideri, spingendomi all’assurdo.
Voglio diventare ciò che leggo nei non più innocenti occhi di chi, quotidianamente, fantastica sul mio essere
anonima peccatrice!

Curiosa di sapere se le loro fantasie è pronta ad osare, scoprire se la mia voglia di sfidare è stimolo ad intrigare, se le emozioni sono capaci di farmi superare quel diventato limite al mio essere, superare le mie paure, finalmente trovare il coraggio per non nascondermi più.
Sconvolgermi queste mie riflessioni e voler provare per vedere. Provocare, esaltando la mia femminilità ed voler essere piacevolmente sfacciata, intimamente sfrontata, intrigante, e fortemente trasgressiva. Trasformare la mamma apprensiva e esuberante in esibizionista maestra.

Mi è bastato un attimo per decidere, e poco per avere conferma.
Ho così favorito, incentivato, quasi preteso, che continuassero.
Con una punta di malizia, un bottone lasciato solo un po’ più lento, accavallare pochi secondi le gambe, le mani raccogliere i corti capelli, un bel respiro, gonfiare il procace seno e obbligarli a sognarmi.

Mi sono così esaltata nel provocare i miei ragazzi, capire quali sono i più sfacciati, quelli che sono capaci di stimolare le mie più perverse fantasie, e farmi vivere i miei morbosi sogni.
Individuarli ed il solo pensiero che li posso eccitare mi ingrifa. Immaginarmi spudorata docente, con perverse idee mi scalda, sognarmi sporca dal loro piacere mi da il coraggio.

Decidere che era arrivato il momento di farlo. Offrirmi ancora, regalare (non solo) il mio corpo ma anche la mia voglia.
Immaginare i morbosi pensieri dei miei giovani discenti, le loro fantasie e appropriarmi del crescere della loro dura eccitazione, ed io sconvolgermi nel vivere il loro piacere.
Lasciarmi coinvolgere dal mio desiderio, stimolare dalla mia fantasia per vivere la mia immaginazione ed
eccitarmi!

Risoluto, quindi, quel mio primo segnale!
Un aderente tailleur, su alti tacchi, calze di seta nera con un frivolo righino dietro. Il caschetto nero ad esaltare il mio viso, il gel tra i corti capelli rendermi sbarazzina. Un bel rosso accentuare il disegno delle mie carnose labbra.
Mi sono proposta appetibile per come so di essere, per come sono convinta che posso essere.
Sotto la giacca una camicetta chiara, maliziosamente scollata. Il pizzo nero ha costretto a sognare. L’intrigo della mia preziosa lingerie mi ha reso invitante.

In classe un lungo mormorio ha accompagnato il mio plastico ondeggiare verso la lavagna.
Non oscena, ne volgare, sapientemente femmina. Consapevole che mi appartiene il saper provocare, assoluta padrona delle loro emozioni.

Alla mie spalle sentire gli sguardi sul mio sedere, non è (solo) il bel fondoschiena che li ha attizzati, è il prezioso bordo di una brasiliana che disegna la stretta gonna, ad esaltare l’accattivante forma del bel culetto.
Un primo fremito al sicuro impazzire dei miei giovani marpioni, mi ha imposto di incentivare le loro,sicure, zozze fantasie.

Al primo banco Matteo, il mio piccolo più introverso, quel cellulare impazzire nelle sue mani, percepire i ripetuti scatti (il diavoletto non aveva eliminato il sonoro).
Minuti di sfacciata mia complicità, poi austera avvicinarmi, ferma nel volerlo alla cattedra. Sorridere maliziosa al suo impacciato, peccaminoso, guardare il mio procace seno, ed io, curiosa, cercare tra le sue gambe le risposte al mio fare. Riprendere le mie provocazioni, consapevole dell’impazzire del mio bambino,
Accavallare le lunghe gambe, il frivolo spacchetto centrale sulla aderente gonna fa sognare (morire) il mio giovane discente.
Quasi balbetta. Non controlla la sua eccitazione.
Mi stava facendo morire!
Portata la penna tra carnose labbra, con una timida lingua, mimare una provocante fellatio. Guardare la sua sorpresa convinta sapesse cosa stavo facendo e sognare il materializzarsi del mio sfacciato fare.
Strusciare continuamente le cosce e voler poter stringere quella umida penna tra, umide, intime labbra.
Arrossire, e non certo dalla vergogna, nell’accorgermi dai primi banchi che molte delle mani dei miei fanciulli avevano abbandonato il piano. Immaginare dove potessero essere, cosa volessero fare.
Controllare a fatica il salire della mia di eccitazione.

Lunghi minuti di ostentata provocazione, interrotta dalla sua richiesta di andare in bagno.

Un attimo, e vedere il chiaro disegno di una imponente eccitazione tra le sue gambe,
sussultare all’intenso brivido, violento di cui avevo scordato gli effetti, immaginandone la forma, la dimensione, la forza. Lenti i minuti trascorrere e sconvolgermi la certezza che stava rivedendo, in bagno, quel mio essere stata sfrontata, pronto a godere di immagini rubate alla vergogna dando, sicuro, morboso sfogo alla sua eccitazione, in una furiosa solitaria battaglia del cinque contro uno. Attimi per esplodere di piacere con negli occhi il bel culo della sua p.... docente!

Il solo pensarlo, e sentire un fortissimo calore diffondersi tra le gambe bagnarmi. I capezzoli gonfiarsi al limite del dolore fisico volerli pizzicare, portarli alla bocca leccarli, morderli e non poterlo fare.

Quella oscena fantasia mi è stata di stimolo!

Al limite dell’equilibrio mi sono spostata tra le fila dei banchi, maestra amorevole accarezzare i miei fanciulli. Le mani tra lunghi capelli, scivolare su visi accaldati, con la voglia di voler andare oltre.
Avvicinarmi al banco di ultima fila, sapendo di lasciare percepire la scia della mia essenza di accaldata femmina.
In fondo, in solitaria Diego, il più sfacciato dei miei bambini, sfrontato con ancora la mani sotto il banco. Nel suo sguardo leggere il mio desiderio.
Prona ho offerto la prorompenza del mio florido seno al suo interessato sguardo. Un mio profondo respiro lo ha sconvolto. Tra le mani il suo quaderno. Volutamente lasciato cadere tra le sue gambe. Un gesto non cercato, fortemente, voluto! Le affusolate dita cercare la sua sicura voglia, trovarla, sostare, fortemente maliziose, muoversi. Immediato il suo stringere tra le gambe la mia mano, chiudere gli occhi, respirare a fatica, tremare.
Brava il mio fargli allargare le gambe, le mani percepire un violento, continuo, palpitare, stringere forte ancora, attimi per rilasciare e richiudere la mano. Gesti ripetuti, più volte, lenti e veloci nello stesso tempo. Contemporanea la sua timorosa mano insinuarsi tra la stretta gonna, risalire la delicata seta, aspettare la mia reazione, subito approfittare dell’allargare delle mie gambe, e un dito, quello più lungo, sfidarmi!
Pochi secondi, ascoltare il mio nome sussurrato, e condividere un suo potente tremore contenendo, con difficoltà, il mio.
Le gambe non sostenere il corpo, abbandonarmi alla follia di quel suo duro dito, al suo fianco, voler poter raccogliere tra le mie di dita il prezioso seme, spargerlo sulle labbra, portarlo alla bocca, assaporarne il caldo sapore, pronta ad offrirgli il mio.

Dover fermare il mio eccitato fare. Il trillo della campana della ricreazione, e la contemporanea presenza di Marci, il mio bambino, venuto in classe a cercare la sua mammina, in compagnia del suo amichetto Matteo, ha bloccato ogni mio dopo.....

......…………………………………………..

Poi lunghi mesi............................

Domani i miei bambini saranno a casa da me, con il mio presente ed il mio bambino, intanto si parla della imminente DDA.....................
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